Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
QUESTO FENOMENO MIGRATORIO HA RIPORTATO LA NORMALITÀ IN ALCUNI PAESI CHE SI STAVANO VIA VIA SPOPOLANDO E PROBABILMENTE METTERÀ IN DISCUSSIONE LE POLITICHE ANTI-MIGRANTI
L’anno scorso 1,2 milioni di persone si sono trasferite in Gran Bretagna, quasi certamente il numero più alto di sempre. L’immigrazione netta (cioè gli immigrati meno gli emigranti) in Australia è attualmente il doppio del tasso precedente alla pandemia di Covid-19.
La cifra equivalente della Spagna ha recentemente raggiunto il massimo storico. Quest’anno si prevede che quasi 1,4 milioni di persone si trasferiranno in America, un terzo in più rispetto a prima della pandemia. Nel 2022 la migrazione netta verso il Canada è stata più che doppia rispetto al record precedente.
In Germania è stata addirittura superiore a quella registrata durante la “crisi migratoria” del 2015. Il mondo ricco nel suo complesso si trova nel mezzo di un boom migratorio senza precedenti. La popolazione di origine straniera sta aumentando più rapidamente che in qualsiasi altro momento della storia – scrive The Economist.
Cosa significa questo per l’economia globale? Non molto tempo fa sembrava che molti Paesi ricchi si fossero rivolti con decisione contro l’immigrazione di massa. Nel 2016 i britannici hanno votato per la Brexit e poi gli americani per Donald Trump: entrambi i progetti politici avevano una forte vena anti-migranti.
Nell’ondata globale di populismo che ne è seguita, i politici dall’Australia all’Ungheria hanno promesso di dare un giro di vite all’immigrazione. Poi hanno chiuso le frontiere. La migrazione si è fermata, o addirittura ha fatto marcia indietro, perché le persone hanno deciso di tornare a casa.
Tra il 2019 e il 2021 la popolazione del Kuwait e di Singapore, Paesi che di solito accolgono molti migranti, è diminuita del 4%. Nel 2021 il numero di emigranti dall’Australia supererà il numero di immigrati nel Paese per la prima volta dagli anni Quaranta.
In alcuni luoghi l’ondata migratoria ha riportato un senso di normalità. La forza lavoro straniera di Singapore è recentemente tornata ai livelli precedenti alla pandemia. In altri luoghi, invece, la situazione è cambiata drasticamente. Consideriamo Terranova e Labrador, la seconda provincia più piccola del Canada per popolazione.
Da tempo patria di persone di origine irlandese-cattolica, la migrazione netta verso la provincia è più di 20 volte superiore alla norma pre-pandemia. St John’s, la capitale, un tempo abbastanza omogenea, sembra sempre più simile a Toronto. Heart’s Delight, un piccolo villaggio rurale, ha ora una panetteria ucraina, Borsch. Il governo provinciale sta creando un ufficio a Bangalore per aiutare a reclutare infermieri.
I nuovi arrivati a Terranova sono un microcosmo di quelli che arrivano altrove nel mondo ricco. Molte centinaia di ucraini sono arrivati sull’isola, una piccola parte dei milioni di persone che hanno lasciato il Paese dopo l’invasione della Russia. Anche indiani e nigeriani sembrano essersi spostati in gran numero. Molti parlano inglese. E molti hanno già legami familiari in Paesi più ricchi, in particolare Gran Bretagna e Canada.
Una parte dell’impennata migratoria è dovuta al fatto che le persone stanno recuperando il tempo perduto. Molti migranti hanno ottenuto il visto nel 2020 o nel 2021, ma hanno intrapreso il viaggio solo dopo l’allentamento delle restrizioni. Tuttavia, la popolazione straniera del mondo ricco, che supera i 100 milioni, è ora al di sopra del trend pre-crisi, il che suggerisce che sta accadendo qualcos’altro.
La natura dell’economia post-pandemia è una parte importante della spiegazione. La disoccupazione nel mondo ricco, al 4,8%, non era così bassa da decenni. I capi sono alla disperata ricerca di personale, con posti vacanti vicini al massimo storico. Le persone provenienti dall’estero hanno quindi un buon motivo per viaggiare. I movimenti valutari possono essere un altro fattore. Una sterlina britannica acquista più di 100 rupie indiane, rispetto alle 90 del 2019. Dall’inizio del 2021 la valuta media dei mercati emergenti si è deprezzata di circa il 4% rispetto al dollaro. Ciò consente ai migranti di inviare a casa più denaro rispetto al passato.
Anche molti governi stanno cercando di attirare più persone. Il Canada ha l’obiettivo esplicito di accogliere 1,5 milioni di nuovi residenti nel 2023-25. La Germania e l’India hanno recentemente firmato un accordo per consentire a un maggior numero di indiani di lavorare e studiare in Germania. L’Australia sta aumentando da due a quattro anni il periodo in cui alcuni studenti possono lavorare dopo la laurea.
La Gran Bretagna ha accolto i cittadini di Hong Kong in fuga dall’oppressione cinese: ne sono arrivati ben oltre 100.000. Molti Paesi hanno facilitato l’ingresso degli ucraini. Anche i Paesi finora ostili alla migrazione, come il Giappone e la Corea del Sud, guardano con più favore agli stranieri nel tentativo di contrastare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione.
Le economie che accolgono molti migranti tendono a trarne beneficio nel lungo periodo. Basti pensare all’America. Gli stranieri portano con sé nuove idee. Secondo un recente studio di Pierre Azoulay del Massachusetts Institute of Technology e colleghi, in America gli immigrati hanno circa l’80% di probabilità di fondare un’impresa rispetto ai nativi. La ricerca suggerisce che gli immigrati contribuiscono anche a creare legami commerciali e di investimento tra il loro Paese di origine e quello di accoglienza. Una marea di giovani lavoratori contribuisce inoltre a generare maggiori entrate fiscali.
Alcuni economisti sperano anche che l’ondata migratoria abbia benefici più immediati. “L’elevata immigrazione è utile alla Fed per cercare di raffreddare il mercato del lavoro e rallentare l’inflazione”, afferma Torsten Slok di Apollo Global Management, un gestore patrimoniale, esprimendo un’opinione comune. Queste argomentazioni potrebbero essere un po’ troppo ottimistiche.
La presenza di più persone aumenta l’offerta di lavoro e, a parità di condizioni, riduce la crescita dei salari. Ma l’effetto è piuttosto limitato. Non è detto che i Paesi che ricevono più immigrati abbiano i mercati del lavoro più allentati. In Canada, ad esempio, le retribuzioni continuano a crescere di circa il 5% su base annua.
I migranti aumentano anche la domanda di beni e servizi, il che può far aumentare l’inflazione. In Gran Bretagna i nuovi arrivi sembrano far salire gli affitti a Londra, dove l’offerta di alloggi era già limitata. Un effetto simile si nota in Australia. Secondo le stime pubblicate dalla banca Goldman Sachs, l’attuale tasso di migrazione netta annualizzato di 500.000 persone sta facendo aumentare gli affitti di circa il 5%.
Gli affitti più alti alimentano l’aumento dell’indice generale dei prezzi al consumo. La domanda degli immigrati può anche spiegare perché, nonostante l’aumento dei tassi ipotecari, i prezzi delle case in molti Paesi ricchi non sono scesi di molto.
Nel corso del prossimo anno la migrazione potrebbe diminuire un po’. Il “recupero” post-pandemia finirà; i mercati del lavoro dei paesi ricchi si stanno lentamente allentando. Tuttavia, c’è motivo di credere che i livelli storicamente elevati di nuovi arrivi rimarranno alti per qualche tempo. Una politica governativa più accogliente è un fattore. Ma soprattutto, la migrazione di oggi genera quella di domani, poiché i nuovi arrivati portano con sé figli e partner. Tra non molto la svolta anti-immigrati del mondo ricco della fine degli anni 2010 sembrerà un’aberrazione.
(da The Economist)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
QUAL ERA LA LORO MISSIONE? PERCHÉ I SOPRAVVISSUTI ISRAELIANI SONO STATI SUBITO MESSI SU UN VOLO MILITARE PER TEL AVIV? PERCHE’ GLI ITALIANI SONO STATI EVACUATI IN FRETTA E FURIA DAL PRONTO SOCCORSO E DAGLI HOTEL, DOVE NON C’E’ TRACCIA DEL LORO PASSAGGIO?
L’ultimo corpo riaffiora che sta albeggiando. Lo riporta in superficie un sommozzatore dei carabinieri, che ha perlustrato il fondale a una ventina di metri dal relitto. Le due donne le hanno recuperate i vigili del fuoco dalla cabina della “Good… uria”, la house-boat rovesciata dal vento e dalla grandine in mezzo al braccio sud del Lago Maggiore.
E la prima vittima era stata recuperata dalle lance alla luce del tramonto della sera prima. Ma è quando i soccorritori raccolgono documenti e tesserini che le proporzioni della tragedia diventano qualcos’altro: non solo un naufragio e una strage, perché tre delle quattro vittime e diciotto dei diciannove superstiti non sono semplici gitanti della domenica, ma agenti di intelligence, o in servizio o in congedo.
Apparteneva all’Aise Claudio Alonzi, 62enne di Alatri, e così Tiziana Barnobi, 53enne colta da una crisi di panico – lo ricostruiscono le testimonianze raccolte dal pm Massimo De Filippo e dal procuratore capo di Busto Arsizio, Carlo Nocerino – all’abbattersi del fortunale. Si era rifugiata in cabina e il proprietario e skipper della “Good… uria”, Claudio Carminati, aveva mandato a farle compagnia la moglie Anya Bozhkova, 50enne russa di Rostov dove aveva lasciato una figlia e due nipoti: è lei la terza vittima, intrappolata sott’acqua.
Il primo a cadere nel lago, il 54enne Shimoni Erez, era un agente in pensione dei servizi israeliani e con una decina di colleghi aveva deciso di concedersi un weekend in Italia per festeggiare il compleanno di uno di loro. Occasione di una rimpatriata – così sostengono più fonti di intelligence – con altrettanti 007 italiani, una gita per le isolette lungo il Maggiore con fermata al ristorante Il Verbano, sulla sponda piemontese del lago, e luculliano pranzo. E di certo, tra un tagliolino Castelmagno e tartufo e un bicchiere di barbaresco, qualche chiacchiera sui vecchi e i nuovi tempi.
I superstiti, dopo aver nuotato per qualche decina di metri (ma dal punto del naufragio alla sponda di Marina di Livenza se ne contano non meno di trecento) sono stati salvati da altri natanti, motoscafi, perfino moto d’acqua. Ascoltati nella notte dai magistrati e dai carabinieri del Comando provinciale di Varese, sono spariti in fretta: gli israeliani, già ieri mattina, erano su un volo militare verso Tel Aviv, tanto che uno dei due furgoncini Ford presi a nolo per la gita è rimasto incustodito sulla banchina del porticciolo da dove era salpata la “Good… uria”, accanto alla Clio bianca di Anya Bozhkova e alla Mercedes station wagon di Claudio Carminati.
Gli italiani sono stati evacuati in tutta fretta dai pronto soccorso e dagli hotel tra Sesto Calende e la Malpensa, dove non risulta traccia del loro pernottamento. E non ha fatto ritorno a casa nemmeno il proprietario della house-boat: anche perché, su quel cabinato ormeggiato ai cantieri Piccaluga, Carminati ci viveva, conservando sulla terraferma l’appartamento di Anya, che due mesi fa aveva sposato in seconde nozze
Quelle mura, un pezzo della grande villetta dove dal 2006 la donna aveva lavorato come badante, la coppia conservava un po’ di mobilio e la sede della “Love Lake”, il nome commerciale della loro attività di guide galleggianti a noleggio. Quanto esperti e quanto avveduti, lo dirà l’inchiesta.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
MA C’È ANCHE IL FENOMENO DEI CONCORSISTI (265MILA IN UN ANNO) CHE PARTECIPANO A PIÙ BANDI, PER POI SCEGLIERE IL POSTO MIGLIORE
Paese di santi, poeti, navigatori e di concorsisti. Sono più di 265 mila, stando ai dati del Formez, quelli che si candidano a più concorsi pubblici e poi optano per il posto con lo stipendio migliore o il contratto stabile, lasciando spesso e volentieri scoperte amministrazioni alle prese con i progetti del Pnrr e già vittime di gravi carenze di organico.
Quello dei concorsisti è un fenomeno che è andato accentuandosi negli ultimi due anni e che ha portato a una raffica di rinunce da parte dei vincitori delle selezioni. Tra il 2021 e il 2022 circa il 20 per cento dei vincitori delle prove si è tirato indietro all’ultimo momento quando in ballo c’era un contratto a tempo indeterminato. L’asticella sale addirittura al 50% se il posto offerto era a breve scadenza.
I concorsisti hanno un’età media di poco superiore ai 40 anni, la maggior parte possiede una laurea in giurisprudenza (il 43%) e in due casi su tre risiedono nelle regioni del Mezzogiorno. Più della metà sono donne. Relativamente ai bandi pubblicati dal primo gennaio 2021 al 30 giugno 2022 da parte delle amministrazioni, il Formez ha fatto sapere di aver acquisito oltre 2 milioni di richieste di partecipazione ai concorsi indetti.
Ed è emerso che sono stati in tutto 265 mila i candidati che hanno fatto domanda per accedere a più selezioni, ovvero il 41,5% del totale. Di questi il 26% è risultato idoneo in almeno due prove.
L’inedito potere di scelta dei candidati spinge per esempio sempre più persone a rifiutare un posto di lavoro in una pa del Nord, dove l’affitto impegna in media quasi il 50% dello stipendio di un laureato neo-assunto. Ma se da un lato aumentano concorsisti e rinunce, dall’altro diminuisce il numero complessivo dei partecipanti alle prove. Oggi si presentano in media 40 candidati per ogni posto messo a bando, contro i 200 del 2019.
Numeri che destano allarme in una fase in cui la Pubblica amministrazione ha un disperato bisogno di assumere per mantenere l’operatività degli enti. Entro il 2033, infatti, oltre un milione di statali sarà costretto a lasciare il lavoro per raggiunti limiti di età, circa uno su tre
Alcune amministrazioni, per intenderci, dovranno sostituire più di metà del personale in servizio. In valori assoluti le uscite più significative si registreranno nella scuola (463.257), nella sanità (243.130) e negli enti locali (185.345). Gli impiegati pubblici con meno di trent’anni sono il 4,8%. Nei ministeri, negli enti locali e nella scuola ci sono appena due giovani di meno di trent’anni assunti stabilmente ogni cento impiegati. Il numero dei dipendenti pubblici in Italia intanto ha raggiunto le 3.266.180 unità (+0,8% rispetto al dato del 2021).
Mentre il numero dei contratti a tempo indeterminato ha toccato il minimo storico: solo 2,9 milioni di statali hanno il posto fisso. I contratti flessibili sono oltre 437.000. Risultato, nella Pa su 100 contratti stabili ce ne sono 15 flessibili. Il 68% di questi è assorbito da istruzione e ricerca, dove i precari sono (il 30% degli occupati).
(da il Messaggero)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
COSI’ I DRONI UCRAINI COLPISCONO NEL CUORE DEL PAESE
Per la seconda volta in meno di un mese, droni ucraini attaccano Mosca e danno un colpo definitivo alla teoria della cosiddetta “operazione false flag” che era circolata il 3 maggio, quando due velivoli senza pilota erano arrivati a esplodere nel cuore della notte sopra al Cremlino. Per alcuni si trattava di una messinscena organizzata dai servizi segreti russi per creare un pretesto non meglio specificato, perché la Russia sarebbe troppo avanzata dal punto di vista militare per permettere a droni nemici di volare fino al centro del suo potere, a cinquecento chilometri dal confine ucraino. La realtà non è così e la Russia del presidente Vladimir Putin ancora una volta si scopre più vulnerabile di quanto avesse fatto credere al mondo negli anni prima dell’invasione. Con questo lavoro di mappatura fatto con immagini satellitari, Repubblica intende mostrare tutti gli attacchi in profondità ucraini in territorio russo confermati negli ultimi mesi.
La contraerea di Mosca questa mattina è stata costretta a sparare missili modello Pantsir per tentare di abbattere lo sciame di droni esplosivi ucraini che era entrato senza essere intercettato nello spazio aereo della capitale russa. Quando i missili erano stati posizionati sui tetti di alcuni edifici nel centro a gennaio era sembrato un eccesso di cautela, ma adesso è chiaro che la Difesa aveva previsto la minaccia e la considerava reale. Ѐ dalla Seconda Guerra mondiale che la contraerea russa non era costretta a reagire a un attacco dal cielo.
Il sindaco di Mosca dichiara che i droni erano otto, fonti locali invece sostengono che i droni fossero molti di più, trentadue, e a giudicare dai video girati dai cittadini di Mosca sono più credibili. Almeno tre droni sono riusciti a evitare lo sbarramento della contraerea e sono esplosi contro alcuni edifici. Si tratta della risposta ucraina agli ultimi tre giorni consecutivi di bombardamenti russi contro Kiev, con missili e con sciami di droni suicidi di produzione iraniana modello Shahed. Il capo dell’intelligence militare di Kiev che si occupa di queste operazioni in profondità dentro alla Russia, il generale Kirilo Budanov, ieri aveva detto che gli ucraini non si fanno intimidire dalle ondate di bombardamenti russi e che “la nostra risposta arriverà molto presto”.
Gli attacchi all’interno della Russia non sono mai rivendicati dagli ucraini, se non con allusioni del tipo “il mondo è sferico, se lanci qualcosa contro l’Ucraina poi ti ritorna”, e questa è la posizione ufficiale del governo di Kiev per una questione di convenienza politica. Gli alleati internazionali, dai quali gli ucraini dipendono per gli aiuti, mal digeriscono questi raid oltreconfine. Ma che gli ucraini colpiscano in territorio russo anche a centinaia di chilometri di distanza è un fatto certo ormai da quasi un anno e ci sono prove che lo dimostrano. Sempre Budanov a gennaio aveva previsto che le operazioni in Russia – chiunque fosse il responsabile – avrebbero raggiunto bersagli “deeper and deeper”, sempre più in profondità.
Gli stessi droni avvistati questa mattina a Mosca erano stati visti a febbraio e a marzo nell’area di Kolomna, cento chilometri a sud della capitale. Un drone era caduto nella neve per un malfunzionamento, era rimasto integro e questo aveva permesso di capire che gli ucraini stanno lanciando perlopiù modelli UJ-22, che producono loro stessi, armati con una testata di esplosivo al plastico che può pesare tra i venti e i cinquanta chilogrammi. Un altro pochi giorni più tardi era esploso. Altri tre erano stati trovati nelle foreste nel mese di aprile. Si trattava di test di avvicinamento. Poi erano arrivati altri attacchi sempre più vicini a Mosca. In altre regioni era già un fatto normale da tempo. Gli ucraini avevano colpito e incendiato una raffineria a Rostov il 22 giugno 2022 e il drone era stato filmato dagli operai del posto, che fino all’ultimo momento lo avevano scambiato per un drone russo.
Da quel momento gli attacchi contro le raffinerie in Russia sono diventati una notizia che non viene nemmeno più ripresa. All’inizio di ottobre 2022 sempre con un drone gli ucraini avevano attaccato la base aerea di Shaykova, per distruggere sulle piste gli aerei che bombardano le città ucraine. Anche questo tipo di missione è stato ripetuto molte volte. Alla fine di ottobre una squadra di commando ucraini dell’intelligence militare era entrata dentro un’altra base aerea a Veretye, nella regione di Pskov, a centinaia di chilometri dal confine, aveva piazzato esplosivo su quattro elicotteri da guerra, si era filmata mentre lo faceva e poi si era dileguata. A dicembre gli ucraini avevano colpito con droni le basi aeree di Engels e Dyagilevo, che in linea d’aria sono molto più lontane di Mosca e il New York Times aveva scritto che i raid erano stati aiutati da squadre delle forze speciali a terra. Era stato allora che i russi avevano messo le batterie di missili nella capitale, sentivano il problema in arrivo. L’attacco diretto era arrivato nella notte del 3 maggio, sul Cremlino, ma, per una disattenzione generale, era stato considerato un fatto quasi impossibile. Invece era soltanto il più audace di una lunga serie. Oggi gli ucraini hanno ripetuto l’attacco ed è probabile che ci proveranno ancora.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI GIORNI SI SONO LANCIATI FRECCIATINE, DANDOSI RECIPROCAMENTE DEL “PUGILE SUONATO” E DI “QUELLO CHE SA TUTTO” … I DISSAPORI RISALGONO DA LONTANO: DUE ANNI FA SALVINI VOLEVA CREARE UN UNICO GRUPPO SOVRANISTA IN EUROPA E FITTO SI MISE DI TRAVERSO, E ANCORA OGGI IL CARROCCIO ANNASPA SULLE ALLEANZE IN UE
Uno dice dell’altro che è un “pugile suonato”. E questo, parlando di quello, lo chiama “quello che sa tutto”. Entrambi, però, stando bene attenti a non nominarsi. E insomma tra Raffaele Fitto e Matteo Salvini va avanti così: una tenzone sottaciuta, fatta di allusioni velenose. E non da oggi, se è vero che l’avvio ufficiale delle ostilità, tra i due, risale a oltre due anni fa, e ha a che vedere con quella strategia delle alleanze europee su cui il leader della Lega ancora continua ad annaspare, come dimostra il Consiglio federale del Carroccio di ieri.
E allora forse è fatale che ora, sul più delicato dei dossier, quello del Pnrr, le tensioni rischino di deflagrare. Ed ecco spiegata, allora, la perfidia del colonnello salviniano che, poco fuori da Montecitorio, evoca addirittura “la decapitazione” di Fitto[…] : “Fitto si è convinto di essere come Luigi XIV: il Pnrr c’est moi. Se ora scopre di essere invece Luigi XVI, la testa sulla ghigliottina sarà la sua”. Chissà.
Di certo c’è però una involontaria convergenza di vedute tra Lega e FdI, se è vero che perfino Giorgia Meloni è convinta che proprio sul Pnrr si cercherà di far leva, in vista delle europee del 2024, per destabilizzare la sua maggioranza.
Salvini, in ogni caso, ai suoi parlamentari ha imposto la consegna del silenzio, sul tema. Solo che a volte perfino l’eccesso di zelo diventa sospetto.
E così, a fronte di una mezza dozzina di ministri che, sulle proposte di modifica dei progetti finanziati coi soldi del Recovery, ha mancato la scadenza suggerita da Fitto del 24 maggio, il segretario del Carroccio ci ha tenuto a mostrare invece la massima solerzia, […]. Uno sfoggio d’efficienza – reale o presunta, si vedrà – rivendicato anche sul Codice degli appalti. Come a dire: il mio l’ho fatto. E il resto? “Ah, sul resto chiedete a Fitto, è lui quello bravo”, sibila il leader della Lega. E lui, “quello bravo”, in effetti non si risparmia.
Sollecita i colleghi di governo, li tempesta di telefonate, convoca sindacati e presidenti di regioni, come è avvenuto ieri. E anche se, per dirla con un governatore di centrodestra, “a volte l’impressione è quella di una affannata corsa sul posto”, non c’è dubbio che Fitto le stia tentando tutte, per trovare il filo che disbrogli la matassa del Pnrr e dei fondi di coesione europei.
E forse anche per questo gradirebbe talvolta un maggiore sostegno dagli altri ministri. Come dimostra la faccenda dei balneari: inutile pietra d’inciampo lasciata lì sul sentiero della diplomazia tra Roma e Bruxelles, a complicare relazioni vitali anche per il Pnrr.
E così, quando il 20 aprile scorso la Corte di giustizia europea ha emesso la prevista sentenza sulle concessioni dei lidi, […] Fitto s’è meravigliato non poco del fatto che, nella Lega, ci sia stato chi ha esultato di fronte alle minime aperture da parte dei giudici di Lussemburgo. E quando i suoi colleghi di FdI gli hanno chiesto se non fosse il caso di unirsi, pure loro, a quel coro di festeggiamenti, lui li ha stoppati: “Sarebbe come se un pugile, dopo che ha preso cazzotti per nove riprese, poi alla decima, col volto tumefatto di sangue, mette a segno un colpetto, e allora grida: ‘Ho vinto l’incontro’”.
E ovviamente nessuno lo ha sentito nominare Salvini, ma il riferimento era fin troppo evidente. D’altronde, l’astio reciproco non nasce certo col Recovery. Era l’aprile del 2021 quando Salvini s’era lasciato persuadere dal fido Lorenzo Fontana che davvero ci fossero i margini per allestire un grande gruppo unico degli euroscettici, che accogliesse sotto lo stesso vessillo i conservatori cechi e polacchi, i sovranisti come Marine Le Pen, e gli apolidi nazionalisti fedeli a Viktor Orbán.
Significava smantellare i gruppi di Ecr e quello di Id, e in sostanza sottrarre a Meloni quel vantaggio tattico che le garantiva l’essere la leader di un partito europeo che, a differenza della compagnia di estremisti della Lega, non venisse relegata nel circolo dei reietti a Bruxelles. Salvini volle crederci, e organizzò perfino un viaggio a Budapest con grande pompa, foto di rito e abbracci festosi insieme a Orbán e al polacco Mateusz Morawiecki. Al dunque, però, non se ne fece niente. Anche perché fu proprio Fitto a sabotare l’operazione.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
IL MINISTRO UCRAINO DELLA DIFESA, OLEKSIY REZNIKOV: “CI SONO REALI POSSIBILITÀ DI UN’AVANZATA DURANTE L’ESTATE. SPERO CHE LA CONSEGNA DEGLI F-16 AVVENGA ENTRO L’ANNO: VOGLIAMO SPEZZARE LA VOLONTÀ DEI RUSSI DI VINCERE QUESTA GUERRA. MOSCA AVVIATO UNA NUOVA MOBILITAZIONE, MA MOLTI SONO DILETTANTI, SENZA ESPERIENZA, SENZA PADRONANZA DELLE ARMI”
“Ci sono reali possibilità di un’avanzata durante l’estate”: intervistato dal quotidiano Ouest-France, il ministro ucraino della Difesa, Oleksiy Reznikov, evoca l’imminente controffensiva del suo esercito contro le forze russe che hanno invaso l’Ucraina. “Vogliamo spezzare la volontà dei russi di vincere questa guerra”, dichiara il ministro, affermando che questa controffensiva punta a ripristinare “i confini del 1991 internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina”, Crimea inclusa. Per lui, la controffensiva “porterà ad un nuovo ripiegamento dei russi dal nostro territorio”.
L’esercito di Mosca, osserva il ministro, ha “avviato una nuova mobilitazione, ma molti sono dilettanti, senza esperienza, senza padronanza delle armi”. “Wagner ha usato dei detenuti, e per l’assedio di Bakhmut, durante sei mesi, 60.000 uomini sono morti o rimasti feriti nei combattimenti”, ha aggiunto, senza precisare se questo bilancio include i due campi. Nell’intervista al quotidiano regionale francese, Reznikov insiste inoltre sull’urgenza di fornire all’Ucraina le armi promesse dagli occidentali.
Evoca, in particolare, il via libera degli Stati Uniti ai propri alleati affinché possano consegnare gli aerei da caccia F-16 a Kiev. Il ministro spera che la consegna possa avvenire entro “fine anno”. “Il mio sogno sarebbe di averli per la fine dell’anno, per dire che Babbo Natale esiste davvero”, ha ironizzato,ricordando che i piloti ucraini devono ottenere una formazione di diversi mesi prima di poter utilizzare i jet.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
MA I DATI DIMOSTRANO IL CONTRARIO: NELL’80% DEI CASI IL NERO NON DIPENDE AFFATTO DA DIFFICOLTÀ ECONOMICHE, MA È UNA SCELTA PRECISA, CHE SI RIPERCUOTE SUGLI UNICI CHE LE TASSE LE PAGANO DAVVERO (E MAGGIORATE), CIOÈ I LAVORATORI DIPENDENTI
L’evasione fiscale? «Vale due o tre leggi di bilancio», ricorda il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, ovvero all’incirca 90 miliardi di euro all’anno. Mentre venerdì sera a Catania Giorgia Meloni ha sostenuto che «la lotta all’evasione si fa sulle big company, sulle banche.
Non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato», qualche ora prima dal palco del festival dell’Economia di Trento Ruffini aveva dato invece una versione diametralmente opposta del problema: l’evasione, a suo parere, infatti è «una tassa occulta per tutti i cittadini che fanno il loro lavoro e pagano le tasse, ed è un patrimonio che può essere rimesso in circolo per i cittadini, le imprese, per tutti, per avere più risorse in giro che Parlamento e governo potranno spendere».
Quanto ai (tanti) contribuenti che non pagano le tasse, c’è poco da intenerirsi. L’alto tasso di evasione che si registra in Italia, nonostante il susseguirsi di mezzi condoni e rottamazioni di ogni tipo, non è legato alle difficoltà dei contribuenti: la cosiddetta evasione «per necessità» incide infatti in maniera relativa.
«Più dell’80% dell’evasione è per omesse dichiarazioni o infedeli», certifica Ruffini. Meno del 20% è invece «evasione da versamento, cioè di chi presenta la dichiarazione ma poi non ha le risorse versare in tempo».
Servono risorse, per tagliare le tasse, ridurre il cuneo fiscale e quant’altro? «Ne avremmo molte di più se l’amministrazione fiscale funzionasse al meglio per recuperare l’evasione» sostiene il direttore delle Entrate .
È un sistema «che consente a chi vuole sottrarsi agli obblighi fiscali di farlo con estrema facilità e che obbliga i cittadini onesti a spaccarsi la testa per comprendere gli interpelli o le istruzioni dell’Agenzia».
Inutile dire che dall’opposizione soprattutto il Pd e Sinistra hanno sparato a zero contro la «teoria del pizzo» elaborata dalla presidente del Consiglio. Per Giovanni Paglia di Sinistra Italiana sono «parole indegne». Una mossa da campagna elettorale per la responsabile lavoro del Pd Cecilia Guerra: «Strizza l’occhio agli evasori in cambio di voti».
UN BUCO DA 90 MILIARDI ANNUI DA IRPEF E IVA LE PERDITE MAGGIORI
Le stime del Mef citate dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini portano alla luce numeri tristemente noti: l’ultima rilevazione, riferita al 2020, a fronte di un’economia sommersa che vale ben 157,3 miliardi fissa infatti a quota 89,8 miliardi di euro il cosiddetto «tax gap» ovvero la differenza tra le entrate fiscali attese e quelle effettive.
Magra consolazione il fatto che tra il 2015 ed il 2017 viaggiassimo oltre quota 106 miliardi di euro e nel frattempo la perdita si sia ridotta di circa 16,3 miliardi di euro.
All’appello mancano infatti ancora 28,3 miliardi di Irpef che i lavoratori autonomi continuano a non versare, 25,2 miliardi di Iva (erano 39,9 nel 2015), 9 miliardi di Ires che le imprese si sono trattenute, 5,2 miliardi tra Imu e Tasi che i proprietari di immobili hanno «inguattato», e poi ancora 4,5 miliardi di Irap, 3,8 di Irpef lavoro dipendente, 1,7 miliardi di accise sui prodotti energetici, 696 milioni di addizionali Irpef, ancora 248 milioni di canone Rai (ma quando non era ancora in bolletta questa voce superava quota 1 miliardo) per finire con 121 milioni di euro di imposte sulle locazioni.
LA MONTAGNA DEI CREDITI FISCALI 1.153 MILIARDI PERSI PER SEMPRE
Il totale dei crediti fiscali accumulati dal 2000 al 2022 ha toccato la soglia record di 1.153 miliardi di euro, altro dato terribile fornito da Ruffini. Come sappiamo si tratta di importi in larghissima parte ormai irrecuperabili perché riferiti a contribuenti deceduti, nullatenenti o senza eredi, società fallite o liquidate. Gli ultimi dati ufficiali, relativi al 2020 fissavano l’asticella a quota 999,1 miliardi di euro.
GLI AUTONOMI I MENO FEDELI SALE IL GETTITO DEL CANONE RAI
Se 28,3 miliardi di euro su 89,8 che mancano alle tasse dello Stato riguardano l’Irpef di autonomi e imprese è perché l’evasione, o il «gap dell’imposta» come la definiscono i tecnici, per questi soggetti non solo è altissima negli ultimi anni è addirittura aumentata. Si è infatti passati dal 65,1% del 2015 al 69,7% del 2020 di propensione al gap, con una differenza di 4,7 punti in più.
Un dato in netta controtendenza con tutte le altre voci e che stride al confronto di quello relativo all’Irpef del lavoro dipendente irregolare che si ferma al 2,4%,ovvero mezzo punto in meno rispetto al 2015.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
PARCHEGGIATO DA PIU’ DI CINQUE ANNI
Abbandonato da cinque anni e nessuno sa cosa farne. Presentato dall’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli durante il governo Renzi, l’Airbus di Stato sta facendo la ruggine nell’aeroporto di Fiumicino di fronte agli ex hangar Alitalia.
Rinominato “Air Force Renzi”, il velivolo era stato voluto con l’idea di dotare gli esponenti dell’esecutivo italiani di un aereo in grado di coprire distanze lunghe senza dover fare scali. Ma, appena insediato, il governo giallo-verde di Conte ha sciolto il contratto con Etihad Airways.
Nessuno sa cosa fare con l’aereo abbandonato a Fiumicino
“Meno spreco di denaro pubblico, meno spese inutili. Una decisione sacrosanta, tutt’altro che simbolica”, aveva commentato nel 2018 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Ebbene, dopo ben quattro governi, l’Airbus A340-500 è ancora lì, parcheggiato e lasciato al suo triste destino. E nessuno ha idea di cosa farne, né di chi sia la responsabilità dell’eventuale smantellamento.
Interpellato dal Corriere della Sera, un dirigente di Etihad Airways (il quale ha chiesto di mantenere l’anonimato) ha dichiarato che “è ancora un tema delicato e nessuno vuole esporsi”.
Cosa prevede il contratto di leasing
Ma passiamo ai soldi. Secondo i documenti citati nel 2018 dall’ex ministro Toninelli, per l’Italia il conto da pagare sarebbe di ben 150 milioni di euro in otto anni, una mazzata da quasi 19 milioni l’anno.
Nel dettaglio, la voce leasing incide per ben 81 milioni, la manutenzione 31 milioni, l’handling per 12 milioni e 4 milioni di euro per l’addestramento dei piloti.
(da affaritaliani.it)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 30th, 2023 Riccardo Fucile
EMENDAMENTI AD HOC PER LIMITARE I POTERI DELLA CORTE
Alla Camera arrivano gli emendamenti ad hoc per limitare i poteri della Corte dei conti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Saranno inseriti nel decreto Assunzioni Pa, ancora in commissione. Viene dato immediato seguito alle intenzioni del ministro del Pnrr, Raffaele Fitto, che aveva lamentato un approccio poco «costruttivo» dei magistrati contabili. Prosegue così l’operazione di costruzione dei nemici da parte della destra con la conseguente delegittimazione delle autorità indipendenti, colpevoli di non avallare acriticamente la narrazione meloniana.
Meglio non sapere. E per riuscirci è fondamentale mettere a tacere. Il governo sembra aver messo a punto i nuovi motti per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, con una strategia all’insegna della negazione della realtà: evitare di ascoltare e diffondere informazioni che non suonino come musica lieta alle orecchie di palazzo Chigi, dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al ministro del Pnrr, Raffaele Fitto. Altrimenti si arrabbiano e colpiscono duro, senza sconti. La maggioranza ha già pronti due emendamenti ad hoc da inserire nel decreto Assunzioni Pa, in esame in commissione a Montecitorio, per limitare i poteri della Corte dei conti.
Nel dettaglio si interverrà sul controllo concomitante sul Pnrr da parte della magistratura contabile e sullo scudo, che limita la possibilità di contestare il danno erariale solo ai casi più rilevanti. Detto, fatto: appena Fitto se l’è presa con le relazioni non «costruttive» della Corte, subito è stata armata la mano parlamentare per limitare il raggio d’azione di chi osa alzare la testa
NARRAZIONE DI GOVERNO
Il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, si è affannato a puntualizzare: «Limitiamo i poteri sul Piano, non quelli ordinari». Solo che l’ipotesi di un depotenziamento della Corte dei conti appariva lunare fino a qualche settimana. Ora invece c’è il bollino del governo con tanto di proposte nero su bianco dirette a Montecitorio.
Il livello di tensione viene così alzato ulteriormente. Lo scaricabarile sul precedente esecutivo non è più efficace, perché a sette mesi dall’insediamento non è sufficiente addossare le colpe a chi c’era prima, che sia Giuseppe Conte che ha ottenuto troppe risorse o Mario Draghi che ha predisposto il piano prendendo dai cassetti tutti a disposizione.
Serve un’idea diversa, che attinge dal bagaglio culturale della narrazione meloniana: prendersela con gli altri con una presunta ostilità del mondo esterno, presentare come l’underdog sempre e comunque. E quindi delegittimare le opposizioni politiche o i giornali che la presidente del Consiglio ha fieramente detto di «non leggere». Perché fanno delle ricostruzioni che non piacciono o danno informazioni che vanno ignorate, grossomodo come i dossier della Corte dei conti sul Pnrr, che non soddisfano i criteri dell’edulcorata narrazione governativa. «Non passa giorno che il governo non cerchi di nascondere la sua incompetenza cercando qualche capro espiatorio», ha osservato in tal senso Francesco Silvestri, presidente dei deputati del Movimento 5 stelle.
I NUOVI MOSTRI
Nella creazione dei nuovi mostri, insomma, i magistrati contabili rappresentano il nemico ideale da mettere all’indice e arrivano al momento giusto, quello dell’assenza di presunte minacce esterne, per impartire la lezione all’insegna del “vi togliamo i poteri per silenziarvi”. Le opposizioni, intanto, si stanno appena scuotendo dall’iniziale indolenza di fronte all’operazione strapotere, annunciata e portata avanti dal governo. «La limitazione delle competenze dei magistrati contabili ci preoccupa molto. Non vogliamo una dittatura», ha sottolineato la capogruppo dell’Alleanza verdi-sinistra alla Camera, Luana Zanella, intervenendo in aula.
E che la trasparenza non fosse il tratto distintivo del Pnrr a trazione meloniano, era un fatto ormai acclarato. Il sistema Regis sembra celare un’oscura e burocratica sigla, eppure incarna il perfetto esempio di uno strumento che avrebbe le caratteristiche per essere il vessillo della trasparenza. Solo che viene blindato e reso un fortino accessibile solo ai tecnici governativi.
Di che si parla nello specifico? Regis è la piattaforma unica, che fa capo alla Ragioneria dello stato, attraverso cui le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato dovrebbero mettere insieme i dati sullo stato del Piano. Una miniera d’oro per avere un panorama completo sull’avanzamento dei progetti, delle risorse allocate e di quelle realmente spese.
PNRR SECRETATO
La potenziale mappa a 360 gradi sul Pnrr è però messa sotto chiave. Nonostante la legge prescriva un portale web per la trasparenza, il governo sceglie un’altra strada, limitandosi ad aggiornare il sito Italia Domani, dedito più alla comunicazione istituzionale che alla raccolta dei dati da mettere a disposizione dell’opinione pubblica. L’associazione Openpolis è rimbalzata più volte contro il muro di gomma. Le richieste di accesso agli atti sono state respinte al mittente. Il ministero dell’Economia ha in sostanza riferito che i dati richiesti non erano disponibili. E detta così suonerebbe come l’ammissione peggiore, quella di un Pnrr lasciato a briglia sciolta, senza che nessuno sia in grado di compiere l’azione di monitoraggio.
Nei fatti, il Mef non rende pubblici i dati del Regis, perché bisogna sottoporli a verifiche e validazioni che tuttavia tardano ad arrivare per ragioni mai chiarite. Insomma, ci sono ma non si possono divulgare, rendendo impossibile conoscere nel dettaglio lo stato di avanzamento dei progetti. Il Pnrr diventa un segreto. Una situazione che oggi è davanti agli occhi di tutti.
«C’è anche un altro problema», dice Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale di Openpolis, «quello delle relazioni governative che mancano». Nelle prossime ore dovrebbe arrivare la prima dell’èra Meloni. «Ma – osserva Smaldore – non c’è stata la relazione né per la legge di Bilancio, né per il def, che sono le misure più importanti economiche a cui il Pnrr è inevitabilmente legato. Le relazioni sono gli strumenti chiave per chiarire la visione politica».
(da editorialedomani.it)
argomento: Politica | Commenta »