Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA SFERZATA AGLI IM-PRENDITORI: “LA VITA DELLE PERSONE VALE IMMENSAMENTE PIÙ DI OGNI PROFITTO”… E SUI MIGRANTI: “SPESSO SONO ESPOSTI A UNO SFRUTTAMENTO SPIETATO, INCONCILIABILE CON LA NOSTRA CIVILTÀ”
“La Stella rappresenta un riconoscimento, un segno importante. Costituisce inoltre un
pegno che invita istituzioni e società a rendere il lavoro sicuro, contrastando le morti e gli infortuni. Una piaga intollerabile, ancor più nel tempo dei più grandi progressi tecnologici e dei più grandi avanzamenti della conoscenza, che la storia dell’uomo abbia mai conosciuto. La vita delle persone vale immensamente più di ogni profitto, interesse o vantaggio produttivo”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla cerimonia di consegna delle “Stelle al Merito del Lavoro” per l’anno 2024.
“E’ la persona, ogni persona, cuore e fine dell’ordinamento democratico che tiene uniti i propositi di piena libertà e di effettiva uguaglianza. La centralità del lavoro presuppone la centralità della persona umana. Della dignità della persona il lavoro è indubbiamente un caposaldo. Il lavoro è condizione di indipendenza, economica e non soltanto. E’ una leva per accrescere i diritti, individuali e collettivi. Così è stato nella storia della nostra Repubblica”.
“Il lavoro è stato il motore principale dello sviluppo del Paese e della crescita umana, civile, sociale, culturale che ha consentito una diffusa emancipazione da condizioni di povertà e subalternità. Con il lavoro, con l’apporto decisivo delle organizzazioni dei lavoratori, si è costruito il welfare italiano, elemento basilare dei diritti di cittadinanza”.
Esistono “sacche di salari insufficienti, alimentati anche da part-time involontario, e da precarietà. Si tratta di un elemento di preoccupante lacerazione della coesione sociale. E’ la condizione che riguarda anche molti immigrati, sovente esposti a uno sfruttamento spietato, inconciliabile con la nostra civiltà”.
“I dati dell’occupazione, nel nostro Paese, segnano una crescita che conforta. Tuttavia l’occupazione, non solo nel nostro Paese, si sta frammentando, tra una fascia alta, in cui a qualità e professionalità corrispondono buone retribuzioni, mentre in basso si creano sacche di salari insufficienti, alimentati anche da part-time involontario, e da precarietà. Si tratta di un elemento di preoccupante lacerazione della coesione sociale”.
“La Costituzione non ha soltanto affermato il diritto al lavoro. Ha posto il lavoro a fondamento della Repubblica democratica. Una scelta lungamente meditata. Fortemente voluta. Capace di unire le diversità. Concepita come pietra angolare della comune convivenza. Come radice significativa del modello sociale. La formulazione dell’articolo 1 trovò il più largo consenso; e, da sola, spiega la differenza, il salto di qualità che avvenne con la scelta repubblicana”.
“Non fu – e non è – una scelta simbolica. La parola lavoro, con i suoi derivati, è citato in 15 articoli della Carta. Nello Statuto Albertino -ha ricordato il Capo dello Stato- il termine lavoro era presente una volta soltanto, all’articolo 55, e non per enunciare diritti o prerogative dei cittadini/lavoratori, ma soltanto per indicare che, alle Giunte interne alla Camera, erano affidati i ‘lavori preparatorii’ delle proposte di legge”.
“Costantino Mortati, grande giurista, che della Costituente è stato protagonista autorevole, indicò l’intesa sull’articolo 1 -la scelta di porre il lavoro alla base della democrazia da costruire- come una connessione di tipo nuovo tra la società e lo Stato. Condividere l’idea del lavoro come fondamento voleva dire avviare un percorso di ricomposizione della base sociale e dell’unità, anche morale, del Paese. Un percorso -ha concluso Mattarella – nel quale la democrazia alimenta equità e libertà. Una libertà uguale. Una dignità uguale”.
“L’obiettivo della massima occupazione possibile è iscritto in un orizzonte costituzionale, che non può che essere condiviso dai programmi delle varie posizioni politiche. La Costituzione non ha soltanto affermato il diritto al lavoro. Ha posto il lavoro a fondamento della Repubblica democratica. Una scelta lungamente meditata. Fortemente voluta. Capace di unire le diversità. Concepita come pietra angolare della convivenza comune. Come radice significativa del modello sociale”.
“Quando si parla di sostenibilità si intende anzitutto che la crescita non può più avvenire a discapito dell’ambiente. Ma sostenibilità non è soltanto questo. E’ anche equilibrio sociale, capacità di rinnovare e rafforzare i presupposti di valore della democrazia e della libertà. Il valore del lavoro come fattore di ricomposizione della società va, dunque, ribadito e, se necessario, riscoperto”.
“Stabilisce anche la nostra Costituzione – all’art. 37 – che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, deve avere le stesse retribuzioni che spettano ai loro colleghi di genere maschile. Sappiamo che il cammino per giungere al rispetto di questo principio è tuttora da concludere ma va ricordata questa prescrizione e il conseguente dovere delle istituzioni di operare per renderla ovunque effettiva”.
“In questo cambiamento d’epoca, non dobbiamo smarrire la strada dei valori. Non deve mai sfuggire che ad animare il lavoro c’è “la persona che lavora”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
IN SOSTANZA, È UN ANTICIPO DI CASSA …LE BANCHE PAGHERANNO IL LORO CONTRIBUTO E TRA DUE MESI AUMENTERANNO LE SPESE PER I CORRENTISTI. ET VOILÀ
«Aspettiamo di vedere il testo». All’indomani dell’annuncio del governo sul «contributo» di banche e assicurazioni alla manovra, nel mondo finanziario prevale la cautela. L’Abi (Associazione bancaria italiana), che in mattinata ha riunito il comitato esecutivo con all’ordine del giorno anche l’analisi della manovra, ha fatto sapere che si esprimerà solo «quando sarà possibile esaminare l’articolato».
Perfino i commenti delle banche d’affari, che in mattinata sottolineavano l’impatto sostanzialmente neutro della misura, dopo le parole del ministro Giorgetti e dopo la diffusione del testo del Documento programmatico di bilancio (Dpb) hanno virato su un approccio più cauto: «Aspettiamo di vedere il testo».
Se Giorgetti e il viceministro Maurizio Leo hanno chiarito che i 3,5 miliardi di maggiori introiti riguardavano banche e assicurazioni e non solo le banche, il testo del Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles nella tarda serata di martedì racconta un’altra storia.
Secondo le tabelle allegate al Dpb, l’impatto della misura – calcolato sul pil reale del 2024 – sarà pari a zero per quest’anno, di circa 3,1 miliardi nel 2025 (quando si vedranno i suoi effetti in termini fiscali) e negativo per 1,35 miliardi e 1,75 miliardi rispettivamente nel 2026 e 2027. In sostanza, un anticipo di cassa che sarà restituito dallo Stato nei due anni successivi.
Questa cifra comprende, hanno spiegato Giorgetti e Leo, il contributo delle imprese assicurative quantificato in conferenza stampa in un miliardo di euro. Anche in questo caso – come nel caso delle banche -, per quanto noto dovrebbe trattarsi di un anticipo: l’imposta prevista per alcuni tipi di polizze alla scadenza viene adesso spalmata anno per anno.
Numeri diversi da quelli citati in conferenza stampa, che hanno causato un certo spaesamento anche negli uffici studi delle grandi banche.
Tolto il miliardo a carico delle assicurazioni, per le banche l’anticipo sarebbe di circa 2 miliardi. Inferiore ai 2,5 miliardi citati in conferenza stampa ma concentrati in una unica annualità, il 2025 appunto. E non spalmati su due anni. «Per ora ci atteniamo ai numeri citati dal ministro», dice in serata un analista.
Gran parte dei due miliardi a carico delle banche viene dalle cosiddete Dta, i crediti fiscali differiti, accumulatisi nei bilanci bancari nella stagione delle svalutazioni miliardarie per effetto della vendita delle sofferenze.
Nei primi cinque gruppi bancari, questi crediti fiscali ammontano a 30,5 miliardi di euro, un bel tesoretto, che in questa stagione di ricchi utili servono ad abbattere il carico fiscale. Secondo le stime della Fabi, le minori deduzioni previste dalla manovra valgono 780 milioni per Unicredit e 913 per Intesa Sanpaolo. Una parte più piccola del contributo, inferiore ai 100 milioni, dovrebbe arrivare invece dalla sospensione degli sgravi fiscali sulle stock option. Anche in questo caso serve il condizionale, perché i testi normativi non ci sono ancora.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
“LA FRANCIA E’ PER RESTARE ALL’INTERNO DELLE REGOLE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE”
“Non c’è nessun modello italo-albanese” è il laconico commento all’Eliseo in vista del
consiglio Ue a Bruxelles che minaccia di spaccarsi proprio sul tema dell’immigrazione. Emmanuel Macron frena sulla fuga in avanti che vuole imprimere Giorgia Meloni.
Dall’entourage del leader francese filtra irritazione per la riunione organizzata oggi dalla premier a margine del vertice Ue con dieci paesi membri per discutere di immigrazione. «Non è il caso di organizzare discussioni in gruppi separati» osservano nel palazzo presidenziale. Il capo dello Stato non è stato consultato sull’incontro voluto da Meloni e, a meno di contatti bilaterali nelle prossime ore, non ha previsto di partecipare.
A sottolineare la loro contrarietà, disertando l’incontro, anche il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il concetto dei centri di rimpatrio, sul modello Italia-Albania, non sono “una soluzione reale per un Paese grande come la Germania”, ha spiegato Scholz al suo arrivo al Consiglio europeo.
Dal canto suo, Macron ha più volte escluso in passato la «soluzione ruandese», a proposito del piano poi fallito dell’ex governo britannico per trasferire migranti in Ruanda. E ora boccia l’iniziativa italiana in Albania, che pone evidenti problemi umanitari e legali. “La Francia è per restare all’interno di regole del diritto internazionale e nel nostro quadro costituzionale previsto per l’accesso all’asilo” prosegue l’Eliseo.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA QUOTA DI DEBITO DETENUTO DALLA STESSA BANCA D’ITALIA È PARI AL 22,7%, QUELLA IN MANO AI NON RESIDENTI DEL 29,4% MENTRE QUELLA IN CAPO A FAMIGLIE E IMPRESE NON FINANZIARIE È DEL 14,4% (IL RESTO SI SUDDIVIDE TRA ISTITUZIONI FINANZIARIE E MONETARIE RESIDENTI)
Ancora 37,5 miliardi di euro e il debito pubblico italiano avrà superato 3 mila miliardi. Ma già ad agosto, raggiungendo 2.962,5 miliardi, come risulta dalle rilevazioni diffuse dalla Banca d’Italia, ha sfondato quota 50 mila euro per ogni italiano, neonati compresi. Il nuovo record di agosto si deve a una crescita di 11,9 miliardi rispetto al dato di luglio.
Proseguendo a questi ritmi, il muro dei 3 mila miliardi potrebbe essere sfondato entro l’anno. Si tratta di un dato sensibile, che influenza i mercati e lo spread, che ieri tuttavia si è mantenuto su livelli bassi, a 123,9 punti rispetto ai Bund tedeschi e in calo dai 127,1 punti dell’altro ieri.
L’aumento del debito in agosto, osserva Bankitalia, è «riconducibile a quello delle Amministrazioni centrali», cresciuto di 12,1 miliardi, mentre «quello delle Amministrazioni locali e degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato». La vita media residua del debito è «rimasta stabile a 7,8 anni». La quota di debito detenuto dalla stessa Banca d’Italia è pari al 22,7%, quella in mano ai non residenti del 29,4% mentre quella in capo a famiglie e imprese non finanziarie è del 14,4% (il resto si suddivide tra istituzioni finanziarie e monetarie residenti).
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
L’UOMO PER MESI HA ESPOSTO LA SCRITTA SULLA SUA BANCARELLA AI MERCATI, FINO A LUNEDI QUANDO DUE CARABINIERI LO HANNO SANZIONATO CON 430 EURO PER “PROPAGANDA POLITICA NON AUTORIZZATA”… E DOVE STA LA PROPAGANDA IN UN MESSAGGIO DI PACE?
Sono mesi che Marco Borella, educatore e apicoltore di Como, espone davanti al suo
banchetto di barattoli di miele uno striscione. «Stop bombing Gaza – Stop genocide», è la scritta rossa su fondo bianco.
Per settimane non ha avuto nessun problema, fino a lunedì scorso 14 ottobre. Al mercato comunale di Desio due carabinieri si sono presentati al banco e hanno chiesto a Borella di rimuovere lo striscione.
Al rifiuto, il giovane apicoltore è stato multato. La questione, che già aveva sollevato indignazione nella sinistra lombarda, è ora approdata in Parlamento con un’interrogazione di Alleanza Verdi-Sinistra.
La sanzione
«Il mio messaggio è di pace e non offende nessuno, non viola diritti e soprattutto non istiga all’odio raziale, né etnico o culturale, né di genere o religioso», ha spiegato lo stesso Marco Borella. La motivazione, però, non ha convinto le forze dell’ordine, che sarebbero state chiamate da un passante infastidito dalla scritta. Il risultato è una multa dal valore di 430 euro per «propaganda politica non autorizzata». Un atto che Borella ha definito «repressione del dissenso, un modo per mettere in silenzio chi chiede la fine di questa guerra disumana».
Il tema ora, per l’apicoltore, diventa un altro: «Non posso permettermi queste multe ogni settimana». E quindi che fare? Togliere lo striscione per ora non sembra una possibilità presa in considerazione: «Non voglio farlo perché abbiamo bisogno che di questo massacro indiscriminato se ne parli. Sarebbe stato ingiusto farlo per il quieto vivere, per continuare ad accettare il silenzio della nostra società».
Un caso politico
Le prime condanne dal mondo politico sono arrivate dai segretari del Pd di Monza e Brianza, Lorenzo Sala, e di Como, Carla Gaiani. «Condanniamo fortemente quanto accaduto», hanno scritto in una nota congiunta. «A Marco Borella e a quanti manifestano per la pace tutto il nostro supporto e la nostra solidarietà». È stata poi la volta del consiglio provinciale di Monza e Brianza, dove ha preso parola il capogruppo della lista di centrosinistra Vincenzo Di Paolo: «Il desiderio di pace non è un crimine». Fino ad arrivare anche a Roma. In Parlamento il deputato di Avs Nicola Fratoianni, in un’interrogazione parlamentare al governo, ha chiesto «chiarezza ai ministri Matteo Piantedosi e Guido Crosetto». Secondo Fratoianni «Non si comprendono le ragioni addotte per motivare un simile provvedimento», per lui una richiesta del tutto discrezionale da parte dei due carabinieri. «Vogliamo sapere – ha concluso – quali iniziative assumeranno i ministeri interessati per garantire il libero esercizio della libertà di espressione esercitata attraverso forme e modalità pacifiche e legittime».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 17th, 2024 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA CHIEDE DI ESTENDERE L’AREA DEL DIVIETO DI PUBBLICAZIONE A TUTTI GLI ATTI RELATIVI ALLE INDAGINI PRELIMINARI DI UN’INCHIESTA E DI INASPRIRE LE SANZIONI PER CHI VIOLA LA NORMA CON MULTE CHE VANNO DAI 25 MILA A 1,5 MILIONI DI EURO PER GLI EDITORI…NEI CASI GRAVI SI POSSONO AGGIUNGERE SANZIONI PENALI COME L’INTERDIZIONE DELL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA
In tutta evidenza, Giorgia Meloni ha deciso e il suo partito esegue: l’informazione giudiziaria dovrà cambiare pelle perché a breve sarà impossibile pubblicare ordinanze di arresto o di perquisizione, sia in forma integrale che per estratto, pena multe e sanzioni draconiane per l’editore fintanto che si sarà nella fase delle indagini preliminari. Resta la possibilità del sunto da parte del giornalista.
È di ieri una duplice mossa al Senato e alla Camera, firmata da Fratelli d’Italia, ovvero il deputato Andrea Pellicini e il senatore Sergio Rastrelli, che “invitano” il governo ad applicare le misure previste dal decreto legislativo 231 sulla responsabilità amministrativa e penale delle società quando un mezzo di informazione violi il divieto di pubblicazione sugli atti giudiziari fino a una certa fase del processo.
La storia parte da lontano. Da quando il deputato super-garantista Enrico Costa, che è stato eletto nelle liste di Azione ma nel frattempo è approdato a Forza Italia, ha proposto e ottenuto di vietare la pubblicazione con il copia-e-incolla di un’ordinanza di custodia cautelare, per meglio garantire i diritti dei cittadini indagati.
Già così alla Federazione nazionale della Stampa sembrava un bavaglio grave. Ma ora, con il doppio ordine del giorno che sarà votato oggi e che il governo intende applicare quanto prima, il partito di maggioranza relativa estende l’area del divieto a tutti gli atti che nelle fasi delle indagini preliminari facciano emergere gravi indizi di colpevolezza, quali un ordine di sequestro o di perquisizione, e innalza all’inverosimile le sanzioni per chi violasse il divieto di pubblicazione.
La legge 231 è lo spauracchio di tutte le aziende, perché le multe oscillano da un minimo di 25.852 euro ad un massimo di 1 milione e mezzo di euro. Nei casi gravi si possono aggiungere anche sanzioni penali quali l’interdizione dell’esercizio dell’attività d’impresa; la sospensione o revoca di autorizzazioni e licenze; il divieto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione; l’esclusione e revoca di finanziamenti, sussidi, contributi, agevolazioni; infine il divieto di pubblicizzare beni e servizi
«Dietro l’etichetta del garantismo e nascondendosi dietro la presunzione di non colpevolezza – insorge Alessandra Costante, segretaria Fnsi – il governo si appresta a peggiorare ulteriormente la norma Costa. Ai giornalisti, come ormai ci ha abituato il governo, la manganellata di sanzioni economiche.
E questa volta il manganello sanzionatorio dovrebbe toccare anche gli editori perché per una certa politica le notizie non rientrano nel diritto all’informazione stabilito dall’articolo 21 della Costituzione, ma sono solo un modo per vendere i giornali».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »