ALFANO MINACCIA LA CRISI DI GOVERNO E LUPI ASSEDIATO NON MOLLA
RENZI NON SI PUO’ PERMETTERE UNA CRISI E LUPI E’ IL REFERENTE DI CL
“Io non mi dimetto, voglio andare in Parlamento e riferire sulle scelte”.
Maurizio Lupi resiste, mentre attorno il pressing è insostenibile.
A Milano, la mattina, i fischi e qualche contestazione con battute sul “vestito comprato”.
Nel pomeriggio a Roma, in Parlamento, il saluto con Renzi è glaciale. Teso nel volto, il ministro ostenta sicurezza: “Sono tranquillo, il governo mi appoggia sicuramente”. L’obiettivo è arrivare a votare le mozioni di sfiducia la prossima settimana. Esattamente l’opposto di quello che vuole il premier: “Lupi deve fare un passo indietro perchè noi così non la reggiamo”.
Se si arriva al voto di fiducia a quel punto il governo è “costretto” a difenderlo: “Prima del voto di fiducia, Maurizio non molla” assicurano i big di Ncd che l’hanno sentito.
Proprio il voto di fiducia è l’oggetto del teso incontro con Renzi martedì sera a palazzo Chigi. Il premier usa bastone e carota: “Maurizio, io lo dico anche per te. C’è un problema di credibilità , sei indebolito da questa storia, come fai a gestire l’Expo e un ministero così delicato?”.
Ma Lupi, con accanto Alfano, è fermo: “Io non ho commesso reati. Se mi dimettessi è come se mi dichiarassi colpevole. Ma scusa: hanno indagato 50 persone. Vorrà dire qualcosa che non hanno indagato me?”.
È la partita della vita per Lupi. Che sente di avere un’unica strada: la difesa a oltranza. Le dimissioni, spiegano i suoi amici, “risolverebbero un problema per Renzi ma non per lui: sarebbe politicamente finito”.
E sarebbe morto Ncd, che perderebbe il suo ministero più pesante e il referente storico del serbatoio di voti di Comunione e Liberazione.
Dentro il partito avanza il fronte della linea dura, dei filo-berlusconiani come Nunzia De Girolamo e Fabrizio Cicchitto all’insegna del “Lupi o morte”.
In un capannello in Transatlantico Cicchitto è circondato di parlamentari: “La mia opinione è che se Renzi costringe Lupi alle dimissioni, a quel punto si apre la crisi di governo, nel senso che se non c’è Lupi devono uscire pure gli altri ministri e passiamo all’appoggio esterno”.
Ed è proprio lo spettro della crisi che aleggia anche a palazzo Chigi.
Per questo Renzi evita una dichiarazione pubblica che pure, nel corso del colloquio con Lupi, aveva minacciato. E sceglie la “moral suasion”.
Anche se il caso diventa sempre più imbarazzante, a mano a mano che escono nuovi particolari dell’inchiesta: le telefonate di Lupi sul figlio, il biglietto aereo alla moglie, tutto racconta di una situazione opaca e indigeribile per molti.
All’interno dell’entourage di Lupi raccontano però di una situazione meno drammatica di quello che appare: “Renzi — dicono — fa trapelare la pressione, ma sa benissimo che qua è in gioco il governo”.
Per capire quanto pesi Lupi bisogna riavvolgere la pellicola del nastro alla fine del governo Letta.
Spiega la fonte autorevole: “Quando stava per finire il governo Letta, Ncd salì sulle barricate, poi si placò. E si placò quando Alfano rimase all’Interno e Lupi alle infrastrutture. Anche allora Renzi avrebbe voluto cambiarli, ma non ci riuscì e scese a patti. Ncd è il partito personale di Alfano e Lupi e la loro presenza in quelle caselle era la condizione perchè si facesse il governo”.
E non è un caso che proprio oggi sia arrivata la dichiarazione di Alfano: “Lupi non pensa a dimissioni, chiarità in Parlamento”. E questa settimana, di qui al voto, si annuncia come un calvario.
Per tutti.
(da “Huffingtonpost”)
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