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IL TERZO ATTENTATO A TRUMP NON E’ MAI ESISTITO, SE LO SONO INVENTATO I REPUBBLICANI

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

IL PRESUNTO ATTENTATORE E’ UN ACCANITO SOSTENITORE DI TRUMP, COSI’ COME LO SCERIFFO CHE HA MONTATO LA STORIA: I SOVRANISTI SPROFONDANO NEL RIDICOLO PER CERCARE DI RACCATTARE DUE VOTI

Vem Miller alla fine è stato arrestato solo per possesso illegale di un’arma da fuoco e ha pagato una cauzione di 5 mila dollari per tornare in libertà. Attualmente non risulta accusato di aver tentato di uccidere Donald Trump, come inizialmente sospettato dallo sceriffo Chad Bianco della Contea di Riverside.
Tale accusa non è formulata nel comunicato stampa del 13 ottobre: «Questo incidente non ha avuto ripercussioni sulla sicurezza dell’ex presidente Trump o dei partecipanti all’evento».
Lo stesso Miller, una volta rilasciato, ha contestato le dichiarazioni dello sceriffo (definendole «bullshit»), negando di aver mai voluto uccidere Donald Trump. Di fatto, entrambi sono dei grandi sostenitori di Donald Trump.
La reazione dei colleghi di Vem
La principale contestatrice delle voci su Vem Miller è la sua collega, Mindy MF Robinson. Entrambi si definiscono “giornalisti indipendenti” e sono gestori del sito Americahappens.com e dell’omonimo canale su Rumble, dove Vem Miller ha recentemente rilasciato un comunicato sull’accaduto.
In un tweet Mindy accusa lo sceriffo di non aver controllato gli account social di Vem Miller, attraverso i quali avrebbe verificato il suo evidente sostegno per Donald Trump: «Here is Vem Miller’s social media account on X…..clearly the Sheriff couldn’t be bothered to spend 1 minute scrolling through to see he was a Trump supporter and independent reporter».
Il vero Vem Miller
Come riscontrato dalla giornalista Jacqueline Sweet, il suo vero nome è Vem Yenovkian, cambiato legalmente nel 2022 secondo quanto riportato nei documenti della Corte del Nevada. Prima, nel 2020, il suo nome era legato al caso giudiziario sull’affidamento dei figli contro l’ex moglie Gulian, conclusa con un risarcimento di 150.000 dollari nei confronti della donna per anni di cyberbullismo nei suoi confronti da parte di Vem (attraverso 20 siti web e diversi video).
Dagli account social di Vem Miller, risulta evidente un sostegno a favore di Donald Trump e contro Kamala Harris. Il 7 ottobre pubblica un meme dove un uomo fa scendere la moglie dall’auto perché non apprezza Donald Trump, facendo salire quest’ultimo al suo posto.
Non risulta sostenere solo Donald Trump. Scorrendo i post troviamo la foto con Steve Bannon e con lo “sciamano QAnon” Jake Angeli.
Infine, in un post del 14 luglio, Vem Miller pubblica la foto simbolo dell’attentato in Pennsylvania annunciando di voler lottare senza sosta per i prossimi 4 anni, con tutto quello che ha, per aiutare gli Stati Uniti e Donald Trump.
Lo sceriffo pro-Trump
Una curiosità riguarda il sostegno a Donald Trump e l’attenzione per gli attentati contro il candidato repubblicano. In un post Instagram del 14 luglio, Bianco condivide la foto simbolo del primo episodio in Pennsylvania, accusando la “sinistra” (politici e media) su quanto accaduto. Il post si conclude con il motto trumpiano «Make America Great Again»:
I’ll be as blunt as possible. The socialist left from bottom to top needs to be voted out of office at every election. The lies, propaganda, and speech inciting riotous behavior from our left politicians including the media who is truly complicit, has caused this to happen. I don’t care if you don’t like him as a person, President Trump is the only person standing between a free America and socialism. They know it, and this is the result. This picture says it all. Make America Great Again!
Bianco è in qualche modo legato a Vem Miller. Non solo per il sostegno a Donald Trump, ma per la loro partecipazione alla prima del film “Line in the Sand” di James O’Keefe promosso da Tucker Carlson. Miller pubblica la foto scattata da dentro la sala, la stessa dove si trovavano (dalla parte opposta) lo sceriffo Bianco con sua moglie.
Nessun accenno alla targa falsa
Nel comunicato stampa dello sceriffo non si parla di numerosi passaporto o di una targa falsa:
On Saturday, October 12, 2024, at 4:59 p.m., deputies assigned to former President Donald Trump’s rally in the Coachella Valley contacted the driver of a black SUV at a checkpoint at the intersection of Avenue 52 and Celebration Drive. The male driver, identified as Vem Miller, a 49-year-old resident of Las Vegas, was found to be illegally in possession of a shotgun, a loaded handgun, and a high-capacity magazine. Miller was taken into custody without incident and later booked at the John J. Benoit Detention Center for possession of a loaded firearm and possession of a high-capacity magazine. This incident did not impact the safety of former President Trump or attendees of the event.
L’ipotesi che si trattasse di un attentatore era stata avanzata dallo sceriffo incaricato del caso, Chad Bianco. Pur essendo un sostenitore di Trump, Bianco non ha dichiarato con certezza che Vem Miller fosse un attentatore. Tuttavia, ha lasciato intendere questa possibilità, forse nella speranza di aver compiuto un gesto a favore di Donald Trump.
(da Open)

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PRIMO ATTO ILLEGITTIMO DELL’ITALIA, LA NAVE DELLA MARINA VERSO L’ALBANIA CON 16 PERSONE A BORDO: 10 DEL BANGLADESH E 6 EGIZIANI, DUE PAESI “NON SICURI” SECONDO LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEL 4 OTTOBRE

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

MATTARELLA BASTONA IL GOVERNO: “OBIETTIVI DI SOLIDARIETA’ SONO LA BASE DELLA NOSTRA CARTA”… SE I GIUDICI VENERDI NON CONVALIDERANNO L’OPERAZIONE PREPARATEVI AGLI STARNAZZAMENTI DELLA FOGNA SOVRANISTA

È partita da Lampedusa la nave Libra della Marina Militare diretta verso l’Albania per portare il primo gruppo di migranti nei centri allestiti al di là dell’Adriatico dove saranno sottoposti alle procedure accelerate di frontiera. Un’operazione sbandierata per mesi che a ora conta appena sedici persone a bordo: 10 bangladesi e 6 egiziani.
La Libra, un’imbarcazione da 80 metri che solo di equipaggio può portare tra 60 e 80 unità, viaggia a 20 nodi. Arriverà tra martedì sera e mercoledì a Schengjin.
Sulle persone da trasferire, soccorse in mare, è stato fatto un primo screening a bordo per verificare che abbiano i requisiti previsti dal protocollo inventato dal governo italiano: provenienza da Paesi sicuri, maschi, adulti, non vulnerabili. I migranti sulla nave sarebbero egiziani e bangladesi. È il ministero dell’Interno a curare l’intera operazione il cui avvio, dopo mesi di ritardi, era stato annunciato nei giorni scorsi da Matteo Piantedosi che vorrebbe garantire una “certa continuità” nelle partenze.
Donne, minori, persone torturate, malati sono stati fatti scendere invece a Lampedusa dalle motovedette della Guardia di finanza e da qui verranno immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali.
Il racconto delle operazioni
Chi era in mare ha avvistato la Libra, già in passato usata per operazioni di salvataggio e i cui ufficiali sono finiti sotto processo per il naufragio dei bambini del 2013, in piena attività attorno alle 21 di domenica sera.
A operare sono state diverse motovedette della Guardia di Finanza che più volte hanno raggiunto il pattugliatore italiano, rimasto in attesa a 20 miglia nautiche a Sud-Ovest di Lampedusa, fuori dalle acque territoriali, ma all’interno della Sar italiana, la zona di ricerca e soccorso di competenza di Roma.
Le foto che l’ong Mediterranea è riuscita ad avere da fonti riservate e ha fornito a Repubblica mostrano le attività andare avanti per quasi tutta la notte. Nella prima immagine, scattata con visore notturno, si vede la nave ferma all’ancora non lontano da Lampedusa. La seconda mostra l’inizio delle operazioni.
Attorno alle 21, una prima motovedetta carica di naufraghi ha affiancato il pattugliatore, su cui sono state trasbordate tutte le persone soccorse. Nessuna indossava un giubbotto di salvataggio. I naufraghi sono saliti a bordo percorrendo una stretta passerella, poi sul ponte sarebbe avvenuto lo screening. I fragili sono risaliti a bordo della motovedetta, gli altri tutti diretti in Albania.
Cosa accade in Albania
Una volta che la nave arriverà al porto di Schengjin, nel nord del Paese vicino al confine con il Montenegro, i migranti residui verranno fatti scendere e sottoposti nell’hotspot a un secondo screening di controllo più approfondito. Saranno poi trasferiti a Gjader, un ex sito dell’Aeronautica albanese a una ventina di chilometri verso l’interno, dove si trovano tre strutture consegnate solo il 9 ottobre al ministero dell’Interno italiano per il collaudo: un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti (di cui a oggi sono pronti solo 400, meno della metà), un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.
È qui, in questa mega struttura, che i migranti soggetti alle procedure accelerate di frontiera verranno trattenuti con un provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma che va convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma in attesa che, nel giro di quattro settimane, si decida sulla probabile bocciatura delle loro richieste d’asilo che li costringerebbe al rimpatrio.
Lo scoglio della sentenza europea
Lo scoglio contro cui il protocollo si scontrerà nelle prossime ore è la sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea. Quel che i giudici di Lussemburgo dicono è che un Paese, per essere definito sicuro, non deve ricorrere “alla persecuzione, alla tortura o ad altri trattamenti inumani” in ogni sua zona e per qualsiasi persona.
Ma ben 15 dei 22 Paesi considerati sicuri dalla Farnesina non rispettano questo criterio. Non la Tunisia, non l’Egitto né il Bangladesh dai quali arriva la maggior parte dei richiedenti asilo.
Se i giudici si conformeranno alla sentenza europea — come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo dove sono state appena respinte alcune richieste di convalida per il trattenimento di cittadini tunisini — pochissimi migranti potranno essere chiusi in Albania.
Cosa farà il governo
In questo caso cosa farà il governo italiano? L’ipotesi più probabile, almeno nell’immediato, è che si vada allo contro giuridico. Da giorni i giornali di destra gridano alle “toghe rosse”. E ieri sulla Stampa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato che “ogni resistenza ideologica è destinata ad essere travolta dalla partecipazione all’ordinamento europeo spesso sbandierata proprio da coloro che adesso ci criticano. Sia chiaro – ha detto – che non ci faremo scoraggiare da queste decisioni di alcuni tribunali e contiamo di affermare le nostre ragioni con iniziative tutte interne allo stesso sistema giudiziario, impugnandole e portandole al giudizio delle massime giurisdizioni del nostro Paese”.
Dichiarazioni che secondo il dem Matteo Orfini mostrano “una certa allergia” del ministro “al rispetto delle norme e delle regole, cosa piuttosto inquietante dato il ruolo che ricopre. Il governo italiano se ne faccia una ragione e smetta di attaccare chi semplicemente fa con serietà e rispettando le leggi il proprio lavoro”, cioè i magistrati.
Mattarella: “Obiettivi di solidarietà alla base della nostra Carta”
E proprio nel giorno in cui è partita la piccola grande operazione Albania, è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a tornare sul tema dei migranti, invitato alla Fondazione Ambrosianeum, a Milano. “Oggi gli immigrati non vengono più dal Mezzogiorno d’Italia, ma da più lontano, da Paesi europei come l’Ucraina, aggredita da una invasione insensata, vengono dai Balcani. E da altri continenti, gravati anch’essi da condizioni insostenibili. Lo scopo del Centro orientamento immigrati è offrire strumenti per l’alfabetizzazione degli immigrati, per sostenerli nella ricerca di una casa e di un lavoro”, ha detto il presidente. I volontari dell’associazione Franco Verga, ha evidenziato Mattarella, sono “gli attori di un servizio prezioso e di un grande impegno che tende a inverare gli obiettivi di solidarietà che la nostra Costituzione ha posto alle basi della nostra convivenza e che va costante temente rammentata”.
(da La Repubblica)

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A GESTIRE I CENTRI ITALIANI PER MIGRANTI IN ALBANIA SARA CAMILLO ACETO: NEGLI ULTIMI 20 ANNI COMPARSO NELLE INCHIESTE GIUDIZIARIE CON ACCUSE CHE VANNO DALLA TRUFFA NELLE FORNITURE DI PASTI ALLE MENSE OSPEDALIERE DI BARI ALLE INFILTRAZIONI MAFIOSE NEL CARA DI MINEO FINO ALLA FRODE IN PUBBLICHE FORNITURE

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

SARÀ LA SUA “MEDIHOSPES”, TRAMITE UNA SUCCURSALE DI TIRANA, A GESTIRE I 133 MILIONI DI EURO CHE BALLANO PER L’ACCOGLIENZA NELL’HOTSPOT DI SHENGJIN E NEL CPR DI GJADER: UNA SOCIETA’ REGISTRATA IN ALBANIA CON 10.000 EURO DI CAPITALE SOCIALE

La gallina dalle uova d’oro dei centri per migranti in Albania è finita nelle mani del businessman italiano dell’accoglienza, quel Camillo Aceto il cui nome, negli ultimi vent’anni, è comparso nelle più disparate inchieste della magistratura da un capo all’altro d’Italia e con le accuse più diverse: dalla truffa nelle forniture di pasti alle mense ospedaliere di Bari che lo vide finire agli arresti nel 2003 all’indagine per infiltrazioni mafiose nella gestione del Cara di Mineo in Mafia capitale a svariate indagini per frode in pubbliche forniture da parte delle varie società in cui ha avuto incarichi dirigenziali e che alla fine sono confluite nella Medihospes.
Il colosso dell’accoglienza che gestisce più del 60 per cento di centri migranti in Italia, 3.800 posti letto in 26 strutture, si è aggiudicato il bando milionario per la gestione dei centri che il governo italiano intende aprire in Albania per tenervi, in attesa di rimpatrio, alcune migliaia di migranti provenienti dai cosiddetti paesi sicuri che verranno soccorsi da navi militari italiane in acque internazionali.
Ben 133.789.967,55 milioni di euro la cifra che Medihospes incasserà per gestire l’accoglienza dei migranti nell’hotspot di Shengjin e nel centrio per richiedenti asilo ( con annesso Cpr) che sorgerà nell’area di Gjader.
La prefettura di Roma ha ritenuto l’offerta di Medihospes, con un ribasso del 4,94 per cento sulla base d’asta, più vantaggiosa rispetto a quelle degli altri due concorrenti selezionati tra oltre 30 aziende: il consorzio Hera e Officine sociali. Per due anni, rinnovabili per altri due, Medihospes dovrà provvedere alle esigenze di vitto, alloggio e servizi basici per i migranti che verranno portati in Albania.
Il ruolo di semimonopolio di Medihospes nel mondo dell’accoglienza viene fuori dal report “Centri d’Italia” 2022 fatto da Action Aid e Open Polis sugli ultimi dati forniti dal Viminale: a quella data la cooperativa sociale gestiva 26 strutture in sei regioni: 24 Cas, il Cpa di Udine e l’hotspot di Messina, 3800 posti letto sempre sovraffollati in condizioni spesso oggetto di denunce.
Registrata legalmente come società a responsabilità limitata il 2 luglio scorso, Medihospes Albania è stata fondata da Camillo Giuseppe Aceto, amministratore della Cooperativa sociale Medihospes in Italia, “regina dell’accoglienza” nazionale
Come illustrato nei documenti rilasciati dalla Camera nazionale dei notai albanese, Aceto sarà l’amministratore di Medihopses Albania per un mandato di cinque anni con possibilità di proroga e avrà il compito di supervisionare le operazioni e la direzione strategica della società. La società ha un capitale sociale di partenza di un milione di Lek albanesi, poco più di diecimila euro (10.041,44) e agirà secondo la legislazione albanese.
Medihospes Albania Srl, con sede nel “Condor Center” di Tirana, secondo l’atto costitutivo svolgerà la propria attività commerciale per oltre trent’anni. L’oggetto sociale dell’azienda spazia lungo una gamma diversificata di servizi e attività -circa cinquanta in totale- simili a quelli forniti dalla Medihospes in Italia: assistenza medica, servizio di accoglienza e attività ricreative per anziani, persone con disabilità, sopravvissuti alla tratta di esseri umani, alla violenza domestica e altri soggetti vulnerabili.
Medihospes Albania potrà partecipare a gare e appalti pubblici indetti da enti pubblici o privati in Albania per fornire servizi. Tra le attività previste, la società può offrire strutture di accoglienza e alloggio per i lavoratori migranti (stagionali e non). Questo servizio ha un notevole potenziale commerciale, soprattutto se si considerano i piani del governo albanese di reclutare migliaia di lavoratori filippini e altri lavoratori migranti per il turismo e l’industria manifatturiera, per colmare la carenza di manodopera che il Paese sta attualmente affrontando.
Il 3 luglio Medihospes ha nominato come rappresentante della società Klement Mersini, contabile e attuale direttore del dipartimento finanziario di SIGAL Uniqa Group Austria, un gruppo assicurativo regionale. Secondo i documenti, Mersini è stato autorizzato ad agire per conto della società e a rappresentarla presso il National business center in Albania per il processo di registrazione dell’ente e altre procedure.
Secondo i documenti della Camera di commercio albanese depositati il 12 luglio 2024, infine, solo il nome di Camillo Giuseppe Aceto (come detto al vertice del Cda della Cooperativa Medihospes) è citato come rappresentante della società. Gli azionisti che detengono più del 25% del capitale non sono stati identificati.
(da La Repubblica e Altra Economia)

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MELONI SOTTO ATTACCO PER LA PAGLIACCIATA DEI CENTRI IN ALBANIA: LE ACCUSE DI SEA WATCH, DI CALENDA, SCHLEIN E AVS

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

SPUTTANATI CENTINAIA DI MILIONI DEGLI ITALIANI… LA RISPOSTA ESILARANTE DELLA MELONI: “I CENTRI SONO STATI FATTI SU MANDATO DEI CITTADINI” (MA QUALI? MA QUANDO?)

Dopo diversi rinvii è quasi tutto pronto in Albania. Questa settimana, salvo nuove proroghe, dovrebbero essere aperti i centri in cui saranno trasferiti i migranti in attesa di rimpatrio.
Nella struttura di accoglienza di Gjader verranno portati i primi migranti “ma tutto è legato a quanto avviene nel Mediterraneo, tutto dipende dall’attività dei trafficanti”, ha chiarito il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
In attesa dell’apertura dei due centri, a Gjader e Schengjin, su X si è consumato uno scontro tra l’ong tedesca Sea Watch e la presidente del Consiglio. “Il Governo Meloni degli autopronunciati patrioti spende centinaia di milioni di euro dei contribuenti per deportare e incarcerare qualche migliaia di migranti in Albania”, si legge nel tweet pubblicato dall’organizzazione non governativa. “Forse le tasse degli italiani possono essere spese meglio, per accogliere e includere, anziché respingere”, scrivono ancora.
L’attacco dell’ong non è piaciuto a Giorgia Meloni, che ha deciso di intervenire in prima persona, rispondendo al post dal suo account ufficiale. “Che scandalo! Un governo che – con un mandato chiaro ricevuto dai cittadini – lavora per difendere i confini italiani e fermare la tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete e accordi internazionali”, ha scritto la premier.
“Con con 800 milioni complessivi che avremmo potuto mettere sulla sanità”, ha commentato la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. “Siamo contro questa violazione dei diritti fondamentali di chi chiede asilo, che è anche un enorme spreco di soldi dei contribuenti italiani”, ha aggiunto la dem.
Anche Carlo Calenda ha espresso le sue perplessità. “È una buona distribuzione delle risorse pubbliche: sono 30 mila euro a migrante se gliene diamo un decimo, se ne vanno per conto loro. Sono molto rigido sull’ingresso di migranti, ho sempre pensato che quelli che fanno un ingresso illegale debbano essere respinti. E tuttavia c’è proprio una questione di questo tipo: è un provvedimento immagine, questi 500 migranti sui 120 mila che arrivano non li teniamo in Italia, però ci costano 30 mila euro a testa. Di fatto, per fare una comparazione, costano più di un operaio specializzato alla Fiat. Allocazione delle risorse direi brillante, però io sono un comune mortale: a palazzo Chigi c’è Wonder woman, Piantedosi non so come collocarlo ma è un altro dei Marvel”, ha commentato sarcastico.
Da Alleanza Verdi-Sinistra invece, chiedono trasparenza dopo che l’inchiesta di Domani ha acceso un faro sui presunti appalti per la realizzazione dei centri, che sarebbero stati assegnati senza gara per un valore di circa sessanta milioni di euro. “È urgente che il governo renda pubblici gli elenchi delle società albanesi e non, che hanno beneficiato degli affidamenti diretti per un totale di 60 milioni di euro, e di conoscere le ditte che hanno lavorato in subappalto per queste affidatarie”, ha dichiarato il leader di Europa Verde Angelo Bonelli. “Chiedo di sapere chi sono gli operai che hanno lavorato alla realizzazione dei centri per migranti e con quali contratti sono stati assunti. Chi ha controllato le procedure di assunzione e verificato che non vi fossero condizionamenti legati ai clan?”, ha chiesto. “Vogliamo sapere chi sono queste società e capire se ci sono condizionamenti da parte della politica albanese, per fugare ogni dubbio. I nostri organi di controllo, a partire dal Parlamento e dalla Commissione parlamentare antimafia, devono svolgere gli opportuni controlli e rendere pubblici i documenti”, ha concluso.
(da agenzie)

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PUO’ ESSERE DEPORTATO IN ALBANIA SOLO CHI PROVIENE DA PAESI CONSIDERATI “SICURI”. MA LA LISTA DELL’ITALIA È PIU’ AMPIA DI QUELLA DELL’UE. QUINDI IN MOLTI NON POTRANNO RIMANERE NELLE STRUTTURE ALBANESI

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

GLI “OSPITI” AVRANNO SOLO 4 SETTIMANE PER CHIEDERE E OTTENERE L’ASILO, CON COMPLICATE PROCEDURE IN VIDEOCOLLEGAMENTO… IL PROBLEMA DEI COSTI SOTTOSTIMATI… UNA SQUALLIDA PROPAGANDA SOVRANISTA CHE SARA’ SMANTELLATA DALLA MAGISTRATURA

Mare calmo, visibilità ottima. «Niente, ancora niente», dice il direttore del porto Sender Marashi. [.Fra questi pescherecci che tornano carichi di sgombri e sardine, uno dei prossimi giorni attraccherà una nave della Marina Militare italiana. Porterà il primo carico di migranti della missione Albania. Una missione piena di incognite e di problemi.§Roulette mediterranea
È una questione di fortuna. Si capisce bene. Ogni singola persona che tenterà l’attraversata per arrivare in Europa avrà quattro possibili livelli di rischio e di sventura. Scampata la morte per annegamento, potrebbe essere portata indietro dalla Guardia Costiera libica finanziata dal governo italiano: altre torture, altre violenze, altri soldi da pagare. Il terzo livello di rischio è incontrare una motovedetta italiana.
Perché da lì è probabile il trasbordo sulla nave hub della Marina, quindi una lenta navigazione verso l’Albania. Che non è ancora Europa, anche se sogna di farne parte. Per questo essere salvati da una nave Ong diventerà presto, per distacco, la migliore delle possibilità.
Paesi sicuri
Possono essere deportati in Albania solo uomini adulti provenienti da Paesi considerati «sicuri». Ma l’Italia considera sicuri anche Egitto, Tunisia e Bangladesh. Mentre una sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia dell’Unione europea fissa altri parametri. Perché un Paese possa essere considerato sicuro, deve esserlo in qualsiasi parte e per qualsiasi cittadino. Come si comporteranno i giudici che dovranno decidere sui singoli casi?
Un destino in pochi giorni
La procedura accelerata per chiedere il diritto d’asilo dovrà durare al massimo 28 giorni. Servono interpreti preparati. Servono informazioni precise che mettano le persone nelle condizioni di esercitare un diritto. Serve sapere chiaramente – per esempio – che in caso di diniego della commissione, il tempo per presentare ricorso è stato appena ridotto a 7 giorni. Fare tutto questo in Albania, in video collegamento, secondo molti giuristi discrimina fra migranti e migranti, il che è anticostituzionale. Di sicuro un migrante in Albania sarà molto più solo. Più indifeso.
Avvocato d’ufficio o di fiducia Per esempio: vallo a trovare un avvocato di fiducia, stando dentro le gabbie del centro di detenzione di Gjadër. Devi difenderti in lingua italiana, in un Paese che parla albanese, mentre tu ne parli un’altra ancora. Da queste gabbie il diritto alla difesa appare fortemente indebolito.
Un piccolissimo Stato italiano in terra d’Albania
Lo dicono gli agenti di guardia: «Oltre il cancello cambia nazione». Lo dice il premier albanese Edi Rama: «Quei centri non ci riguardano». Non si capisce quindi cosa succederà in caso di rivolte, di incendio, di tentatitivi di fuga. O, più semplicemente, se una persona dentro si sentirà male e avrà bisogno di cure urgenti dall’altra nazione. Oltre le gabbie.
Prigionieri di fatto
«L’accordo con l’Italia prevede che nessun migrante uscirà mai da lì», dice sempre il premier albanese Edi Rama. Ma l’Italia non può costringere all’infinito un migrante dentro a quelle gabbie. Si prevedono molti viaggi di ritorno: Adriatico coast to coast.
Il conto salato
Per costruire l’hotspot al porto di Shëngjin e il centro di trattenimento di Gjadër, il governo Meloni ha già stanziato 65 milioni di euro. Il costo di gestione previsto è di 120 milioni all’anno. Ma è un costo ipotetico. Sottostimato. Perché nessuno sa quanti trasbordi – effettivamente – verranno fatti.
Quanti poliziotti saranno impiegati in trasferta, quanti costi vivi e variabili dovranno essere sostenuti. Il miraggio delle espulsioni Nella prima metà del 2024 in Italia sono stati firmati 13.330 ordini di rimpatrio. Le espulsioni eseguite 2.242.
Ma allora perché?
Per rimpatriare direttamente dall’Albania alcune nazionalità, pochissime. Quasi soltanto migranti tunisini, grazie all’accordo fra governi. Questo sembra l’obiettivo. Serve una foto simbolica. «Siamo nel propagandistico» dicono gli studiosi del fenomeno migratorio. Ma mentre il governo cerca la foto, il rischio è creare una zona franca. Sarà difficile testimoniare quello che accadrà lì dentro. I centri in Albania nascono per essere “un altrove”. Un posto senza testimoni.
(da La Stampa)

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IL COSTITUZIONALISTA MASSIMO VILLONE INFILZA LA DUCETTA PER IL TENTATO BLITZ PER ELEGGERE FRANCESCO SAVERIO MARINI ALLA CONSULTA: “È STATO UNA REAZIONE SCOMPOSTA AL SUCCESSO DELLA RACCOLTA DI FIRME CONTRO L’AUTONOMIA. A DESTRA CRESCE LA PREOCCUPAZIONE PER LE DUE DECISIONI CHE LA CONSULTA DOVRÀ ASSUMERE SULLA LEGGE CALDEROLI”

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

“LA CONSULTA ANDREBBE TENUTA FUORI DALLA MISCHIA POLITICA MA LA MELONI HA DETTO CHE VUOLE RIVOLTARE IL PAESE COME UN CALZINO”

Massimo Villone, giurista, membro del comitato che ha promosso il referendum contro l’Autonomia differenziata, cosa ci dice il blitz fallito sulla Consulta?
«A destra cresce la preoccupazione per le due decisioni che la Corte costituzionale dovrà assumere a breve sull’autonomia differenziata».
E perciò vuole piazzare il suo consigliere giuridico, Francesco Saverio Marini, alla Corte?
«Sì, dentro una strategia di riduzione del danno. Il tentato blitz è stato una reazione scomposta al successo della raccolta di firme contro la legge Calderoli».
Quanti hanno firmato?
«Un milione e trecentomila cittadini. Nessuno se l’aspettava».
Quali sono le due decisioni di cui parlava prima?
«Il 12 novembre la Corte esaminerà i ricorsi delle Regioni Puglia, Campania, Toscana, Sardegna che mettono in discussione la costituzionalità della riforma voluta dalla Lega. Io li ho letti: sono ben fatti, solidi».
E la seconda?
«A gennaio la Corte dovrà vagliare l’ammissibilità del quesito referendario abrogativo della riforma. Se l’accoglierà si andrà al voto».
Quindi serve una Corte non ostile al governo?
«Meloni l’ha detto chiaro e tondo che vuole rivoltare il Paese come un calzino. L’autonomia differenziata e il premierato sono le innovazioni fondanti della Costituzione della destra».
Giuliano Amato a Repubblica ha detto che non si può lottizzare la Corte come se fosse la Rai.
«La Corte andrebbe tenuta fuori dalla mischia politica. Di recente ho proposto di rendere pubbliche le decisioni consenzienti o dissenzienti dei giudici. Sarebbe un fatto di trasparenza, tanto gli addetti ai lavori le conoscono lo stesso».
Come spiega l’irritazione della premier per il mancato blitz?
«Lei aveva avuto qualche assicurazione sul soccorso di parte dell’opposizione per i voti mancanti. Questa sponda è venuta meno, e si è trovata con le carte scoperte».
La diffusione della notizia della convocazione dei soli parlamentari di maggioranza ha sventato il piano?
«È evidente. Mancavano dei voti e bisognava acquisirli. Sono sicuro che ci riproverà».
A dicembre bisogna eleggere quattro giudici.
«E la Corte si ritroverà con undici membri. Se uno solo ha l’influenza si mette a rischio il funzionamento».
Cosa farà Meloni?
«Penso che proverà a eleggerne almeno uno».
Sempre a maggioranza?
«Questo lo vedremo, ma la sua esigenza vitale è di avere qualcuno che la garantisca».
Ma non ha i numeri per farlo. Non dovrà scendere a patti con l’opposizione?
«O se ne convincerà o saremo al mercato del pesce».
Marini è incompatibile visto che ha scritto il premierato?
«Tecnicamente non lo è, ma io al suo posto non avrei accettato».
(da agenzie)

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AL VIA IL PROCESSO PER APPROPRIAZIONE INDEBITA DEI FONDI UE NEI CONFRONTI DI MARINE LE PEN PER AVER IMPIEGATO ASSISTENTI PARLAMENTARI DEL RASSEMBLEMENT NATIONAL IN MANIERA FITTIZIA

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

LA DUCIONA DI FRANCIA È TERRORIZZATA DAL PROCESSO: LA CONDANNA CANCELLEREBBE IL SOGNO DI CONQUISTA DELL’ELISEO… PER SALVARSI DALL’IRA DEI GIUDICI ORA PENSA DI MOLLARE I “PATRIOTI” DEL POPULISMO SOVRANISTA E NON SI E’ FATTA VEDERE A PONTIDA

È cominciato questo pomeriggio a Parigi l’interrogatorio in tribunale di Marine Le Pen per la vicenda dei falsi assistenti di parlamentari europei del partito di estrema destra da lei presieduto, il Rassemblement National (Rn), ex Front National (Fn).
Dopo un primo scambio cordiale di domande e risposte, l’atmosfera è diventata più formale quando i magistrati hanno posto a Le Pen domande più stringenti. “Non ho assolutamente la sensazione di aver commesso la benché minima irregolarità – ha risposto – la minima azione illegale”.
Le Pen ha negato in modo deciso le accuse di aver impiegato assistenti parlamentari di RN in modo fittizio, parlando di un sistema esistente di “pool” nella sua organizzazione: “Non ha senso avere qualcuno che fa la stessa cosa di quello che gli lavora accanto – ha affermato – c’è dunque una circolazione degli assistenti parlamentari ai quali si possono domandare delle cose, dei pareri, degli appunti”.
Sono 25 i sospettati di aver organizzato o di aver partecipato ad un “sistema centralizzato” di gestione delle “buste” – alle quali i deputati europei hanno diritto per remunerare i loro assistenti parlamentari – con lo scopo di pagare dei dipendenti che lavoravano, in realtà, per il partito.
(da agenzie)

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ALTRA MATTINATA DA INCUBO PER CHI VIAGGIA IN TRENO: FORTI RITARDI SULLA LINEA TORINO-ROMA, ALTRO CAOS DOPO LO SCIOPERO DI 24 ORE CHE HA PARALIZZATO IL TRASPORTO FERROVIARIO TRA SABATO E DOMENICA E I DISAGI DELLE SCORSE SETTIMANE

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

E IL MINISTRO SALVINI COSA FA? È IN GIRO PER CONVEGNI A PARLARE DI “GRANDI OPERE” E DI TENUTA DEL GOVERNO

Ennesima mattinata nera per i viaggiatori, dopo lo sciopero nazionale di ieri: i treni sono in tilt da questa mattina all’alba su molte linee di collegamento ferroviario e stanno costringendo a lunghe attese per i ritardi che si accumulano minuto dopo minuto.
Sessantaquattro, per l’esattezza, quelli annunciati per il treno Italo delle 05:14 che da Napoli va a Torino e 60 sul Frecciarossa Torino Porta Nuova/Salerno delle 6; 76 per il Frecciarossa Milano/Torino Porta Nuova e 130 sull’Eurocity 32 diretto da Milano Centrale a Domodossola.
Un guasto agli impianti di circolazione alla stazione di Milano Certosa (le cui cause sono in corso di aggiornamento) ha bloccato la linea S5 di Trenord che collega Varese a Treviglio attraverso il Passante ferroviario milanese compromettendo infatti la circolazione dei treni nel nodo di Milano e nell’Ovest della Lombardia. L’incidente si è verificato alle 6.40 e si è prolungato per oltre tre ore. Alle 9,40, dopo l’intervento dei tecnici di RFI, la circolazione è stata ripristinata, ma i rallentamenti si protrarranno almeno per l’intera mattinata.
Il perdurare del guasto ha impedito a Trenord di garantire i collegamenti regionali da/per Domodossola, Varese/Porto Ceresio, Luino e le linee suburbane S5 Varese-Milano Passante-Treviglio e S6 Novara-Milano Passante-Pioltello. I ritardi sulle linee interessate sono progressivamente aumentati nel corso della prima mattinata, fino a raggiungere i 90 minuti. Compromesse anche uscite ed entrate dei convogli nel deposito di Milano Fiorenza
Cancellazioni e i ritardi fino a 170 minuti si sono registrati anche sulla linea Milano-Malpensa e sulla Novara-Saronno-Milano
E Salvini che fa?
”Ritengo che l’Italia possa essere appetibile per investimenti italiani e stranieri nei prossimi anni, perché questo è un governo che ha tutta l’intenzione – a Dio piacendo – di rimanere in carica fino al 2027”.
Lo ha detto il vicepremier Matteo Salvini stamane a un convegno a Milano, in cui ha spiegato che ”avere per 5 anni gli stessi ministri che seguono gli stessi progetti è un valore aggiunto”.
(da agenzie)

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L’INFERNO DI FUOCO DI DEIR AL-BALAH E LA VOCE DI MOHAMMED: “HO VISTO UN UOMO BRUCIARE LENTAMENTE”. L’ENNESIMO CRIMINE DI ISRAELE

Ottobre 14th, 2024 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DI UNA STUDENTESSA DI GAZA: LE URLA, I CORPI BRUCIATI E QUELLA SOFFERENZA CHE TI LACERA DENTRO

In questa terra piena di dolore, nel cuore di Deir al-Balah, dove la sofferenza sembra non avere mai fine, Gaza si è svegliata in un nuovo incubo. Non passa giorno senza che questa città affoghi in un mare di sangue e distruzione, e oggi non è stato diverso. È stato più terrificante – è stata l’alba di un inferno.
All’Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa, in un cortile dove si riunivano coloro che non avevano più una casa, è accaduto qualcosa che va oltre l’immaginazione. Le tende delle famiglie sfollate sono state divorate dalle fiamme dopo essere state colpite dai bombardamenti militari israeliani. L’incendio ha distrutto tutto, senza pietà.
Ero sveglia, osservavo la notte interminabile dispiegarsi. Il suono delle esplosioni mi ha letteralmente assordato, il terreno sotto di me tremava ad ogni detonazione. Il cielo sopra Deir al-Balah si è illuminato con fiamme fitte, e da lontano si sentivano urla lancinanti. Sono grida a cui sono abituata e che lentamente incidono una ferita profonda nel cuore che non guarirà mai. Un’esplosione dopo l’altra, e il fuoco si è diffuso con una velocità pazzesca, consumando più di trenta tende, divorando corpi, divorando l’aria, lasciandosi dietro solo ceneri e urla.
Soccorsi impossibili
L’incendio era incontrollabile. Le squadre di difesa civile non riuscivano a raggiungere la scena; le strade erano bloccate, e le risorse erano quasi inesistenti. Non c’era acqua, nessun attrezzatura per spegnere le fiamme. Ma la gente non si è arresa. Gli sfollati hanno cercato con tutte le loro forze di spegnere l’incendio con le coperte destinate a scaldarli nelle amare notti invernali, in una ennesima ironia macabra. Ha vinto il fuoco: sono bruciate coperte e corpi ed è rimasto solo il fumo e l’inascoltabile suono dell’agonia.
La settima volta
Non è la prima volta che l’esercito israeliano prende di mira questa zona; è la settima. Come se fossero determinati a cancellare ogni traccia di vita qui. Sapevano che questo posto ospitava persone sfollate, coloro che fuggivano dalla morte. Sapevano che i giornalisti si riunivano qui in gran numero per coprire i massacri. Per la prima volta, ho visto giornalisti piangere come bambini, piangere con un dolore indescrivibile, piangere su una scena troppo travolgente da comprendere.
Fino ad ora, il numero dei morti è arrivato a quattro, ma i numeri non importano più. Ogni minuto che passa significa anime perse. Il numero di feriti ha superato quaranta. Tra i morti ci sono bambini e donne: i loro corpi si sono sciolti nel fuoco come candele. Sono stati ridotti a niente, a semplici resti che non assomigliano più ai loro volti o ai loro sogni. I corpi sono scomparsi, i morti non hanno più corpi, e alcuni sono ancora dispersi. Il fuoco non ha lasciato nulla dietro di sé, nemmeno l’ospedale stesso, che ha subito danni estesi.
Mohammed: “Abbiamo visto un uomo bruciare lentamente”
Ho chiamato il mio amico Mohammed, che vive vicino all’Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa. La sua voce tremava, come se piangesse senza emettere suoni. Mi ha detto con voce rotta: “Ero lì. Abbiamo provato a spegnere il fuoco, ma non abbiamo potuto fare nulla. C’era un uomo, che alzava le mani, gridando aiuto, ma nessuno poteva raggiungerlo. Abbiamo guardato mentre bruciava lentamente, il fuoco che lo consumava mentre noi eravamo impotenti”. Le sue parole erano piene di dolore, e mi sentivo impotente. Non avevo niente da dire. Come consoli qualcuno che ha assistito a questo incubo? Come descrivi questo dolore? Siamo rimasti in silenzio per molto tempo, fino a quando la chiamata è finita.
Ciò che ha reso questa notte ancora peggiore è che non è stata l’unica tragedia. A Nuseirat, un’altra strage ha avuto luogo. La Scuola Al-Mufti è stata colpita da bombardamenti brutali, che hanno causato 22 morti, tra cui 15 bambini e una donna. Più di 80 sono rimasti feriti, alcuni tra la vita e la morte, e i numeri continuano a salire.
Questa notte è stata piena di sangue e distruzione—62 morti in poche ore, 200 feriti, come se Gaza fosse intrappolata in un loop infinito di tormento continuo.Dal momento dell’inizio di questa guerra il 7 ottobre fino ad ora, il numero di morti è arrivato a 42.289, e quasi 100.000 sono rimasti feriti. Questi numeri non sono solo statistiche—sono vite, storie, famiglie che hanno perso tutto.
E il mondo guarda altrove
Dall’alba, ho seguito le notizie, cambiando canali, e sento un profondo senso di imbarazzo. Come possono i media trattare un evento del genere con così tanta freddezza? Alcuni canali menzionano questo incidente orribile in una sola frase, niente di più: “Un incendio è scoppiato nelle tende delle persone sfollate all’Ospedale dei Martiri di Al-Aqsa nel centro di Gaza”. E basta. Come se fosse un incidente passeggero, qualcosa di banale. Come può tutto questo dolore essere ridotto a una sola riga? Dov’è l’umanità nella copertura mediatica?
Questo non è solo un incendio. Questo non sono solo fiamme che consumano le tende. Questa è una strage, un genocidio sistematico contro civili innocenti, un altro crimine aggiunto alla lunga lista di crimini commessi da Israele contro il nostro popolo. Come può il mondo rimanere in silenzio? Come possono queste anime, che bruciano giorno dopo giorno, essere dimenticate?
(da La Repubblica)

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