Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
NON DIMENTICHIAMO CHI VESTE LA DIVISA CON ORGOGLIO E PROFESSIONALITA’ PER GARANTIRE I DIRITTI DI TUTTI
Pasquale era un “giovane” poliziotto che prestava servizio a Secondigliano, aveva una moglie e due figli, uno nato da poco.
Giovane perchè l’età media dei nostri poliziotti è assai più alta, vicina a quella di Salvatore, ferito anche lui nel corso dell’intervento di Polizia che ha strappato alla vita e alla sua famiglia Pasquale.
Oggi è il momento del cordoglio e della vicinanza ai familiari del nostro Agente da poco trasferitosi nella sua Città unito alla speranza che fatti di questo genere non possano mai più accadere, anche se sappiamo che, tristemente, le cose non possono andare sempre come noi vorremmo.
Sono infatti quasi quotidiane le notizie che narrano di aggressioni e di feriti nei confronti di appartenenti alle forze dell’ordine, servitori dello Stato che svolgono un’attività spesso oltre i limiti con i rischi che essa, purtroppo, talvolta comporta.
Un mestiere difficile questo che mi ricorda la frase che nel 1909 Vollmer, primo Capo della Polizia di Berkley, al tempo scriveva: “Il cittadino si aspetta che il poliziotto abbia la saggezza di Re Salomone, il coraggio di Davide, la forza di Sansone, la pazienza di Giobbe, l’autorità di Mose’, la fede di Daniele, la diplomazia di Lincoln, la tolleranza di Giuseppe di Nazareth e anche una conoscenza, approfondita, delle scienze biologiche e sociali.”
Linguaggio biblico a parte direi che dopo oltre un secolo le cose non sono cambiate, il lavoratore e la lavoratrice che “veste una divisa” è consapevole – suo malgrado – dell’esposizione al pericolo che una tale attività comporta e non è incurante di ciò perchè, il suo mestiere, è anche una delicata professione di aiuto, una “professione sociale” necessaria, durante la quale si interviene prestando il primo soccorso per calamità naturali, disastri e tragedie di ogni genere, tutti compiti difficoltosi e, spesso, anche contraddittori o al limite del paradosso perchè egli può togliere una vita come salvarla.
E, spesso, alle volte la vita che viene “spezzata” è la Sua. Sono tanti i pericoli e le incognite di chi svolge una simile attività , dal coinvolgimento in una sparatoria, al rischio di aggressione, alla gestione dei casi di vittime di violenza o abuso finanche il contatto con le miserie umane o gli incidenti nei quali si è intervenuti. Talvolta anche le ostilità di cittadini e organi di stampa.
In tal senso si convive pure con la paura che è la cosa più antica che la razza umana conosca e come dice l’ispettore Galasso, protagonista di un libro del compianto Prefetto Manganelli: “La paura è la cosa più umana, più normale che c’è, ed è grazie a lei se siamo ancora vivi. Pensa a quante operazioni importanti hai concluso senza avere paura! Beh, te lo dico io: nessuna”.
Oggi è il momento del dolore dove, ancora una volta, tutti si stringono come noi accanto a Pasquale e alla sua Famiglia insieme a quella di Salvatore, ma non dimentichiamoci mai questi lavoratori che, con una divisa addosso, esercitano una professione ai limiti.
Dedichiamo più tempo a conoscerli, capirli e comprenderli aldilà di questo triste momento.
Amo credere che ognuno di loro che oggi non è più tra di noi vorrebbe questo. Non essere scordato o dimenticato per ciò che ha fatto e per ciò che era.
Un giovane, un uomo, un servitore di ciascuno di noi che al mattino veste la Sua divisa con orgoglio e professionalità nell’interesse comune e che merita, in ogni momento, il giusto e doveroso rispetto.
Daniele Tissone
Segretario generale sindacato di polizia Silp
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
CONTE ANNUNCIA CHE L’IVA SULLE MASCHERINE SARA’ AZZERATA, LA MELONI RACCONTA LA BUFALA CHE ERA STATA LEI A PROPORRE IVA ZERO, MA UN POST LA SMENTISCE: FDI AVEVA PROPOSTO L’IVA AL 4%
Il count-down è a meno di una settimana, ma i contorni della cosiddetta “Fase 2” restano talvolta ambigui e sfumati.
Quel che è certo è che il Governo imporrà nei luoghi chiusi, per impedire il contagio, l’utilizzo delle mascherine.
In particolare i dispositivi medici sembrano ormai indispensabili nei luoghi di lavoro, ma anche nei negozi o sui mezzi pubblici. Un’evidenza che fa scattare subito la domanda: cosa si intende fare per agevolare il loro reperimento.
Il piano di Conte e del Governo è quello di introdurre un pezzo calmierato per i dispositivi di protezione individuali per evitare speculazioni e abusi di mercato tramite l’abbattimento dell’Iva. Una soluzione che è oggi rivendicata da Giorgia Meloni e da Fratelli d’Italia.
Ma le cose stanno davvero così? Scorrendo l’account della leader di “Fratelli d’Italia”, ci si accorge che la sua proposta di qualche giorno prima non era esattamente quella di portare l’Iva a zero, come proposto oggi dal Governo Conte.
E per accorgersene non bisogna nemmeno andare troppo lontano: è sufficiente guardare ai tweet del giorno prima quando la Meloni indicava la necessità di impostare un IVA al 4%, rispetto allo 0% invocata dal Governo Conte.
Sull’approvazione della norma pesa poi la necessità di un passaggio parlamentare. Insomma, una storia un po’ diversa da quella raccontata da Giorgia Meloni nella sua bulimica propaganda social.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL PROF. CRISANTI: “L’8 MARZO ABBIAMO DICHIARATO L’EMERGENZA CON 1.797 CONTAGI AL GIORNO, OGGI CON 2000 AL GIORNO VOGLIONO APRIRE TUTTO?”… “NON SI RENDONO CONTO CHE IL RISCHIO E’ ALTISSIMO, BISOGNAVA ALLENTARE SOLO IN TRE REGIONI E USARLE COME PROVA”
Stamattina vi abbiamo raccontato del video che Matteo Salvini ha pubblicato dopo la conferenza stampa di Giuseppe Conte incitando alla rivolta contro il governo per la quarantena e annunciando una manifestazione in strada per il primo a maggio, mentre sono ancora in vigore tutte le regole dell’emergenza Coronavirus.
“Abbiamo accettato tutte le chiusure e i limiti ma la libertà non ha prezzo. Non vorrei che qualcuno nel nome del virus stesse abusando della pazienza degli italiani e preparando i saldi delle nostre aziende in Germania o in Cina”, sostiene Salvini.
Che poi passa alle minacce: “Molti di voi mi dicono ‘organizzaci, Matteo’: raccogliamo le idee in questi giorni e il primo maggio lanciamo un piano per la ricostruzione nazionale e se sarà necessario perchè non vi ascoltano ci faremo vedere e sentire compostamente e dignitosamente, distanti con guanti e mascherine, fuori dagli schermi e dai social. E’ un mese e mezzo che ci tengono a discutere su un telefonino, torniamo nelle nostre strade e nelle nostre piazze. C’è di mezzo il futuro dei nostri figli. La libertà non ha prezzo, non la puoi tener chiusa mentre mezza Europa sta riaprendo”.
Oggi Andrea Crisanti, ordinario all’università di Padova e direttore del laboratorio di Microbiologia del Policlinico in un’intervista al quotidiano Il Giornale, è andato all’attacco del DPCM 26 aprile per la Fase due per il motivo contrario: ovvero perchè è troppo permissivo.
“L’8 marzo quando è stato deciso il lockdown avevamo registrato 1.797 contagi in più in un giorno. Ora siamo ancora sopra i 2mila nuovi casi in 24 ore. Non capisco che cosa ci sia di diverso oggi rispetto al giorno in cui abbiamo deciso di chiudere tutto”.
“Con la riapertura il rischio è elevatissimo. Gli italiani hanno fatto enormi sacrifici che al momento hanno evitato che ci fossero ancora più vittime ma se si riprende così, nel disordine quei sacrifici saranno vanificati e dovremo ricominciare da capo. Si potrebbe riaprire già domani ma in modo ragionato ovvero non tutti insieme e soprattutto non nelle regioni dove i contagi sono ancora moltissimi e la percentuale di crescita è sostenuta. Io aprirei soltanto in 2 al massimo 3 regioni con diffusione bassa del virus.
“Per esempio in Sardegna che è isolata poi in un’altra regione al sud sempre con un numero basso di contagiati. — continua Crisanti — Poi necessariamente in una regione del Nord per studiare che cosa succede anche nel caso di un’area ad alta industrializzazione. Io sceglierei il Veneto perchè ha queste caratteristiche e qui il contenimento del virus ha funzionato meglio rispetto alla Lombardia o al Piemonte”.
“Si riapra a scaglioni e per una settimana studiamo che cosa succede nelle aree prescelte. Se dovessero esplodere nuovi focolai saremmo in grado di circoscriverli concentrando lì tutta la potenza per l’identificazione, — spiega Crisanti — l’isolamento e il tracciamento dei positivi e dei loro contatti. Tutto quello che abbiamo imparato in queste settimane. E avremmo un modello per capire meglio il comportamento del virus”.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
“E’ CROLLATO NEI SONDAGGI PERCHE’ IL CORONAVIRUS HA OSCURATO L’UNICO TEMA CHE TENEVA SALVINI IN VITA”… “ZAIA E GIORGETTI NON MUOVERANNO UN DITO PER OPPORSI A SALVINI, NON SONO CERTO DEI COMBATTENTI”
L’ex sindaco di Verona, Flavio Tosi, parla della Lega salviniana, alla luce dei sondaggi che la danno in caduta libera al 26%, e delle frizioni interne emerse in questi giorni sulla gestione dell’emergenza Covid-19.
”Così facendo – dice Tosi – la Lega continuerà a perdere consenso. Ormai Salvini l’ha normalizzata e militarizzata, non esiste più il dissenso interno. E’ diventata una sorta di dittatura politica, non muove un dito più nessuno”.
Più che il governo Conte, “che all’inizio portava bene”, assicura, è “l’emergenza Coronavirus il vero problema” per il ‘Capitano’, ”perchè una volta venuto meno il tema dell’immigrazione clandestina, l’unico tema che teneva in vita Salvini, Matteo è morto…”.
“Al di là dei sondaggi -sottolinea Tosi- c’è un problema di visione politica. Salvini, lo ripeto, ha trasformato la Lega in un partito contro qualcuno: contro gli immigrati clandestini, contro l’Europa. Ma ora non servono i partiti contro, servono i ‘partiti per’, ovvero i partiti per fare qualcosa”.
Tosi non esclude in futuro un governo di unità nazionale senza Giuseppe Conte, con dentro Fi.
”Vedo che Fi -dice- si sta smarcando sempre di più da Salvini e Meloni. L’unica variabile nel centrodestra è questa. Conte è oggettivamente debole e non escluderei che, per uscire dall’emergenza economica, ancora più grave di quella sanitaria, possa nascere un governissimo o un governo di unità nazionale con Fi responsabilmente decisa a farne parte…”.
Ma quale scissione? Salvini mi espulse dalla Lega nel 2015”, puntualizza Tosi, rievocando i tempi della rottura con il Carroccio.
”Il motivo dello scontro con Salvini -ricorda Tosi- furono le liste regionali. Io volevo che venisse rispettato lo statuto, che allora prevedeva che le liste regionali per il Veneto fossero fatte dalla Liga Veneta, quelle per la Lombardia dalla Lega lombarda e così via. Matteo, che da poco era stato eletto segretario, disse che era contrario e che le liste si facevano in via Bellerio. Da lì nacque lo scontro che portò alla mia espulsione…”.
”Io, intanto -dice Tosi- continuo a lavorare a Verona come opposizione da capogruppo della mia lista al Consiglio comunale. Ormai sono 26 anni che sono al Consiglio comunale, dal ’94. E a livello nazionale aspetto gli eventi, qualcosa nascerà di nuovo…”.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
“HO SUBITO DETTO AI MEI 2.000 DIPENDENTI: STATE TRANQUILLI, I VOSTRI STIPENDI NON SI TOCCANO, L’AZIENDA SIETE VOI”… E NESSUN DIVIDENDO AGLI AZIONISTI QUEST’ANNO E TUTTI SONO STATI D’ACCORDO
L’imprenditore umbro ha riaperto 11 giorni fa gli stabilimenti del suo brand, uno dei simboli del lusso Made in Italy. Ci racconta come ha affrontato lo stop forzato da Coronavirus, e perchè secondo lui la ripartenza comincia guardando lontano
Come tutti quelli che operano nel sistema moda – dai colossi del lusso stranieri ai laboratori a conduzione familiare da generazioni -, Brunello Cucinelli è perfettamente consapevole della necessità di “ripartire” il prima possibile.
Ma dove molti paiono puntare sul risalire la china in fretta e furia per riprendere là dove s’era lasciato il discorso a febbraio, lui pare più concentrato sulla lunga distanza, tanto che i suoi progetti paiono convergere sul 2021.
In vista di questi obiettivi, gli stabilimenti del marchio che porta il suo nome, con sede nel borgo umbro di Solomeo – da lui ricostruito letteralmente dalle macerie -, hanno riaperto i battenti da 11 giorni.
Scopo dichiarato, preparare il terreno per la prossima stagione invernale, quando sì che avrà senso fare progetti. L’imprenditore discute con noi di strategie e progetti. E della paura per ciò che s’è dovuto affrontare.
Qual è la situazione in azienda?
Da 11 giorni abbiamo riaperto circa il 23% della struttura per iniziare a lavorare sulla collezione per la primavera/estate 2021. Devo dire che lo choc di vederci tutti con la mascherina è stato tanto, ma ci si fa subito l’abitudine. Per il resto, mi pare che si proceda bene: tutti i dipendenti sono attenti, parcheggiano le auto più distanti tra loro, mantengono gli spazi senza che nessuno debba dire loro nulla. Abbiamo approntato il controllo della temperatura per chi entra, ogni notte l’intera struttura viene sanificata, la mensa è chiusa ma il servizio di ristorazione funziona con la distribuzione di “cestini” con il pranzo. Non è l’ideale, certo che no, però lavoriamo tutti assieme, e questo sì che fa la differenza: anche se si tratta di venire in laboratorio di sabato per recuperare il tempo perso, o magari di riorganizzare il piano ferie – stavolta non possiamo permetterci le canoniche due settimane ad agosto -, siamo tutti sulla stessa barca.
Come ha affrontato lo stop forzato?
Per prima cosa, non toccando gli stipendi dei dipendenti. L’azienda impiega duemila persone, mille qui a Solomeo e altre mille all’estero: ho detto subito a tutti, di stare tranquilli. Questo è un marchio solido, che è cresciuto per 40 anni ininterrottamente (il fatturato del 2019 è stato di 607,8 milioni di euro, quasi il 10% in più rispetto al 2018, ndr), e che quindi si può permettere di fermarsi per un anno, senza per questo far ricadere la decisione su chi ci lavora. Abbiamo le spalle abbastanza larghe, e così possiamo affrontare il futuro, non dico a cuor leggero, ma di sicuro con minore cupezza. Anche per questo motivo nelle settimane scorse ho incontrato “virtualmente” i nostri azionisti per spiegare la decisione di non distribuire dividendi quest’anno e reinvestirli nel futuro. Tutti hanno capito.
Molti suoi colleghi paiono concentrati sul brevissimo termine, lei no.
Il 2020 è andato, inutile girarci attorno. Adesso bisogna non lasciarsi distrarre dalle scorciatoie che lasciano il tempo che trovano. Anche per questo motivo ho scelto di non partecipare alla prossima edizione di Pitti Immagine Uomo, in programmazione per l’inizio di settembre: a quel punto saremo già troppo proiettati in avanti, sarebbe una battuta d’arresto che non possiamo permetterci. Però due giorni fa ho confermato la mia adesione all’edizione del prossimo gennaio; lo ripeto, è una situazione temporanea da cui usciremo. Con i miei collaboratori discuto delle vetrine di Natale, di quelle di gennaio, di come incantare i consumatori in quei prossimi mesi. Progettare prima di allora – maggio, giugno, luglio – non mi pare una via sicura.
Lei è stato uno dei primi a rendersi conto della pericolosità della situazione. Come mai?
E come non avrei potuto? Sono cresciuto con un nonno che mi raccontava dell’epidemia di spagnola del 1918, e con mio padre che mi parlava di quella del 1957; anzi, con lui ne parlo ancora spesso: ha 98 anni, vive di fronte casa mia, e ogni mattina, mascherina in faccia, ci salutiamo da lontano e ci parliamo. E poi uno dei miei idoli, Pericle, è stato portato via dalla peste. Tenendo tutti i loro esempi a mente, quando i nostri impiegati cinesi a fine gennaio hanno iniziato a parlare del Covid-19, e di come le cose stessero precipitando, onestamente mi sono spaventato, e ho capito che andavano presi subito provvedimenti adeguati, dallo smart-working alla chiusura degli stabilimenti.
Viste come sono andate le cose era la scelta giusta, ma ci sono stati momenti parecchio bui: soprattutto a metà marzo, quando l’epidemia è seriamente esplosa in Italia. Allora ho mostrato ai nostri lavoratori in azienda i video che mi arrivavano, ancora una volta, dalla Cina, dove nel frattempo la vita stava piano piano ricominciando: non sapevo cosa altro dirgli se non fargli vedere che saremmo tornati alla normalità , anche se lentamente. Noi Italiani ci siamo trovati in una posizione complicata in quanto avamposto epidemico dell’Occidente, senza termini di paragone per capire cosa fare: ho cercato di rassicurarli così, e ho fatto lo stesso quando poi la pandemia s’è propagata negli Stati Uniti. Dove, secondo me, sono messi ancora peggio.
Come mai?
Perchè da loro licenziare in situazioni del genere è la norma, non ci pensano due volte. Per fortuna da noi abbiamo una forma mentis completamente diversa: per questo dico e ripeto che la mia priorità è stata garantire lo stipendio di chi lavora con me. L’azienda sono loro, sono essenziali adesso più che mai. Per utili, dividendi e compagnia bella ci sarà tempo.
In una sua lettera aperta di qualche giorno fa, parla del post-quarantena come di un “tempo nuovo” denso di opportunità , in cui però va usata anche quella che definisce “prudenza somma”. Cosa intende?
Questa non è la prima crisi che l’azienda si trova ad affrontare, e non sarà nemmeno l’ultima. Abbiamo passato dei gran brutti momenti dopo l’11 settembre del 2001, e anche nel 2008, quando ci è piombata addosso una crisi economica di dimensioni spaventose, peggiore anche di questa, che è sì più intensa, ma anche più circoscritta. Ne siamo sempre usciti, e ne siamo usciti bene. Credo si debba fare tesoro di ciò che abbiamo passato, scegliere bene ogni mossa, e andare avanti.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
TRE AZIENDE LOMBARDE, UNA VENETA E UNA SICILIANA PRODURRANNO 660 MILIONI DI PEZZI A 38 CENTESIMI, MA ZAIA SI LAMENTA PERCHE’ NON E’ TUTELATO IL MADE IN ITALY, SIAMO ALLA FARSA
In vista dell’entrata in vigore del nuovo Dpcm che porta l’Italia nella Fase 2 della gestione della pandemia di coronavirus, il commissario straordinario, Domenico Arcuri, ha siglato due accordi con lo scopo di raggiungere l’obiettivo del Governo di rendere disponibili a tutti i cittadini mascherine chirurgiche a un prezzo massimo di mercato di 50 centesimi a pezzo.
Il primo è quello firmato con Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm a cui verrà garantito un “ristoro ed assicurate forniture aggiuntive tali da riportare la spesa sostenuta, per ogni singola mascherina, al di sotto del prezzo massimo deciso dal governo”.
Il secondo è quello stretto invece con cinque aziende italiane (tre lombarde, una siciliana e una veneta) per la produzione di 660 milioni di unità al prezzo medio di 38 centesimi.
Ma la Lega e la Cna Federmoda protestano: “Si uccide il Made in Italy”. Il governatore del Veneto, Luca Zaia: “Impossibile, le abbiamo comprate nella nostra regione e le abbiamo pagate un euro”.
L’accordo con i farmacisti: “Primo passo avanti
La preoccupazione dei farmacisti, che sono i principali rivenditori delle preziose protezioni rese obbligatorie per gli spostamenti nei luoghi pubblici, era quella di non riuscire a garantire una vendita al prezzo massimo indicato dal Governo, visto anche l’innalzamento delle tariffe registrato nelle settimane dell’emergenza. È da questa esigenza che è nato l’accordo tra il commissario e l’Ordine e le associazioni di categoria: tutte le farmacie e le parafarmacie italiane “saranno messe in condizione dal commissario Arcuri — sottolinea una nota — di vendere a tutti i cittadini le mascherine chirurgiche al prezzo massimo di 50 centesimi, al netto dell’Iva”.
“Si garantisce, concretamente, il diritto alla salute di tutti i cittadini — conclude Arcuri — la possibilità di acquistare le mascherine ad un prezzo giusto, si blocca qualsiasi forma di speculazione, non si danneggiano i farmacisti che con spirito di servizio e sacrifici hanno svolto e continueranno a svolgere un ruolo importante nella gestione della epidemia”
L’Ordine, per bocca del presidente Andrea Mandelli, si è detto soddisfatto per “un primo passo avanti perchè i farmacisti possano tornare a fare il loro lavoro con più serenità ”. L’intesa, aggiunge, “è stata raggiunta in tempi brevi e il meccanismo dovrà essere perfezionato nelle prossime ore”.
Per Mandelli resta però il nodo dell’Iva “da risolvere al più presto, attraverso l’approvazione degli emendamenti parlamentari al Cura Italia sul tema o inserendo la norma nel prossimo decreto. È imprescindibile — afferma- abbassare subito l’Iva che oggi è al 22%, come un bene di lusso. Oggi non può più essere così”. Nella conferenza stampa di domenica sera, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha comunque specificato che su questi dispositivi sarà tolta l’Iva.
L’accordo con le aziende produttrici: 660 milioni di mascherine a 38 centesimi
Inoltre, è arrivato anche il primo accordo con cinque aziende produttrici italiane, la Fab, la Marobe, la Mediberg, la Parmon e la Veneta Distribuzione, per l’immissione sul mercato di 660 milioni di pezzi a un prezzo medio di 38 centesimi: “Voglio ringraziare queste eccellenze italiane — dice Arcuri — che hanno mostrato una straordinaria disponibilità e un forte senso di responsabilità . Nessuno vende ad un prezzo superiore ai 50 centesimi”.
Si tratta, spiega ancora il commissario di un “primo importante passo”: si stanno infatti “contattando le altre 108 aziende italiane, incentivate grazie al Cura Italia, e a tutte loro sta giungendo la rassicurazione dagli uffici del commissario che acquisteranno le loro mascherine via via che saranno collocate sul mercato”.
L’aver fissato un prezzo massimo delle mascherine, aggiunge poi Arcuri, non significa che qualcuno dovrà produrre in perdita. “Nessuno dovrà rimetterci, a partire dalle imprese produttrici, dalle farmacie e dalle parafarmacie”, ma “stiamo sconfiggendo i vergognosi episodi registrati negli ultimi mesi. Sulla salute non si specula”.
Anche perchè, nei piani del Governo, nei prossimi mesi ci sarà bisogno di grandi quantità di mascherine. Ad esempio, come dichiarato dalla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, “stiamo provando a capire, soprattutto per le aziende più grandi di trasporto pubblico locale, se si possono immaginare dei punti di distribuzione e vendita delle mascherine vicine ai luoghi di bigliettazione elettronica. È un’ipotesi di lavoro per aiutare il più possibile le persone”.
Non sono d’accordo con le parole di Arcuri la Lega, in particolar modo il governatore del Veneto, Luca Zaia, e la Federazione Moda di Cna.
“Se tu dici che 50 centesimi è il prezzo fisso di una mascherina, tutta la produzione nazionale sparisce”, ha dichiarato l’esponente del Carroccio aggiungendo che “50 centesimi è il prezzo alla produzione delle mascherine in Italia. Noi per equilibrare il mercato abbiamo comprato mascherine chirurgiche fatte in Veneto e il prezzo era a un euro. Bisogna dare aiuto alle imprese nazionali per stare sul mercato”.
Zaia, invece di essere contento che un azienda che produrrà queste mascherine a 38 cent è veneta e che anche le altre 4 sono italiane, non trova di meglio che fare polemica perchè lui ha pagato 1 euro delle mascherine che non erano nemmeno a uso sanitario.
Il governo fa lavorare 5 aziende italiane e lui si lamenta perchè non e’ tutelato il made in Italy? Temiamo abbia avuto un attacco di “salvinite” acuta pure lui…
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
RIVELANO A CHE PUNTO SIAMO DAVVERO E CHE COSA SERVE PER PASSARE ALLA FASE 3
Sono le ultime 2 pagine del Dpcm 26 Aprile 2020 (la sigla sta per Decreto del presidente del Consiglio dei ministri), quelle fondamentali per capire com’è la situazione della pandemia da coronavirus in Italia, in che fase siamo (perchè non siamo veramente nella Fase 2, ma 2A) e che cosa serve per passare a quella successiva.
In fondo ci sono due diagrammi di flusso, di quelli che di solito si trovano nei test attitudinali o nei quiz, con le caselle, i rombi e le risposte multiple “Sì” e “No”.
Quello importante è soprattutto il primo, perchè permette di capire che siamo riusciti a passare dalla Fase 1, quella del cosiddetto “lockdown”, alla 2A grazie al rispetto di 5 condizioni: stabilità di trasmissione (della malattia), servizi sanitari non sovraccarichi, una non meglio precisata “attività di readiness”, abilità di testare tempestivamente tutti i casi sospetti e possibilità di garantire adeguate risorse per contact-tracing, isolamento e quarantena.
Le 5 condizioni che hanno permesso la Fase 2
È evidente che al momento in Italia sono più o meno soddisfatte tutte queste condizioni: decisamente abbiamo raggiunto il plateau dei contagi, i nostri ospedali non sono più (o sono molto meno) in sofferenza grazie al rispetto delle regole della Fase 1 e alla “tecnica del martello”, siamo sicuramente più pronti di prima, sta crescendo giorno dopo giorno il numero tamponi fatti e abbiamo più risorse da destinare all’isolamento e alla quarantena di casi, zone, focolai sospetti.
C’è invece ancora qualche incertezza sul cosiddetto contact-tracing, che dovrebbe essere fatto anche attraverso un’app su cui restano molti dubbi (legati a privacy e limiti tecnologici): è bene ribadirlo, perchè il diagramma prevede che se si risponde “No” a una qualsiasi delle domande… si torna alla Fase 1 (però anche limitata solo a determinate aree geografiche).
Se invece, dopo quella che il governo definisce la “Rivalutazione periodica della soddisfazione dei criteri per la Fase 2A”, tutte le risposte restassero “Sì”, si potrà passare alla Fase 2B, che dalle parole di Conte è al momento immaginata a partire da giugno, quando dovrebbero riaprire barbieri, parrucchieri, centri estetici, palestra e altre attività commerciali dove il contatto fra le persone è maggiore.
Per raggiungerla, le condizioni sono le stesse 5 che hanno permesso di entrare nella 2A, cui se ne aggiunge una, la “capacità di monitoraggio epidemiologico”, probabilmente effettuata su larga scala con i test sierologici forniti dall’americana Abbott (i primi 300mila dovrebbero arrivare nelle prime due settimane di maggio).
Anche in questo caso, le 6 condizioni devono essere tutte costantemente rispettate, altrimenti si torna indietro di un livello (Fase 2A) o addirittura di due (alla Fase 1 e ai “lockdown”).
La cura o il vaccino, fondamentali per la Fase 3
E poi? E poi si cerca di passare alla Fase 3, che potrà scattare a una condizione sola, nelle indicazioni del governo: che ci sia un “accesso diffuso a un trattamento e/o a un vaccino sicuro ed efficace”. I tempi saranno lunghi, insomma, perchè per dare il via al ripristino e all’uscita dell’Italia dalla pandemia serve una cura effettiva contro la Covid-19, oppure un vaccino
E non è ancora per nulla certo che per settembre, quando le scuole dovrebbero teoricamente riaprire, una o l’altro ci siano davvero.
(da “Il Secolo XIX“)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL MINISTRO: “BISOGNA RIMANERE NELLA CASA DI RESIDENZA”
“Non si possono raggiungere le seconde case nell’ambito di questo DPCM. Bisogna rimanere nella casa di residenza”: Paola De Micheli, ministra delle Infrastrutture e dei trasporti a La vita in diretta su Raiuno scioglie negativamente il nodo gordiano sulle seconde case dopo i legittimi dubbi di stamattina visto che il provvedimento non le citava tra i divieti.
La norma sul divieto di recarsi nelle seconde case era in ogni caso contenuta nell’ordinanza del ministero della Salute del 20 marzo scorso.
Il Dpcm non l’ha annullata e quindi l’ordinanza va considerata ancora in vigore. L’ordinanza stabilisce: “Nei giorni festivi e prefestivi, nonchè in quegli altri che immediatamente precedono o seguono tali giorni, è vietato ogni spostamento verso abitazioni diverse da quella principale, comprese le seconde case utilizzate per vacanza”.
Il Dpcm, pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale, vieta inoltre gli spostamenti, che non siano per lavoro, necessita’, urgenza e per andare a trovare i congiunti.
C’è da registrare che invece in Veneto lo spostamento individuale su tutto il territorio regionale per recarsi alle seconde case di proprietà o alle imbarcazioni ormeggiate al di fuori del Comune di residenza per la manutenzione e la riparazione.
Lo prevede la nuova ordinanza annunziata oggi dal presidente Luca Zaia. Relativamente a queste norme le prescrizioni entreranno in vigore alle ore 6.00 di domani. La Fase 2 dell’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 non prevedeva un divieto esplicito di spostarsi nelle seconde case. Ma conteneva ancora il divieto di spostarsi da regione a regione.
Resta quindi l’autocertificazione per chi si sposta da regione a regione ma cambierà il modulo. L’Uncem, l’Unione delle comunità e dei comuni montani, aveva chiesto a Conte stamattina di chiarire la questione. Ora il chiarimento è arrivato
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2020 Riccardo Fucile
“RISCHIO SECONDA ONDATA IN AUTUNNO”
Un passo alla volta. Ne è convinto Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico, quello più volte citato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, proprio in queste settimane, sta aiutando il governo italiano ad avviare, in sicurezza, la fase 2 dell’emergenza sanitaria del Coronavirus.
«Si fanno dei passetti avanti, si misurano gli effetti e si dà il via libera alle mosse successive» spiega a Repubblica Brusaferro appoggiando in toto le scelte drastiche adottate dal governo Conte
«Se si decidono troppe riaperture insieme e tornano a esserci molti casi — spiega Brusaferro — non si capisce dove si è sbagliato e bisogna richiudere tutto. Meglio procede un pezzo alla volta». Un secco no, poi, alla riapertura delle scuole a maggio: «La scuola rappresenta un rischio significativo rispetto alla circolazione del virus. Le lezioni ripartiranno a settembre? Anche per questo dobbiamo vedere come evolve la circolazione del virus, è presto per dire quale sarà la situazione (tra cinque mesi, ndr)» chiarisce.
Ora, dunque, è arrivato il momento che le autorità e «i datori di lavoro trovino delle forme di flessibilità per superare questo problema» che colpisce soprattutto le famiglie. Come faranno i genitori, che torneranno a lavorare a partire dal 4 maggio, a lasciare a casa da soli i propri figli (che intanto non possono tornare tra i banchi di scuola e non possono contare sull’aiuto dei nonni)?
«Non ci sono le condizioni», taglia corto Brusaferro. Stesso discorso per gli anziani, i più esposti al virus, che dovranno continuare a fare sacrifici, a rinunciare alla famiglia, ai figli e ai nipoti. «Loro potranno fare due passi ma in modo protetto ed evitando più degli altri tutte le condizioni di aggregazione sociale» spiega.
Il timore è che in autunno possa esserci una seconda ondata. Brusaferro è cauto ma chiede responsabilità e collaborazione: «In termini teorici potremmo averla anche tra un mese se prendiamo sotto gamba le misure.
Da autunno poi inizierà una nuova stagione influenzale e circoleranno altri virus con sintomatologia simile. Il brutto tempo farà stare le persone in luoghi confinati, aumentando i rischi. Per questo intanto andrà fatta una campagna di vaccinazione molto efficace contro influenza e altre patologie per evitare che questa malattia si confonda con quella da Coronavirus».
Infine un ringraziamento agli italiani che, nonostante gli sforzi richiesti dal governo per contenere l’epidemia, «sono stati veramente bravi ad adattarsi a un nuovo modo di vivere», rinunciando, ad esempio, a dare la mano o ad abbracciare un familiare. In altre parole, il Coronavirus è riuscito a cambiare, in poco tempo, le nostre abitudini.
(da agenzie)
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