Destra di Popolo.net

BOCCIA INSEGUE SANGIULIANO: ANCHE LEI A GRECCIO DOVE L’EX MINISTRO SI E’ RECATO CON LA MOGLIE

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

LA FRASE SIBILLINA CHE ACCOMPAGNA IL POST: “FAI ATTENZIONE A COME PENSI E A COME PARLI, PERCHE’ PUO’ TRASFORMARSI NELLA PROFEZIA DELLA TUA VITA”

Maria Rosaria Boccia non molla la presa sull’ex ministro Gennaro Sangiuliano. E va anche lei a Greccio, il paese caro a San Francesco, dove l’ex ministro – quando era ancora in carica – si era recato con la moglie a cui aveva chiesto scusa pubblicamente nella sua ultima intervista al Tg1.
Inquietante il messaggio che accompagna la storia postata su Instagram dalla presunta ex consulente del Mibac. “Fai attenzione a come pensi e a come parli, perché può trasformarsi nella profezia della tua vita”, la frase sibillina che accompagna la foto che la ritrae di spalle all’arco di entrata dell’eremo francescano.
Più ironiche le due storie successive.
La prima allude a un “ordine di scuderia” firmato “#Brothers”, evidente allusione a Fratelli d’Italia, seguita dall’immagine di un affresco in cui un francescano richiama al “Silentium”.
Insomma, un nuovo capitolo della vicenda che ha portato alle dimissioni del ministro
Sangiuliano con la moglie Federica Corsini era stato ospite dell’Oasi di Greccio il 20 agosto scorso, come documentano i social della struttura: “Dove il Cuore trova la pace – si legge sul sito – . Un piccolo angolo di rinascita dove si possono creare occasioni d’incontro tra le persone che hanno desiderio di riconciliazione e di risveglio della fede”.
(da agenzie)

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SANGIULIANO E L’ESPOSTO ANNUNCIATO E MAI PRESENTATO CONTRO MARIA ROSARIA BOCCIA: “COSI’ I MESSAGGI POSSONO FINIRE SUI GIORNALI”

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

NON C’E’ TRACCIA DELLA SEDICENTE DENUNCIA A ROMA E A TORRE ANNUNZIATA… LA PAURA DELLA MELONI: E SE FINISCE TUTTO SUI GIORNALI?… MA NON ERA QUELLO DEL “MALE NON FARE, PAURA NON AVERE?”

Dov’è finito l’esposto promesso dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano nei confronti di Maria Rosaria Boccia? A Roma, in procura, non c’è traccia dell’atto annunciato a più riprese dal giornalista Rai e dal suo avvocato Silverio Sica.
Il reato ipotizzato era quello di tentata estorsione oltre che violazione della privacy. Ma intanto sulla vicenda è calato il silenzio. Sul quale c’è chi avanza una possibile spiegazione: Boccia oggi non può mostrare i messaggi perché incorrerebbe in un reato. Ma se il suo cellulare venisse sequestrato per un’indagine sulla non-consigliera, un magistrato potrebbe avere accesso ai messaggi. A tutti i messaggi. Anche a quelli che Sangiuliano potrebbe aver scambiato con Giorgia e Arianna Meloni. E che potrebbero quindi finire sui giornali.
L’esposto fantasma
L’esposto fantasma avrebbe dovuto contenere tutte le accuse dell’ex ministro all’imprenditrice e influencer. Ovvero i tentativi di accreditarsi con altri ministri (il caso Lollobrigida rimane sempre sul tavolo). E quelli di arricchire il curriculum. Ma, spiega il Corriere della Sera, dell’esposto oggi non c’è traccia a piazzale Clodio. E nemmeno a Torre Annunziata, dove potrebbe essere presentato in base alla residenza di Boccia, scrive Il Foglio.
Per questo c’è chi ipotizza una frenata che arriva direttamente da Palazzo Chigi. Dopo che Boccia ha detto che è stata la sorella della premier a far strappare la sua nomina a Consigliera Grandi Eventi. Ma, è il ragionamento, se si indaga su Boccia si può arrivare al sequestro del suo cellulare. E quando l’inchiesta sarà finita il segreto cadrà. Chi può garantire che i messaggi non finiscano sui giornali?
(da Open)

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“L’ATTUALE GOVERNO NON È BRAVO NEMMENO A COMMETTERE GLI ERRORI DI BERLUSCONI” – OSPITE DI “OTTO E MEZZO”, FRANCESCA PASCALE RANDELLA GIORGIA MELONI E I SUOI FRATELLI D’ITALIA

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

“L’ELETTORATO DI DESTRA SI STA STANCANDO AD ASCOLTARE COSE CHE AGLI ITALIANI NON INTERESSANO. MI SORPRENDE CHE UNA DONNA AL POTERE E AL GOVERNO SI COMPORTI COME UN UOMO. DI FRONTE AD UNA VICENDA COME QUELLA DI SANGIULIANO LEI STA DALLA PARTE DELL’UOMO”… “DI LEI MI DELUDONO I SUOI TRE VALORI FONDAMENTALI DIO, PATRIA E FAMIGLIA, CHE PUNTUALMENTE DISONORANO”

“Col post abbastanza irriverente su Berlusconi intendevo dire che l’attuale governo non è bravo nemmeno a commettere gli errori di Berlusconi. L’ho fatto in modo abbastanza frivolo, non credevo di suscitare così tanta critica”. Lo ha detto Francesca Pascale a Otto e mezzo su La7. “Mi ha fatto piacere – ha aggiunto – ma significa anche una cosa ben precisa: probabilmente Berlusconi fa sentire la sua mancanza. Nonostante la Meloni non scenda nei sondaggi, quell’elettorato di destra si sta stancando ad ascoltare cose che agli italiani tutti non interessano”.
“Mi sorprende – ha detto in un altro passaggio Pascale – che una donna al potere e al governo si comporti come un uomo. Di fronte ad una vicenda come quella di Sangiuliano lei sta dalla parte dell’uomo, anche se è una sua persona di fiducia. Non riesce ad ascoltare entrambe le voci e avere una posizione meno partitica. Piuttosto che continuare a fare campagna elettorale è venuto il momento di iniziare governare e a parlare per tutti”.
“Giorgia Meloni – ha proseguito – ha un profilo che posso solo rispettare, ma il fatto di essere donna non le dà il diritto di essere la più brava dei presidenti del consiglio. Di lei mi deludono i suoi tre valori fondamentali dio, patria e famiglia che puntualmente disonorano. Un dio che amano soltanto quando serve per vessare la comunità omosessuale ma mai ascoltato quando serve accogliere qualcuno in difficoltà. Quale patria? Quella che il suo amico Orban ha offeso chiamandoci tutti delinquenti? Della famiglia non si è capito quale modello bisogna rispettare, se quello con l’amante nel cassetto perché sei potente o se finalmente ognuno di noi può avere il suo modello di famiglia ed essere rispettato”.
(da agenzie)

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UN ALTRO CEFFONE A GIORGIA MELONI: DOPO L’AFFONDO DI MARINA BERLUSCONI SUI DIRITTI CIVILI (“SONO PIÙ VICINA ALLE POSIZIONI DELLA SINISTRA CHE DEL GOVERNO”), ARRIVA QUELLO DI PIER SILVIO: PARTE LA CAMPAGNA DI MEDIASET A SOSTEGNO DI “DIVERSITÀ, DIRITTI E INCLUSIONE”

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

GLI SPOT ANDRANNO IN ONDA PER UNA SETTIMANA, DAL 15 AL 22 SETTEMBRE, SU TUTTI I CANALI DEL GRUPPO: “MEDIASET VUOLE RICHIAMARE L’ATTENZIONE SUL VALORE DELLE DIVERSITÀ, A FAVORE DI UNA COLLETTIVITÀ PIÙ APERTA E ACCOGLIENTE”

Decisione di Pier Silvio Berlusconi. Il claim è pronto: «Mediaset ha a cuore il futuro.Mediaset promuove la diversità e l’inclusione». La famiglia dell’ex Cavaliere continua a mandare segnali al governo. Insiste sui diritti. Non solo in Parlamento, ma anche in tv, perché come ha insegnato l’ex Cavaliere, non a caso “Sua Emittenza”, la politica si fa sì tra gli stucchi di Palazzo Madama e Montecitorio, ma anche, forse soprattutto, a colpi di pubblicità e comunicazione pop.
E allora cos’ha deciso Pier Silvio, dopo un’estate in cui Antonio Tajani, previo colloquio con la famiglia del fondatore di FI, ha pungolato i Fratelli meloniani sullo Ius Scholae? Fa confezionare uno spot che schiera Cologno lì dove vorrebbe pure la sorella Marina, cioè «più in sintonia con la sinistra sui diritti».
La campagna sarà on air per una settimana, dal 15 al 22 settembre, su tutti i canali del gruppo, a partire dai tre generalisti Canale 5, Italia 1 e Rete4 . Ma anche «in radio, online sulle nostre pagine e sul sito web dedicato», spiegano da Cologno. Mediaset dice proprio così: vuole sfruttare la «forza comunicativa della tv» per «richiamare l’attenzione sul valore delle diversità, a favore di una collettività più aperta e accogliente».
Da Roma, nelle stesse ore, Tajani ha rilanciato sullo Ius Scholae. Solo l’altro ieri sembrava rinculare, sostenendo che «la priorità è la manovra». E invece ieri è tornato a battere sul chiodo, sui diritti: «Non credo nel diritto di sangue, il mio cognome peraltro è di origine araba» e «la legge sullo Ius Scholae è più seria di quella attuale»
La proposta, spiegano fonti azzurre, sarà articolata su tre punti: cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi di 10 anni in Italia, una stretta sulle cittadinanze agli oriundi e un’accelerazione sul rilascio delle cittadinanze, perché oggi con la burocrazia lumaca anche chi ne ha pienamente diritto deve attendere anni.
(da Repubblica)

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L’INCONTRO TRA MARIO DRAGHI E MARINA BERLUSCONI “E’ UN PIZZINO A GIORGIA MELONI”

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

I TEMPI E LE MODALITA’ DI USCITA… I RAPPORTI SEMPRE PIU’ CONFLITTUALI TRA LA PREMIER E LA FAMIGLIA BERLUSCONI… IL SOSPETTO DI UNA INTESA CON ELLY SCHLEIN

L’incontro è andato in scena mercoledì 11 settembre in Corso Venezia a Milano. Gliuffici della Fininvest l’hanno comunicato soltanto ieri. Il faccia a faccia tra Marina Berlusconi e Mario Draghi in casa della primogenita di Silvio è servito a «uno scambio di vedute programmato da tempo». Oltre che per «una conoscenza reciproca» che evidentemente fino a ieri mancava. C’era anche Gianni Letta, l’ex braccio destro del Cavaliere durante la sua carriera politica. E per questo si parla di un messaggio a Giorgia Meloni. Di più: un «pizzino», addirittura. Per i tempi e per le modalità di uscita della notizia. E per i rapporti sempre più conflittuali tra la premier e la famiglia Berlusconi. Che nell’occasione è stata anticipata: lei vedrà l’ex presidente della Banca Centrale Europea la prossima settimana.
Un pizzino
Un pizzino è un messaggio scritto a mano o a macchina con cui il mafioso comunica con i suoi affiliati. Di solito viene recapitato a mano e viene strappato o bruciato dopo che è stato letto.
La decisione di Marina di far sapere dell’incontro arriva dopo che Meloni aveva fatto trapelare irritazione per l’invito a Maria Rosaria Boccia della trasmissione Mediaset È sempre Cartabianca.
Ma i figli di Berlusconi vogliono mandare un messaggio, spiega oggi Il Fatto. Nella nuova Legge di Bilancio niente tasse sugli extraprofitti sulle banche. E nemmeno sulle assicurazioni, come aveva ventilato nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. La famiglia Berlusconi non vuole nemmeno che il governo innalzi il tetto degli spot alla Rai o decida di privatizzarla in tutto o in parte. Perché non vuole altri concorrenti nel suo business.
La freddezza di Palazzo Chigi
L’incontro è stato preso con freddezza a Palazzo Chigi. Perché Draghi rappresenta una delle figure più temute da Meloni. Ma anche perché nel clima di complotto che regna nell’entourage della premier c’è la paura che i Berlusconi si stiano muovendo verso un nuovo “inciucio” con il Partito Democratico. Per far tornare Draghi e disarcionare Meloni.
Ed è visto con sospetto anche l’attivismo di Antonio Tajani dentro Forza Italia per i diritti civili. Mentre la consigliera recordwoman di preferenze a Roma Rachele Mussolini lascia il partito proprio per Forza Italia. E ci si mette pure Mediaset: dal 15 settembre lancerà una campagna tv per celebrare «il valore della diversità e dell’inclusione».
(da Open)

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COSA C’E’ DIETRO IL PATTEGGIAMENTO DI GIOVANNI TOTI: “COSI’ RICONOSCE I SUOI REATI”

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

IL CENTRODESTRA FURIOSO: “CI HA PORTATO A GRIDARE AL GOLPE E ADESSO SI ACCORDA CON I GIUDICI?”… LA REPLICA DEI TOTIANO: “LO AVETE LASCIATO SOLO”… IL NODO DELLA NON-CANDIDATA ILARIA CAVO

«Ma non era innocente?». La scelta di Giovanni Toti suona come uno schiaffo per il centrodestra. La decisione di andare al patteggiamento con la procura per le accuse di corruzione impropria e finanziamento illecito ai partiti pesa sulla campagna elettorale in Liguria. Che fino a ieri era impostata sulla difesa dell’ex governatore. E che oggi dovrà cambiare. Toti ha accettato una pena di due anni e un mese, commutata in 1.500 ore di lavori socialmente utili. Più la confisca di 84 mila euro, prelevati dalle casse del suo Comitato. L’imputato ricorda che patteggiare «non vuol dire essere colpevoli». Anche se è implicita l’ammissione dell’accusato. Esattamente quello che dice il candidato del centrosinistra alla Regione Andrea Orlando: «Si tratta di un implicito riconoscimento di responsabilità».
La riabilitazione
Se il tribunale darà l’ok al patto con la procura, Toti otterrà la riabilitazione completa. E la possibilità di tornare a fare politica e a candidarsi alle elezioni. Nel frattempo potrà tornare a fare il giornalista ma non potrà lasciare l’Italia. La sospensione dai pubblici uffici varrà finché la pena non sarà scontata.
Sceglie la stessa strada anche l’ex presidente del Porto di Genova Paolo Signorini. L’accordo con la procura prevede tre anni e cinque mesi di pena. E presto potrebbe seguire la stessa strada anche Aldo Spinelli.
Toti oggi spiega al Corriere della Sera che fare un accordo «non vuol dire riconoscere le proprie colpe ma trovarsi a metà strada. Anzi, in questo caso molto oltre la metà. Hai la soddisfazione di veder riconosciute molte delle tue ragioni». Dice di essere passato «da Al Capone ad aver parcheggiato l’auto in divieto di sosta». E dice che il sindaco di Genova Marco Bucci sapeva della sua decisione.
Non contentissimi
Mentre gli alleati di centrodestra vengono dipinti come «non contentissimi» della decisione. Ma lui ribatte accusandoli di averlo lasciato solo: «Non ho visto un lungo corteo accompagnarmi verso il Golgota. In tutta franchezza, quando mi sono girato con la croce sulle spalle ho visto il vuoto dietro di me».
Ma Bucci, in un’intervista a Repubblica, dice l’esatto contrario: «Non sapevo nulla del patteggiamento, ma è una sua scelta. Per me come candidato non cambia nulla». Il sindaco in campagna elettorale anche se malato di cancro – e con la moglie che lo definisce «un incosciente» – ricorda che deve fare immunoterapia il 27 settembre e poi a fine ottobre: «Per il resto sono libero e faccio campagna elettorale». Intanto i retroscena dipingono un centrodestra spiazzato per la decisione dell’ex governatore.
Come l’ha presa il centrodestra
Tra i più irritati ci sarebbe Matteo Salvini, che ha dissimulato a fatica lo sconcerto. A destra ci si interroga sulle ragioni di Toti. E c’è chi la definisce una vendetta dell’ex governatore perché si è trovato solo. E per non aver visto come premiata la scelta di non puntare su Ilaria Cavo, a lui vicina, come candidata contro Orlando. La sua lista non correrà alle elezioni regionali. I candidati pensavano di confluire nella lista civica di Bucci.
Ma dopo quello che è accaduto potrebbe esserci un ripensamento. «Giovanni ha passato mesi ad autoraccontarsi come martire della giustizia, ci ha portato a gridare al golpe, e ora patteggia? O voleva fare promozione al suo libro in uscita, o ha sbagliato», è la voce più sentita.
Il Cerchio Magico totiano replica secco: «Se i partiti del centrodestra si fossero schierati davvero con lui, allora sì, avrebbe potuto andare avanti e affrontare il peso di otto anni di processo: ma così chi glielo fa fare? Ha tutta la vita davanti per investire su altro».
(da agenzie)

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PROCESSO OPEN ARMS, INIZIATA LA REQUISITORIA DEL PM: “I DIRITTI DELL’UOMO VENGONO PRIMA DELLA DIFESA DEI CONFINI”

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

“IN MARE VANNO SALVATI ANCHE I CRIMINALI”… “LE LEGGI IMPONEVANO DI SBARCARE A TERRA I MIGRANTI, UN ITER CRIMINOSO”,,, IN GIORNATA LA RICHIESTA DELLA PENA PER CHI HA DISONORATO L’ITALIA ED E’ ANCORA A PIEDE LIBERO

È cominciata nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, a Palermo, la requisitoria dei pm del processo a Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito lo sbarco, cinque anni fa, di 147 migranti che erano stati soccorsi dalla ong Open Arms e che lasciarono l’imbarcazione solo dopo l’interno della Procura di Agrigento. L’accusa – la procuratrice aggiunta Marzia Sabella e i sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi – sta ricostruendo il quadro giuridico nazionale e sovranazionale di quella fase, poi si addentrerà sugli aspetti della specifica vicenda dell’Open Arms e quindi formulerà alla Corte la richiesta della pena per i reati contestati a Salvini, che all’epoca era ministro degli Interni.
“I diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini”, così il Procuratore aggiunto di Palermo Marzia Sabella nel corso della requisitoria. Il magistrato, in aula con i sostituti Calogero Ferrara e Giorgia Righi, ha poi parlato di un “iter criminoso” “non concedere il porto sicuro ai migranti”. Ecco le parole del Procuratore aggiunto Sabella: “Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare”.
“La persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione. Che sia un migrante, un componente di un equipaggio, un passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato. Poi, la giustizia farà il suo corso”, ha detto il pm Calogero Ferrara. Che ha proseguito: «E’ solo la terraferma a essere un pos, cioè il place of safety, in altre parole il posto più sicuro. E questo lo ha ribadito anche la Corte di cassazione”.
“Normalmente il Pos è il porto più vicino, però questo è stato modificato nel corso degli anni – spiega Ferrara durante la discussione in aula – Allora dobbiamo rispondere a due domande: la nave di salvataggio può essere considerata un luogo sicuro? Come è stato rappresentato in questo processo. La risoluzione Msc dice che la nave non viene considerata un luogo in sicurezza, anche se è luogo temporaneo di sicurezza, e dovrebbe essere sollevata. Pertanto la nave può esser considerato solo un Pos temporaneo”. E aggiunge: “Che la nave non sia un luogo sicuro è un principio consolidato. Anche le navi ad hoc per effettuare il salvataggio devono avere dei requisiti ben precisi. Quindi, solo la terraferma può essere un Pos e questo lo ha ribadito anche la Cassazione”.
Il magistrato nel corso del suo intervento sta parlando del funzionamento del diritto nazionale e sovranazionale sui salvataggi in mare. Per la procura, nel 2019, sui 147 migranti a bordo della nave Open Arms «furono incapaci di tutelare i diritti». Il sostituto procuratore Ferrara parla di «iter criminoso nel non concedere il Pos, il place of safety». Perché il migrante «ha diritto di arrivare in un porto sicuro. I diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini». Anche perché le convenzioni internazionali «impongono delle responsabilità agli Stati»: e quindi «c’è l’obbligo di soccorso in mare».
Casarini: «Questo è un processo contro chi disonora l’Italia»
«Spero solo che oggi si parli di giustizia. Giustizia nei confronti dei più deboli, di donne, uomini e bambini. Giustizia per quello che sta accadendo nel Mediterraneo, con naufragi continui, lager in Libia. Il nostro auspicio è che oggi venga scritta una pagina di giustizia. Penso che non sia un processo contro l’Italia ma un processo contro quello che disonora l’Italia», ha dichiarato Luca Casarini, capomissione della ong Mediterranea, presente nell’aula bunker del carcere Pagliarelli dove è in corso la requisitoria. d’ufficio.
Il fondatore della ong spagnola Open Arms, Oscar Camps, fuori dall’aula bunker del carcere Pagliarelli a Palermo dove si tiene l’udienza con la requisitoria dei pm ha invece spiegato: “È un giorno importante per la giustizia italiana, la vicenda Open Arms è un caso unico. Dopo cinque anni siamo alla fase iniziale”.
(da agenzie)

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QUANDO TOTI GIURAVA: “NESSUN REATO”. E ORA VUOLE PATTEGGIARE

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

CADONO I MANTRA SOVRANISTI: “TEOREMA. ACCUSE INCOMPRENSIBILI”

“Non ho commesso alcun reato. Ora penso ad arrivare all’interrogatorio preparato per dimostrare la correttezza del mio operato“. Era il 16 maggio e Giovanni Toti, ai domiciliari da dieci giorni per corruzione, si rivolgeva al pubblico per la prima volta dall’arresto, attraverso un messaggio consegnato al suo avvocato Stefano Savi. Parole che anticipavano la linea difensiva sempre seguita da lì in avanti sul piano mediatico dall’ex governatore della Liguria: sostenere che le accuse dei pm – essersi interessato allo sblocco di pratiche in cambio di finanziamenti – fossero evanescenti e mirassero a criminalizzare l’attività politica e i legittimi rapporti con gli imprenditori del territorio. Tanto da chiedere più volte uno “scudo” al Parlamento e da dare al suo libro-memoir, di prossima pubblicazione, un titolo che più vittimista non si può: “Confesso, ho governato”. Poi però, nell’arco di una giornata, è cambiato tutto: Toti ha raggiunto un accordo di patteggiamento con la Procura di Genova per corruzione per l’esercizio della funzione, di fatto ammettendo all’improvviso che qualche reato lo ha commesso, e che i suoi comportamenti, forse, così specchiati non erano. Un dietrofront piuttosto imbarazzante per chi, al governo e in maggioranza, era pronto a garantire sulla sua innocenza.
Rileggiamo per esempio cosa diceva Attilio Fontana, governatore leghista della Lombardia, appena poche ore dopo l’arresto: “Sono assolutamente convinto che durante le indagini saprà chiarire le contestazioni che gli vengono mosse, contestazioni che mi sembrano più un teorema che una realtà“. E il 2 settembre, dopo che Toti si era dimesso per uscire dai domiciliari, andava ancora oltre: “Un presidente è stato costretto a dimettersi, accusato in un processo che all’apparenza appare molto, molto sottile e leggero. Un presidente che ha subito accuse infamanti dopo che per nove anni aveva cambiato la vita della Liguria”. Ecco invece il ministro della Difesa Guido Crosetto, secondo cui i finanziamenti registrati non potevano costituire tangenti: “Ho l’abitudine di leggere le carte, e quando ho letto le contestazioni a Toti non ho ben capito. Tutti pensano che sia stata messa in arresto una persona che ha preso dei soldi per se stesso. Quando poi si scopre che li ha presi regolarmente denunciandoli per una campagna elettorale diventa difficile capire come faccia ad essere un corrotto. Si è autodenunciato con i soldi della campagna elettorale?”. Pure Francesco Lollobrigida, ministro FdI dell’Agricoltura, era piuttosto scettico: “Non ho mai avuto occasione di pensare che il governatore della Regione Liguria agisse in modo sconsiderato, scorretto o addirittura, come gli viene attribuito, in modo lesivo delle normative”.
Poi ci sono gli innumerevoli attacchi riservati ai magistrati genovesi, “colpevoli” prima di aver chiesto e ottenuto l’arresto di Toti, poi di non avergli concesso la revoca dei domiciliari per il rischio di reiterazione del reato. La prima bordata era arrivata dal vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini: “Vorrei sapere, se ci fossero microspie negli uffici di qualche magistrato, per quanto tempo continuerebbe a fare il magistrato”. Piuttosto aggressivo anche il commento alla Camera del ministro della Giustizia Carlo Nordio, dopo che il Riesame aveva confermato la misura cautelare: “Ho letto questa ordinanza e non ho capito nulla“. Forse, col senno di poi, ora può capire di più.
(da Il Fatto Quotidiano)

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CAMUFFATI DA GOVERNANTI

Settembre 14th, 2024 Riccardo Fucile

TRA POPULISMO E CLASSE DIRIGENTE C’E’ UNA INCOMPATIBILITA’ OGGETTIVA

A destra pochissime voci riconoscono che esiste, per Giorgia Meloni, un grosso problema di classe dirigente. Lo stesso Veneziani già nel 2020 scriveva così: ‘La Sorella d’Italia è figlia unica… Per un partito così cresciuto, così lanciato, scarsa è la sua classe dirigente, scarsi i canali di accesso e di selezione, scarsa la sua capacità di intercettare e candidare figure venute da altri mondi e dalla mitica società civile”.
Ovvio che questa debolezza congenita sia enormemente più vistosa dal momento in cui Meloni è arrivata al governo.
Meno ovvio che nella vastissima opinione di destra (largamente prevalente in edicola e in tivù) questo argomento sia poco presente, eufemismo per non dire: ignorato. Passi per i tanti pretoriani, non disponibili di opinioni in proprio. Ma gli altri?
Possibile che nessuno, a destra, abbia l’onestà di ammettere che la ristretta cerchia di parenti e amici di Giorgia non poteva camuffarsi di colpo da personale di governo senza farsene accorgere?
Una spiegazione possibile, anzi plausibile, è che non la destra “classica”, ma quella populista ha preso il potere in Italia e galoppa in molti altri Paesi. E per il populismo concetti come “classe dirigente” e “élite” sono impronunciabili.
Nel meccanismo bene oliato della demagogia (Noi veniamo dal popolo! Siamo stati investiti dal popolo! Parliamo come il popolo!) fanno l’effetto di sassi negli ingranaggi.
E dunque ammettere che ministri mediocri e nomine improponibili sono la prova provata della mancanza di una classe dirigente all’altezza, sarebbe come bestemmiare in chiesa: equivarrebbe a dire che tra populismo e classe dirigente c’è una incompatibilità oggettiva.

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