Novembre 2nd, 2023 Riccardo Fucile
I VOLONTARI: “LA SITUAZIONE E’ DRAMMATICA, SERVE UN CESSATE IL FUOCO”
Sono Laura Canali di Human Rights Watch, Maya Papotti di Azione
contro la fame, Giuditta Brattini dell’associazione Gazzella e Jacopo Intini di Cooperazione internazionale Sud Sud con la moglie palestinese Amal Khayal, capomissione, conosciuta tre anni fa proprio a Gaza.
Sono questi i primi italiani che hanno varcato il valico di Rafah e sono usciti da Gaza.
Il gruppo, spiega il Corriere, ha parlato con Meri Calvelli, cooperante dell’Acs (Associazione di cooperazione e solidarietà), loro amica da anni. «Ce ne andiamo – hanno detto in coro Jacopo, Amal e gli altri – ma il nostro pensiero ora va a ciò che lasciamo, al disastro di Gaza. I bombardamenti continuano, non si sono mai fermati e adesso che siamo fuori, vogliamo ancora rilanciare l’appello di tutte le Ong internazionali per il cessate il fuoco e l’ingresso degli aiuti umanitari».
«Avevamo appena realizzato un progetto bellissimo – continua Amal – Avevamo trasformato una discarica in un parco pubblico a disposizione dei giovani di Gaza. Ora mi si gela il sangue al pensiero che su quel parco stazionano i carri armati di Israele».
Il gruppo ha davanti a sé cinque ore di viaggio verso il Cairo, scortati dai nostri carabinieri, poi il rientro in Italia. L’operazione è stata portata a termine grazie al lavoro congiunto dell’ambasciata a Tel Aviv, del Consolato generale a Gerusalemme e dell’ambasciata al Cairo, col coordinamento dell’Unità di Crisi e dei servizi. Gli italiani da evacuare a Gaza erano 19: 7 con passaporto italiano, altri 7 con doppio passaporto e 5 cooperanti palestinesi. Adesso, spiega la testata, ne rimangono 14 da evacuare.
(da agenzie)
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Novembre 2nd, 2023 Riccardo Fucile
VOVAN E LEXUS, I DUE COMICI RUSSI CHE HANNO FREGATO GIORGIA MELONI, SPACCIANDOSI PER IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DELL’UNIONE AFRICANA, NEGANO DI ESSERE AGENTI SEGRETI E “SCAGIONANO” L’UFFICIO DIPLOMATICO DELLA DUCETTA: “SAPPIAMO SFRUTTARE I BACHI NELLA SICUREZZA. CI SONO VOLUTI DUE GIORNI. INTERMEDIARI? PREFERIAMO NON PARLARNE. MACRON? NON ERAVAMO PRONTI A PARLARNE. HA PRESO LEI IL DISCORSO. DA QUEL CHE ABBIAMO CAPITO, È DAVVERO STANCA DELLA FRANCIA”
«Avremmo voluto invitarla nel nostro ufficio presso l’ex Kgb, ma sa…».Da professionisti della burla telefonica, e non solo, “Vovan e Lexus”, al secolo Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov, ci scherzano subito su. Prima di Giorgia Meloni, hanno beffato leader e celebrità mondiali, da Boris Johnson a PedroSanchez passando per J.K. Rowling ed Elton John, riuscendo sempre a strappare loro qualche dichiarazione che facesse gioco alla propaganda russa.
Per questo in molti malignano che il duo di prank journalist , giornalisti specializzati nello scherzo, come si definiscono, nasconda un oscuro segreto: un legame con i servizi russi. Loro negano. «Escluso», dicono in coro “Vovan”,37 anni,e “Lexus”, un anno più giovane.
Come siete riusciti a raggiungere Giorgia Meloni al telefono?
Lexus: «Preferiamo non dirlo. Non vogliamo mettere nei guai le persone che sono state coinvolte. Palazzo Chigi sa com’è successo. O almeno spero. Se non lo sa, vuol dire che ha un problema di sicurezza».
Vovan: «È stata lei a chiamarci all’orario concordato. Non è l’ufficio della premier ad avere colpe. “Grandi” colpe. Siamo noi che sappiamo fare il nostro lavoro».
Ma ora in Italia si discute di protocolli di sicurezza…
Vovan: «Sappiamo come funzionano i protocolli, sappiamo come sfruttare i bachi nella sicurezza».
Lexus : «Non vuol dire che, nel caso italiano, il protocollo fosse sbagliato».
Vovan : «Non incolpateli!».
Quindi c’è stato un intermediario seppur inconsapevole?
Lexus : «Preferiamo non dirlo».
Quanto c’è voluto per arrivare a Meloni?
Vovan: «È sempre un processo lungo. Non abbiamo numeri privati».
Lexus : «Circa due giorni…».
La chiamata si è tenuta il 18 settembre. Perché avete aspettato a diffonderla?
Vovan : «Abbiamo tante telefonate nel cassetto che dobbiamo ancora mandare in onda nel nostro show».
Perché proprio Meloni?
Lexus: «Ce lo hanno suggerito i nostri fan. E abbiamo pensato che fosse una buona idea. È interessante e molto espressiva. Non è un robot».
Vovan: «È una donna vivace. Avevamo visto le sue interviste e i suoi discorsi. Ed è una leader G7».
Avete diffuso l’audio integrale?
Vovan: «Abbiamo tagliato giusto i noiosi convenevoli iniziali».
Come avete scelto i temi?
Vovan: «Chiamavamo dall’Africa, no? Quindi l’immigrazione. E poi l’Ucraina perché è il tema di principale interesse qui in Russia».
Lexus : «Meloni aveva dichiarato di essere pronta a mandare ulteriori aiuti a Kiev. E aveva appena visitato Lampedusa con Von der Leyen».
Dall’audio sembra che sia stata Meloni a tirare in ballo la Francia…
Lexus: «Non eravamo pronti a parlarne. Ha preso lei il discorso. Da quel che abbiamo capito, è davvero stanca della Francia perché pensa che sia una parte in causa nei conflitti e nei golpe in Africa, mentre a soffrirne è l’Italia».
È vero che avete contatti con i servizi segreti?
Lexus: «Non siamo in contatto con i servizi né russi né stranieri. E men che meno, siamo agenti segreti».
Vovan : «Lo sentiamo dire da 10 anni oramai, ma quale sarebbe la prova?».
Il sospetto nasce dalla facilità con cui riuscite a raggiungere i leader mondiali… Ci si chiede anche se abbiate un’agenda politica visto che i temi che toccate fanno spesso il gioco della propaganda russa.
Lexus: «La nostra è un’agenda giornalistica. Chiamando Meloni, non volevamo incidere sulla politica italiana. Stiamo solo cercando di capire che cosa pensino davvero i politici europei della crisi ucraina».
Avete totale carta bianca? O dovete chiedere autorizzazioni?
Lexus: «Non concordiamo nulla . Capiamo da noi quali conseguenze potrebbe avere una telefonata. Non chiameremmo mai un leader arabo».
Vovan : «O Kim Jong-un. Molta gente è sparita in Corea del Nord. Non vorremmo mai essere responsabili della “scomparsa” di qualcuno».
Non avete mai superato qualche linea rossa o ricevuto un richiamo?
Lexus: «Le autorità non commentano quello che facciamo».
Perché non le prendete mai di mira…
Vovan: «Abbiamo fatto scherzi telefonici a governatori regionali. Il problema è che molti politici li conosciamo di persona. Li incontriamo a eventi o talk show. Se fossimo stati amici di Meloni, non l’avremmo mai chiamata».
Chiamerete mai Vladimir Putin?
Vovan: «Non siamo mai riusciti a raggiungere Joe Biden o Putin. Il loro livello di sicurezza è troppo alto».
(da La Repubblica)
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Novembre 2nd, 2023 Riccardo Fucile
I CONTROLLI SALTATI E LA SCHEDA TELEFONICA AFRICANA
Non solo le parole sull’Ucraina. Nello scherzo telefonico dei due burloni
russi Vovan e Lexus alla premier Giorgia Meloni quello che colpisce è l’incredibile fallimento dei filtri di sicurezza di Palazzo Chigi.
E mentre nell’opposizione c’è chi evoca Totò nella maggioranza si parla di un «atto di guerra ibrida». Ma è la catena di controllo che non ha funzionato.
Quella che comincia dalla segreteria particolare della premier e finisce nell’ufficio del consigliere diplomatico Francesco Maria Talò. Che ieri si è preso la responsabilità per essere stato «tratto in inganno» da «un impostore». Il quale si è spacciato per il presidente della Commissione dell’Unione Africana il 18 settembre scorso senza che nessuno si accorgesse di nulla. E saltando vari protocolli di sicurezza.
Come Palazzo Chigi è caduto nella trappola di Vovan & Lexus
Le tappe dell’abboccamento le ricostruisce oggi la Repubblica. Che mette a fuoco anche la responsabilità della segreteria particolare di Meloni nella gestione del colloquio.
Proprio quel giorno la premier stava preparando la missione all’Onu con i bilaterali con i paesi africani. Per questo, a quanto pare, la telefonata è risultata credibile. Il tranello si è svolto così: il primo contatto è avvenuto tramite un’e-mail recapitata allo staff della presidente del consiglio, a quanto pare alla segreteria a cui è arrivato un numero di telefono da richiamare; l’ufficio del consigliere diplomatico viene avvisato dalla segreteria; il contatto viene considerato valido pur in assenza di una certificazione (per esempio attraverso il filtro dell’ambasciata italiana presso l’Unione Africana); a quel punto è l’Italia a richiamare e Meloni cade nella trappola.
Con i suoi collaboratori Meloni ha ricostruito così l’accaduto: «Se l’ufficio diplomatico mi passa una telefonata attraverso il centralino di Chigi io devo darla per buona. Anche se avevo detto che qualcosa non funzionava, perché i toni del mio interlocutore non erano consoni. Nel merito ho ribadito le posizioni che tutti conoscono. Sul resto bisognerà andare a fondo su come sia potuto accadere, perché non deve accadere di nuovo»
La Farnesina
Il Corriere della Sera riferisce oggi che la Farnesina è irritata per l’accaduto. «Le cose gravi sono due. La prima è che un comico russo riesca a parlare al telefono con il presidente del Consiglio, nonostante un accento non indifferente, beffando le segreterie di Palazzo Chigi e lo staff della carica più importante del Paese. La seconda è che dello scherzo l’entourage del capo del governo si è reso conto ieri, a più di un mese dal fatto».
A quanto pare uno degli elementi che ha consentito la riuscita della telefonata fake è che proveniva da una scheda telefonica africana. «Come quando ti svuotano il conto corrente con il phishing», dice a Repubblica un addetto alla sicurezza. Mentre c’è chi fa notare il timing: proprio mentre la Russia dice che è tempo di discutere «su una base realistica» la crisi ucraina, ecco che arriva la notizia che i leader europei sono «stanchi» di Kiev. Un tempismo da Guerra Fredda.
L’Ufficio del consigliere diplomatico Francesco Talò
Il Corriere scrive che chi si occupa di Africa nell’ufficio del consigliere diplomatico è la consigliera Lucia Pasqualini. Ma la responsabilità se l’è presa Talò con quel comunicato. Anche se non ha gestito direttamente lui la vicenda. Talò andrà in pensione tra qualche mese. Potrebbe spettargli la presidenza dell’Ispi. La strada della nota è stata per tanti suoi colleghi un’esposizione irrituale. Altri parlano di un «regolamento di conti» a Palazzo Chigi. Dove c’è una cesura – e una diffidenza non sanata – tra gli uomini e le donne dello staff di Meloni e i componenti delle strutture istituzionali. Il Fatto Quotidiano aggiunge che le verifiche in questi casi sono sostanzialmente tre. La prima è la lingua: se il funzionario africano non parla francese di solito qualcosa non torna, il colloquio sì svolto in inglese
Le tre verifiche (saltate)
Poi c’è la verifica della corrispondenza tra il numero e il prefisso del paese d’origine. Infine i contatti tra gli staff, che dimostrano che l’interlocutore sia quello. Non si tratta di passaggi obbligatori, ma di prassi. Di solito dopo l’ufficio diplomatico concede il lasciapassare.
E inoltra la telefonata al centralino riservato della premier che fa da ponte. Di solito, infine, viene fissato un orario successivo tra la richiesta e il colloquio. Nel caso della telefonata fake sarebbero saltate le verifiche dell’ufficio diplomatico. E la telefonata è stata inoltrata.
(da Open)
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Novembre 2nd, 2023 Riccardo Fucile
MELONI COME TOTO’, FINTO AMBASCIATORE DEL CATONGA
Giorgia Meloni aveva appena sfogato il suo sdegno fuori tempo massimo per il famoso fuorionda di Conte che parlava con la Merkel nel 2019 (“Il nostro punto più basso all’estero! Mai più!”), quando è stata beccata a discutere per un quarto d’ora dei fatti nostri, nonché di Ucraina, Russia, Francia, Africa e Onu con un comico russo che si spaccia per un leader africano.
I paralleli con Totò finto ambasciatore del Catonga in Totòtruffa ’62 e con Fantozzi che chiama il megadirettore ereditario visconte Cobram con patata in bocca, molletta sul naso, pentola in testa e accento svedese, si sprecano. Ma nell’inconsapevole gag c’è anche qualcosa di serio.
1. I controlli e i filtri di sicurezza del governo sono, se possibile, più perforabili dei confini da quando li presidia la destra. Il primo che capita chiama Palazzo Chigi con un nome a caso e gli passano subito la premier. Dare almeno un’occhiata al prefisso pare brutto. Complimenti allo staff del consigliere diplomatico Francesco Talò: Talòtruffa ’23.
2. Per il sottosegretario-portavoce Giovanbattista Fazzolari, lo scherzo non dimostra che siamo governati da un cast di comici dilettanti, ma che “la propaganda russa è disperata per il catastrofico andamento dell’‘operazione speciale’ in Ucraina… una continua sconfitta”.
Peccato che la Meloni dica ai due comici professionisti l’esatto contrario: “La controffensiva ucraina non sta andando come ci si aspettava”.
3. Il comico amatoriale Fazzolari spiega che “Meloni non cade nella trappola dei propagandisti russi e conferma la linea italiana di sostegno all’Ucraina”. Cioè: il fatto che sia caduta nella trappola dimostra che non è caduta nella trappola. Purtroppo è vero l’opposto. Meloni, conversando con i due comici, ribalta di 180 gradi la linea italiana di sostegno all’Ucraina. Infatti parla per la prima volta di “una via d’uscita accettabile per entrambe le parti”, cioè per gli aggrediti ucraini e per l’aggressore russo. Un compromesso, come i “putiniani” e i “pacifinti” avevano sempre chiesto, beccandosi insulti e irrisioni dagli atlantisti, Meloni compresa. Quelli che “non si tratta col nemico” e “l’unica pace giusta è il ritiro dei russi”.
Il 13 dicembre scorso, alla Camera, la Meloni sbeffeggiava i Conte e i 5Stelle contrari al nuovo decreto per armare Kiev sine die: “Cosa intendete voi per ‘avviare negoziati’? L’Ucraina deve arrendersi per ottenere la pace? O pensate di convincere i russi a ritirarsi offrendogli il reddito di cittadinanza?”.
Ora il negoziato lo vuole lei, però “aspetto il momento giusto” (massì, lasciamo morire ancora qualche migliaio di ucraini). Visto che l’unico modo per cavarle qualcosa di vero è farle uno scherzo, confidiamo in una pronta chiamata dal Catonga.
Marco Travaglio
(da Il Fatto Quotidiano)
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