A MESSA IN CHIESA DAL 10 MAGGIO
DOVE POSSIBILE ALL’APERTO PER DIMINUIRE I RISCHI DI CONTAGIO
Repubblica oggi racconta in prima pagina il dietrofront di Conte sulle messe, cominciato domenica sera e pronto a concludersi con l’annuncio: dal 10 maggio potrebbero celebrarsi di nuovo le messe in Italia. All’aperto, dove possibile. Più difficilmente al chiuso, anche se questo dettaglio sarà definito nelle prossime ore. Sicuramente con la mascherina.
Spiega Tommaso Ciriaco:
È il compromesso più avanzato a cui lavorano le diplomazie del governo e della Cei, con il sostegno di Giuseppe Conte. Silenziosamente. Per chiudere lo scontro inedito che ha lasciato il premier più isolato che mai. Il 10 maggio, allora. O meglio: Palazzo Chigi preferirebbe l’11 maggio, un lunedì, in modo da garantire una ripresa soft. I vescovi, però, chiedono almeno di ripartire in un giorno festivo, evocativo, di rinascita. E lo chiedono mentre mobilitano il mondo cattolico e giocano di sponda con mezzo governo.
La più attiva è Luciana Lamorgese. È lei, al telefono con il presidente della Cei Gualtierio Bassetti — a sua volta snodo che porta la comunicazione fino a Papa Francesco — a promettere il massimo impegno per chiudere presto l’incidente. Anche il Quirinale, d’altra parte, è rimasto sorpreso da come è stata gestita l’intera vicenda delle messe.
La ministra dell’Interno si batte allora per arrivare il 10 maggio — prima sembra impossibile, domenica 3 maggio saremo ancora in fase 1 — alla ripresa delle celebrazioni, almeno all’aperto.
Prima, insomma, che il comitato tecnico scientifico e Palazzo Chigi diano il via libera definitivo al protocollo della Cei. Si tratta di una via d’uscita che piace al Viminale. Necessaria, dopo che il primo testo della Cei era stato bocciato senza appello dagli scienziati: troppo alta l’età media dei fedeli, troppo rischiose le aggregazioni al chiuso e la consegna dell’ostia, pure se in mano
Anche Luigi Di Maio sente Bassetti. Prende atto che per i vescovi esiste anche un problema di violazione del concordato. L’obiettivo, adesso, è di chiudere l’incidente. «Serve una risposta in tempi brevi — il senso dello sfogo dei vescovi — Anche un no, ma che dia almeno un orizzonte ai fedeli». Come a dire: pure i parrucchieri e i bar sanno quando ripartiranno. Mentre la Chiesa, la Comunità ebraica, quella islamica e le altre confessioni restano nell’incertezza.
(da agenzie)
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