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LA VERGOGNOSA DIRETTA SUL COMIZIO DI CATANIA DELLA MELONI E DI SALVINI SU RAINEWS24 FINISCE IN VIGILANZA

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

ATTACCA IL M5S: “VIOLAZIONE DELLA PAR CONDICIO E DEL PLURALISMO”

La diretta su RaiNews24 del comizio della destra per la chiusura della campagna delle comunali di Catania, con la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, finirà in commissione di Vigilanza.
«Apprendo dalle segnalazioni di diversi gruppi parlamentari che su RaiNews24 sarebbe andata in onda in diretta il comizio organizzato dal centrodestra a sostegno del candidato sindaco di Catania. La commissione di Vigilanza valuterà con estrema attenzione questo caso per tutti i profili di competenza. Si potrebbe profilare una violazione importante della par condicio e del pluralismo che il servizio pubblico non si può assolutamente permettere», annuncia in una nota la presidente della commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia (M5s).
«Nell’edizione di questa sera del telegiornale di RaiNews24 è andato in onda in diretta il comizio da Catania degli esponenti di destra. Si tratta di una violazione gravissima della par condicio che non si ricorda essere mai accaduta e di cui il direttore della testata e i vertici dell’azienda devono rendere conto immediatamente. Presenteremo sul caso un esposto all’Agcom e una interrogazione in commissione di vigilanza Rai per comprendere come sia stato possibile mettere in atto una simile operazione in palese violazione della legge», dicono gli esponenti del Movimento 5 Stelle in commissione di vigilanza Rai.
«Gravissima violazione da parte di Rainews24 della par condicio all’ultimo giorno di campagna elettorale per le amministrative in Sicilia che ha trasmesso in diretta il comizio di Salvini Meloni e Tajani da Catania. Non era mai accaduta una cosa del genere. La nuova Rai diventa TeleMeloni. Abbiamo presentato esposto urgente ad Agcom e una urgente interrogazione parlamentare. Mai il servizio pubblico era caduto così in basso nella parzialità politica. È tv di regime», recita una nota dei parlamentari del Pd della commissione di vigilanza Rai Furlan, Nicita, Bakkali, Verducci, Peluffo, Zingaretti, Graziano e il deputato dem siciliano Barbagallo.
(da agenzie)

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LEONARDO, LA CUCCAGNA DI MINNITI E VIOLANTE (300MILA EURO L’ANNO): PROFUMO SI E’ INVENTATO BEN DUE FONDAZIONI CHE GRAVANO PER 8 MILIONI SUL BILANCIO: UNA A VIOLANTE (CIVILTÀ DELLE MACCHINE) E UNA A MINNITI (MED-OR)

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

IL REIETTO DELL’EGEMONIA CULTURALE DE SINISTRA, PIETRANGELO BUTTAFUOCO: LO TROVIAMO BEN PAGATO NEL CDA DI MED-OR E ALLA DIREZIONE DELLA RIVISTA DI VIOLANTE

Anche al tempo del governo Meloni, i grandi vecchi della politica rimangono sempreverdi. Uno di loro è Luciano Violante, che negli anni ha lentamente cambiato pelle, dismettendo i panni apertamente politici di ex dirigente prima del Pci e infine del Pd, per vestire quelli di tecnico. Sempre con una sfumatura di parte, ma fortificando le entrature a destra.
Utili soprattutto ora che il colore dell’esecutivo si è fatto più scuro ed è alla ricerca di referenti e interlocutori non ostili. Non a caso, negli ultimi tempi Violante si è esercitato in articoli e interviste in cui ha allontanato timori sul fascismo, difeso la nomina di Chiara Colosimo al vertice della commissione Antimafia e criticato i contestatori della ministra Eugenia Roccella, al salone del Libro di Torino.
Del resto, forte anche dell’aura istituzionale di ex presidente della Camera, la voce più ripetuta è la sua ambizione al Quirinale. Oggi fresco ottantaduenne, il bis del suo coetaneo Sergio Mattarella ne avrebbe tenuta accesa la speranza. Proprio questa sua vocazione alla trasversalità lo sta favorendo con il nuovo vento di destra.
Negli ultimi tempi il suo è stato il nome più richiamato nelle locandine dei convegni d’area, a partire da quelli della fondazione Tatarella dove Violante è intervenuto per ricordare l’ex avversario politico ed è stato accolto più che calorosamente.
Tanto da essere diventato ormai il jolly per coprire la quota “sinistra” in tavole rotonde istituzionali. Tuttavia, il ruolo di pontiere gli è sempre stato congegnale: a consolidarlo definitivamente come volto avversario ma non nemico della destra fu però un suo discorso del 1996 da neo presidente di Montecitorio, diventato celebre come l’apertura ai «ragazzi di Salò», in cui disse che serviva uno sforzo per capire le ragioni per cui tanti giovani si arruolarono per la repubblica sociale italiana.
Non tutto il mondo intorno a Meloni, però, ama Violante e una parte di chi viene dalla destra sociale non apprezza ritrovare un ex comunista ma anche ex magistrato così vicino alla stanza dei bottoni. «Non tutti noi si sono dimenticati che Violante diventò Violante anche con le indagini che fece da magistrato su quelle che all’epoca venivano chiamate “trame nere”», dice una fonte dell’ex Movimento sociale di Roma. Violante, infatti, indagò sulla sigla terroristica neofascista Ordine nero e sui campi paramilitari in val di Susa.
Un passato considerato remoto per i suoi estimatori tra cui l’ex collega di toga e amico Alfredo Mantovano, oggi potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio – un’onta incancellabile invece per i più legati alle tradizioni post-fasciste. Il suo rapporto con il governo, però, è un fatto: corroborato anche formalmente con l’investitura – rivelata da l’Espresso – come presidente del Comitato per gli anniversari nazionali, la valorizzazione dei luoghi della memoria e gli eventi sportivi di interesse nazionale e internazionale.
Un compito tanto altisonante quanto nebuloso, che però ne certifica il legame con la galassia che ruota intorno a palazzo Chigi. L’attività verrà svolta a titolo gratuito, ma un’entrata fissa per Violante è tornata comunque ad esserci.
La fondazione
Dal 2019, infatti, Violante è presidente della fondazione Leonardo-Civiltà delle macchine, un piccolo paradiso dal bilancio di 3 milioni di euro che ha l’obiettivo di essere «un ponte tra la cultura umanistica e industriale» ed è finanziata dalla super partecipata di stato Leonardo, che si occupa di difesa, aerospazio e sicurezza.
La fondazione è stata voluta dall’amministratore delegato Alessandro Profumo, che ha appena concluso il suo mandato. A lui si deve la chiamata di Violante, il quale per i primi tre anni ha rivestito la carica di presidente a titolo gratuito. Allo scattare del primo triennio e quindi dal 2023, però, è stato lo stesso Profumo a proporgli un compenso – accettato – da circa 300 mila euro per un impegno a tempo pieno.
Cifra decisamente alta, in linea con quella di un manager d’azienda con responsabilità apicali. Cifra, del resto, in linea con quella che percepisce sempre da un incubatore di Leonardo anche un altro esponente del vecchio Pci, amico di Violante ed ex ministro dell’Interno, Marco Minniti.
Nel 2021, infatti, Profumo ha creato un’altra fondazione che fa capo al colosso delle armi controllata dal ministero dell’Economia: Med-Or, che si occupa di intelligence e geopolitica dei paesi che affacciano sul Mediterraneo e del Medio Oriente. A presiederla ha chiamato proprio Minniti in qualità di esperto di sicurezza nazionale e lui, per diventarne presidente a circa 300 mila euro l’anno, a febbraio 2021 l’ex ministro ha lasciato il Pd e il parlamento.
La fondazione Civiltà delle Macchine, con i suoi 3 milioni di bilancio, è un perfetto ingranaggio inserito nella patinata vetrina di Leonardo. La fondazione si occupa di progetti di sviluppo e in questa fase sta investendo moltissimo sulla transizione digitale e sull’intelligenza artificiale, che sono anche il tassello fondamentale per il Pnrr.
A voler riassumere gli obiettivi in uno slogan spesso usato da Violante, la fondazione si occupa di promuovere «l’umanesimo digitale». In pratica, si traduce in una fitta attività di convegnistica e di valorizzazione dell’immagine della società madre, Leonardo Spa.
Fiore all’occhiello, però, è la rivista “Civiltà delle macchine”.
Fondata nel 1953 da Leonardo Sinisgalli dentro Finmeccanica e chiusa nel 1979, nel 2019 è tornata su carta in forma di trimestrale. Dal 2020 al 2021, direttore è stato Antonio Funiciello, che ha poi lasciato per diventare capo di gabinetto di Mario Draghi e lo ha sostituito l’ex giornalista Mediaset Marco Ferrante.
La rivista può permettersi addirittura due direttori: a capo della parte online, infatti, c’è l’opinionista di riferimento del mondo conservatore Pietrangelo Buttafuoco, il cui nome è girato vorticosamente come volto amico del governo da portare in Rai. La fondazione, infatti, ha fatto da incubatore per una quota di personale tecnico che ha ruotato intorno agli ultimi governi.
Sotto l’ala di Violante è transitato anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, di area leghista ma sostenuto da tutti e tre i partiti. Al momento dell’elezione il suo tratto biografico più noto, dopo quello di avvocato del governatore del Veneto Luca Zaia, era il ruolo di membro del comitato scientifico della fondazione Leonardo.
Tutto questo, per un bilancio complessivo che risulta a Domani essere di circa 3 milioni di euro: tanti o pochi – soprattutto se ben spesi – a seconda delle prospettive. Certo è che le informazioni sono ben custodite. Dal fascicolo fornito a maggio 2022 all’assemblea degli azionisti di Leonardo, infatti, risulta che il fondo in dotazione assegnato alla fondazione è stato di 120mila euro (il minimo necessario per il riconoscimento della personalità giuridica) e che le principali voci di bilancio sono «costo del personale e costi per servizi».
Il bilancio completo, però, non viene pubblicato sul sito ma, secondo gli obblighi normativi, solo depositato in prefettura. Se il compenso dei presidenti si equivale, il budget dei due think-tank paralleli è differente. Risulta a Domani che Med-or abbia un bilancio da circa 5 milioni di euro, con l’obiettivo di favorire le relazioni internazionali italiane e «il dialogo costruttivo tra sistemi economici». Circa 8 milioni, sommando le due fondazioni, per rafforzare – dentro e fuori l’Italia – il soft power di Leonardo.
(da Edoriale Domani)

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“I VIGILI NON L’HANNO SOCCORSA DOPO AVERLA PESTATA, ANZI L’HANNO TENUTA AL COMANDO PER ORE”: PARLA L’AVVOCATO DI BRUNA, LA DONNA TRANS PESTATA DALLA POLIZIA MUNICIPALE A MILANO

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

“HA UNA BRUTTA FERITA ALLA TESTA, COMPATIBILE CON UNA MANGANELLATA, È SCONVOLTA, TRISTE, DEPRESSA. È TERRORIZZATA, HA PAURA CHE QUALCUNO POSSA FARLE ANCORA DEL MALE”

Ha incontrato il suo legale Bruna, la 42enne colpita con calci e manganellate due giorni fa a Milano da agenti della Polizia locale. Dopo l’aggressione che ha subito, ripresa in un video diventato virale, è intenzionata a presentare denuncia contro i vigili.
«Ha una brutta ferita alla testa col sangue raggrumato, compatibile con una manganellata, è sconvolta, triste, depressa, piange e non riesce proprio a rivedere il video che ha ripreso quella scena», ha spiegato l’avvocata Debora Piazza, che l’ha accompagnata anche al Svs della clinica Mangiagalli.
«È terrorizzata, ha paura che qualcuno possa farle ancora del male», ha aggiunto il legale. La denuncia sarà presentata al più presto, dopo il referto medico. Attualmente è aperta una inchiesta dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Giancarla Serafini per lesioni aggravate dall’abuso della pubblica funzione, nella quale nei prossimi giorni dovrebbero essere iscritti i nomi di almeno tre dei quattro agenti della Locale.
La legale ha chiarito che la donna, nel colloquio del pomeriggio nello studio legale, ha fornito la versione già data alla stampa. L’avvocatessa ha aggiunto: «Non l’hanno neanche soccorsa dopo averla pestata, anzi l’hanno tenuta al comando per ore».
(da Open)

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L’ATAC, LA MUNICIPALIZZATA DEI TRASPORTI DELLA CAPITALE, HA SOSPESO UNA DIPENDENTE CHE SI FINGEVA MALATA DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ PER VENDERE GIOIELLI E AMULETI NELLE FIERE IN GIRO PER L’ITALIA

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

LA DONNA, CHE RICOPRIVA UN RUOLO OPERATIVO DI CONTROLLO SUI MEZZI, PUBBLICAVA SUI SOCIAL I SUOI GIRI PER I MERCATINI DELLA PENISOLA

Malata dal lunedì al venerdì, non una tantum ma con una cadenza reiterata che ha insinuato qualche dubbio tra gli ispettori dell’Atac, impegnati a stanare i furbetti con il mandato di ridurre l’assenteismo in azienda. La dipendente, non era un’autista ma ricopriva un ruolo operativo di controllo sui mezzi. E’ bastato fare una ricerca su Internet per scoprire che la lavoratrice della municipalizzata dei trasporti vendeva online amuleti artigianali di sua produzione.
Sul sito rilanciava anche una serie di appuntamenti tra le fiere e i mercatini itineranti nei dintorni della Capitale dismessa la divisa dell’Atac, indossava infatti abiti esotici da “fatina” con i quali si faceva immortalare agghindata con gioielli vistosi e caftani orientaleggianti in alcuni filmati pubblicati sui social. Per la società di via Prenestina lavorava da parecchi anni.
Gli ispettori di Atac l’hanno tenuta d’occhio per sei-sette mesi, anche seguendola nei luoghi dove proponeva i suoi prodotti a metà tra l’artigianato e l’esoterismo fai-da-te, fino a raccogliere una corposa documentazione: quando il dossier era ormai talmente solido da far cadere ogni dubbio, è scattato il provvedimento disciplinare con sospensione dal lavoro. La legge prevede che la dipendente possa difendersi facendo ricorso
(da La Repubblica)

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SI E’ BLOCCATO IL PNRR: LA CORTE DEI CONTI: “INVESTIMENTI ANCORA FERMI AL 13,4%, NEL 2023 SPESO UN MILIARDO SU 32 DISPONIBILI”

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

DAL PIANO DI RIPRESA E RESILIENZA DIPENDE IL 66% DELLA CRESCITA FINO AL 2026… TITO (REPUBBLICA): “IL GOVERNO VUOLE I SOLDI DEL PNRR O PUNTA A FARLO FALLIRE? MAGARI PER RIVITALIZZARE LA PROPAGANDA ANTIEUROPEA IN VISTA DELLE ELEZIONI DELL’EUROPARLAMENTO DEL PROSSIMO ANNO”

La lingua batte ancora dove il dente duole: dopo quelle della Commissione europea è di nuovo la – fin troppo rallentata – attuazione del Pnrr il motivo di una severa raccomandazione del Fondo monetario internazionale, che ha di recente inviato in Italia una propria delegazione che ha incontrato, tra gli altri, il ministro dell’Economia Giorgetti, e il presidente della Corte dei Conti, chiamata ad esaminare l’andamento della spesa pubblica, ora che le prime rate dei fondi europei (presto la terza) sono cominciate ad affluire nelle casse dello Stato.
Il combinato disposto delle due analisi dice che l’economia italiana va meglio del previsto, ma potrebbe ancora migliorare se il ritmo della “messa a terra” dei progetti potesse accelerare, e non rallentare com’è accaduto dall’inizio del 2023. Le maglie nere dei settori di intervento spettano a sanità e scuola: proprio quelli in cui, dopo la pandemia, più forti erano le aspettative e più impegnativi gli annunci, connessi anche a prospettive di periodo medio-lungo come gli asili per politiche della famiglia.
Invece, in quest’ambito tutto è ancora (quasi) fermo. E la media di spesa, dopo essersi avvicinata nel 2022 al 13 per cento delle realizzazioni, è salita quest’anno solo di un punto. La Corte aggiunge che senza il Pnrr la crescita, valutata all’1,1 per cento, si ridurrebbe quasi di due terzi: e a partire da questo, che è motivo di allarme, chiede al governo di muoversi.
È ormai giunto il momento di mettere giù la maschera. Questo governo e la presidente del Consiglio hanno il dovere e la responsabilità di spiegare ai cittadini cosa intendano davvero fare. In particolare se credono ancora nelle riforme e nelle opportunità contenute nel Pnrr. Oppure se stiano lavorando per farlo fallire pensando così di far tramontare il progetto europeo. E di rivitalizzare i loro istinti primordiali.
Il punto è proprio questo: nei ragionamenti e nelle riflessioni degli uffici che si occupano del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a Roma e a Bruxelles, comincia a emergere sempre la stessa domanda. Che per quanto paradossale è comunque il sintomo di un profondo malfunzionamento o di una gigantesca ambiguità: il governo vuole i soldi del Pnrr o punta a farlo fallire?
Magari con il subdolo obiettivo di ricostruire la propaganda antieuropea in vista delle elezioni per il Parlamento Ue che si terranno l’anno prossimo. Più che un paradosso sarebbe un suicidio. Il modo perfetto per gettare gli italiani sul lastrico e il Paese nel novero dei “paria”. Ma i comportamenti della squadra meloniana conservano un livello di incertezza indecifrabile.
(da La Stampa e Repubblica)

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DOPO FAZIO E LA ANNUNZIATA SE NE VA ANCHE CORRADO AUGIAS DA TELE-MELONI?

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

SFIDA TRA MONICA MAGGIONI E SERENA BORTONE PER PRENDERE IL POSTO DI “LUCY” ANNUNZIATA… LUISELLA COSTAMAGNA (IN QUOTA M5S) VERSO IL SABATO POMERIGGIO – SEMPRE ALTE RESTANO LE QUOTAZIONI DI MANUELA MORENO, CANDIDATA A TUTTO – DUBBI SU GRAMELLINI E DAMILANO

A poco più di un mese dalla presentazione dei palinsesti autunnali, le due voragini nella programmazione domenicale di Rai3, prodotte dalle dimissioni di Fabio Fazio e ora di Lucia Annunziata, sono un problema serio per i nuovi vertici della Rai. L’amministratore delegato Roberto Sergio, insediatosi da dieci giorni, teme ulteriori emorragie.
La conduttrice, ospite del Festival dell’Economia di Trento, è parsa replicare a distanza alle battute dello showman quando ha detto: «Le dimissioni sono una cosa seria. Ci ho messo tre giorni a scrivere 7-8 righe, ho soppesato parola per parola. Sono delle dimissioni, che mi sembra siano state accolte» ha concluso. L’uscita di Annunziata, riferita due giorni prima al neodirettore degli Approfondimenti, Paolo Corsini, è avvenuta un anno prima della scadenza del suo contratto e l’ufficio legale della Rai starebbe valutandone le conseguenze e i vincoli di esclusiva.
E Rai3 resta a questo punto l’osservata speciale. Si parla di un Corrado Augias dubbioso circa la propria permanenza, davanti alle ipotesi, apparse sui giornali, di un ridimensionamento dei suoi programmi. Quanto a Massimo Gramellini, il suo contratto è in scadenza a giugno, dunque non avrebbe avuto ancora modo di valutare le condizioni di un rinnovo. Perché il punto ormai sembra questo: restare sì, ma non a tutti i costi. A Lucia Annunziata infatti non è bastata la semplice conferma del suo programma. Assicurazione che invece non è ancora giunta a Marco Damilano, altro volto di punta di Rai3.
Infuria intanto il totonomi. E, in mancanza di certezze, si divaga: sulla fascia domenicale che era di Fabio Fazio potrebbe approdare Alessandro Cattelan, oppure Report, spostato dal lunedì, o un programma divulgativo. Mentre al posto di Annunziata, avanza la candidatura di Monica Maggioni (che si era già assicurata, lasciando il Tg1, la conferma del suo programma serale di approfondimento su Rai1, Sette storie), magari in tandem con Antonio Di Bella, direttore uscente e appena andato in pensione.
Ma per la domenica pomeriggio qualcuno vedrebbe bene anche Serena Bortone, che avrebbe perso il pomeriggio di Rai1 e non sarebbe in trattative con Discovery. Quanto a Luisella Costamagna, sostenuta dal M5S, pare voglia tirarsi fuori dalle conduzioni giornalistiche per approdare a quelle di alleggerimento, il sabato pomeriggio su Rai2. Sempre alte restano le quotazioni di Manuela Moreno, partner esilarante di Fiorello al mattino, candidata a tutto.
(da Il Corriere della Sera)

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INAFFERRABILE ELLY SCHLEIN

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

VIAGGIO ALLA RICERCA DELLA SEGRETARIA CHE SOGNA IL PD AL 30%

Dov’è Elly? Un giorno la cercavano per il compito di latino, al liceo pubblico cantonale Lugano 1, ma stava in cortile a suonare la chitarra. Tranquilla e beata. Pezzi su pezzi di heavy metal. Rideva, la ragazzina di Agno, figlia dell’upper class. Sorriso irregolare e spontaneo. “Alla fine entrò in classe, fece la sua bella traduzione e prese il massimo dei voti, come sempre”, ricorda divertito il suo vecchio professore di geografia e informatica, Alberto Leggeri.
Oggi come allora la stessa domanda: dov’è Elly?
C’è il caso Ita-Lufthansa, il Pnrr fa ballare Palazzo Chigi, Stefano Bonaccini ha i piedi nel fango e il governo non vuole nominarlo commissario per la ricostruzione. Ma lei, Elly, dov’è? E’ apparsa ieri nel tardo pomeriggio ad Ancona. Giovedì era a Trento al festival dell’Economia, poi è andata in Toscana per i ballottaggi. La sera da Corrado Formigli a “Piazza Pulita”. Provate a prenderla. Fatele una domanda dritta, esigete una risposta netta. Primula rossa. Epifania democratica e armocromatica. Non ha un’agenda. Vive in hotel (ancora per pochissimo). Non scrive sulla chat di gruppo della segreteria. Al massimo interviene con l’emoticon del pollice alzato. Se René Ferretti in “Boris” ripeteva sempre “dài! Dài! Dài!”, lei ha la fissa di caricare i suoi con “forza! Forza! Forza!”.
A chi la critica per questo stile – appaio e scompaio ma anche dico e non dico – risponde: voi siete dei boomer. E cioè dei vecchi, che vivete la politica come un rito barboso, e poi saluta tutti e va al concerto dei Maneskin e dei Baustelle, gli ultimi due eventi musicali che si è concessa (oltre alla cena svelata da questo giornale sull’attico di Claudio Baglioni). Donnafugata, ma la troveremo.
Mattinata qualsiasi al Nazareno, sede del partito che Elly Schlein voleva occupare ai tempi dei 101 di Romano Prodi (“ah, il Prof., lo sento spesso!”) e che adesso la vede con il binocolo. Voce di un dipendente dem: “Qui non viene mai”. Non ha arredato nemmeno la sua stanza, che fu di Enrico Letta, al terzo piano dello storico collegio. “Ma com’è fatta?”. All’osteria La scalinata, dove Pierluigi Bersani era di casa, dobbiamo far vedere la sua foto sul cellulare tipo “Chi l’ha visto?”.
Ed è subito momento Sciarelli: ha 38 anni, capelli a caschetto, è bilingue, ha tre passaporti, indossa abiti dai colori sgargianti, dice che farà rinascere la sinistra, la conosce? “Ah, mai entrata”.
Al bar Origano, davanti all’ingresso del Pd, forniscono un indizio: “Lei non si vede, ma manda i suoi a prendere l’amatriciana: il suo piatto preferito, deduciamo”. Dunque esiste. E mangia, ma preferisce su tutto la lasagna, ci informa una fonte autorevole dietro richiesta di anonimato. La sera, spesso, va a cena al Chianti, ristorante a due passi da Fontana di Trevi, con la cucina aperta fino a tardi. “Beve vino rosso”.
Niente. Bisogna provare alla Camera dei deputati. Prima di vincere le primarie, appena sbarcata a Roma, capitava di incontrarla da sola, su una panchina in cortile o su un divanetto in Transatlantico. Cellulare e sigaretta elettronica. Si vedeva subito che non faceva minimamente parte dell’arredo. Gentile, sorridente, ma impalpabile per i cronisti: rarissime battute, zero titoli presi “a strappo”, figurarsi le interviste rubate. In compenso le rare conferenze stampa sono già diventate un genere giornalistico, si va per avere un pezzo di politica ed esce fuori un racconto di colore. Comunque meritano.
Da quando è diventata segretaria del Pd, Elly Schlein si vede di rado nel Palazzo. Supplemento d’indagine. Telefonata a uno storico funzionario del Parlamento. E’ un maestro di statistiche, venne assunto ai tempi di Craxi, Andreotti e Forlani: “Allora, sì. Tiro fuori il dato, mi serve un po’ di tempo. Va di fretta?”. Eh sì. “Ecco ci sono: da quando è iniziata questa legislatura, il 12 ottobre, fino ad aprile su 1.551 votazioni elettroniche la segretaria ne ha effettuate 567. Ovvero il 36,56 per cento. Si è vista in Aula, per votare, una volta su tre. Tutti i leader politici sono poco presenti, va detto. Certo quando entrai la prima volta qui dentro c’era altro materiale umano e politico…”.
Grazie, andiamo di fretta, dobbiamo cercarla. “Non è tipa da buvette”, raccontano i camerieri in livrea che tutto sanno e ascoltano al di là del bancone. “Ogni tanto si prende una Coca”.
Ma quindi dov’è Elly? Attenzione: “Io l’ho sentita questa mattina e ci siamo scritte diverse volte nel pomeriggio”, confida, dopo tanto insistere, Marta Bonafoni, consigliera regionale nel Lazio, figura chiave ed emblematica del nuovo partito. Anche lei, come la segretaria, è una neo iscritta del Pd, ma di fatto è la numero due. Sarà capolista alle Europee nella circoscrizione dell’Italia centrale (gira già la lista: lei sarà testa di serie, poi Paolo Gentiloni, Camilla Laureti e Nicola Zingaretti). Bonafoni viene da sinistra (dal vendolismo declinato a Roma dall’europarlamentare Massimiliano Smeriglio). Così come Igor Taruffi da Porretta Terme, assessore regionale in Emilia Romagna, capo dell’organizzazione e dunque numero tre, amico personale di Francesco Guccini (il maestrone alle primarie votò Bonaccini, la moglie invece scelse Schlein). Nei giorni scorsi, quelli dell’alluvione, tutti a cercare come sempre la segretaria, e alla fine è spuntata fuori una foto di lei con Taruffi sugli Appennini alle prese con gli smottamenti.
Igor, Marta ed Elly: in questo triangolo c’è quello che una volta si sarebbe chiamato entrismo (definizione della Treccani: è la tattica di appartenenti a gruppi contestatori che si infiltrano in seno alle organizzazioni o istituzioni esistenti per operare modifiche dall’interno). I tre sono molto legati. Bonafoni e Taruffi parlano della capa come di un genio, una fresca e dall’energia incredibile.
Fosse per loro la vorrebbero tutti i giorni su un palco, a una manifestazione, a un comizio, fuori da un supermercato, davanti a una fabbrica a volantinare, su un tetto a protestare, magari anche arrampicata sul Colosseo tipo Nando Mericoni, lui prima di lei americano a Roma. Movimentismo. Apparire e scomparire: puff. Ma il termovalorizzatore serve e i ragazzi di Ultima generazione fanno bene a insudiciare i monumenti per sensibilizzarci sul cambiamento climatico? Boh.
In Parlamento, ma anche in Rai, il vero motore dell’ellysmo è Francesco Boccia. Lei si fida e delega. Nei momenti di eclissi schleiniana bisogna cercare lui: gestisce, dice la penultima – e a volte anche l’ultima – parola, è trasversale, non disdegna con la moglie Nunzia i salotti, risulta simpatico ai giornalisti, con i quali è perfettamente a suo agio. Boccia dice che passate le amministrative in Sicilia partirà la fase due della segretaria: sempre di più sul pezzo, attiva, non più chimera. Inizierà la corsa per le Europee. Obiettivo della casa: superare il 25 per cento e avvicinarsi il più possibile al 30. Si vedrà. Flavio Alivernini da Palombara Sabina, il portavoce, davanti agli attacchi e alle perplessità per l’assenza della sua principessa sui temi caldi dice sempre due cose. La prima: la sera delle primarie i principali giornali italiani avevano inviato i cronisti di punta che seguono il Pd a Bologna da Bonaccini, segno che non c’avevano capito molto.
La seconda: perché nessuno scrive che il Pd con Elly ha preso sette punti? Alivernini veste sempre di grigio – e ora non fate le solite battute sull’armocromista di gruppo – e fa parte del cerchio operativo, insieme a Gaspare Righi, navigatore gps di Elly da dieci anni tra Bologna, Bruxelles e Roma. Quest’ultimo è un tipo molto discreto, matematico, viene dal mondo dell’Arci. Lui per statuto sa dov’è lei. Sempre. Ma non parla mai. Ti sorride e basta.
Nella ricerca disperata di Schlein, come la Susan del film, si capiscono due cose. Nel Pd i parlamentari la soffrono, sotto sotto la criticano, non la capiscono. L’accusano di non rispondere al telefono. Ne contestano la voluta ambiguità su molti temi, quasi tutti. Tuttavia la temono perché sanno che la donna può essere cattivella e soprattutto molto risoluta. Caso di scuola: la piccola vicenda capitata a Chiara Gribaudo, già coinquilina, che la leader non ha voluto come capogruppo alla Camera al posto di Debora Serrachiani. Oppure Giuseppe Conte: quando il capo del M5s l’attacca lei dice ai suoi fedelissimi “non gli rispondo, ma questa me la segno, vedrete”.
I parlamentari del Pd l’osservano con distacco e si danno coraggio. In pochissimi hanno confidenza con lei. Non si allargano. Vietate domande e curiosità sulla compagna Paola Belloni. Qui si parla di politica, nuova politica. Lo ha capito per primo Dario Franceschini, uno che l’ha vista arrivare eccome. Il “ministropersempre” è defilato, si attiva solo quando c’è qualcosa di grande e importante da decidere.
Quando lei non c’è insomma è difficile che sia con lui. Magari, questo sì, la segretaria è al telefono con Fabrizio Barca. Uno dei suoi grandi consiglieri economici, seppur nascosto, della leader. Tipa puntigliosa e secchiona che si “flippa” – come raccontano a Bologna i compagni di università che facevano le serate con lei all’Estragon – fino a voler spaccare il pelo in quattro. Lo sa bene Enrico Letta che quando decise di candidarla alle politiche passò ore e ore a discutere con lei di tutti gli aspetti (compresa la richiesta dell’allora vicepresidente della Regione di non voler versare al gruppo la quota da parlamentare in quanto indipendente del Pd, poi la storia è andata diversamente).
Lei è diventata segretaria e con Letta non si sentono quasi più. Eppure l’ex premier rivendica il tempo perso a convincere Elly a partecipare alle Agorà per allargare il Pd agli esterni. “Io non la sento da dieci anni e non parlo di lei”, dice Pippo Civati, compagno di strada con Possibile, prima della rottura. Gli si vorrebbe chiedere se Schlein ha dei tratti di decisionismo renziano, visto che Civati fu anche un leopoldino della prima ora. Ma non c’è verso. “Sì, ha dei lati che mi ricordano Matteo, basti guardare come ha fatto la segreteria: ha scelto lei e basta e vedrete alle Europee”, dice un esperto di comunicazione che conosce bene il vecchio e la nuova segretaria del Pd. La descrivono un bel po’ cinica. Bonaccini, che la ebbe come vice e come assessore proprio con le deleghe finite nel mirino con il maltempo, in privato non ne parla benissimo.
La descrive come una leader molta immagine e poco contenuto. E’ un fatto politico che lei non si sia mai fatta vedere al suo fianco in questi tremendi. Già, ci risiamo: ma dov’è? Di recente al cinema, a vedere al Sacher l’ultimo film di Nanni Moretti. Ecco, il regista-papa della sinistra e la segretaria hanno un rapporto confidenziale. Lui le propose durante le primarie di ospitare un dibattito nel suo tempio con lo sfidante, che però non accettò. “Se Elly non avesse fatto politica, l’avrei assunta per lavorare al festival di Locarno e con la rivista della kermesse: ha una passione e una cultura cinematografica fuori dal comune”, dice Lorenzo Buccella, giornalista per la Radio televisione svizzera e animatore del festival di Locarno. Ora: non è che mentre i riformisti del Pd hanno il mal di pancia per le ricette economiche sinistrissime e mentre i cattolici si fanno il segno della croce sulla gestazione per altri, Schlein sta sul divano a farsi le maratone di film indipendenti americani o si guarda i documentari del suo amico regista terzomondista Andrea Segre? “Non diciamo fesserie, e poi il rapporto con il mondo cattolico è forte”, dicono i pretoriani del nuovo Pd, chiamati “gruppettari” da quelli del vecchio Pd.
E se stesse in chiesa, a sorpresa? Sul taccuino a questo proposito rimangono scritti due nomi: Matteo Zuppi, presidente della Cei e carismatico cardinale di strada molto amato a sinistra, e don Mattia Ferrari, cappellano dell’Ong Mediterranea. Comunque in chiesa non c’è. E nemmeno al ghetto è stata avvistata. Con la comunità ebraica di Roma, la più importante e grande d’Europa, i rapporti sono cordiali dopo la battuta che fece su di sé Elly: “Mi attaccano per il naso ebreo”. Un’uscita che Ruth Dureghello non prese benissimo, tanto che servì una telefonata riparatrice. Ma attenzione, eccola: sta salendo sul palco di Ancona. Applausi. Cori. Lei che incita: “Forza! Forza! Forza!”. Sta pensando che alla fine la spunterà e che questa assenza fisica e politica sarà la sua arma in più quando dovrà contare i voti delle Europee. Martedì sarà a Bruxelles, città cosmopolita e longilinea come lei. Sorride. Le critiche le scivolano sul blazer verde oliva. E chi non la capisce è un boomer.
(da il Foglio)

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IL PIANO UE PEE L’IMMIGRAZIONE: PIU’ SOLDI A CHI ACCOGLIE PIU’ MIGRANTI

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

L’IPOTESI DI DEFINIRE UNA QUOTA PER OGNI PAESE… IL PRINCIPIO DI 22.000 EURO A PERSONA

Il negoziato per il Patto per la migrazione dell’Unione Europea prevede più soldi a chi accoglie più migranti. In vista del Consiglio Affari Interni in calendario per il prossimo 8 giugno si lavora all’ipotesi di definire la capacità adeguata di ogni paese nell’ospitalità. Con relative procedure di frontiera d’identificazione. In tutto sarebbe espresso con una formula calcolata sulla base di dati oggettivi e condivisi. A questo meccanismo dinamico si affiancherebbe un tetto annuale. E i flussi d’ingresso e d’uscita da cui tenere conto. Il negoziato è fortemente voluto dall’Italia. Le quote serviranno a far scattare gli interventi di solidarietà obbligatoria da parte degli altri stati.
La solidarietà obbligatoria
La solidarietà obbligatoria servirà a rassicurare i paesi che sono più soggetti agli arrivi come l’Italia. Anche se sul punto c’è chi protesta, come la Polonia. Varsavia ha fatto sapere di non essere disposta ad accettare i ricollocamenti forzati dei migranti. La presidenza di turno della Commissione ha escluso l’ipotesi. Intanto però una bozza di mediazione proposta dalla presidenza – di cui l’agenzia di stampa Ansa ha preso visione – indica come necessario «raffinare ulteriormente l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità». E di «tenere conto della particolare posizione geografica degli Stati membri di frontiera». Un chiaro riferimento al club dei Med5. Che da tempo chiedono attenzione sul tema degli sbarchi. Il testo d’altra parte esclude senza ombra di dubbio «l’obbligatorietà dei ricollocamenti». E prevede invece altre misure di solidarietà. Come i contributi finanziari e non meglio precisati altri interventi. L’obiettivo, infatti, è rendere obbligatorio il principio di solidarietà e non una misura a favore di un’altra.
Il principio dei 22 mila euro a persona
Pure qui però le cose potrebbero complicarsi. Il rappresentante permanente della Polonia presso l’Ue Andrzej Sadoś ha segnalato che Varsavia ha accolto finora un milione di rifugiati ucraini a fronte di 200 milioni di euro forniti dall’Ue per assisterli. E ha contato una media di 200 euro a rifugiato.
La Ue prevede di addebitare 22 mila euro a persona ai Paesi che non sono disposti ad accettare migranti irregolari nell’ambito del meccanismo di solidarietà. Una sproporzione che nasconderebbe intenti punitivi. Insomma, anche sui soldi si rischiano potenziali punti di scontro. Ora si vorrebbe chiudere il mandato negoziale del Consiglio. Per avviare la discussione con Commissione e Parlamento entro luglio. Almeno sulla parte che riguarda la gestione dell’asilo e della migrazione. L’orizzonte è la fine della legislatura, nel 2024.
(da agenzie)

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“AIUTARE CHI HA BISOGNO CONTA PIU’ DEI SOLDI”: PARLA MARCO SANTACATTERINA, LICENZIATO DALLA PIZZERIA IN PROVINCIA DI VICENZA PER LA QUALE FACEVA LE CONSEGNE PERCHE’ È ANDATO IN EMILIA ROMAGNA PER DARE UNA MANO DOPO L’ALLUVIONE E HA SALTATO IL WEEEKEND DI LAVORO

Maggio 27th, 2023 Riccardo Fucile

“IL MIO CAPO MI HA SCRITTO ‘SEI UN COGLIONE, UN BUFFONE, MI FAI RIDERE’. PRENDEVO 30 EURO A SERATA”… “A CESENA, TRA IL FANGO, SORRIDEVANO ANCHE SE AVEVANO PERSO TUTTO. E CERCAVANO, LORO, DI TIRARE SU IL MORALE A ME”

È giovedì 18 maggio e dall’Emilia-Romagna arrivano le immagini di quel fango che devasta paesi e campagne. Marco le guarda e decide che andrà a spalarlo, quel fango. Si fa uno scrupolo, avvisare il suo datore di lavoro. Anche se è un lavoro precario e debole, uno di quelli che vanno e vengono: fa il rider per una pizzeria di Thiene, provincia di Vicenza. Contratto a chiamata. Marco Santacatterina, poco più che ventenne, studia all’Università e lavoricchia: vive nei dintorni, ancora con i suoi genitori. Una pizza dopo l’altra, una notte dopo l’altra.
Prende il telefono e scrive al titolare: «Sabato e domenica non posso venire, vado a fare il volontario tra gli sfollati». Riceve questa risposta: «Sei un coglione, un buffone, mi fai ridere. Vai pure ad aiutare, io mi troverò qualcun altro. Bye bye». Conseguenza: licenziato.
Ora racconta la sua storia, ma ha un ultimo riguardo: niente nome della pizzeria. E quindi niente gogna social, grandinerebbero attacchi e veleni. Parliamone, dice, ma senza bersagli.
Giovedì lei manda quel messaggio. A questo punto che cosa succede?
«Mi prendo del buffone e del coglione, appunto. Il venerdì sera mi presento lo stesso, perché era previsto che lavorassi.
Entro nel locale e il titolare mi fa: “che cosa ci fai tu qui?”. Ho capito che era finita. Ho salutato e me ne sono andato».
Che mestiere era? Quanto guadagnava?
«Prendevo circa 30 euro a serata ma l’avrei fatto anche se fossero stati mille. Non sono ricco, i soldi vanno e vengono. Aiutare è qualcosa di più».
Andare ad aiutare gli sfollati dell’Emilia Romagna: è stato un gesto estemporaneo o di cose del genere ne aveva già fatte?
«Non ho mai fatto volontariato e non frequento i social. Dell’alluvione me l’ha detto mia madre. Una cosa simile è successa anche qua in Veneto nel 2010, dove abito io. Ero bambino ma ricordo quei giorni. Vedendo il dramma dell’Emilia-Romagna ho pensato: posso fare qualcosa».
E cos’ha fatto?
«Mi sono messo in contatto con la Protezione civile di Bologna, ma non essendo iscritto non potevo aggregarmi. Allora ho cercato i gruppi Telegram: sabato e domenica sono andato a Cesena con mia sorella Sara. In pizzeria c’erano due fattorini che potevano coprirmi. Non credo che rischiasse il fallimento».
Che esperienza è stata?
«Breve ma profonda. E paradossale. Sorridevano anche se avevano perso tutto. E cercavano, loro, di tirare su il morale a me. Sono tornato con il cuore pieno di speranza».
Sembra una favola al contrario, senza lieto fine.
«Io lì ci lavoravo da inizio marzo e non ho mai avuto problemi. Da quando in qua i soldi sono più importanti della gente che sta male?».
Ora il lavoro l’ha perso. Per privilegiare la morale.
«Mica provo odio. I miei genitori hanno capito che non avevo colpe, sto ricevendo molta solidarietà. Mi ha chiamato anche il sindaco di Thiene. L’aiuto conta più dei soldi»
(da Open)

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