MORIRE DA POLIZIOTTO
NON DIMENTICHIAMO CHI VESTE LA DIVISA CON ORGOGLIO E PROFESSIONALITA’ PER GARANTIRE I DIRITTI DI TUTTI
Pasquale era un “giovane” poliziotto che prestava servizio a Secondigliano, aveva una moglie e due figli, uno nato da poco.
Giovane perchè l’età media dei nostri poliziotti è assai più alta, vicina a quella di Salvatore, ferito anche lui nel corso dell’intervento di Polizia che ha strappato alla vita e alla sua famiglia Pasquale.
Oggi è il momento del cordoglio e della vicinanza ai familiari del nostro Agente da poco trasferitosi nella sua Città unito alla speranza che fatti di questo genere non possano mai più accadere, anche se sappiamo che, tristemente, le cose non possono andare sempre come noi vorremmo.
Sono infatti quasi quotidiane le notizie che narrano di aggressioni e di feriti nei confronti di appartenenti alle forze dell’ordine, servitori dello Stato che svolgono un’attività spesso oltre i limiti con i rischi che essa, purtroppo, talvolta comporta.
Un mestiere difficile questo che mi ricorda la frase che nel 1909 Vollmer, primo Capo della Polizia di Berkley, al tempo scriveva: “Il cittadino si aspetta che il poliziotto abbia la saggezza di Re Salomone, il coraggio di Davide, la forza di Sansone, la pazienza di Giobbe, l’autorità di Mose’, la fede di Daniele, la diplomazia di Lincoln, la tolleranza di Giuseppe di Nazareth e anche una conoscenza, approfondita, delle scienze biologiche e sociali.”
Linguaggio biblico a parte direi che dopo oltre un secolo le cose non sono cambiate, il lavoratore e la lavoratrice che “veste una divisa” è consapevole – suo malgrado – dell’esposizione al pericolo che una tale attività comporta e non è incurante di ciò perchè, il suo mestiere, è anche una delicata professione di aiuto, una “professione sociale” necessaria, durante la quale si interviene prestando il primo soccorso per calamità naturali, disastri e tragedie di ogni genere, tutti compiti difficoltosi e, spesso, anche contraddittori o al limite del paradosso perchè egli può togliere una vita come salvarla.
E, spesso, alle volte la vita che viene “spezzata” è la Sua. Sono tanti i pericoli e le incognite di chi svolge una simile attività , dal coinvolgimento in una sparatoria, al rischio di aggressione, alla gestione dei casi di vittime di violenza o abuso finanche il contatto con le miserie umane o gli incidenti nei quali si è intervenuti. Talvolta anche le ostilità di cittadini e organi di stampa.
In tal senso si convive pure con la paura che è la cosa più antica che la razza umana conosca e come dice l’ispettore Galasso, protagonista di un libro del compianto Prefetto Manganelli: “La paura è la cosa più umana, più normale che c’è, ed è grazie a lei se siamo ancora vivi. Pensa a quante operazioni importanti hai concluso senza avere paura! Beh, te lo dico io: nessuna”.
Oggi è il momento del dolore dove, ancora una volta, tutti si stringono come noi accanto a Pasquale e alla sua Famiglia insieme a quella di Salvatore, ma non dimentichiamoci mai questi lavoratori che, con una divisa addosso, esercitano una professione ai limiti.
Dedichiamo più tempo a conoscerli, capirli e comprenderli aldilà di questo triste momento.
Amo credere che ognuno di loro che oggi non è più tra di noi vorrebbe questo. Non essere scordato o dimenticato per ciò che ha fatto e per ciò che era.
Un giovane, un uomo, un servitore di ciascuno di noi che al mattino veste la Sua divisa con orgoglio e professionalità nell’interesse comune e che merita, in ogni momento, il giusto e doveroso rispetto.
Daniele Tissone
Segretario generale sindacato di polizia Silp
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