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ISOLE TREMITI, ARRIVA LA MAESTRA CHE FARA’ RIAPRIRE LA SCUOLA, ALTRIMENTI 7 BAMBINI AVREBBERO DOVUTO FREQUENTARE SULLA TERRAFERMA

Ottobre 1st, 2024 Riccardo Fucile

MICHELINA LIUZZI, PRECARIA A 64 ANNI: “SONO CONSAPEVOLE CHE NON SARA’ FACILE”…VERGOGNOSO CHE LO STATO NON LE RICONOSCA UN CONTRIBUTO EXTRA PER L’ALLOGGIO

La scuola in Puglia è iniziata il 16 settembre. Ma non era stato così per sette bambini di tre anni delle isole Tremiti (Foggia) che non avevano potuto entrare in classe perché nessuna maestra aveva accettato la nomina. Ma la buona notizia per i piccoli e i loro genitori è arrivata: ieri, 30 settembre, Michelina Liuzzi, 64 anni e precaria, ha accettato di insegnare nella scuola d’infanzia delle isole Diomedee che era chiusa dal 2003.
Nell’intervista di Luca Pernice sul Corriere, la docente dichiara: «La mia sarà un’avventura. Difficile certo, non lo nascondo. Ma ho accettato anche perché mi piace molto insegnare e stare con i bambini».
La docente: «Al molo mi attendeva la mamma di un alunno»
Liuzzi è di Apricena (Foggia), è sposata e ha due figli che vivono a Roma. Alla sua età dovrebbe andare in pensione, ma «invece sono precaria e se non avessi accettato l’incarico sarei stata cancellata dalle graduatorie».
La docente racconta la gioia con cui è stata accolta sull’isola: «Al molo mi attendeva la mamma di un mio nuovo piccolo alunno, Andrea. Poi abbiamo incontrato altri genitori con altri bambini. Erano felicissimi». Liuzzi non nasconde le difficoltà che dovrà affrontare, ma non si perde d’animo: «Quando si è precari si è consapevoli che difficilmente si riesce a lavorare nella propria città. Io sapevo che avrei fatto la pendolare ma nella provincia di Foggia. Invece ora ho il continente dall’altra parte e, quindi, non potrò tornare a casa ogni giorno ma solo il fine settimana quando le condizioni climatiche lo permetteranno. Ripeto sono consapevole che non sarà facile».
«Speravo ci fossero delle agevolazioni per chi viene da fuori»
«Se devo essere sincera speravo che ci fossero delle agevolazioni per chi viene da fuori. Invece non è così», spiega la maestra. Che illustra le spese che dovrà fare dall’alloggio al cibo: «Mi auguro di non spendere tutto lo stipendio per le spese. Ma come detto non potevo non accettare».
Su un ipotetico contributo del Comune non si è ancora informata: «Non lo so. Magari, forse. Non ho ancora parlato con la sindaca. Vedremo». Sarà quindi lontana dalla famiglia: «I miei figli sono grandi e vivono a Roma ma sono contenti. Mio marito, invece, dovrà fare anche lui qualche sacrificio. Ma mi dice sempre che lui è felice se sono felice io».
Infine, scherza sull’idea di un film sulla sua storia: «Una maestra in una piccola isola con sette alunni». Sulla prima lezione che si terrà oggi, 1 ottobre, ha già qualche idea: «Mi farò ispirare dal mare, che mi piace, e dalle bellezze di questo posto».
(da agenzie)

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LA MANO DA CASAPOUND DIETRO WE ARE E GLI AFFARI DEGLI ULTRA DELL’INTER

Ottobre 1st, 2024 Riccardo Fucile

COSA SI NASCONDE VERAMENTE DIETRO QUESTA ASSOCIAZIONE?

C’è un legame diretto tra gli ultrà dell’Inter e la società: è rappresentato dall’associazione We are Milano, attiva del 2020 e che ha come rappresentante legale Debora Turriello, anche lei finita tra gli indagati dell’operazione di questa mattina che ha portato all’arresto di 19 ultrà di Milan e Inter.
Secondo le informazioni riportate dalle Procura, lo scopo dell’associazione – per il suo statuto – è quello di raccogliere fondi per attività a scopo ricreativo e benefico. E non solo di calcio ma anche di basket e hockey. Ma cosa succede veramente dietro a questa associazione?
Lo scopo legale e illegale dell’associazione We are Milano
Dietro alla We are Milano ci sta non solo la vendita di abbigliamento e gadget sportivi, ma anche ben altro. I veri obiettivi dell’associazione li ha spiegati così la Procura nei suoi atti:
costituire una “facciata legale” da utilizzare dalla Curva per poter dialogare, in primis, con la Società;
rappresentare una idonea figura giuridica atta a promuovere iniziative, feste, dibattiti, eventi di beneficenza, il cui scopo ultimo è comunque quello di garantire introiti al sodalizio;
costituire uno strumento di supporto per agevolare, in caso di necessità degli appartenenti alla Curva, le richieste presso le competenti Autorità Giudiziarie di concessione di misure alternative alla detenzione in caso di pene da espiare o di restrizioni cautelari da osservare.
Ma gli inquirenti hanno svelato anche molto altro. L’associazione era anche un mezzo per eludere il fisco. In una chiamata tra ultrà dell’Inter si sente: “Calcola che magari faremo comunque figurare l’evento a scopo benefico poi i soldi li tiro fuori io non è un problema”.
I rapporti tra We are Milano e l’associazione di Don Mazzi
I rapporti diventano poco chiari anche quando si parla dell’associazione come misura alternativa alla detenzione: è emerso dall’inchiesta della Procura infatti che We are Milano ha stretto contatti finalizzati a una stabile collaborazione con la comunità Exodus di Don Antonio Mazzi (Non indagato). Stando agli atti il referente principale della comunità è Roberto Ermanno Sartori (non indagato), fra i responsabili di una cooperativa, la 4exodus, nata da un ramo della onlus di Don Mazzi. Sartori aveva legami con Andrea Beretta, destinatario oggi di un’altra misura cautelare ma già in carcere per l’omicidio di Antonio Bellocco e altri capi ultras come Claudio Morra (non è indagato). Nelle varie conversazioni intercettate si sente Sartori disponibile a far ottenere “misure alternative alla pena detentiva a conoscenti di amici del Beretta e dei Boiocchi (morto in un omicidio….) ottenendo in cambio favori come maglie firmate dai giocatori per i propri famigliari o la prelazione per la propria cooperativa sull’eventuale donazione devoluta dalla curva a seguito di iniziative benefiche”.
Era Andrea Beretta (indagato) a gestire il merchandising e della vendita dei biglietti, creando proprio per tale scopo l’associazione “We are Milano”. Questo lo porterà ad aprire un punto vendita a Pioltello per la distribuzione dei prodotti ufficiali dell’Inter nonché della Curva Nord di cui è stato depositato il marchio “CN69”.
Il ruolo di Francesco Polacchi all’interno dell’associazione We are Milano
A gestire la contabilità all’interno dell’associazione sarebbe Francesco Polacchi (non indagato), contatto di Antonio Bellocco, l’erede dell’omonima cosca di ‘ndrangheta e capo ultrà dell’Inter ucciso da Andrea Beretta il 4 settembre scorso. Polacchi sarebbe stato scelto perché è un esperto informatico e sarebbe entrato subito in possesso, almeno fino al mese di giugno scorso, dei codici di accesso del sito We Are Milano. Questo era stato convinto “ad accedere abusivamente all’interno dei file commerciali di Andrea Beretta e acquisire la contabilità, anche del ricavato in nero e quindi non fatturato, di tutte le attività gestite, ovviamente in maniera occulta”.
Sarebbe stato Bellocco ad aver proposto di impiegare Polacchi, ritenuto un “fedelissimo”, alle loro dipendenze dietro un corrispettivo mensile pari a 2.500 euro. Marco Ferdico, altro capò ultrà indagato, ad accettare. Così Polacchi gestiva gli incassi derivanti solo dalle vendite on-line e, soprattutto, da quelli non fatturati, cioè in “nero”. Ma chi è Francesco Polacchi?
Polacchi è l’ex portavoce nazionale di Blocco Studentesco e anima imprenditoriale del gruppo di estrema destra. Sarebbe titolare del marchio di abbigliamento Pivert (da qui uno dei suoi soprannomi) ed editore della rivista di CasaPound e della casa editrice Altaforte. Appena trasferito da Roma a Milano si è subito avvicinato ai capi ultrà dell’Inter e con il passare del tempo le amicizie sono diventate sempre più strette.
(da Fanpage)

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I BIGLIETTI, INZAGHI, SKRINIAR E CALABRIA: COSI’ INTER E MILAN POSSONO FINIRE NEI GUAI PER L’INCHIESTA SUGLI ULTRAS A MILANO

Ottobre 1st, 2024 Riccardo Fucile

PRESSIONI PER I TAGLIANDI DA RIVENDERE A 900 EURO… L’AVVERTIMENTO AL MISTER: “METTI DUE PUNTE”… LA “SETE DI SANGUE” DI LUCCI

Cosa rischiano l’Inter e il Milan per l’inchiesta sugli ultras a Milano? Dopo gli arresti tra tifosi nerazzurri e rossoneri le due società sono state definite «parti offese» dalla procura. Che però ha deciso nei loro confronti di avviare un «procedimento di prevenzione». Intanto il capo della procura federale Giuseppe Chiné ha chiesto gli atti. E in particolare approfondirà le telefonate e gli incontri dell’allenatore nerazzurro Simone Inzaghi con gli ultras. E quelli dell’ex difensore Milan Skriniar. Tutto ruota intorno all’articolo 25 del Codice di Giustizia Sportiva. Che vieta le interlocuzioni con il tifo organizzato. In questo caso le sanzioni sono all’articolo 9: i tesserati rischiano una multa, la squalifica per una o più giornate e l’inibizione temporanea per i dirigenti. Ma non la perdita di punti.
Simone Inzaghi e gli ultras dell’Inter
Nell’ordinanza sulla ‘ndrangheta in Curva si raccontano una serie di episodi che riguardano i rapporti tra tesserati nerazzurri e tifosi. Tutto comincia nel 2023 e nei giorni tra la finale di Coppa Italia e quella di Champions League a Istanbul. Tra società e ultras ci sono contrasti perché i leader della Curva vogliono 1.500 biglietti mentre l’Inter può darne appena la metà. Gli ultras vogliono quei tagliandi perché, come raccontano le carte, sui ticket guadagnano. Per essere precisi, come si sente dire all’ex calciatore Marco Materazzi nelle intercettazioni, «I biglietti da 80 (euro, ndr) li rivendono a 900. Questo mi è stato detto». A muoversi è Marco Ferdico. Che minaccia uno sciopero del tifo per la finale di Coppa. E contatta anche Javier Zanetti. A quel punto interviene Inzaghi. «Allora Marco, leggo il messaggio che la curva non canta a una finale…».
«Io mi sono imbestialito. Non con voi ma con la società. Mancano 4 ore. Cercate di sistemare ‘sta roba perché non esiste». E ancora: «Parlo con Ferri, con Zanetti, con Marotta. Mi attivo e ti dico cosa mi dicono. La risposta di Ferdico: «Te la faccio breve, mister. Ci hanno dato mille biglietti e ci siamo fatti due conti. Ne abbiamo bisogno 200 in più per essere tranquilli». Alla fine il club cede ed aumenta la disponibilità di tagliandi. Si arriva proprio al numero che vogliono gli ultras: «Mi hanno dato 1.500 biglietti», dice Ferdico. Agli atti c’è anche un altro tentativo di avvicinare l’allenatore. Stavolta oltre a Ferdico c’è Mauro Nepi. Il piano è di parlare con il mister: «No aggressivo no però gli dico “Mister, io ti voglio dire una cosa. Qua sei a Milano non sei in provincia. Devi iniziare a tirare fuori un attimo la garra».
Te lo ricordi Berlusconi?
E ancora: «Gli dico quello che gli devo dire. Qua sei a Milano, quando sei in dieci tieni due punte. Te lo ricordi Berlusconi?». Il piano fallisce perché «ci sono le telecamere». Invece gli ultras riescono a parlare con Milan Skriniar, che all’epoca si sta per svincolare dall’Inter a parametro zero per andare al Paris Saint Germain: «Comunque va via al 100%, ha già deciso. Hai visto che gli tremava la voce? Aveva un po’ di paura», dicono ad Andrea Beretta. L’ordinanza racconta anche di un incontro tra Luca Lucci, l’ultras del Milan, e il capitano dei rossoneri Davide Calabria in un bar di Cologno Monzese l’8 febbraio 2023. La Gazzetta dello Sport racconta che c’è anche Giancarlo Capelli detto Il Barone.
Ho una sete di sangue…
Agli atti anche lo sfogo del capo ultras per il “permesso” ricevuto per andare allo stadio. Lucci diceva così: «Mi portano allo stadio per riabilitare il mio cervello!? Chissà cosa mi dicono durante la partita Mi diranno: “Vedi? Devi viverla così”. E io faccio: “Sìììì, che bello… con la famiglia”… Ma vai a fare in c… Ho una sete di sangue che solo Dio lo sa…». A causa del procedimento di prevenzione le due società rischiano, in teoria, di finire in amministrazione giudiziaria. Ma il rischio può essere scongiurato semplicemente innalzando i controlli organizzativi. Soprattutto sul fronte dei biglietti. I due club dovranno dimostrare di essere in grado di riuscire da soli a espellere i violenti dallo stadio e dalla loro tifoseria. E aumentare i controlli allo studio, visto che l’ordinanza documenta le intimidazioni agli steward per entrare gratis.
(da Open)

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INTER E MILAN RISCHIANO L’AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA SE NON RIUSCISSERO A DIMOSTRARE DI NON AVERE UN LEGAME CON GLI ULTRA’ CHE CONFIGURI FORME DI INTIMIDAZIONE O DI ASSOGGETTAMENTO

Ottobre 1st, 2024 Riccardo Fucile

C’È STATA CARENZA NEI CONTROLLI PER L’ACCESSO ALLO STADIO, SONO STATI FORNITI BIGLIETTI A SOGGETTI APPARTENENTI ALLA CRIMINALITÀ CHE HANNO POI FATTO BAGARINAGGIO, MOLTI ENTRAVANO ALLO STADIO SENZA BIGLIETTO DOPO PESANTI INTIMIDAZIONI NEI CONFRONTI DEGLI STEWART… GLI INCONTRI DEI CAPI ULTRÀ CON I GIOCATORI DI INTER (SKRINIAR) E MILAN (CALABRIA)

Un terremoto giudiziario investe Inter e Milan che in teoria rischiano anche l’amministrazione giudiziaria se non non dovessero riuscire a dimostrare di non avere alcun legame che configuri forme di intimidazione o di assoggettamento nei confronti degli ultrà: sarebbe questa una possibile conseguenza del ‘procedimento di prevenzione’ attivato dalla Procura di Milano in seguito all’inchiesta sulle infiltrazioni criminali nel tifo organizzato milanese.
Inter e Milan si sono resi immediatamente disponibile a collaborare con gli inquirenti per fornire qualsiasi documentazione e informazione richiesta. Ma il quadro che emerge dall’inchiesta corposa e articolata della Procura di Milano, preoccupa. Lo stadio di San Siro e le attività ad esso connesso sono “fuori da ogni controllo di legalità” anche a causa di “alcune carenze organizzative” dell’Inter nella “gestione dei rapporti con la tifoseria”.
C’è stata carenza nei controlli per l’accesso allo stadio, sono stati forniti biglietti a soggetti appartenenti alla criminalità che hanno poi effettuato rincari rivendendo i tagliandi, come “la corresponsione di 1500 biglietti alla curva nord, dopo pesanti pressioni, in occasione della finale di Champions League”; è stato verificato il costante ingresso allo stadio di soggetti privi di tagliando, agevolato dalle pesanti intimidazioni nei confronti degli stewart: “una situazione che va avanti da anni e a cui nessuno pare essere in grado di porre rimedio”.
Un capitolo dell’ordinanza riguarda, ad esempio, “l’incontro” di alcuni capi ultrà, come Marco Ferdico, uno degli arrestati di oggi, “con il calciatore Skriniar” e “i primi contatti con l’allenatore” Simone Inzaghi. Non solo Inter, però, perché nel febbraio 2023 in un bar di Cologno Monzese ci sarebbe stato un incontro tra Luca Lucci, capo della Curva Sud, con il capitano rossonero Davide Calabria.
“Dovremo valutare se ci sono delle criticità e con la collaborazione delle società come risolverle”, ha dichiarato oggi il procuratore Marcello Viola. I prossimi mesi chiariranno gli equilibri interni alla vicenda, mentre si è attivata anche la giustizia sportiva con il procuratore federale Giuseppe Chiné che ha chiesto gli atti alla Procura di Milano con l’intento di verificare eventuali condotte ‘rilevanti’ per l’ordinamento sportivo per Milan e Inter.
(da Open)

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UN RIGATTIERE DI CAPRI HA AVUTO IN SALOTTO UN QUADRO DI PICASSO PER MEZZO SECOLO, SENZA SAPERLO

Ottobre 1st, 2024 Riccardo Fucile

LA TELA “BUSTE DE FEMME DORA MAAR” ERA STATA TROVATA IN CANTINA E PER ANNI NESSUNO HA PRESTATO PARTICOLARMENTE ATTENZIONE AL DIPINTO… ORA, DOPO UNA COMPLESSA PERIZIA GRAFOLOGICA, SI È ARRIVATI A CONCLUSIONE SORPRENDENTE: È UN ORIGINALE

“Quella tela è di Picasso”. Forse – secondo quanto riferisce Il Giorno – è arrivata ad una conclusione clamorosa la lunga e complessa vicenda relativa alla paternità di un quadro, trovato da un rigattiere ignaro del ‘tesoro’ che aveva tra le mani in una villa di Capri, e poi appeso per mezzo secolo nel salotto dell’abitazione della sua famiglia.
Il ‘Buste de Femme Dora Maar’, ora custodito dai figli in un caveau di Milano, secondo una complessa perizia grafologica, sarebbe proprio del genio di Malaga.
“La sottoscrizione dicente Picasso sul fronte del dipinto originale Buste de Femme ritratto di Dora Maar è autografa e riconducibile alla mano del maestro mentre non ve ne è alcuna evidenza che ne dimostri la natura apocrifa” c’è scritto – secondo quanto riferisce il quotidiano – nella perizia consegnata a Luca Gentile Canal Mercante, presidente onorario della Fondazione Arcadia, ricercatore di tesori nascosti che è sceso in campo per dipanare il mistero.
(da agenzie)

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ANCHE A PARIGI, CAPITALE DELL’ALTA CUCINA, TORNANO DI MODA I “BOUILLON”, RISTORANTI CHE PROPONGONO PIATTI TRADIZIONALI A BUON MERCATO

Ottobre 1st, 2024 Riccardo Fucile

I LOCALI SEGUONO UNA FORMULA PRECISA: UN PASTO DEVE COSTARE CIRCA 20 EURO A PERSONA – AD ATTIRARE I CLIENTI, OLTRE AI PREZZI VANTAGGIOSI, LE LOCATION STORICHE E LA CUCINA “ZERO FRONZOLI”, BEN LONTANA DAI PIATTI “INSTAGRAMMABILI” CHE VANNO DI TENDENZA AL GIORNO D’OGGI

Alle ore 11 di domenica mattina, sotto all’insegna rossa con la freccia che indica l’ingresso, in rue du Faubourg a Montmartre, c’è già la coda: sono abitanti del quartiere dei Grands Boulevards che non avevano voglia di cucinare né di spendere una fortuna per un più sofisticato brunch, mescolati ovviamente ai turisti, come ovunque a Parigi.
«Fare la spesa ormai costa così tanto che pranzando a casa non risparmieremmo poi granché — dice Paul Girandine, un impiegato quarantenne con moglie e figlio di 10 anni —. Almeno qui veniamo serviti, ed è un posto famigliare, i camerieri ci conoscono».
Sono centinaia, ogni giorno, a mettersi in coda da Chartier e negli altri «bouillon», i ristoranti che promettono qualità tradizionale a buon prezzo. Quando vi sentite un po’ come dei Marcel Proust squattrinati, Chartier (o uno degli altri bouillon) è il locale che fa per voi.
Qui l’ oeuf mayo (la più tradizionale delle entrée tradizionali) ovvero l’uovo sodo con la maionese costa 2 euro, e anche i piatti principali sono a buon mercato: la tête de veau sauce gribiche (totem della cucina rurale) ne costa 11. Tra i dessert, mousse au chocolat e profiterole «Chartier» sono a meno di 5 euro.
Chartier Grands Boulevards è l’«unico e autentico bouillon parigino», si legge sulle tovaglie di carta, ma ormai è imitato da una trentina di altri bouillon , sempre più alla moda a Parigi e nel resto della Francia: ristoranti che propongono cucina tradizionale francese a prezzi ragionevoli in locali che evocano la Parigi della belle époque .
TRA MENSA E PIROSCAFO
Si viene a mangiare qui per l’atmosfera, a metà tra mensa aziendale e piroscafo per le Americhe, per i camerieri in camicia bianca e gilet nero che cantano joyeux anniversaire a chi festeggia il compleanno, imitati da tutta la sala che applaude, e per una formula chiara: un pasto deve costare circa 20 euro a persona, non di più. Meno di un terzo di quanto si pagherebbe in qualsiasi altro ristorante parigino.
Il locale è aperto tutti i giorni dell’anno dalle 11.30 a mezzanotte, anche a Natale e Ferragosto; le materie prime sono di qualità ma ordinate ai grossisti in quantità gigantesche per ottenere sconti importanti; i clienti vengono serviti con grande rapidità e, di solito, comprendono la situazione e lasciano il preziosissimo tavolo subito dopo il caffè.
MODELLO VINCENTE
A inizio Novecento a Parigi si contavano almeno 200 bouillon , poi è rimasto solo Chartier, adesso sono decine e altri stanno per aprire, a Parigi e in tutta la Francia. Questa è la novità: per molti motivi, dal calo del potere d’acquisto a una forma di ripiego nostalgico sulla cara vecchia coscia di pollo con le patate, nel 2024 il bouillon è una delle tendenze consolidate della Parigi gastronomica.
I più severi bollano il bouillon come un’attrazione alla Disneyland, una vecchia Parigi ricostruita per la nuova classe media cinese e per americani del New Jersey. Ma dal 1896 a oggi Chartier non ha mai smesso di offrire le sue escargots , e l’atmosfera complessiva ha una sua autenticità grazie anche ai tanti habitué del quartiere: «Vengo qui da quando sono bambina, mi ci portavano i miei nonni — dice Marie-Christine, una signora sulla settantina che abita in rue du Conservatoire, a pochi minuti a piedi da qui —. E adesso sono io a portarci i miei nipoti. Parigi si è trasformata, ma certe volte fa piacere vedere che certi posti non sono cambiati».
ALL’ORIGINE, IL BRODO
La parola che dà il nome a questo tipo di ristoranti, bouillon, significa brodo, che secondo il padre della cucina francese moderna Auguste Escoffier «rappresenta la base fondamentale, l’elemento di prima necessità senza il quale niente di serio può essere intrapreso». Era per offrire ai viandanti il bouillon ristoratore che nel Settecento nacquero i primi locali chiamati appunto ristoratori o restaurant.
Nel corso del Novecento la moda dei bouillon era poco a poco scomparsa, soppiantata da quella delle brasserie, le birrerie aperte da alsaziani. Le brasserie offrono gli stessi piatti tradizionali a un livello più ambizioso. [Oggi ci si mette in coda davanti a Chartier o agli altri bouillon rinati, come il Pharamond, o il Julien, o il Racine, non certo per gusto della modernità come a fine Ottocento, ma semmai per nostalgia di un tempo che non si è vissuto. Un’alternativa autoctona ai fast food.
L’ALTA GASTRONOMIA
A Parigi, come in ogni grande metropoli globale, si trova tutto. L’alta gastronomia dei dieci ristoranti con tre stelle Michelin, i ristoranti etnici e le loro mode — dai dim sum alla nuova invasione di ristoranti italiani di livello medio-alto —, ma forse solo a Parigi, la città più di ogni altra associata a eleganza e ricercatezza, c’è questa continua tentazione di giocare con la tradizione popolare.I bouillon sono anche una reazione a qualche altra mania contemporanea: l’ossessione per la presentazione e la
ristoranti tarati sull’estetica Instagram alla Emily in Paris , che ora all’esterno sono spesso semi-sepolti da montagne di fiori finti, altra nuova — e discutibile — tendenza della ristorazione parigina. [
(da Il Corriere della Sera)

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