Dicembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
LA VERSIONE UFFICIALE DEI CARABINIERI SMENTITA ANCHE DA UN TESTIMONE
«Una botta da dietro, un urto». Questo è quello che Fares Bouzidi, alla guida della
moto su cui viaggiava Ramy Elgaml, ha raccontato di aver sentito durante mentre i due venivano inseguiti dai carabinieri nella notte tra il 23 e il 24 novembre, in cui Elgaml è morto in uno schianto.
«Non ho perso io il controllo, ho sentito questa botta, questo urto, questa spinta da dietro, poi siamo volati, questo mi ricordo e mi ricordo di essermi svegliato, poi, in ospedale», ha raccontato Bouzidi, indagato per omicidio stradale come il carabiniere alla guida dell’auto, nell’interrogatorio di fronte alla giudice per le indagini preliminari Marta Pollicino.
«Avevo paura perché non ho la patente»
Secondo l’autopsia, quella notte Ramy è morto sul colpo nello scontro, nell’ambito di una dinamica che le indagini devono ancora chiarire. Attualmente sono indagati anche due carabinieri per falso, frode processuale e depistaggio. Un testimone afferma che i militari dell’arma l’hanno costretto a cancellare un video della scena.
Di una cosa è certo Bouzidi, 22 anni: «Non c’è stato un alt dei carabinieri, sono scappato sì ma non da un alt. Ho incrociato la macchina – ha ricostruito Bouzidi, le cui parole sono state riferite alla stampa dai legali difensori Marco Romagnoli e Debora Piazza – avevo paura perché non avevo la patente e sono scappato e loro sono venuti dietro. Ho accelerato e loro ancora dietro, avevo l’ansia perché ero senza patente, poi c’è stato l’urto, la botta, la spinta da dietro».
Il casco di Ramy Elgaml
Se non fosse stato inseguito, Bouzidi avrebbe rallentato, sostiene, per far scendere Elgaml, che aveva perso il casco. «Speravo di poter rallentare, fermarmi per permettere a Ramy, che aveva perso il casco, di scendere, ma non ce l’ho fatta», ha spiegato nel corso dell’interrogatorio. Queste sono le uniche cose che l’amico di Ramy ha affermato di ricordare. Dopo lo schianto si è svegliato in ospedale dopo quella che per la maggior parte del tempo era stata una serata «normale, di divertimento», prima dell’inseguimento. Il giovane non si è ancora ripreso e oggi è arrivato in stampelle al Palazzo di Giustizia. Anche a causa delle sue condizioni fisiche, gli avvocati chiedono che possa la revoca della misura cautelare dei domiciliari per resistenza a pubblico ufficiale.
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
NON SOSTITUIRA’ L’INDIRIZZO ECONOMICO-SOCIALE
Due emendamenti di FdI e Lega alla legge che aveva istituito il nuovo indirizzo prevedono che il percorso Les non sarà soppresso
È stato presentato un emendamento che abolisce l’obbligo di far confluire il liceo economico-sociale (Les) nel nuovo liceo del Made in Italy, cavallo di battaglia del governo Meloni.
In base alla norma originaria, per ogni nuova classe del liceo Made in Italy si sarebbe dovuto chiudere un corrispondente percorso del Les. Un vincolo che aveva suscitato numerose polemiche: alcuni docenti avevano espresso la loro contrarietà con delibere e ordini del giorno nei collegi docenti, i sindacati si erano detti preoccupati per il passaggio da un indirizzo a forte connotazione umanistica a uno più orientato al mondo imprenditoriale, e la Conferenza Unificata aveva chiesto che il liceo Made in Italy fosse introdotto come opzione integrativa e non come sostituto dell’opzione economico-sociale.
Cosa cambia
La legge (27 dicembre 2023, n. 206)aveva previsto l’introduzione del nuovo liceo Made in Italy a partire dall’anno scolastico 2024/2025 (attualmente in corso), imponendo che l’opzione economico-sociale del liceo delle scienze umane confluisse nei nuovi percorsi. Tuttavia, questa fusione si sarebbe applicata solo alle nuove classi prime, mentre le classi già esistenti avrebbero continuato fino al loro completamento. Ora, però, questo vincolo sembra essere destinato a essere eliminato. Due emendamenti presentati da Fratelli d’Italia e Lega, già approvati in Commissione e ora in esame all’Assemblea generale, cancellano l’obbligo di sostituzione.
Il flop del liceo Made in Italy
Si tratta di due emendamenti che sembrano rispondere a quello che si è rivelato, nei fatti, un flop del nuovo indirizzo. In questo primo anno di attivazione, il liceo Made in Italy ha avuto soltanto 375 iscritti in tutta Italia. E la formazione di nuove classi prime si è rivelata particolarmente difficile in molte scuole. Cancellare quindi solo in un numero esiguo l’indirizzo economico-sociale avrebbe frammentato il sistema scolastico. Emblematico il caso della scuola di Crema, dove a febbraio si era iscritto un solo studente in tutto l’istituto. Il dirigente scolastico aveva inizialmente proposto di avviare comunque la classe attraverso un sorteggio, salvo poi fare marcia indietro.
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
DENUNCIATA PER CONCORSO IN PECULATO CON IL COMPAGNO, SEQUESTRATI TUTTI I BENI
Doveva gestire i beni della figlia disabile, invece l’ha derubata per anni. È di circa 700mila euro la somma sottratta da una madre nominata amministratrice di sostegno della figlia.
La donna, 48enne di Rovigo, scelta nel 2015 per curare il patrimonio, è ora accusata del furto di grosse somme di denaro grazie anche all’aiuto del compagno 35enne. La denuncia, fatta proprio da un familiare della disabile di Ficarolo, in provincia di Rovigo, ha portato alla scoperta: le indagini hanno permesso di constatare come la 48enne usasse i soldi per comprare beni personali, tra cui un capannone e un immobile adibito poi ad abitazione.
Il sequestro preventivo
Oltre al capannone agricolo e alle relative attrezzature, quei soldi rubati sono anche serviti a comprare un’auto e a versare sui loro conti correnti tutta la liquidità. La procura di Rovigo ha richiesto e ottenuto dal gip il sequestro preventivo “diretto” e “per equivalente” per l’intera somma sottratta alla giovane. I finanzieri di Rovigo hanno quindi messo i sigilli a tutti i beni immobili e contestato il reato di concorso in peculato continuato. Il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari.
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL 4 DICEMBRE IL LAVORATORE HA INCASSATO L’ENNESIMA VITTORIA IN TRIBUNALE, MA TEME CHE AL QUOTIDIANO POSSANO FOTTERSENE DI NUOVO NONOSTANTE LA STORICA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
Ignorare le decisioni dei giudici e reiterare i licenziamenti illegittimi. È il metodo
messo in atto dalle aziende editoriali di Francesco Gaetano Caltagirone, dal 2006 Cavaliere del lavoro, che fanno coriandoli delle sentenze della magistratura del lavoro. Ne sa qualcosa l’archivista del Messaggero Lorenzo Carresi, licenziato e poi riassunto e poi ri-licenziato dai manager del gruppo, un loop senza fine. Carresi ha quasi perso il conto delle pronunce giudiziarie a lui favorevoli, che restano solo sulla carta.
Il 4 dicembre, assistito dagli avvocati Marco Petrocelli e Fabio Ponis, l’archivista del quotidiano di via del Tritone ha incassato l’undicesima sentenza vittoriosa (la prima risale al marzo 2019). Anche stavolta il suo licenziamento è stato dichiarato illegittimo. il giudice “rigetta il ricorso presentato da Il Messaggero Spa e per l’effetto, dichiara la nullità del licenziamento impugnato, ordina la reintegrazione del convenuto nel posto di lavoro e condanna la società ricorrente al risarcimento del danno subìto dal convenuto”, ovvero pagare gli stipendi e versare i contributi a partire dalla data dal licenziamento.
Il timore di Carresi è che anche stavolta il gruppo Caltagirone non ottempererà, per proseguire una strategia che alla lunga sfiancherebbe un toro. E questo nonostante la storica sentenza della Cassazione del luglio scorso, con la quale i giudici della Suprema Corte hanno bocciato la cessione di ramo d’azienda che il Gruppo Caltagirone effettuò nel 2016, e con essa il trasferimento di molti dipendenti ad altre società, con l’obiettivo di risparmiare sui costi del lavoro
La Cassazione ha stabilito che quella non fu una cessione di ramo d’azienda, ma soltanto il frazionamento di una società in più società attraverso la creazione di Servizi Italia e Stampa Roma. Carresi fu licenziato da Servizi Italia il 1 giugno 2017, da lì è iniziata la querelle.
Una sentenza che potrebbe essere utile anche per i dipendenti di altre testate del gruppo Caltagirone Editore – Il Mattino di Napoli, Il Gazzettino di Venezia, il Corriere Adriatico di Ancona, il Nuovo Quotidiano di Puglia di Lecce – coinvolti nei trasferimenti decisi con la cessione di ramo d’azienda a Stampa Roma.
(da Il Fatto quotidiano)
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Dicembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
ONLINE SONO IN VENDITA MAGLIETTE, GIUBBOTTI, ADESIVI E DECORAZIONI NATALIZIE CON IL FACCIONE DEL KILLER E RICHIESTA DI LIBERAZIONE: “FREE LUIGI”
L’anonimo McDonald’s di Altoona, Pennsylvania è diventato così popolare da venire inondato di recensioni online: tutte negative. «In cucina girano i ratti – ha scritto uno – viene la nausea solo a pensarci». «Posto orribile e gente sgradevole, non andateci», aveva commentato un altro.
Qui è dove un dipendente ha segnalato alla polizia Luigi Mangione, seduto al tavolo mentre faceva colazione, sospettato di essere il killer del ceo del colosso delle assicurazioni sanitarie. Per milioni di americani è stata la fine della fuga del “punisher”, il giustiziere del sistema avido della sanità.
Intanto è nato un merchandising del crimine. Su piattaforme online come Etsy, TikTok Shop e eBay sono in vendita magliette, giubbotti con cappuccio, adesivi e decorazioni natalizie dedicate al killer
Le parole incise sui proiettili usati per l’omicidio – nega, difendi e deponi – sono finite anche in una canzone messa in rete su Youtube. Sui social è circolato un post – risultato falso – in cui Elon Musk difendeva la vittima e confessava di essere sorpreso dalla reazione del web, capace di trasformare in “eroe” un assassino. Musk, che commenta tutto, non aveva ancora scritto niente sull’omicidio. Dal momento dell’arresto l’account Instagram di Mangione è passato da ottocento a ventimila follower, prima di essere oscurato, mentre l’hashtag #Free-Luigi è diventato trend e, anche quello, stampato sulle magliette.
Sui social sono apparsi post in cui si accusa la polizia di aver fabbricato prove false per incastrare Mangione.
Sui social, negli ambienti zillennial e millennial, la storia dell’assassinio a sangue freddo dell’amministratore delegato di UnitedHealthcare, cinquantenne padre di due ragazzi, è stata accolta con qualcosa in più della solita ironia generazionale, ma quasi con giubilo. Se la storia dell’omicidio venisse solo raccontata tramite la lente dei meme che hanno invaso Internet, il ventiseienne sospettato numero uno Mangione ne uscirebbe come un attraente vendicatore, un Robin Hood della Gen Z, un eroe che combatte contro lo strapotere ultracapitalista delle compagnie di assicurazione medica che per il profitto lasciano morire i pazienti oncologici
Alcuni dipingono l’italo-americano del Maryland come un Gavrilo Princip che ha appena dato il via alla lotta di classe armata contro i megaricchi.
Alcuni infermieri e medici intervistati dai giornali hanno detto: “Non posso provare simpatia per Thompson”. Alcuni gamer hanno ricreato la scena dell’assassinio in videogiochi come Gta e Doom. Nei post su Facebook si passa da posizioni marxiste di critica alle aziende di assicurazione che “fanno i soldi sui malati, lasciandoli morire” agli apprezzamenti per il fisico scolpito dell’assassino Mangione, dalla sua passione per i Pokemon e il surf fino ai paragoni con il Luigi dell’universo di Super Mario. Altri, da destra, vedono le azioni di Mangione come il prodotto, portato all’estremo, delle università Ivy League “woke”, quelle con i campeggi pro pal e i corsi intensivi sull’anticolonialismo.
Questo clima di esaltazione e pubblica lode per Mangione, che trova nel meme anonimo o semianonimo un modo per rappresentarsi senza conseguenze, ricorda quello intorno alla morte dei cinque turisti miliardari nel mini-sottomarino Titan, esploso sott’acqua nel giugno 2023. E poi la celebrazione delle orche assassine che, negli ultimi anni, sembrano prendersela con gli yacht dei ricconi, affondandoli, anche loro paladine anticapitaliste. Se Biden grazia Mangione, ha scritto qualcuno su X, diventerà il presidente più amato della storia.
(da la Repubblica)
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Dicembre 13th, 2024 Riccardo Fucile
NONOSTANTE L’INTENSIFICARSI DI DISASTRI LEGATI ALL’ACQUA, COME INONDAZIONI E TEMPESTE, IL 77,6% DELLE TERRE EMERSE È DIVENTATO PERMANENTEMENTE PIÙ SECCO… A DIFFERENZA DALLA SICCITA’, CHE È UN FENOMENO OCCASIONALE, L’ARIDITA’ HA IMPLICAZIONI DISASTROSE PER L’AGRICOLTURA E LE PERSONE
Più di tre quarti delle terre emerse sono diventati più aridi negli ultimi 30 anni: una
trasformazione drammatica dovuta all’emissione dei gas serra che coinvolge oggi 2,3 miliardi di persone. A dirlo è il rapporto pubblicato della Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione ed agli Effetti della Siccità, in svolgimento a Riad, che sottolinea che entro fine secolo il numero di persone in zone aride potrebbe salire a 5 miliardi.Nonostante i tanti recenti disastri legati all’acqua, come inondazioni e tempeste, si siano intensificati in molte parti del mondo, i dati pubblicati dal rapporto indicano che in realtà il 77,6% delle terre emerse sono diventate permanentemente più secche negli ultimi decenni, ossia una crescita di 4,3 milioni di chilometri quadrati pari a poco meno della metà dell’Europa.
Si tratta di un passaggio duraturo (ben diverso dalla siccità che è invece un fenomeno occasionale) di territori definiti ‘umidi’ a ‘zone aride’, una trasformazione con implicazioni disastrose per l’agricoltura, gli ecosistemi e le persone che ci vivono. “Per la prima volta – ha detto Ibrahim Thiaw, Segretario esecutivo dell’Unccd – la crisi dell’aridità è stata documentata con chiarezza scientifica, rivelando una minaccia esistenziale che colpisce miliardi di persone in tutto il mondo. I climi più secchi che ora interessano vaste terre in tutto il mondo non torneranno a essere come prima e questo cambiamento sta ridefinendo la vita sulla Terra”.
Le aree particolarmente colpite dalla tendenza alla siccità includono quasi tutta l’Europa (il 95,9% del suo territorio), parti degli Stati Uniti occidentali, il Brasile, parti dell’Asia (in particolare l’Asia orientale) e l’Africa centrale. E mentre il pianeta continua a riscaldarsi, le proiezioni dei report nello scenario peggiore suggeriscono che fino a 5 miliardi di persone potrebbero vivere in zone aride entro la fine del secolo. “Man mano che vaste aree del territorio mondiale diventano più aride – ha commentato Barron Orr, responsabile scientifico dell’Unccd – le conseguenze dell’inazione diventano sempre più gravi e l’adattamento non è più un optional, ma un imperativo”.
(da agenzie)
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