Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
IL RE E’ MORTO, LE CORTIGIANE MERITANO L’AMNISTIA
Finirà che proveremo tenerezza per le Olgettine (categoria generica, ma utile a capire di che cosa
stiamo parlando). L’archiviazione della vita terrena di Silvio Berlusconi non è valsa a sollevare queste ragazze dalle loro tribolazioni giudiziarie.
La Cassazione ha riaperto non so quale processo della serie Ruby — si è perso il conto. Dovranno dunque ripresentarsi ai giudici, qualcuna già quasi attempata, qualcuna madre di famiglia, e c’è, tra loro, chi fa presente che, francamente, non se lo aspettava. A Papi morto, speravano tutte nella classica “pietra sopra”. Così non è.
Non fu uno spaccato d’Italia edificante: ricordiamo genitori che aizzavano la figlia a non fare troppo la schizzinosa, e farsi rispettare a corte; procacciatori che organizzavano torpedoni di femmine giovani; e rivendicazioni orgogliose di bellezza, che non è mai una colpa, e lacrime di pentimento, e una quasi-moralità che portava all’imbarazzo e a dire: “Sì, ci sono andata anche io, però non ho fatto niente”.
Figlie del popolo, aspiranti famose, desideranti denaro e visibilità negli anni in cui solo denaro e visibilità sembravano dare senso alla vita.
Ce lo siamo già dimenticato? Con Berlusconi denaro e visibilità andarono al potere senza più remore, e quasi senza opposizione.
Poi quelle ragazze furono gravate dallo stigma di “quella che è andata a fare il Bunga Bunga”, e tutti sghignazzarono sul loro conto, perché, come dice il poeta, “la gente dà buoni consigli quando non può dare il cattivo esempio”. Propongo l’amnistia. Il Re è morto, le cortigiane vengano sciolte da ogni vincolo.
(da repubblica.it)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
IL CASO DEL CALCIATORE DEL PADOVA CONDANNATO PER STUPRO
Il centravanti del Padova Michael Liguori, condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi per stupro, lo scorso week-end era regolarmente in campo.
Il suo club ha deciso di aspettare la sentenza definitiva, contando sul pieno appoggio del tifo organizzato maschile e sulla neutralità di quello femminile, una cui rappresentante ha dichiarato: «Non lo sosteniamo né lo demonizziamo». Inevitabile chiedersi: ma questi ammirevoli scrupoli costituzionali sarebbero stati espressi anche se Liguori fosse stato il centravanti di una squadra avversaria? Perché l’impressione è che non vada proprio così. E mica solo nel calcio.
Di qualunque argomento si parli, dai presunti abusi sui bimbi di Bibbiano ai morti purtroppo non presunti in Palestina e Ucraina, i giudizi variano a seconda dei pregiudizi di chi li esprime
Un altro sindaco, quello di Livorno, ha chiamato questo fenomeno «tornacontismo». Come se i fatti esistessero solo per portare legna al fuoco dei nostri interessi o per confermare una nostra immutabile visione del mondo.
La stessa scena cambia in base alla curva da cui la si osserva. Forse spostandosi al centro si vedrebbe tutti un po’ meglio, ma nei periodi di crisi le uniche a riempirsi sono le curve. E mica solo nel calcio.
(da corriere.it)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
CIRCA 72 TRILIONI DI DOLLARI SARANNO TRASMESSI DAI PADRI AI FIGLI ENTRO IL 2045… SECONDO GLI ANALISTI LA NUOVA GENERAZIONE È TROPPO GIOVANE E POCO QUALIFICATA
Non solo Succession. La vita è molto simile a una fiction, soprattutto se ad essere protagonisti
sono i super ricchi. Attualmente è infatti in corso il più grande trasferimento di “ricchezza intergenerazionale” della storia, con una stima di 84 mila miliardi di dollari che dovrebbero transitare dai padri ai figli nei prossimi due decenni. E c’è poco da stare tranquilli in questo passaggio di mano
A quanto riferisce un articolo dell’Observer per le famiglie super danarose, quelle per intenderci con un patrimonio netto ultra-elevato, la prospettiva di trasmettere la cassaforte di famiglia agli eredi può essere un grandissimo rischio e pochissimo una opportunità. Di più.
Circa il 54% dei family office è preoccupato di cedere il controllo a una generazione tanto giovane quanto poco qualificata. A rivelare questa tetra visione del futuro, da parte dei Paperoni dai capelli grigi, è una ricerca della Royal Bank of Canada con Camden Wealt
Timori ingiustificati? Non proprio. La ricerca, che ha coinvolto circa 360 family office al servizio di famiglie con una ricchezza totale media di 1,5 miliardi di dollari, ha rilevato una realtà piena di incertezze: solo il 53% degli intervistati ha un piano di successione già ben organizzato. Ampio spazio alle faide familiari dunque, gli sceneggiatori di Netflix sono avvistati.
Ma di fatto c’è poco tempo da perdere. Le famiglie benestanti dovranno sbrigarsi, poiché circa 72 trilioni di dollari saranno trasmessi agli eredi entro il 2045 (dati Cerulli Associates) mentre altri 11,9 mila miliardi di dollari dovrebbero essere donati in beneficenza. Circa il 60% dei family office prevede che questa transizione avrà luogo nei prossimi dieci anni, in netta contrapposizione con il solo 20% dei family office che ha visto cambiamenti ai vertici nell’ultimo decennio.
Un altro ostacolo alla successione citato dai family office è l’età della prossima generazione: il 42% che afferma che i propri eredi sono troppo giovani per pianificare ruoli futuri. Nel tentativo di relazionarsi, e di parlare lo stesso linguaggio con i clienti della prossima generazione, le realtà finanziarie stanno ringiovanendo i propri team.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
TRA QUESTI 550 CASI ACCERTATI CHE HANNO AVUTO UN ESITO MORTALE,,, GRAZIE AI CONTROLLI EFFETTUATI DAGLI ISPETTORI INAIL SONO STATI REGOLARIZZATI 44.009 LAVORATORI, DI CUI 1.708 IN NERO – LE AZIENDE IRREGOLARI SONO RISULTATE ESSERE 8.191, PARI AL 93,73% DI QUELLE ISPEZIONATE
Gli infortuni sul lavoro denunciati nel 2023 all’Inail sono stati oltre 590mila (-16,1% rispetto ai circa 704mila del 2022), di cui 1.147 con esito mortale (-9,5% rispetto ai 1.268 del 2022). Lo indica la relazione annuale dell’Istituto. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono provvisoriamente 375.578 (pari al 64% delle denunce), di cui il 18,1% avvenuto “fuori dall’azienda”, cioè “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto” o “in itinere”, ovvero nel tragitto casa-lavoro.
Gli infortuni mortali accertati sul lavoro sono, al momento, 550 (il 48% delle denunce), di cui oltre la metà (52,2%) “fuori dall’azienda”. Le denunce di malattie professionali sono state oltre 72mila, in aumento del 19,8% rispetto al 2022.
A influenzare il calo degli infortuni in complesso nel 2023 è stata la pandemia, ancora molto presente nel 2022 in termini di contagi professionali denunciati. La riduzione reale, al netto dell’effetto Covid, si attesta al -0,6%. Rispetto al 2019, anno che ha preceduto la pandemia, la riduzione, sempre al netto dei contagi, è di circa il 9%. Per i casi mortali, a differenza del biennio 2020-2021, l’emergenza sanitaria non ha avuto invece l’impatto rilevante osservato per le denunce in complesso.
Tra i settori, il più elevato numero di decessi in occasione di lavoro si registra nelle Costruzioni (176 casi, in linea con i 175 del 2022), nel Trasporto e magazzinaggio (125, -17 decessi) e nel comparto manifatturiero (111, -11). Oltre un terzo degli infortuni in complesso e un decesso su 12 riguardano le donne. Quanto all’età, metà delle denunce di infortunio si concentra nella fascia 40-64 anni, mentre per i decessi la fascia più colpita è quella tra i 50 e i 64 anni.
Quasi otto infortuni su 10 riguardano i lavoratori italiani (in calo del 18,9% sull’anno precedente), il 17% gli extracomunitari (-0,2%) e il 4% i comunitari (-13,7%). Sempre circa otto su 10 sono i decessi denunciati per lavoratori italiani (-9,1% sul 2022), il 15% per quelli extracomunitari (-8,2%) e il 4% per i comunitari (-20,3%). A livello territoriale, la diminuzione del 9,5% delle morti sul lavoro rispetto al 2022 è la sintesi dei cali registrati al Centro (-18,7%), Nord-Ovest (-13,6%), Nord-Est (-11,3%) e Isole (-9,3%) e dell’aumento rilevato al Sud (+6,3%).
INAIL, OLTRE 8MILA AZIENDE E 44MILA LAVORATORI IRREGOLARI
Nel 2023 grazie ai controlli effettuati dagli ispettori Inail sono stati regolarizzati 44.009 lavoratori, di cui 1.708 in nero, e sono stati accertati e richiesti premi per oltre 91,1 milioni di euro. E’ quanto indica la relazione annuale dell’Istituto, in cui si spiega che gli ispettori hanno definito 8.739 pratiche per accertamenti presso le aziende avviati nel 2023 e in anni precedenti.
Le aziende irregolari sono risultate essere 8.191, pari al 93,73% delle aziende ispezionate, un risultato ottenuto – viene rimarcato – attraverso il sistema di business intelligence, che ha consentito di indirizzare efficacemente l’attività di vigilanza utilizzando informazioni presenti nelle banche dati interne ed esterne. Anche nel 2023 l’Istituto – segnala – ha registrato gli effetti della significativa carenza di personale assegnato alla funzione di vigilanza.
Allo scorso 31 dicembre, infatti, la forza ispettiva era pari complessivamente a 200 unità, 10 in meno rispetto all’anno precedente. L’assunzione di 111 nuovi ispettori, autorizzata dal decreto legge n. 63 del 15 maggio 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 12 luglio 2024, a partire da quest’anno “è però destinata a migliorare i risultati dell’attività di vigilanza”.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
SI È LIMITATA L’EVASIONE DELL’IVA, GRAZIE ALLA FATTURAZIONE ELETTRONICA E ALLA TRACCIABILITÀ. MA CON I VARI BONUS SONO AUMENTATI ENORMEMENTE I RISCHI DI FRODE
Il gap tributario e contributivo, ossia la quota che ancora sfugge rispetto a quanto il Fisco e l’Inps
pensano di incassare, è ancora altissimo in Italia ma sta sensibilmente diminuendo, anche perché una degli architravi su cui si basa l’evasione come l’Iva ha ormai un consolidato trend in picchiata grazie agli strumenti antifrode e tecnologici messi in campo.
La contrazione dell’evasione Iva
L’ultima relazione sull’economia non osservata e sull’evasione tributaria e contributiva realizzata dalla commissione istituita presso il ministero dell’Economia, che viaggia in parallelo con il piano strutturale di bilancio (Psb), segnala che l’ultimo dato disponibile relativo al 2021 su quanto sfugge all’Erario è complessivamente pari a 82,4 miliardi di euro. Un’enormità, ancora. Il bicchiere, però, è mezzo pieno, perché se si guarda la dinamica dell’ultimo quinquennio (ossia a partire dal 2017) il gap si sta riducendo: quasi 26 miliardi di euro.
A pesare su questa flessione per circa il 70% è la contrazione dell’evasione Iva, che secondo quanto riporta la relazione [è passato da 35,6 a 17,8 miliardi di euro: in pratica si è dimezzato. Siccome, però, vanno colti tutti i segnali e non solo quelli incoraggianti va sottolineato che tra il 2020 (anno fortemente anomalo perché caratterizzato dalle restrizioni più pesanti per la pandemia) e il 2021 l’indicatore relativo alla misura dell’evasione sull’Irpef dovuta da autonomi e imprese è tornata a salire di quasi 1,5 miliardi.
C’è anche un altro aspetto che può aver influito, obbligando alla tracciabilità dei pagamenti e quindi con un effetto in termini di contrasti di interessi. Nel 2021 infatti la propensione all’evasione si è ridotta di circa 3,4 punti percentuali rispetto al 2020, pari a circa 2,8 miliardi.
La relazione spiega come questo possa essere il risultato dell’«introduzione delle misure rafforzanti la tracciabilità delle operazioni, quali l’allargamento a tutti gli operatori dell’invio telematico dei corrispettivi e gli incentivi all’utilizzo di strumenti elettronici nelle transazioni, nonché all’ampliamento dei bonus edilizi».
L’aumento dell’Iva dichiarata ha portato giù la propensione all’evasione. Ma, per sgombrare il campo preventivamente da ogni polemica ed evitare strumentalizzazioni su un terreno minato, la commissione precisa che «la valutazione dell’impatto complessivo sulla finanza pubblica dei suddetti provvedimenti non rientra tra gli obiettivi di questa relazione, incentrata esclusivamente sull’evasione fiscale». Anche perché poi l’effetto dell’utilizzo dei crediti d’imposta o delle detrazioni generate da quei bonus potrebbe scaricarsi sugli anni successivi, su cui ci saranno i dati solo in futuro. E, comunque, nella parte dedicata ai risultati conseguiti nel contrasto all’evasione c’è un capitolo espressamente dedicato alle frodi sui crediti d’imposta per lavori edilizi ed energia.
Rischio frode per Bonus facciate ed Ecobonus
Grazie alle indagini effettuate dalla Guardia di Finanza in sinergia con l’agenzia delle Entrate sono stati sequestrati crediti inesistenti per circa 8,9 miliardi di euro da novembre 2021 ad agosto 2024. Le agevolazioni maggiormente interessate da condotte fraudolente sono risultate «il bonus facciate e l’ecobonus, che avevano, in origine, una regolamentazione meno stringente».
Oltre a questo, però, dietro l’Iva restano pericoli variegati di frode. Il faro si è riacceso, anche dopo l’input di Governo e Parlamento arrivato con la manovra 2023, sulle partite Iva apri e chiudi, dietro cui si nasconde il fenomeno delle cartiere (soggetti economici che in realtà sono deputati a emettere solo false fatture).
Lo scorso anno sono state avanzate dalle Fiamme gialle all’agenzia delle Entrate oltre 2.260 proposte di chiusura. Ma anche le frodi Iva intracomunitarie tramite i missing trader continuano ad avere un peso specifico rilevanti: nel 2022 oltre 1.400 operatori coinvolti per un’imposta evasa che ha sfondato gli 1,5 miliardi.
I suggerimenti della Corte dei conti
Proprio perché sulla lotta all’evasione non si può e non si deve abbassare la guardia, la Corte dei conti nell’audizione sul Psb ha proposto una serie di interventi che vanno dall’accompagnamento alla compliance attraverso un confronto preventivo basato sulle banche dati un adeguato numero di controlli ex post, passando per una «calibrazione delle conseguenze dell’evasione, sia in termini di misura e tipologia delle sanzioni applicabili, sia in termini di effettività dell’azione di riscossione coattiva in caso di mancato pagamento».
E i giudici contabili hanno messo nero su bianco anche un suggerimento specifico per Governo e Parlamento: allargare il perimetro della ritenuta d’acconto, demandandone l’effettuazione al soggetto incaricato della transazione finanziaria.
(da Il Sole24ore)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
LE GUERRE INTERNE MINANO FRATELLI D’ITALIA; TUTTI CONTRO TUTTI TRA VELENI E CORTOCIRCUITI
Arianna Meloni sbuffa e mastica aria di “depressione politica” in Via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia. La sorella premier, Giorgia Meloni, si dice “stanca” e “delusa” da truppe e colonnelli, in privato, e poi in pubblico, certo, se la prende con un certo clima che produce dossieraggi. Francesco Lollobrigida, potente ministro che fu cognato d’Italia e che ora non lo è più, ammette con gli amici “che non ci sarà alcuna fase due” e che “gestire le emergenze tutti i giorni inizia a essere un esercizio sfiancante per l’intera squadra”.
Il ministro Alessandro Giuli, ultimo arrivato nella compagnia, è perplesso sul “fuoco amico” intorno al nuovo capo di gabinetto Francesco Spano, che sostituisce Francesco Gilioli, accusato di passare documenti ai giornalisti, ma difeso dai vertici del Senato, come per esempio Ignazio La Russa.
La nomina di Spano voluta da Giuli racconta due cose. Una piccola e una più grande, di sistema. La prima è che nel 2017 Giorgia Meloni affermò che “le tasse degli italiani non potevano essere buttate per pagare lo stipendio di Spano” all’epoca direttore dell’Unar (l’Ufficio contro le discriminazioni di Palazzo Chigi) per dei finanziamenti alle associazioni lgbt e che nonostante questo all’ex giornalista importi il giusto se si tratta di scegliere persone di cui si fida.
La seconda è che l’autonomia del neo ministro della Cultura, venuto dai giornali e dai libri più che dal partito, non sia andata giù a Palazzo Chigi dove questi tipi di nomine, soprattutto se riguardano un esponente in quota Fratelli d’Italia, devono essere bollinate, per prassi politica non scritta, da Giovanbattista Fazzolari e da Alfredo Mantovano, sottosegretari alla presidenza del Consiglio e motori di tutto.
Siamo dunque a ricostruzioni, sbuffi e cattivi pensieri. Fatto sta che pure Spano sembra avere il tempo contato. “Ha il timer”, dicono dalle parti del Collegio Romano, Fossa delle Marianne del governo dopo il caso Boccia–Sangiuliano.
A creare attrito non è tanto il dibattito ideologico sul nuovo mandarino – sulla cui testa pende una raccolta firme delle associazioni Pro Vita per farlo sloggiare arrivata in 24 ore a 15 mila adesioni – ma il veleno, piccolo e grande, che circola nelle articolazioni più importanti di Fratelli d’Italia.
La premier tutti i giorni confessa di essere “stanca” e “delusa” e di, gratta gratta, non potersi fidare di quasi nessuno. Per questo oggi in occasione delle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo dovrebbe parlarne anche con il capogruppo a Montecitorio Tommaso Foti. Non tanto, o meglio non solo, per la storia delle chat interne rivelate da alcuni quotidiani alla vigilia del voto per il giudice della Corte costituzionale (andata a vuoto). Ma per un certo andazzo, per la mancanza di consapevolezza che sembra riguardare chi ricopre ruoli di responsabilità nel tunnel invisibile che collega Via della Scrofa con Palazzo Chigi.
Sul fronte parlamentare, per esempio, c’è un pezzo di Fratelli d’Italia che rimpiange Francesco Lollobrigida, la gestione ordinata e sotterranea che aveva dei gruppi e nei rapporti indicibili con le opposizioni al momento di tentare il colpaccio (tipo l’elezione di La Russa al Senato con i voti sparsi, ma ben contati, di Italia viva, M5s e forse Pd).
Siamo davvero a questo clima di depressione, tra pubblico e privato, tipo canzone di Cesare Cremonini, rivista e corretta, in da “quando Lollo non gioca più…”?
“Aria strana”, dicono i parlamentari di Fratelli d’Italia della vecchia guardia, quelli che provengono dal Grande raccordo anulare e quindi si irradiano della luce del melonismo puro. Difficile mettere in fila i pezzi se vanno in onda queste scene da tutti contro tutti. Se molti parlamentari e dirigenti di peso si confessano con i cronisti per attaccare La Russa, Seconda carica dello stato e big del partito, accusato platealmente da Matteo Renzi di aver cercato una senatrice di Iv (Dafne Musolino da Messina) per chiederle di votare il giudice della Consulta scelto dal centrodestra (Francesco Marini, blitz fallito, come si sa).
Discreto caos, non c’è che dire. Se si aggiunge, giusto per esercizio di cronaca da registrare, anche la posizione di Guido Crosetto, ministro della Difesa in trincea, che fra smentite di rito e retroscena, viene descritto sospettoso in generale e poco aiutato dall’ambiente del suo partito che ora sta al governo e che non capisce fino in fondo lo stato delle cose quando si parla di dossier, spioni e, forse, pezzi di servizi segreti.
Bisogna dunque ritornare alle sorelle d’Italia che sbuffano, masticano amaro, scuotano la testa, sognano nei momenti di massimo scoramento un “vaffa-day” che mai per esercizio di responsabilità e realismo politico andrà in scena. Arianna e Giorgia Meloni, vedette del partito e del governo. Non resta che cercare di immaginare uno spazio ricreativo per uscire dall’impasse: Atreju che, come annunciato da questo giornale, si svolgerà a dicembre al Circo Massimo. Ma prima, certo, bisogna arrivarci.
(da ilfoglio.it)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
GRAZIE AGLI INTROITI DEI SUOI LIBRI HA GUADAGNATO 5 VOLTE PIU’ DI SALVINI
Arrivano i redditi dei parlamentari 2024, pubblicati online sulle pagine personali dei deputati e
senatori e visibili sui siti di Camera e Senato. Tra i primi a presentalo è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Il reddito della presidente del Consiglio, in un anno è aumentato da 293.531 a 459.460 euro, come si vede dal confronto fra la documentazione patrimoniale di quest’anno e quella del 2023. L’incremento per la premier, che si somma all’indennità parlamentare, secondo quanto scrive il Corriere della Sera è legato alle vendite dei suoi ultimi due libri, usciti con Rizzoli: ‘Io sono Giorgia’ (2021) e ‘La versione di Giorgia’ (2023, scritto a quattro mani con il giornalista Alessandro Sallusti).
Meloni ha guadagnato 5 volte di più rispetto all’alleato Matteo Salvini. Il vicepremier leghista ha reso noto di aver liquidato le azioni da lui “precedentemente detenute in A2A, Acea Spa e Enel”, comunicando un reddito di lavoro dipendente e assimilati di 99.699 euro, identico a quello di un anno fa, e nel suo modello 730 si registrano anche 1.346 euro di detrazioni spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e per misure antisismiche.
Manca ancora all’appello la documentazione dell’altro vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma i parlamentari hanno ancora tempo per depositare i documenti. Nessuna variazione per il ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso il cui reddito ammonta a circa 103mila euro. E sempre tra ministri del governo, il Guardasigilli Carlo Nordio è salito da 200 a 260mila euro. Invece il ministro Orazio Schillaci, da quando è stato chiamato a guidare il dicastero della Salute, ha dimezzato i suoi redditi: da 227 è passato a 106mila euro.
Tra i leader di partito, Elly Schlein segretaria del Pd dichiara lo stesso reddito del 2023, 98mila 471 euro. Quasi 99mila euro anche per Nicola Fratoianni, che non fa registrare variazioni rispetto all’anno precedente.
Sempre nel cosiddetto campo largo, il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli dichiara circa 101mila euro, mentre il leader M5s Giuseppe Conte non ha presentato ancora la sua dichiarazione. I parlamentari hanno ancora un mese di tempo per depositare i documenti che mostrano il loro reddito.
(da Fanpage)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
A BLOCCARE IL PROTOCOLLO SIGLATO TRA LA DUCETTA ED EDI RAMA POTREBBERO INTERVENIRE I GIUDICI
La prima nave della Marina militare salpata per portare i migranti fino in Albania è partita con sedici persone a bordo. Due giorni di viaggio per trasferire fuori dall’Italia dieci egiziani e sei bengalesi che su barconi di fortuna avevano lasciato le coste libiche di Sabrata e Zuara e si sono ritrovati a occupare gli 80 metri della Libra, capace di caricare da sola fino a 80 marinai e circa 200 passeggeri.
Eccolo, dunque, il primo carissimo viaggio dei migranti lontano dai confini italiani: dovendo la Libra fare la spola tra Lampedusa e Shengjin — e pure rapidamente se è vero che non ci sono altre navi della Marina a fare da hub — la traversata rischia di costare tra i 250 mila e i 290 mila euro, calcolano alcuni marittimi, ossia 18 mila euro a migrante, per un’operazione che nella sua interezza peserà per quasi un miliardo sulle casse dello Stato.
Lo dicono i numeri, prima ancora dei probabili inciampi giuridici che verranno a galla al di là dell’Adriatico, che fin qui il protocollo Italia-Albania voluto e siglato da Giorgia Meloni e Edi Rama, sbandierato come modello dal governo e che piace anche alla presidente Ursula von der Leyen, non che è un’iniziativa politica di facciata che nella realtà vale una briciola.
«Il più costoso e inutile spot propagandistico della storia repubblicana », commenta da Iv, Davide Faraone. «Ottocento miliardi buttati per una deportazione», aggiunge la segretaria dem Elly Schlein. E se a Palazzo Chigi si ragiona su un viaggio di Meloni in Albania, la partenza di ieri è stata in sordina. E la chiave è di nuovo nei numeri.
Con il meteo clemente e il mare piatto sono state ore di arrivi a Lampedusa: barchette di legno, gusci di ferro e gommoni, tutti carichi e malconci. Mentre la Libra navigava semi vuota verso l’Albania, nella tarda serata di ieri nell’hotspot di Lampedusa si contavano più di 1.200 persone. Alcune di queste sono passate dalla nave della Marina, rimasta più di ventiquattro ore a 15-20 miglia da Lampedusa.
Le immagini che l’ong Mediterranea è riuscita a ottenere e ha mostrato a Repubblica lo confermano. Nella prima, scattata con un visore notturno, si vede la nave ferma all’ancora non lontano da Lampedusa. La seconda mostra invece le operazioni in corso: la motovedetta che si accosta al pattugliatore su cui i naufraghi appena soccorsi sono stati costretti a salire.
«Non ero vicinissimo, ma il ponte era illuminato, c’erano persone sedute a terra, come in attesa». È lì, sul ponte, che è avvenuto lo screening, il primo del loro viaggio. Donne e bambini da una parte, famiglie e minori non accompagnati pure, i naufraghi provenienti da Paesi non sicuri, lo stesso. Zuppi, stremati, la maggior parte sono stati trasferiti nuovamente sulle motovedette e portati a Lampedusa da dove verranno immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta d’asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali.
Sulla Libra sono rimasti invece sedici uomini, adulti e “non vulnerabili”, provenienti da Egitto e Bangladesh che la Farnesina ritiene Paesi sicuri, ora diretti nei centri in Albania.
Lì dovrebbero essere reclusi i sedici che tra stanotte e domani toccheranno suolo albanese, nel porto di Shengjin e per i quali scatterà il fermo che dovrà essere convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma. Un giudizio su cui pesa la sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea che riscrive i criteri per i Paesi sicuri e rischia di minare il fondamento giuridico dell’intero progetto albanese.
Per ora il governo Meloni ha deciso di tirare dritto. Da giorni i giornali di destra gridano alle toghe rosse. E il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato che il governo è pronto a «impugnare» le sentenze e a portarle «al giudizio delle massime giurisdizioni del nostro Paese». Sarà una prova di forza sull’esperimento delle procedure accelerate di frontiera fuori confine, sulla pelle di sedici persone.
(da La Repubblica)
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Ottobre 15th, 2024 Riccardo Fucile
“SONO ALLA BASE DELLA NOSTRA CONVIVENZA. LA STORIA ITALIANA È FATTA DI EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE”… E OGGI ASSESTA UNA BORDATA SULL’AUTONOMIA: “NON POSSIAMO CONSENTIRE CHE TORNINO DIVARI TERRITORIALI”
«Insegnare la lingua e la cultura italiana, accompagnare i giovani e gli adulti che arrivano sul
nostro territorio a divenire cittadini significa costruire insieme la città ». Così ieri Sergio Mattarella a Milano. Proprio mentre parte l’operazione Albania di Giorgia Meloni. Un controcanto.
Le navi governative stanno per raggiungere i centri di Schengjin e Gijader, che dovranno detenere i migranti trasferiti e il Capo dello Stato ricorda che «l’accoglienza e la solidarietà sono alla base della nostra convivenza». Perché «la storia italiana è fatta di emigrazione ed immigrazione. Trenta milioni gli italiani partiti per l’estero tra l’unità d’Italia e il secolo scorso. Sei milioni vivono stabilmente fuori dal loro Paese».
Chi accoglie onora la Costituzione. «Voi fate un lavoro per la Repubblica», dice ai vertici del Centro orientamento immigrati Franco Verga.
«Nuovi sguardi e altre voci», li elogia il presidente. «Non vengono più dal Mezzogiorno, ma dall’Ucraina, dai Balcani, da altri continenti, gravati anch’essi da condizioni insostenibili ». Sergio Mattarella ricorda quali sono i doveri imposti dalla Costituzione nell’accoglienza: «Offrire strumenti per l’alfabetizzazione degli immigrati, per sostenerli nella ricerca di una casa e di un lavoro ».
Integrare, non respingere. Perché se si sente accolto l’immigrato rispetta il luogo del suo approdo. Franco Verga, cattolico, era nato in una famiglia immigrata. È la Milano della Società umanitaria, della Tazzinetta benefica, del Pane quotidiano, dell’Opera cardinal Ferrari, e ora dei City Angels.
« Milan la ga el cor an man », dice Mattarella in milanese. Milano ha il cuore in mano. E ne tesse l’elogio della sua anima più profonda. È diventata quel che è diventata grazie ai tanti meridionali che si sono fatti strada, e sono diventati più lombardi dei lombardi. Ed è una lezione per l’oggi.
«Perché non sono i manufatti, non sono gli edifici a fare una città. Sono le persone». Non bisogna avere paura dell’immigrazione regolare. Bisogna accogliere con intelligente umanità. Farne cittadini che rispettano le nostre norme. «Nuovi arrivi significano nuova dinamica sociale e partecipazione ».
“Il sistema di welfare, frutto dei principi della Costituzione e delle scelte compiute nei decenni repubblicani, costituisce un pilastro del nostro modello sociale, oltre che un tratto essenziale della stessa cittadinanza.
Tuttavia, i servizi, le regole, gli equilibri raggiunti, non sono garantiti in astratto, ma necessitano di continuo adeguamento e rafforzamento rispetto ai mutamenti delle domande che provengono dalla società, allo scopo di assicurare ai diritti il loro irrinunciabile carattere universalistico”.Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un messaggio in occasione del Forum “Welfare, Italia”2024
“Viviamo trasformazioni profonde che incidono sulle strutture e sulla stessa sostenibilità del sistema di Welfare. Non possiamo consentire che tornino divari territoriali, generazionali e sociali, così in campo sanitario, così nelle altre dinamiche di integrazione sociale.
Innovazione e progettualità debbono caratterizzare questo impegno, per dare attuazione, nel tempo, all’indirizzo costituzionale che pone al centro la persona e che assicura adeguata protezione sociale nel segno del diritto eguale, per chi si trova nel bisogno”.
(da La Repubblica)
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