Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
L’INDAGINE OXFARM ITALIA
Un’indagine condotta per Oxfam Italia dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, su
un campione di 4.280 intervistati, e presentata questa mattina, racconta l’idea che gli italiani hanno delle disuguaglianze economiche e delle misure che servirebbero per contrastarle. Per la ricerca sono state raccolte le opinioni di 1925 cittadini del Nord, 983 del Centro e 1327 provenienti da Sud e Isole.
Nella percezione del 71% dei cittadini intervistati da Demopolis, negli ultimi 5 anni le disuguaglianze sono aumentate, e sono di natura per lo più economica, ma anche di accesso ai servizi, soprattutto quelli sanitari. Per il 72%, la lotta ad evasione ed elusione fiscale potrebbe contribuire a ridurre le disuguaglianze oggi in Italia. Ma servirebbe anche – per il 61% – un sistema fiscale più equo: che sia progressivo e non faccia disparità fra contribuenti nelle stesse condizioni economiche
È il reddito, secondo l’83% degli italiani, il principale ambito in cui si manifestano le più forti disuguaglianze nel Paese. Con un dato in crescita esponenziale, inoltre, 7 intervistati su 10 segnalano che l’Italia è sempre più disuguale nell’accesso ai servizi sanitari: nella rilevazione condotta sul tema da Demopolis per Oxfam nel 2016, il dato si attestava al 54% (16 punti in meno rispetto ad oggi). La maggioranza assoluta ricorda anche quanto pesino i divari nelle opportunità di accesso al mondo del lavoro (55%) e nella disponibilità dei patrimoni in seno al tessuto sociale italiano (51%). Poco meno della metà del campione individua ambiti di disuguaglianza nella qualità dell’istruzione (46%) e nel risiedere in aree a differente tasso di sviluppo (43%).
Ma su cosa impattano questi grandi divari economici nella società? Secondo la maggior parte degli intervistati (86%), impattano negativamente sul futuro delle nuove generazioni e sulla coesione sociale. Per 8 su 10, le disuguaglianze compromettono la crescita economica (79%); per il 71% rappresentano una minaccia al buon funzionamento della democrazia.
Cosa pensano gli italiani del sistema fiscale
Il sistema fiscale italiano, nella percezione dei cittadini, presenta diverse criticità: soprattutto lamentano la mancata adesione al dettato costituzionale. Secondo le analisi dell’Istituto Demopolis per Oxfam, gli orientamenti dell’opinione pubblica italiana sulle evoluzioni auspicabili per il sistema fiscale sono leggibili ma non unanimi, e non privi di distinguo
Per migliorarne l’equità, il 63% degli intervistati incoraggia un riequilibrio dell’attuale tassazione, spostandola dal lavoro a redditi finanziari, profitti e grandi patrimoni. Ma un quarto del campione oggi auspica un calo generalizzato delle tasse, proprio per tutti.
Nella percezione dell’opinione pubblica, si profila anche il tradimento da parte delle Istituzioni del dettato costituzionale. Solo per 1 cittadino su 5 (20%) è oggi rispettato l’art. 53 della Costituzione, in base al quale tutti dovrebbero essere chiamati a concorrere “alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e secondo criteri di progressività, anche richiedendo un contributo maggiore al crescere della condizione economica. Per il 41% è rispettato solo in parte. Per oltre il terzo degli intervistati (37%), oggi non lo è affatto.
Il sistema fiscale italiano non è considerato equo. Lo è poco o per niente, nelle valutazioni dell’85% della popolazione, perché non è effettivamente progressivo e fa disparità fra contribuenti nelle stesse condizioni economiche.
L’idea di una tassa europea sui grandi patrimoni
Quali sono le principali armi contro le diseguaglianze sociali? Secondo i risultati dell’indagine, per il 67% degli intervistati, oggi sarebbe preferibile aumentare il prelievo a carico dei più ricchi per garantire maggiori e migliori servizi pubblici. Ma un quinto dei rispondenti sarebbe a favore dell’ipotesi di pagare tutti meno tasse e avere meno servizi pubblici, oggi percepiti come incongrui, soprattutto nell’ambito delle prestazioni sanitarie e del welfare.
Che i ‘super ricchi’ dovrebbero essere maggiormente chiamati a far fronte ai bisogni della collettività è convinzione della maggioranza assoluta degli italiani. Secondo 2 intervistati su 3, dovrebbero farlo in forma strutturale, attraverso una tassazione fortemente progressiva. Per il 16%, sarebbe sufficiente incentivare libere donazioni per attività filantropiche e di pubblica utilità.
In questo scenario oggi 7 italiani su 10 intervistati da Demopolis per Oxfam, sarebbero favorevoli ad un’imposta europea sui grandi patrimoni. In Italia si applicherebbe ad appena lo 0,1% più ricco della popolazione e potrebbe generare risorse utili per finanziare i crescenti bisogni sociali della popolazione e contenere le disuguaglianze.
Si tratta di un auspicio che attraversa trasversalmente le anime dell’opinione pubblica nazionale e che risulta minoritari (seppur prossimo al 50%) esclusivamente nei segmenti di elettorato ascrivibili alla maggioranza di governo, mentre supera il 70% dei consensi anche nella componente degli italiani che si dichiarano astensionisti. Anche nell’elettorato di Fdi, Lega e Forza Italia quindi ci sono persone favorevoli a un’imposta europea sui grandi patrimoni.
Secondo il 68% degli intervistati tassare i grandi patrimoni potrebbe offrire risorse aggiuntive vitali per finanziare politiche a sostegno della scuola, della sanità, dell’inclusione sociale e di una giusta transizione ecologica. Per il 56% si tratterebbe anche di rendere più equo il sistema fiscale italiano: di contenerne le storture. Ma una convinzione attraversa la metà del campione analizzato, delineando, in modo preoccupante, quanto persistente sia nella popolazione la sfiducia nelle istituzioni: 1 italiano su 2 ritiene che la tassazione dei grandi patrimoni rischierebbe di essere inutile perché lo Stato è ineffciente e sprecherebbe le risorse
Il 38% teme che tassare i grandi patrimoni sia un rischioso precedente che spianerebbe la strada per l’introduzione di un’imposta patrimoniale generalizzata che graverebbe sul ceto medio. Quasi metà della popolazione (47%) non condivide tale timore. Per 3 intervistati su 10, tassare i grandi patrimoni è un modo per demonizzare chi ha il merito di aver prodotto ricchezza
Per combattere le diseguaglianze per la maggior parte degli intervistati (il 72%), in testa alle politiche che più potrebbero dare un contributo, ci sono la lotta all’evasione ed elusione fiscale. Per circa 2 su 3, servirebbero politiche del lavoro che limitino il ricorso al precariato e assicurino condizioni di lavoro dignitose. Per il 63%, sono urgenti maggiori investimenti pubblici in sanità, istruzione e welfare. Ma servirebbe anche – per il 61% – un sistema fiscale più equo: che sia progressivo e non faccia disparità fra contribuenti nelle stesse condizioni economiche.
(da Fanpage)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
ABOLITO IL CARCERE FISSO PER I CORROTTI, MA VA IN CELLA CHI PROTESTA IN PIAZZA… SANZIONI INFERIORI AGLI EVASORI, INASPRITE PER CHI OCCUPA UNA CASA
Garantisti con chi è accusato di corruzione, concussione e simili. Manettari con gli altri, con chi imbratta, chi manifesta, chi occupa. È la legge severa con i “poveracci” e docile con i colletti bianchi. O meglio, è la legge così come la sta disegnando, a botta di nuovi reati (cancellandone altri), il governo. Intanto i pubblici ufficiali possono tirare un sospiro di sollievo: non correranno più il rischio di incorrere nell’abuso d’ufficio, da poco abolito. E potrà essere meno preoccupato anche chi viene accusato di pagare, o intascare, tangenti: nel caso sia incensurato e ci sia il solo pericolo di reiterazione del reato non rischia neanche il carcere. Perché? A inizio agosto il governo ha espresso parere favorevole a un ordine del giorno che riguarda la possibilità di valutare la misura cautelare per pericolo di reiterazione nei confronti degli incensurati solo in caso di “reati di grave allarme sociale”. Ma è esclusa la corruzione e delitti simili. Per non parlare poi della riduzione delle sanzioni per chi evade prevista dalla riforma fiscale.
Non va allo stesso modo per gli altri: per chi protesta, chi manifesta il proprio pensiero, magari bloccando le strade. Se viene commesso un reato è giusto che sia punito. Ma in che modo? Molto più severamente di chi – ad esempio – distribuisce mazzette? Evidentemente sì, a giudicare dalle pene inasprite per molti reati così come prevede il ddl Sicurezza che, approvato alla Camera, ora deve essere esaminato in Senato. Già c’era stato il tanto discusso decreto Rave, che punisce con pene da 3 a 6 anni chi “organizza l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui” per “un raduno musicale”. Adesso nel ddl Sicurezza di delitti ne sono stati introdotti altri, con pene più elevate. Vediamo quali.
ART. 10: OCCUPAZIONE.
Il ddl Sicurezza prevede l’inasprimento della pena per chi occupa, con violenza o minaccia, un immobile. Il codice penale puniva già comportamenti simili. Basti pensare al reato di invasione di terreni o edifici, con pene fino a 4 anni, o il reato di “turbativa violenta del possesso di cose immobili”, pene fino a 2 anni. Il legislatore ora vuole introdurre l’articolo 634 bis che punisce, con pene da 2 a 7 anni, chiunque occupi, con violenza o minaccia, un immobile.
ART. 11: AGGRAVANTI.
Tra le circostanze aggravanti si vuole inserire – aggiungendo l’articolo “11-decies” – quella che riguarda coloro che commettono il fatto vicino a stazioni ferroviarie o metropolitane.
ART. 12: DANNEGGIAMENTO.
Ampliato il reato di danneggiamento. Nel codice penale, l’articolo 635 prevede che chi “distrugge, disperde, deteriora” le “cose mobili o immobili altrui” è punito con reclusione da 6 mesi a 3 anni. Ora si aggiunge che “se i fatti sono commessi con violenza o minaccia” la pena viene inasprita: da 1 anno e mezzo a 5 anni.
ART. 13: DASPO URBANO.
I questori potranno “disporre il divieto di accesso” in determinati luoghi pubblici nei confronti di denunciati o condannati (anche con sentenza non definitiva) nel corso dei 5 anni precedenti per delitti contro la persona o il patrimonio.
ART. 14: BLOCCHI STRADALI.
Nuovo inasprimento, dopo quello previsto dal governo giallo-verde, per il reato che riguarda i blocchi stradali. Finora era prevista una sanzione amministrativa da mille a 4 mila euro per chi impediva la circolazione su strada. Ora viene sostituita con la reclusione fino a un mese e una multa fino a 300 euro. Se il blocco stradale è commesso da più persone la pena va da 6 mesi a 2 anni. Una norma questa già contestata perché diretta a punire i manifestanti. E che vada in questa direzione lo ha praticamente detto ieri il ministro dell’Interno Piantedosi. Rispondendo a un question time ha spiegato: “Dall’1 gennaio, nel settore della logistica si sono registrate 240 manifestazioni, la maggior parte delle quali promosse da organizzazioni sindacali di base, in particolare dal sindacato Si Cobas. In occasione di 183 iniziative si sono registrati episodi di blocco delle merci di durata temporale variabile”. Poi ha aggiunto: “Sarà mia cura, quando il provvedimento verrà approvato, richiamare l’attenzione delle autorità di pubblica sicurezza a rafforzare l’attività preventiva…”.
ART. 18: CANNABIS light
Stretta sulla cannabis light, quella con bassa percentuale di Thc (la sostanza psicotropa, ndr). Il ddl Sicurezza stabilisce che sono vietati importazione, cessione, commercio e spedizione della canapa coltivata nel rispetto della legge del 2016.
ART. 19: A TUTELA DEI PUBBLICI UFFICIALI.
La violenza o minaccia contro un incaricato di pubblico servizio è punita con la reclusione da 6 mesi a 5 anni (art. 336 del codice penale). Il ddl Sicurezza aumenta di un terzo la pena se il reato è commesso “nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria”. Pena aumentata di un terzo pure nel caso in cui venga impedita la realizzazione di opere pubbliche o di infrastrutture stradali.
ART. 24: IMBRATTAMENTI.
L’obiettivo del governo è anche quello di ampliare il reato di “deturpamento e imbrattamento di cose altrui”. È già previsto dal codice penale (art. 639): chiunque deturpi o imbratti “beni immobili o mezzi di trasporto” può essere condannato da uno a sei mesi e a dover pagare una multa da 300 a mille euro. Il ddl Sicurezza prevede che nel caso in cui il reato sia commesso contro “beni mobili o immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione…”, si applica la reclusione da 6 mesi a un anno e mezzo e una multa fino a 3 mila euro. In caso di recidiva, la reclusione può arrivare fino a 3 anni e la multa fino a 12 mila euro. I primi a farne le spese saranno gli ambientalisti che protestano in modalità “Ultima generazione”.
Art. 27: RIVOLTE NELLE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA.
Il ddl prevede che chi partecipa a una rivolta con “atti di violenza o minaccia o resistenza” è punito con la reclusione da 1 a 4 anni. Chi promuove o dirige la rivolta, rischia fino a 5 anni.
ART. 28: ARMI AGLI AGENTI ANCHE FUORI DAL SERVIZIO.
Gli agenti saranno autorizzati a portare senza licenza armi di proprietà personale anche quando non sono in servizio.
ART. 32: SIM PER IMMIGRATI.
Obbligo per i negozi che vendono schede telefoniche di chiedere copia del permesso di soggiorno ai clienti non europei. Chi non rispetterà questa norma rischia la chiusura della propria attività da 5 a 30 giorni.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
INTERROGAZIONI PARLAMENTARI ANCHE A BRUXELLES
Nelle ultime settimane numerose città italiane sono state tappezzate di cartelloni
pubblicitari su cui campeggia la scritta «La Russia NON è nostra nemica». Sotto una mano tricolore ne stringe un’altra con i colori della bandiera del Cremlino. La testata Linkiesta ha svelato che dietro alle numerose affissioni, costate tra i 30 e i 50mila euro nella città di Roma, ci sarebbe Domenico Aglioti, che nella scorsa consiliatura è stato rappresentante municipale M5s nel quartiere Monte Mario. Aglioti è anche ex presidente della Commissione Cultura e fondatore del Movimento Cinque Stelle romano, nonché sostenitore della prima ora della ex sindaca capitolina Virginia Raggi.
Chi è Domenico Aglioti
Anti 5G, no-vax, sostenitore del presidente russo Vladimir Putin. Fu tra i primi a spingere per la candidatura di Virginia Raggi a prima cittadina di Roma. La stessa Raggi, sul blog di Beppe Grillo, scrive: «Insieme a Domenico Aglioti abbiamo costruito pezzetto per pezzetto il Gruppo del XIX Municipio, andando a fare banchetti dovunque vi fosse un marciapiede sufficientemente largo». E proprio Aglioti sarebbe il committente dei venti manifesti (3 metri per 2) e delle cinque vele motorizzate che hanno girato per la città. Sempre secondo Linkiesta, la “Nuovi Spazi Advertising” – azienda concessionaria di quegli spazi – non ha rivelato il costo di una tale operazione ma esperti avrebbero fissato la cifra tra i 30mila e i 50mila euro. Aglioti ha replicato in un post di non essere il committente della campagna, ma solo di aver firmato il «contratto stipulato con l’agenzia», per una cifra minore rispetto a quella “contestata”: «Il costo della campagna non è stato di 50.000 euro come da voi sostenuto ma di poche migliaia di euro, circa 3.000, così come è falso il numero dei cartelloni affissi». Una cifra che, spiega Aglioti, è stata raggiunta con il contributo volontario di circa 200 cittadini per veicolare un «messaggio di pace».
Le reazioni di Bruxelles
Il tema ci ha messo solamente poche ore per raggiungere Bruxelles grazie a Raphaël Glucksmann, eurodeputato francese fondatore del partito Place publique ed ex presidente della Commissione speciale per le ingerenze. Il 44enne ha inviato un’interrogazione alla Commissione europea, chiedendo a Ursula von der Leyen e al suo esecutivo se sia a conoscenza delle «pericolose campagne pro-Russia che rendono l’Italia non conforme nell’attuazione e nell’applicazione delle sanzioni dell’Ue nei confronti della Russia». Le affissioni, ha continuato Glucksmann, sarebbero apparse «in altre 20 città italiane tra cui Modena, Parma, Verona e in Calabria». Alcuni sono stati tolti dalle autorità locali, altri – come a Roma – «rimangono al loro posto». La domanda alla Commissione è una: «Intendete adottare misure per porre fine a queste azioni?».
Interrogazioni al Consiglio comunale di Roma e alla Camera
Anche in Italia ha iniziato a sollevarsi la polemica. Prima la deputata del Pd Lia Quartapelle alla Camera durante un’interrogazione. Poi la capogruppo di Azione al Consiglio comunale di Roma Flavia de Gregorio, che già nella giornata di lunedì ha depositato un’interrogazione al sindaco Roberto Gualtieri. L’assessora alle Attività produttive di Roma, Monica Lucarelli, ha affermato che «il 10 settembre è stata emessa una prima diffida alla società responsabile, con l’ordine di procedere alla rimozione immediata dei manifesti». Secondo Lucarelli i manifesti sarebbero stati tolti immediatamente, per poi essere montati nuovamente da un’altra società. Anche questa diffidata dal Comune.
«Emerge che su Roma il committente sarebbe stato un autorevole dirigente del Movimento 5 Stelle, animatore dei movimenti no-vax, anti 5G, putiniano e ‘inventore’ della carriera politica di Virginia Raggi. Ci si permetta di dire che non siamo sorpresi», ironizza su X il senatore Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva. «Però: perché questa iniziativa? Chi l’ha finanziata, pianificata, coordinata, se non addirittura ordinata? Come Italia Viva presenteremo subito una interrogazione parlamentare, che sottoscriverò insieme con il collega Ivan Scalfarotto».
Per quanto riguarda i manifesti di Modena, Parma, Pisa, Verona e altre città l’affissione sarebbe già stata rivendicata dall’associazione No vax Sovranità Popolare. Rimane ancora da capire come sia possibile la loro affissione in un comune come Roma. Nella capitale il Regolamento, nell’articolo 12-bis, prevede infatti che sia «vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo delle libertà individuali, dei diritti civili e politici».
La replica di Aglioti
Aglioti ha pubblicato un post in cui mette in chiaro alcuni punti dell’articolo de Linkiesta, sottolineando tra le altre cose come non sia mai stato un dirigente del Movimento 5 Stelle, ma solo un consigliere e di essere uscito dal partito quando ha terminato il mandato.
(da agenzie)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
SI CERCANO MILLE GIOVANI PER IL SERVIZIO CIVILE AGRICOLO
Qualcuno lo ribattezza come la naja dell’agricoltura. Il ministro critica, però, l’associazione lessicale: «Non c’entra niente con la leva, ma è un dovere generale servire la patria e noi diamo la possibilità di farlo»
Il bando per l’arruolamento di mille ragazzi sarà pubblicato a ottobre. Si cercano forze fresche che possano «servire la patria con un’attività di valore agricolo». Parole, alla lettera, di Francesco Lollobrigida. Il ministro dell’Agricoltura, a margine del G7 di Siracusa, rilancia l’idea di un Servizio civile che veda impegnati i giovani nel lavoro dei campi. A chi lo sollecita su una somiglianza tra il suo invito a offrire le proprie braccia per la Nazione e la proposta della maggioranza di reintrodurre la leva militare obbligatoria, Lollobrigida risponde: «Sono due cose parallele». All’indomani delle dichiarazioni siracusane, dopo che qualcuno ribattezza la proposta come “la naja dell’agricoltura”, il ministro prova a stemperare: «Ci sono alcuni giornali che tendono a non capire o a non approfondire. È un dovere generale servire la patria. Ci sono tante attività che si possono fare con il Servizio civile, noi diamo la possibilità di farlo anche nel mondo agricolo e della pesca. Non c’entra niente con la leva».
L’invito nostalgico al ritorno nelle campagne era stato già fatto un anno fa, sempre da Lollobrigida, che aveva anche firmato un protocollo di intesa interministeriale a riguardo, insieme al collega Andrea Abodi. Adesso, la Stampa riporta le cifre dell’operazione: 7 milioni di euro per far lavorare nei campi mille giovani dai 18 ai 28 anni. Si attende che le imprese presentino i progetti per accaparrarsi le braccia dei ragazzi. I quali imbracceranno falce e… (ah no!) per 507,30 euro mensili. Gli obiettivi del protocollo che istituisce il Servizio civile agricolo appaiono, intanto, ambiziosi: «Porre fine a ogni forma di povertà nel mondo. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. Assicurare la salute e il benessere per tutti. Rendere le città e gli insediamenti umani sicuri, resilienti e sostenibili». Certo è che suona un po’ come un ossimoro il sogno di debellare la fame e sfamare le città, affamando invece dei ragazzi che, per 507,30 euro, possono diventare i nuovi “braccianti d’Italia”.
(da corriere.it)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
IL 23 NOVEMBRE A GROSSETO L’ASSOCIAZIONE DA CULTURALE DIVENTERA’ POLITICA
Quello di Roberto Vannacci non è ancora diventato un partito, ma al suo interno ci sono
già scontri, dimissioni e addirittura querele. Come nei partiti veri e propri, cioè quelli che Roberto Vannacci e i suoi fedelissimi contestano e vorrebbero superare. Il generale, oggi eurodeputato in quota Lega, dopo la grande scalata di visibilità e le oltre 560 mila preferenze raccolte alle Europee deve fare i conti con le prime spine. E non sono poche. Negli ultimi giorni, i vertici della «macchina» vannacciana hanno dovuto registrare due addii pesanti.
Le dimissioni più eclatanti, anche se meno rumorose, sono quelle di Norberto De Angelis, ex atleta paralimpico ma soprattutto amico d’infanzia del generale, che dell’associazione Il mondo al contrario era vicepresidente. Il passo indietro arriva poche settimane prima del grande salto, fissato per il 23 novembre a Grosseto, quando l’associazione si trasformerà da culturale a politica.
Gli «ultimi avvenimenti» menzionati da De Angelis rimandano all’espulsione di Marco Belviso, giornalista e coordinatore della «macchina» di Vannacci in un’area enorme per la raccolta di consensi e tesserati: Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. I motivi della cacciata? Belviso, in un’intervista a Il Tempo, ha espresso posizioni politiche che per i vertici «sono in palese contrasto con il regolamento dell’associazione». Così, l’altro giorno, il «triumvirato maximo» al fianco del generale è arrivato a Udine da Belviso per consegnargli il provvedimento.
A suonare il campanello di casa per notificare l’espulsione c’erano: Fabio Filomeni, presidente de Il mondo al contrario, con il segretario Bruno Spatara e il tesoriere Gianluca Priolo. Per Belviso i tre avrebbero agito con «minacce e violenze», tanto da averli denunciati. Per Filomeni, invece, non sono «stati posti in essere comportamenti aggressivi, minacciosi e violenti». Ora il «triumvirato» annuncia una controquerela. Intanto, però, la frattura è tutta politica.
La domanda che rivolgiamo a Filomeni, la figura più rilevante subito dopo Vannacci, è la seguente: presidente, alla fine state litigando come in tutti gli altri partiti, che voi contestate. Non le pare? «Ha ragione — risponde Filomeni al Corriere —. Fino a 6 anni fa io ero operativo nelle forze armate e non ho alcuna esperienza politica. Rilevo però che si stanno verificando le medesime dinamiche dei partiti tradizionali».
E poi: «Evidentemente coloro che hanno esperienze politiche precedenti si comportano con questo modus operandi, che credo vada estirpato — aggiunge —. Le dinamiche della vecchia politica non ci appartengono». E sulle voci di mal di pancia interni, riguardo questioni di trasparenza sui fondi raccolti dall’associazione, Filomeni ribatte così: «Abbiamo un tesoriere, Gianluca Priolo, che tiene i conti al centesimo. Lui documenta qualsiasi spesa. Nego in maniera assoluta problemi di questa natura».
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
I TRE PAESI HANNO BLOCCATO LA VISIBILITÀ DELLE TARGHE DEI VEICOLI STRANIERI CHE HANNO VIOLATO IL CODICE DELLA STRADA IN ITALIA E QUESTO RENDE IMPOSSIBILE LA NOTIFICA DEI VERBALI ALL’ESTERO DA PARTE DELLA POLIZIA ITALIANA – LA RAGIONE DELLO STOP SAREBBE NELL’IMPROPRIO UTILIZZO DEI DATI DA PARTE DI UNA AZIENDA ITALIANA
Tedeschi, olandesi e austriaci non pagano le multe prese con le loro automobili in Italia. Lo strano caso ha una ragione: i tre Paesi hanno bloccato la visibilità delle targhe dei veicoli stranieri che hanno violato il Codice della Strada in Italia e questo rende impossibile la notifica dei verbali all’estero da parte degli organi di polizia. Secondo Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e Trasporti, il ministero si è già attivato per risolvere l’empasse cercando una soluzione condivisa.
«UTILIZZO IMPROPRIO DEI DATI»
La ragione dello stop allo scambio starebbe, secondo quanto dichiarato dai Paesi, nell’improprio utilizzo dei dati da parte di un’azienda italiana di cui non è stato fatto il nome.
Le infrazioni commesse in Italia e punibili anche all’estero sono state determinate dalla Direttiva 2015/43 che prevede i cosidetti Punti di Contatto Nazionali, cioè otto violazioni del Codice della Strada: eccesso di velocità, mancato uso della cintura di sicurezza, passaggio con semaforo rosso, guida in stato di ebbrezza, guida sotto sostanza stupefacenti, mancato uso del casco, circolazione su corsia vietata, uso indebito di telefono cellulare o altri dispositivi.
(da agenzie)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
IL PROFESSORE GIAN LUIGI GATTA, ORDINARIO DI DIRITTO PENALE ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO: “CONTA SOLO L’EFFETTO MEDIATICO, COSI’ SI ALLUNGANO I TEMPI DELLA GIUSTIZIA. AUMENTERA’ IL NUMERO DI PROCESSI ARCHIVIATI A CAUSA DELLA PRESCRIZIONE”
Venti nuovi reati, altre aggravanti, pene più severe. Il ddl Sicurezza […] è una raffica di
norme che allunga ancor di più il codice penale con buona pace del ministro Carlo Nordio.
Dentro c’è di tutto: dal divieto di commercializzazione della cannabis light alla rivolta carceraria, all’aggravante per chi commette delitti dentro una stazione o un treno, alla criminalizzazione delle proteste contro le costruende opere pubbliche, al carcere per chi fa un sit-in stradale. In fondo questa è la filosofia “legge&ordine” che tanto piace al governo Meloni. Si fa la faccia feroce. Se poi sia utile, o quanto incida, interessa poco.
S’era già visto con il reato di “rave party”, introdotto due anni fa a tamburo battente come fosse chissà quale emergenza nazionale: molto battage, molte polemiche, zero risultati.
«Non è un fenomeno solo italiano – commenta il professor Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’università di Milano, promotore della prestigiosa rivista “Sistema penale” – ma è legato ai tempi. L’introduzione continua di nuovi reati o l’innalzamento delle pene è la risposta più facile, apparentemente a costo zero, alle emergenze del momento. Penso a come sia stato dedicato al caso di cronaca di Caivano addirittura un decreto».
Solo spulciando le cronache, infatti, ripensando ai due giovani travolti sul lago di Garda, Umberto e Greta, si capisce perché questo governo abbia ritenuto urgentissimo istituire i reati di “omicidio nautico” e di “lesioni personali nautiche gravi o gravissime”. Dopo Caivano, sono arrivati i reati di “pubblica intimidazione con uso di armi” (la cosiddetta “stesa”) e quello di “inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori”.
E ancora: a Cutro, in Calabria, c’è una strage di migranti, colpa di un rimpallo di responsabilità tra forze di polizia, ma arriva per decreto una nuova fattispecie contro chi trasporta migranti illegalmente, e se ne mette in pericolo la vita rischia da venti a trent’anni di carcere. […]
Osserva il professor Gatta: «Conta solo l’effetto mediatico, da spendere sui social. Nessuno va a guardare l’effetto sistemico. Se si intasano ancor di più i tribunali, rischiando di far allungare i tempi della giustizia o di aumentare il numero di prescrizioni.
Se aumentano le condanne lievi, quelle che hanno portato all’incredibile numero di 90 mila “liberi sospesi”, ossia persone con condanne inferiori a 4 anni, pene che automaticamente vengono sospese, e però i condannati restano in attesa per tempi interminabili che un tribunale di Sorveglianza decida quale pena alternativa gli spetta».
Il ddl Sicurezza porta con sé una ventina di nuovi reati. Per capire la logica di priorità, si confrontino con le sollecitazioni dei media. Reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”: dai due ai sette anni per chi occupa una casa con la violenza o la minaccia o anche il raggiro.
Nuovo reato di truffa: chi approfitta delle circostanze del luogo in cui viene commesso o dell’età della vittima, è punito con il carcere da due a sei anni. Aggravante specifica anche per chi commette reati dentro o nelle vicinanze di una stazione, che sia delle ferrovie o della metropolitana, o dentro un vagone.
Grazie a una campagna delle “Iene” è arrivato anche la possibilità del carcere per le donne incinte o con neonati; lo hanno ribattezzato “carcere alle borseggiatrici rom” perché sia ancor più chiaro il messaggio.
E poi, dato che gli ecologisti fermano troppo spesso il traffico o imbrattano muri di palazzi pubblici, due norme ad hoc: riscrittura del reato di “danneggiamento”, con multa fino a 10mila euro e reclusione da uno a 5 anni per chi distrugge o rovina «cose mobili o immobili altrui» durante manifestazioni in un luogo pubblico; multa e carcere fino a un mese per chi impedisce la circolazione su una strada ordinaria o ferrovia usando il proprio corpo. La pena della reclusione aumenta fino a due anni se il blocco è commesso insieme ad altre persone.
(da La Stampa)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
“PIER DUDI” POTREBBE APPROFITTARE DI UNA SCONFITTA DEL CENTRODESTRA AL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA PER RIPERCORRERE LE ORME DEL PADRE: METTERE IN PIEDI UNA NUOVA FORZA ITALIA, APERTA A DIRITTI E MINORANZE, EUROPEISTA E ATLANTISTA. A QUEL PUNTO, LE ELEZIONI ANTICIPATE SAREBBERO INEVITABILI
Da mesi si rincorrono i rumor sulla discesa in politica di Pier Silvio Berlusconi. Un’ipotesi, sempre smentita, che sconquasserebbe lo scenario politico e, probabilmente, l’intero centrodestra.
Negli ultimi tempi le voci sul futuro impegno di “Pier Dudi” alla guida di Forza Italia si sono rinfocolate, e qualcuno suggerisce di puntare lo sguardo ad aprile 2025, prima data utile per celebrare il referendum sull’autonomia differenziata.
Il retropensiero degli “addetti ai livori” è che una possibile sconfitta del centrodestra alla tornata referendaria possa dare il là a una crisi di governo, visto che Salvini ha legato la sopravvivenza dell’esecutivo alla sua riforma principe. Non a caso, nei palazzi del potere si sussurra: “Giorgia Meloni mangerà il panettone, ma non si sa se arriverà alla colomba”.
Fosse vero, Pier Silvio si ritroverebbe ad affrontare la stessa sfida fronteggiata, e vinta, dal padre, trent’anni fa: mettere cioè insieme, in pochi mesi, una squadra di persone fidate, scelte dal mondo delle professioni, e proporre la propria candidatura all’insegna della “rivoluzione liberale”.
Stavolta arricchita dalla battaglia sui diritti civili, inaugurata dall’ormai celebre dichiarazione di Marina Berlusconi: “Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso. Perché ognuno deve essere libero di scegliere”.
Giorgia Meloni, finora, ha opposto un “me ne frego” all’ipotesi di dimissioni in caso di sconfitta al referendum (“Mi chiedono, ‘se non passa è un problema?’. Chi se ne importa. Non sono pronta a dimettermi qualora venisse bocciato il referendum. Io arrivo alla fine dei cinque anni e chiederò agli italiani di essere giudicata. Se la riforma non passa gli italiani non l’avranno condivisa. Tutto il resto sono speranze della sinistra”).
Eppure, in caso di bocciatura della riforma, è difficile pensare che Salvini e la Lega restino zitti e buoni in maggioranza. Quel che è certo, è che il Governo Meloni non sarà mandato a casa dalle opposizioni, ma solo da un’implosione dell’alleanza di centrodestra.
Elly Schlein non ha un interlocutore affidabile, visto che Giuseppe Conte è appeso alla costituente del M5s e ha uno scontro aperto, dall’esito ancora incerto, con Beppe Grillo.
Anche se dovesse vincere la disfida pentastellata, e impadronirsi del Movimento, Peppiniello Appulo, che ha capito di non essere il leader del campo largo, resterà una spina nel fianco per i dem. Senza contare l’ormai inesorabile dissoluzione dell’ex terzo polo, balcanizzato dagli ego di Renzi e Calenda, mollati, oltre che dagli elettori, anche dai rispetti seguaci.
A questi potenziali, e variegati, bacini elettorali, potrebbe “parlare” una nuova Forza Italia, depurata dalle scorie giudiziarie di Babbo Silvio e rinfrescata da un’apertura maggiore a diritti civili, minoranze, europeismo e atlantismo. Il progetto politico di Pier Silvio, incoraggiato dalla compagna, Silvia Toffanin, e dal fidato Niccolò Querci, consigliere d’amministrazione di Mediaset, trova la ferma opposizione di Marina.
La primogenita, scottata da anni di battaglie mediatiche e giudiziarie del padre, teme che il fratello finisca fagocitato dal tourbillon dell’agone politico, a maggior ragione che oggi, a differenza del passato, le aziende di famiglia non hanno bisogno di essere salvate. Il teorema Marina è: restiamo defilati e governiamo nell’ombra. Una saggia posizione, visto che l’ingresso in politica potrebbe esporre Pier Silvio al pelo e contropelo dei media e della magistratura. Scavando scavando, anche nel privato, qualcosa si trova sempre…
(da Dagoreport)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE PIU’ CRITICA AL SUD E NELLE ISOLE
Sono 69 i crolli registrati nelle scuole italiane da settembre 2023 a settembre 2024. Molti
di questi erano stati già preannunciati, ma nessuno si era mosso per intervenire in tempo.
Dei 69 – numero superiore a ciascuno degli ultimi sette anni – il maggior numero ha interessato le regioni del Sud e delle Isole, così come il Nord. A riferirlo è il XII rapporto dell’associazione Cittadinanzattiva, che aggiunge come quasi il 60% degli edifici scolastici del Paese non è attrezzato per rispondere a eventuali incendi né rispetta gli standard delle condizioni di sicurezza e igiene.
Non solo crolli: mancano anche documenti e collaudi
Sono 28 i crolli registrati nel Nord Italia, altrettanti al Sud e tra Sicilia e Sardegna. Numeri non comparabili, vista l’enorme differenza nei numeri delle scuole tra le due zone. Ma che in ogni caso sottolinea un problema sempre più ricorrente e che non sembra far sconti a nessuna regione. Al centro, invece, i casi di crollo sono stati “solo” 13.
Le segnalazioni, riporta il documento di Cittadinanzattiva, non sono mancate. Quello che è venuto meno sono gli interventi concreti per mettere in sicurezza la struttura. Sulla stessa lunghezza d’onda sono anche i dati riguardanti il certificato di agibilità e quello di prevenzione incendi. Secondo il rapporto, la documentazione non è posseduta rispettivamente dal 59.16% e il 57.68% degli edifici. A cui poi si aggiunge il collaudo statico, fondamentale per le scuole costruite vicino o su aree sismiche. In totale sono 17.343 le scuole collocate in zone a rischio 1 o 2. Eppure, su tutto il territorio italiano, il 41,5% degli istituti non ha portato a termine il collaudo statico.
Due terzi dei docenti intervistati per il rapporto ha manifestato interventi di manutenzione inadeguati o completamente assenti. Le problematiche più ricorrenti vanno dalle infiltrazioni di acqua (40,1%), ai distacchi di intonaco (38,7%) e tracce di umidità (38,2%).
La metà dei professori ha manifestato gravi carenze anche rispetto alla sicurezza, anche se solo l’8% delle scuole non ha organizzato prove di emergenza
«Siamo molto preoccupati per la riduzione degli interventi», ha commentato ad Ansa Adriana Bizzari, coordinatrice nazionale di Cittadinanzattiva. Dagli asili nido, sempre più abbandonati a loro stessi, ai lontani obiettivi europei. «Sin d’ora bisogna guardare al post Pnrr, con l’utilizzo di fondi ordinari nazionali ed europei per garantire il funzionamento delle nuove strutture, per investimenti mirati (ome i climatizzatori) e per assicurare continuità dei fondi all’edilizia scolastica».
Una apprensione che deriva dall’ultima revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha previsto tagli delle previsioni di spesa dai nido ai licei. Il motivo, spiega Bizzari, è «l’aumento dei costi di costruzione. Lo stesso è accaduto con la ristrutturazione, sostituzione/ricostruzione, messa in sicurezza, adeguamento o miglioramento sismico e riqualificazione energetica degli edifici». Con il paradosso che più soldi (4.299 miliardi di euro, rispetto ai 3.9 miliardi previsti dal primo Pnrr) saranno usati per sistemare meno edifici.
(da agenzie)
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