A MATTARELLA LA SORA GIORGIA HA PROMESSO CHE CI SARANNO MODIFICHE AI PUNTI PIÙ DISCUSSI DEL DDL DI RIFORMA DELLA GIUSTIZIA (SOPRATTUTTO SULLA CANCELLAZIONE DEL REATO DI ABUSO D’UFFICIO)
POI, SI È LAGNATA PER L’IMPUTAZIONE COATTA DI DELMASTRO, MENTRE È APPARSA PIÙ FREDDA SUL CASO SANTANCHÈ
È il giorno della ritirata di Giorgia Meloni. Quanto tattica e utile soltanto a uscire dall’angolo, lo si capirà nei prossimi giorni. Un giovedì intenso iniziato con un contatto tra il Colle e Carlo Nordio, in cui il ministro offre al Quirinale una cauta disponibilità a ragionare di modifiche in Parlamento al disegno di legge sull’abuso d’ufficio. Proseguito con la sconfessione pubblica del Guardasigilli da parte di Palazzo Chigi. E terminato con il colloquio tra Sergio Mattarella e la Presidente del Consiglio.
Di fronte al Capo dello Stato, Meloni deve prendere atto della richiesta di evitare guerre con i giudici e di attestarsi su toni compatibili con una fisiologia sana tra poteri dello Stato.
E però, la leader consegna in qualche modo anche lo «stupore» per la gestione della Procura di Roma dell’inchiesta sul sottosegretario Andrea Delmastro. Con una partecipazione assai più “calda” alla vicenda di quella riservata invece al caso Santanché.
L’invito è dunque quello di evitare nuovi conflitti, che è anche precondizione affinché la moral suasion del Quirinale possa determinare un abbassamento generale dei toni. Pesano anche gli appunti tecnici sulle norme contenute nel provvedimento sull’abuso d’ufficio. Qualcosa cambierà, si impegna Meloni. Aprendo anche a un percorso di condivisione sulla separazione delle carriere.
Ma non basta. Da giorni, la leader confida ai suoi il fastidio per l’imputazione coatta di Delmastro. Fino allo sfogo in conferenza stampa a Vilnius. È colpita dalla gestione della Procura e, soprattutto, dalla decisione del gip. E si concentra anche su Magistratura democratica.
Sono tutte riflessioni che in qualche modo la presidente del Consiglio introduce nel colloquio. Dubbi che raccontano anche di una sindrome dell’assedio che domina ormai ai vertici dell’esecutivo. E che, al pari della nota con cui “fonti anonime” di palazzo Chigi hanno aperto la sfida contro la magistratura, non possono essere considerati un buon viatico da chi preme invece per una descalation.
Ma non è finita. Al Quirinale, la leader porta anche la linea lasciata trapelare sui giornali nei giorni precedenti. E dunque, ribadisce in sostanza la volontà di muoversi in autonomia […] senza lasciarsi condizionare dalle inchieste che investono alcuni membri dell’esecutivo. È, in sostanza, il senso di quel «non sono ricattabile » utilizzato sempre più spesso.
(da La Repubblica)
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