Destra di Popolo.net

“PAOLO BORSELLINO POCO PRIMA DI MORIRE AVEVA DETTO CHE ERA PROSSIMO AD ARRESTARE IL PROCURATORE GIAMMANCO, ALL’EPOCA A CAPO DI PALERMO”

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

LA RIVELAZIONE, IN UN’INTERVISTA AL TG1, DI CARMELO CANALE, UFFICIALE DEI CARABINIERI COLLABORATORE STORICO DI PAOLO BORSELLINO E OGGI IN PENSIONE … PARLANDO DELL’AGENDA ROSSA DEL MAGISTRATO, MAI RITROVATA, CANALE AFFERMA CHE CON QUANTO C’ERA DENTRO “OGGI AVREMMO VISTO E CAPITO COSA SCRISSE BORSELLINO POCHI GIORNI PRIMA DI MORIRE”

“Certamente Borsellino poco prima di morire aveva detto che era prossimo ad arrestare il procuratore Giammanco”, all’epoca a capo di Palermo. Lo ha detto, in un’intervista al Tg1, Carmelo Canale, ufficiale dei carabinieri collaboratore storico di Paolo Borsellino e oggi in pensione. Parlando dell’agenda rossa del magistrato, mai ritrovata, Canale afferma che con quanto c’era dentro “oggi avremmo visto e capito cosa scrisse Borsellino pochi giorni prima di morire”.
L’ex carabiniere, inoltre, ha preparato una raccolta di appunti di Borsellino presi da un’altra agenda e presto li consegnerà alla commissione Antimafia. Con lui, al Tg1, c’è anche la figlia, a cui la famiglia Borsellino ha donato la borsa che il magistrato lasciò in macchina il giorno dell’attentato di via D’Amelio e all’interno della quale ci sarebbe stata l’agenda rossa. “Sono orgogliosa di poterla mostrare a tutti – ha detto – è un simbolo che trasmette legalità e abnegazione per il lavoro e grande
umanità”.
(da agenzie)

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I RUSSI NON RIESCONO A SFONDARE LA LINEA DIFENSIVA UCRAINA, ECCO PERCHE’ HA RICOMINCIATO A BOMBARDARE PESANTEMENTE: AVANZANO MA DI POCO E CON UN ELEVATO COSTO IN VITE UMANE: 1300 SOLDATI AL GIORNO

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

E’ LO SCENARIO DELINEATO DA UN RECENTE RESOCONTO DELLA NATO… NEL 2024 LA CRESCITA DEL PIL RUSSO ERA INTORNO AL 4%, NEL 2025 SI RIDURRA’ ALL’1% … IL 32% DELL’INTERO BILANCIO NAZIONALE È DEDICATO ALLA GUERRA … IL FONDO SOVRANO RUSSO ERA DOTATO PRIMA DELL’ATTACCO ALL’UCRAINA DI 150 MILIARDI DI DOLLARI. ORA È DI 37 MILIARDI – SECONDO LE PREVISIONI NATO, MOSCA POTRÀ SOSTENERE IL CONFLITTO COSÌ SOLO FINO AL 2027

I russi non riescono a sfondare davvero la linea difensiva ucraina, avanzano ma di poco. Con un costo in vite umane elevatissimo: circa 1300 soldati al giorno. E con le scorte di veicoli militari in esaurimento. Il risultato è che «non c’è una vera svolta».
In un recentissimo resoconto della Nato si trova la spiegazione più chiara dei motivi per cui Mosca ha ricominciato a bombardare pesantemente l’Ucraina.
Come ha fatto stanotte attaccando il Paese su vasta scala: da Kiev a Leopoli, da Zaporizhzhia a Ivano-Frankivsk. L’analisi dell’Alleanza Atlantica è che fino ad ora il Cremlino ha «pochi guadagni territoriali, molte vittime e nessun successo nell’accerchiamento». Per questo sta dirottando lo sforzo verso il bombardamento dall’alto.
Non solo. Al quartier generale di Bruxelles sono convinti che comunque la linea di difesa di Kiev non crollerà. E per di più i numeri a disposizione della Nato non mostrano una buona condizione di salute complessiva della Russia.
Intanto perché le scorte “sovietiche” di carri armati sono ormai esaurite. E per penetrare nel territorio hanno iniziato a usare addirittura le motociclette. Per scelta tattica – l’agilità dei mezzi a due ruote sul terreno accidentato – ma anche per necessità.
Dall’inizio dell’anno, poi, i russi hanno perso una media di 1300 uomini al giorno, oltre 200 mila in totale. Complessivamente dall’inizio del conflitto i decessi hanno superato il milione di unità, di cui 250 mila in azione.
Sostanzialmente hanno sacrificato 167 uomini per ogni chilometro quadrato conquistato. Hanno perso oltre 5 mila veicoli da combattimento. Anche se adesso hanno rimesso in piedi una produzione rapida di veicoli corazzati da combattimento: 183 al mese.
Ma non basta. Per questo stanno indirizzando le forze nei cieli. Hanno aumentato la produzione di missili balistici e gli acquisti
dello stesso tipo di armi dalla Corea del Nord.
L’industria bellica si sta concentrando anche nella produzione di droni: ne riesce a costruire 500 al giorno.
Vanno poi considerati due aspetti: è prevedibile che Teheran, impegnata nello scontro con Israele, riduca le sue forniture; e che ad aprile la difesa ucraina ha intercettato e distrutto il 90 per cento dei droni russi. A febbraio la percentuale era addirittura del 98.
Poi ci sono i dati economici: nel 2024 la crescita del pil era intorno al 4 per cento. Gli uffici dell’Organizzazione Atlantica prevedono che nel 2025 si riduca a un quarto: 1 per cento.
Un crollo evidente. Il 32 per cento dell’intero bilancio nazionale è dedicato alla guerra e con ogni probabilità questa percentuale salirà presto al 40.
Prima del 2022 le risorse dedicate alla difesa erano invece il 14,5 per cento del budget annuale.
C’è poi un numero che colpisce: il Fondo sovrano russo era dotato prima dell’attacco all’Ucraina di 150 miliardi di dollari. Ora è di 37 miliardi. Segno che il Cremlino rastrella risorse un po’ ovunque. Tanto che, secondo le previsioni Nato, Mosca potrà sostenere il conflitto così solo fino al 2027.
(da agenzie)

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IL CASO ALMASRI NON E’ CHIUSO, LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE CHIEDE IL DEFERIMENTO DELL’ITALIA

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

A INGUAIARE IL GOVERNO LA RICOSTRUZIONE FARLOCCA DI NORDIO

Lo chiedono nero su bianco. Sul caso Almasri «deve esser aperta una constatazione formale di inadempimento e della questione si discuta all’Assemblea degli Stati parte o al Consiglio di sicurezza dell’Onu».
Lo prevede la procura della Corte penale internazionale in 14 pagine di osservazioni, oggi riportate da Repubblica in un pezzo a firma di Alessia Candito.
A inguaiare il governo la versione del ministro Nordio all’Aja
L’Italia per i magistrati non poteva fare valutazioni, ma non ha consultato la Corte lo ha riportato a casa senza sequestrare i suoi effetti personali.
Non solo, sul caso il governo Meloni non ha dato «alcuna spiegazione valida, né una giustificazione» valide. Anzi, con la memoria fornita ha dato altri spunti per individuare altre inadempienze, tra cui il «ritardo di tre mesi nella comunicazione di una richiesta di estradizione presumibilmente concorrente proveniente dalla Libia».
Secondo quanto dichiarato da Nordio Almasri sarebbe stato riconsegnato a Tripoli perché sotto indagini per circostanze simili a quelle previste per la Cpi. Ma il 20 gennaio, quando a Roma sarebbe stata ricevuta la presunta richiesta di estradizione, né l’Italia, né la Libia avessero idea delle accuse su lui. «La Libia — conclude la Corte — non era in grado di sostenere con sincerità che le stesse accuse fossero oggetto di indagini interne» e l’Italia non avrebbe dovuto «accettare passivamente la tesi» senza contro verificare.

(da agenzie)

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IL “BONUS ZAIA” PER I DISOCCUPATI, FINO A 700 EURO AL MESE ANCHE A PENSIONATI E RICHIEDENTI ASILO

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

COSI’ PAGA I CORSI DI ITALIANO CON I FONDI EUROPEI… MA NON ERANO I SOVRANISTI A CRITICARE IL REDDITO DI CITTADINANZA?

A raccontarlo è il Fatto Quotidiano. Per accedere a queste otto mensilità basta non avere un lavoro e iscriversi ai Centri per l’impiego. L’età non è nemmeno presa in considerazione
Se il Reddito di cittadinanza per Luca Zaia era la misura dei fannulloni – «Solo a chi ne ha davvero bisogno, gli altri si trovassero un lavoro», diceva – in Veneto hanno trovato immediatamente un’alternativa altrettanto valida.
Ironia della sorte, si tratta di quello che ormai volgarmente nel Nord-Est è definito “bonus Zaia”: fino a 700 euro al mese per chiunque sia iscritto ai Centri per l’impiego, sia disoccupato e partecipi a corsi di formazione o politiche attive del lavoro.
Un aiuto che, come scrive Franz Baraggino oggi su Il Fatto Quotidiano, arriva direttamente dai fondi messi a disposizione da Bruxelles e che il presidente del Veneto ha messo a disposizione di tutti. Anche perché, rispetto ad altre misure, l’Isee limite per accedervi è triplo.
Le «maglie larghe» del bonus Zaia
Pensionati, migranti e disoccupati di ogni genere: il bonus Zaia è già finito nelle tasche di tantissime persone, perché ha dei criteri che dagli stessi Cpi definiscono «a dir poco larghi». Lo scopo è chiaro: incentivare formazione professionale e ricerca occupazionale.
Si pesca dai 70 milioni del Fondo sociale europeo, per l’occasione trasformati in bonus da 300 a 700 euro al mese da concedere per un massimo di otto mensilità. Cifre erogate direttamente dall’Inps sul conto corrente e che sarebbero cumulabili con le indennità di disoccupazione, l’assegno di inclusione e il Supporto formazione e lavoro.
Insomma, come spiega Il Fatto, una coppia con Isee entro i 27mila euro ne riceverà 1.400 e potrà sommarli, ad esempio, alla Naspi ma anche ai 350 euro a testa del Supporto formazione e lavoro. Cioè quell’aiuto che, con gli stessi obiettivi ma a livello nazionale, solo ci ha un’Isee molto inferiore alla «soglia
Zaia» può ricevere.
Pensionati e richiedenti asilo: «L’iscrizione non ha limiti»
Anche la procedura di accesso è a dir poco semplificata: «Basta iscriversi al Cpi ed essere disoccupati al momento della richiesta». «Anche un ragazzo ricco può richiederlo, e se ha un fratello minore di 14 anni il bonus sale subito a 450 euro: un’interpretazione altrettanto generosa dei carichi di cura familiari». Poi l’unico ostacolo alla prima mensilità è un corso di accesso, cioè «un webinar di orientamento di un’ora». Ed ecco che – raccontano dai Cpi – iniziano ad arrivare le richieste da parte dei pensionati: «L’iscrizione ai Cpi non ha limiti, nemmeno di età, e se la misura non ne prevede questo è il risultato», ha spiegato un’operatrice.
Ma oltre ai pensionati, anche i richiedenti asilo hanno diritto al bonus Zaia. Invece che l’indennità da 3,5 euro al giorno per le lezioni di italiano nei Centri per l’istruzione degli adulti, avranno una vera e propria mensilità e corsi di italiano presso enti privati accreditati.
(da Open)

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LITE SOCIAL TRA LA RUSSA E CALENDA DOPO IL PRIDE DI BUDAPEST

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

CALENDA: “IO DI BUSTI IN CASA HO SOLO QUELLI DELL’ANTICA ROMA, NESSUNO DI STERMINATORE DI EBREI”

È uno scontro senza esclusione di colpi quello tra Ignazio La Russa e Carlo Calenda. Un battibecco social che si gioca sul filo dei busti marmorei, di fascismo e comunismo, delle accuse di «dimenticanze» e di rivendicazioni. E che pone le sue radici ben lontano da Roma, per la precisione in quella Budapest dove il leader di Azione ha partecipato alla storica marcia del Pride sfidando il divieto «autoritario» del premier Viktor Orban.
Ad affondare per primo il colpo, per la verità in maniera abbastanza generica, è stato proprio il presidente del Senato: «Chissà se qualcuno dei politici italiani presenti in questi giorni in Ungheria, asseritamente in difesa della libertà di espressione, si sarà ricordato di portare almeno un fiore ai martiri che nel 1956 diedero la vita per la libertà senza aggettivi contro i carri armati comunisti. Chissà».
Il botta e risposta: «Butta la statua di Mussolini»; «Egocentrico»
La replica di Carlo Calenda è arrivata rapida e pungente, sempre a mezzo social: «Caro ⁦Ignazio La Russa, ti è andata male. Sono andato a rendere omaggio al monumento ai martiri del ’56 prima del Pride. Ritenta. Magari dopo che avrai buttato la statua di Mussolini. Lezioni su anti autoritarismo da te anche no».
Da Facebook e Twitter, lo scontro si sposta su Instagram. È qui che La Russa torna ad accusare, questa volta dicendo nome e cognome, Carlo Calenda a cui non vengono risparmiati nomignoli e allusioni: «Sei davvero così egocentrico da non capire che il mio post non era scritto pensando a te (mi ero perfino dimenticato che anche tu eri andato in Ungheria) ma a chi non ha mai condannato i comunisti italiani che appoggiarono
l’invasione sovietica a Budapest», si legge su una storia. «Dovevi chiedere di accompagnarti – prima del Pride – a chi era con te a manifestare tra giornalisti e tv. Ah dimenticavo: mai avute statue a casa mia. Tuo padre te ne ha lasciate? Tu le avresti buttate?».
L’ultima replica di Calenda: «Ho busti in casa? Sì, dell’antica Roma. Nessuno sterminatore di ebrei»
A onor del vero, una statua del Duce – per quanto non una gigantografia – è ben noto che si trovasse a casa del presidente del Senato nel 2018 e lui stesso ha raccontato di averla affidata alla sorella. Calenda a questo punto non sembra trattenersi più e
torna con un ultima stoccata, forse definitiva: «Ignazio, hai parlato di parlamentari. Dovresti farlo con maggiore prudenza», puntualizza rispondendo alle accuse di egoismo. E poi sulla questione più artistica: «Mi chiedi se avrei buttato un busto di Mussolini regalo di mio padre, io ti chiedo come non farlo dopo aver visitato il binario 21. Dopo essere entrato nei carri bestiame dove venivano accalcati dai fascisti agli ordini di Mussolini i bambini ebrei. Non lo comprendo». Un messaggio a cui aggiunge due chiose. Una sotto forma di post scriptum: «Ps. Sì, ho alcune statue: un uomo politico di epoca repubblicana romana; un Gemito di discreta bellezza. Nessuno sterminatore di ebrei». Una seconda sotto forma di foto, per certificare la visita al monumento ai martiri del ’56.
(da agenzie)

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AMNESTY INTERNATIONAL UNGHERIA: “LE PAROLE DI ORBAN SUL PRIDE MOSTRANO IL PANICO DEL GOVERNO”

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

IL SERVO DI PUTIN CHE DEFINISCE “RIPUGNANTE” L’EVENTO MENTRE PERMETTE LE SFILATE NEONAZISTE E’ LA VERGOGNA DELLA STORIA DEL PAESE, UN TRADITORE DEI MARTIRI UNGHERESI

All’indomani del Pride più partecipato di sempre a Budapest, mentre Orbán ha detto ai suoi sostenitori di aver trovato gli eventi del Pride “ripugnanti e vergognosi”, Fanpage.it haintervistato Aron Demeter, 39enne direttore della comunicazione e delle campagne di Amnesty International Ungheria.
Viktor Orban ha appena definito il Pride di ieri “vergognoso”, cosa risponde Amnesty International che ieri ha presidiato tutto il corteo?
Secondo noi è un commento ridicolo, che mostra chiaramente il panico del governo in questo momento. E un commento che non renderà sicuramente Orban più simpatico a 200mila persone.
Quali sono le sue impressioni rispetto a ieri?
Penso che ieri sia stato davvero un momento storico. Quasi 200.000 persone hanno marciato per le strade di Budapest: è stato il Pride più grande di sempre nella capitale, ma probabilmente anche la manifestazione più grande in Ungheria, o almeno dalla transizione democratica in poi. Siamo molto soddisfatti di come è andata. Siamo molto felici che non ci siano stati episodi di violenza, né da parte dei contro manifestanti né della polizia. In generale è stata una bellissima giornata, ed è stato bello essere ungheresi e sfilare al Pride di Budapest.
Pensa che ci saranno conseguenze legali per chi ha organizzato il Pride? E nel caso in cui si verifichino, Amnesty o altre organizzazioni offriranno supporto legale?
Personalmente non credo ci saranno conseguenze legali. Penso che per il governo sarebbe politicamente troppo rischioso. Ma se dovesse accadere, le organizzazioni per i diritti umani – compresa Amnesty – sono pronte a offrire assistenza legale a chi dovesse avere problemi.
Sappiamo che a settembre Orbán promuoverà una nuova legge “sulla trasparenza”, che sarà molto dannosa per la stampa libera e per le ONG attive nel Paese. Può spiegare di che legge si tratta e quali potrebbero essere le conseguenze?
In sostanza, questa nuova legge rappresenta un ulteriore passo nella campagna del governo ungherese contro le ONG e i media indipendenti, una campagna che va avanti da più di dieci anni. Probabilmente è il passo più grave e significativo fatto finora. L’obiettivo è mettere a tacere tutte quelle istituzioni e organizzazioni indipendenti che, a detta del governo, “influenzano la vita pubblica” grazie a finanziamenti esteri. Questi fondi esteri potrebbero essere anche solo 10 euro da un altro Paese, o una sovvenzione dell’Unione Europea. In pratica vogliono fermare il lavoro della stampa libera, che altrimenti potrebbe denunciare casi di corruzione, violazioni dei diritti umani, o semplicemente raccontare cosa accade nel Paese. Vogliono anche fermare le ONG che si occupano di anticorruzione e diritti umani, soprattutto perché di solito difendiamo le persone che vanno contro il governo e lottiamo per un mondo in cui i diritti siano rispettati. E questo il governo
ungherese non può accettarlo.
Si può dire che la risposta degli ungheresi alla repressione dei diritti lgbtqia+ sia solo l’inizio di un movimento più grande?
Sì, penso – o meglio, spero – che sia l’inizio di qualcosa. Ieri è stato evidente che ci sono moltissime persone non solo pronte a sostenere la comunità LGBTQI, ma anche stanche dell’attuale governo e della situazione generale. La vera domanda – e la risposta è difficile – è se ci sarà qualcuno capace di raccogliere questa energia e portarla a un nuovo livello, con un nuovo obiettivo. Ma credo si possa dire con certezza che in Ungheria c’è una parte della popolazione che si è davvero risvegliata negli ultimi mesi e chiede un cambiamento. Se qualcuno saprà organizzare questa folla – o anche una folla più ampia – sarà una pessima notizia per il governo.
Come ungherese, sente che l’Unione Europea vi stia aiutando nella difesa dei vostri diritti fondamentali?
Sì, penso che dopo un po’ le istituzioni dell’UE si siano finalmente svegliate e abbiano iniziato a prendere più seriamente la situazione ungherese. Negli ultimi anni, le reazioni sono state relativamente rapide. Hanno avviato numerose procedure contro le azioni illegittime del governo e del parlamento ungherese. Quindi direi che, in generale, c’è una buona comprensione all’interno delle istituzioni europee di cosa stia facendo Orbán. Detto ciò, credo che in molti casi la reazione dell’UE – soprattutto della Commissione Europea – avrebbe potuto essere più forte. In situazioni in cui esisteva una minaccia concreta, come nel caso del possibile divieto del Pride o della legge sulla “trasparenza” di cui abbiamo parlato, non hanno
reagito con la dovuta serietà. Ci sono ancora molti strumenti a disposizione della Commissione che potrebbero essere usati contro il governo di Orban.
Come Amnesty International, pensa che si possa ancora parlare di democrazia in Ungheria?
Amnesty International in genere non classifica i Paesi in base a democrazia o autocrazia, ma sicuramente l’Ungheria non è una democrazia funzionante. Direi che è un Paese governato con forti tendenze autocratiche. Negli ultimi 15 anni, tutte le istituzioni indipendenti che dovrebbero bilanciare il potere sono state prese dal governo. Tutti coloro che dovrebbero denunciare abusi, corruzione e crimini – come le nostre organizzazioni o la stampa libera – subiscono attacchi continui da oltre 15 anni. Il governo ungherese è tristemente noto per le sue campagne d’odio contro vari gruppi sociali: persone LGBTQI, donne, rom, rifugiati, e altri ancora. Credo che l’Ungheria rappresenti un esempio molto chiaro di moderno regime populista e autocratico.
(da Fanpage)

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PRIDE A BUDAPEST, L’AVVOCATO CATHY LA TORRE A FANPAGE: “L’ITALIA POTREBBE ESSERE DOMANI L’UNGHERIA DI OGGI”

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

“IN UNGHERIA VIETARE IL PRIDE E’ STATO IL LIMITE OLTRE CUI UNA PARTE DELL’OPINIONE PUBBLICA HA DETTO BASTA”

“Orban non poteva non far fare il pride, non poteva fermare più di 200 mila persone, non poteva fermare i politici europei che sono venuti ieri a Budapest, ma adesso che i riflettori sono
spenti il rischio è che attiverà misure repressive post pride”, dichiara a Fanpage.it Rosario Coco, presidente di Gaynet e membro di Ilga Europe, la frangia europea dell’International Lesbian and Gay Association.
“Ieri eravamo presenti insieme a tante altre realtà italiane per i diritti Lgbtqia+, il Pride è stato un gran successo, ma quello che prevediamo avverrà adesso sarà una repressione subdola, attraverso multe, arresti e lo squadrismo fascista”, continua l’uomo.
Lo incontriamo in una Budapest deserta, una città che deve ancora riprendersi da quella che è stata la manifestazione arcobaleno più numerosa di sempre in Ungheria. Definito da Victor Orban un evento “vergognoso”, il Pride non ha ancora mosso nessun commento, invece, dalla nostra premier Giorgia Meloni, da sempre grande alleata del governo ungherese.
“La sfida per la comunità Lgbtqia+ adesso è cercare di rivendicare di aver vinto una scommessa ma soprattutto tutelare le persone che dall’Ungheria oggi non andranno via, coloro che vivono qui sotto la morsa delle politiche repressive di Orban. C’è un moto di popolo che si è reso conto della repressione di Orban, che va molto più in là dei diritti lgbtqia+, per questo è necessario che l’Unione Europea faccia quello che non ha fatto prima, che la Corte di Giustizia Europea contesti la validità della legge contro il Pride nei confronti dei trattati europei”, conclude Coco.
Ma Cathy La Torre, avvocata e famosa attivista italiana, sostiene che “anche se ci fosse una reale volontà dell’Unione, la Commissione Europea non ha gli strumenti per sanzionare Orban. Per esempio quasi nessuno sa che un Paese non può essere cacciato dall’Unione Europea, anche se diventa un Paese totalitario, antidemocratico, anche se avviene un golpe e a prendere il potere è una milizia, noi non abbiamo nel trattato istitutivo dell’Unione Europea una clausola che permetta l’estromissione di un Paese dall’Unione Europea. Un Paese può uscire dall’Unione solo se avviene volontariamente, e all’Ungheria ovviamente non conviene. L’Ungheria di Orbán mostra che l’Unione Europea ha delle lacune a livello costitutivo”.
Di fatto il mese scorso un gruppo di 17 Paesi membri dell’Unione europea ha elaborato una dichiarazione presentata alla riunione del Consiglio UE affari generali per esprimere i propri timori al divieto del Pride da parte dell’Ungheria, sottolineando che violava il diritto dell’Unione europea. La dichiarazione è stata sottoscritta da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia. L’Italia non ha firmato. Ma nessuna misura concreta è stata presa dall’Unione, tanto che il destino del Pride di ieri non è stato chiaro fino al suo completo svolgimento.
Un pride che ha visto la presenza, tra i numerosi e noti attivisti europei, anche di lei, Cathy La Torre. “Favolosità”, dice a Fanpage.it come unica parola per descrivere il trentesimo Pride di Budapest, “è stata favolosa la risposta del popolo ungherese, e di quello europeo. Ma oggi agli italiani dico: ‘occhio, che noi potremmo essere domani l’Ungheria di oggi”’.
“In Ungheria è da almeno cinque anni che i giornalisti, le voci critiche, gli opinionisti sono spiati dal governo (ndr spiati tramite Pegasus, uno spyware sviluppato dall’azienda israeliana di armi informatiche NSO Group, progettato per essere installato in modo nascosto e remoto sui telefoni cellulari con sistema operativo iOS e Android) . – Continua l’avvocata. – Noi stiamo nel mezzo di uno scandalo, quello di Paragon, di cui non parla praticamente nessuno ed è una cosa sconvolgente. Io stessa, che sono l’avvocata di Luca Casarini, sono stata sicuramente intercettata parlando con il mio assistito. Per me è una cosa sconvolgente come alcune persone possano essere spiate illegalmente da parte dei servizi segreti del governo e la gente non scenda in piazza. È una cosa inspiegabile. Qual è il limite oltre cui noi diremo basta? In Ungheria vietare il Pride è stato il limite oltre cui una parte dell’opinione pubblica ha detto basta. Questo è un fatto importante e significativo perché non era ancora mai avvenuto, nonostante Orban negli ultimi anni abbia fatto di tutto. Mi chiedo quale sarà il limite in Italia?”
Ma se il divieto di questo Pride è stato l’apice di dieci anni in cui Orban ha ristretto sempre di più lo spazio democratico nel paese, la risposta data ieri dagli ungheresi potrebbe essere l’inizio di un movimento di contestazione più ampio anche in vista delle prossime elezioni presidenziali che si svolgeranno ad aprile dell’anno prossimo. Elezioni che, tuttavia, vedono in Peter Magyar l’unico vero rivale di Orban. Il leader del partito conservatore “Rispetto e Libertà” (TISZA; Tisztelet és Szabadság Párt), il più grande partito di opposizione ungherese, che però non sembra professare ideali tanto diversi da quello
attualmente al governo. Insomma, da qualsiasi prospettiva la si guardi e nonostante il successo del Pride di ieri, la situazione dello stato di diritto in Ungheria resta molto controversa, e rischia di diventare un precedente ed un esempio per il resto delle destre di governo europee, compresa la nostra.
(da agenzie)

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SANITA’, BUFFET E FORMIGONI SHOW: “VOGLIO LA RIABILITAZIONE PER POTERMI CANDIDARE”

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

MA CERTO, MAGARI PURE UNA MEDAGLIA PER LA CONDANNA A 5 ANNI E 8 MESI PER CORRUZIONE, IN ITALIA FA CURRICULUM

Chiunque avesse avuto voglia di farsi ammaliare da una Trama fenicia, mercoledì sera aveva due possibilità: un qualunque cinema in cui gustarsi l’omonimo film di Wes Anderson, al debutto, oppure la residenza Cantalupo di Monza, teatro di un altrettanto visionario evento di Forza Italia alla presenza dell’ex governatore Roberto Formigoni, cos’altro se non aspirante fenice.
Già, perché l’omaggiatissimo Celeste, reduce da una condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione, si è rimesso in testa di fare politica. E ha pure qualche ragione, visto come il partito riunito a Monza lo coccola, lo applaude, lo sprona, lo sfama: “Grazie Roberto”, “Di là c’è il buffet”, “Se la Lombardia è un modello lo dobbiamo a te”.
Chi lo conosce lo sa, Formigoni non è tipo da farsi pregare. In questo mercoledì è ospite d’onore all’evento organizzato dal consigliere regionale Jacopo Dozio, capace di radunare oltre 200 persone per lanciare una nuova associazione (“Territorio e Sussidiarietà”, vecchi pallini ciellini del Celeste) e discutere di Istruzione e Sanità, e pazienza se somiglia al parlare di corda in casa dell’impiccato: è vero, Formigoni è finito in carcere proprio per gli scandali della sanità privata, ma qui ha i galloni del luminare.
Va da sé che il contesto galvanizzi l’ex presidente. Non è che sta facendo un pensierino a una candidatura? “Ho chiesto al mio avvocato di lavorare per farmi ottenere la riabilitazione – annuncia al Fatto – Sto aspettando novità, ma credo non ci
saranno problemi”. Calcolatrice alla mano, Formigoni ha finito di scontare la pena quasi due anni fa. Secondo la legge, dopo tre anni può chiedere la riabilitazione al Tribunale di Sorveglianza e, in caso di via libera, verrebbe meno l’interdizione dai pubblici uffici.
Appena in tempo per le Politiche del 2027: “Non ci ho ancora pensato, ma intanto voglio fare questo passaggio”.
Si capisce che allora è un po’ come essere già in campagna elettorale. Sul palco sfilano diversi big lombardi di FI, dall’europarlamentare Massimiliano Salini all’onorevole Fabrizio Sala, e tutti hanno una buona parola per l’amico Roberto, con derive in stile National Geographic: “La tenacia è la tua forza, e il tuo ruggito lo dimostra”, dice Dozio con enfasi da savana.
In effetti Formigoni a tratti assume sembianze leonesche, come quando nel mezzo del placido discorso di ringraziamento si scalda all’improvviso e alza la voce: “Noi siamo quella gente che la politica la prende seriamente!”. Ovazione.
Al simposio sulla Sanità partecipa financo Giulio Gallera, ex assessore al Welfare durante la pandemia. Ogni dieci minuti Formigoni trova un modo tutto suo per farsi i complimenti da solo: “Ho voluto partecipare al dibattito sull’istruzione perché sono stufo che tutti mi chiedano sempre di parlare di sanità. Formigoni è esperto anche di tanti altri temi”. L’uso della terza persona è ancora un vezzo irrinunciabile.
In particolare, per le scuole l’idea del Celeste sarebbe quella di replicare grosso modo il famoso modello lombardo della sanità, ovvero – appunto – della sanità privata, della sussidiarietà (“non
far fare al pubblico quel che può fare meglio il privato”) e di tutto il resto. Non è andata benissimo – neanche per Formigoni – ma nulla insospettisce l’ex presidente: “La scuola avrebbe bisogno di esperti esterni, anche se il problema è trovare i soldi. E poi dovrebbe essere collegata al mondo del lavoro, alle officine e alle aziende del territorio”. Un’alternanza scuola-lavoro paritaria, se non a vantaggio della fabbrica. Garantisce Formigoni, leone e fenice. Forse riabilitato, forse ricandidato.
(da ilfattoquotidiano.it)

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ALTRA TRAGICA DOMENICA SALVINIANA: RITARDI FINO A 4 ORE PER ALTA VELOCITA’, INTERCITY E REGIONALI

Giugno 30th, 2025 Riccardo Fucile

PROBLEMI SULLA ROMA NAPOLI, SULLA MILANO-BOLOGNA E A VERONA… TRENI FERMI SOTTO IL SOLE SENZA ASSISTENZA AI PASSEGGERI

Domenica di grossi disagi per la circolazione ferroviaria, fortemente rallentata sulla Roma-Napoli per un “inconveniente tecnico” a un treno Italo rimasto bloccato all’altezza di Anagni, nel Frusinate, intorno alle 17. I treni Alta velocità, Intercity e regionali sono arrivati a registrare ritardi fino a due ore, come segnalato sul sito di Trenitalia.
Il guasto, però, ha inevitabilmente avuto un impatto lungo tutta la linea. E i ritardi si sono accumulati con il passare delle ore, dai 60 minuti iniziali, agli 80; poi intorno alle 20.20, i minuti di ritardo sono stati 120 minuti, fino a raggiungere il picco delle 4 ore. Alle 22.30, è arrivata poi la comunicazione della ripresa graduale della circolazione.
Ancora disagi questa mattina tra Milano e Reggio Calabria con un Frecciarossa che viaggia con un ritardo di oltre due ore “per la prolungata preparazione in partenza” e la cancellazione di un convoglio tra Mantova e Roma.
Quello di Anagni non è stato però l’unico inconveniente tecnico che si è verificato ieri sulla linea Roma-Napoli, dove disagi si sono registrati anche nel primo pomeriggio, con ritardi di oltre un’ora.
In serata, il sito di Trenitalia informava di problemi tecnici anche a un treno nella stazione di Reggio Emilia AV con
ripercussioni sui treni Alta velocità Milano-Bologna, con ritardi anche di 40 minuti. Altre problematiche sono state segnalate a Verona Porta Nuova, sulla Milano-Venezia, con ritardi di 60 minuti.
Un incendio, inoltre, ha bloccato un Intercity Napoli-Frosinone all’altezza di Caianello, sempre nel pomeriggio, come ha denunciato il deputato di Avs, Francesco Emilio Borrelli.
“Ci hanno lasciato fermi per oltre un’ora e mezza sotto il sole, senza acqua né assistenza – ha detto una passeggera secondo quanto riferito da Borrelli -. Il treno è stato soppresso senza alcuna comunicazione chiara sulla nostra sorte. Ci è stato detto che un altro convoglio ci avrebbe portato a Venafro, ma era già pienissimo. La gente si è lanciata per entrare, ma non c’era spazio, non si respirava”.
“Siamo davanti all’ennesima vergogna che colpisce i viaggiatori delle ferrovie italiane – ha incalzato il parlamentare – treni soppressi, zero assistenza, caos e panico. I cittadini vengono lasciati soli, trattati senza alcun rispetto. È inaccettabile che il ministro Salvini parli ogni giorno del Ponte sullo Stretto, quando in realtà chi viaggia in treno subisce ogni pesanti disagi”.
(da agenzie)

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