RENZI A LUPI: “SE NON LASCI NON TI COPRO”, MA IL MINISTRO NON MOLLA LA POLTRONA
ED E’ GIA’ INDAGATO IN SARDEGNA
Lo smacco c’è e si vede. E’ evidente in aula alla Camera, quando il ministro Maurizio Lupi prende la parola per il question time di fronte a banchi semi vuoti: ci sono solo i grillini a contestarlo e c’è il suo partito Ncd a difenderlo.
C’è Angelino Alfano che gli siede di fianco, al banco del governo: lo sostiene nella bufera scatenata dalle intercettazioni dell’inchiesta sulle tangenti per Expo e Tav.
C’è un po’ di Sel, ma ciò che più colpisce è il vuoto nei banchi del Pd: pochissimi deputati e nessun renziano di prima fascia.
La distanza tra il Partito Democratico e il ministro delle Infrastrutture è siderale. Matteo Renzi è costretto a ingoiare la resistenza di Lupi sulla poltrona del dicastero finito al centro dell’inchiesta. Il ministro non schioda.
Il premier tace in pubblico ma in privato mette in atto un altro forcing su Lupi per il passo indietro: stavolta nella difficile manovra di pressione viene coinvolta anche il ministro Boschi.
Sul piatto vengono offerti posti di sottogoverno a Ncd e anche i posti di giudice costituzionale ancora vacanti.
“Maurizio, hai due strade: o ti dimetti o vai avanti ma sappi che io non ti copro e, quando si voterà la mozione di sfiducia, io non posso garantire per le scelte del Pd”, gli ha detto il premier.
Niente da fare. Lupi non lascia. E allora Renzi prende tempo: fino all’informativa in aula, che alla Camera si terrà già venerdì, con il voto sulle mozioni di sfiducia presentate a Montecitorio da Sel e M5s da tenersi la prossima settimana.
Fino a quel momento, è la speranza dei renziani, gli sviluppi dell’inchiesta aiuteranno il premier a sciogliere la pratica Lupi.
Il quale però è già indagato dalla procura di Tempio Pausania, in Sardegna, per la nomina dell’ex senatore del Pdl Fedele Sanciu all’autorità portuale di Olbia. Un’inchiesta che lambisce quella della procura di Firenze su Expo e Tav.
Un altro eventuale avviso di garanzia potrà cambiare la posizione di Lupi al governo? Per ora, è escluso che il premier gli chieda il passo indietro pubblicamente: troppo grande il rischio di una crisi di governo con Ncd.
Nemmeno Renzi se la può permettere.
Per questo, in pubblico, meglio il silenzio su Lupi, lasciando trapelare però tutto il pressing in corso per far maturare un gesto ‘volontario’ di dimissioni.
E negli incontri non pubblici ma istituzionali, meglio dissimulare. La drammatizzazione, del resto, non è nelle corde del presidente del Consiglio.
E così, anche oggi, quando è stato costretto a sedersi a tavola anche insieme ad Alfano – al Colle al pranzo con Sergio Mattarella alla vigilia del consiglio europeo di domani – Renzi ha dissimulato.
Nessun gelo manifesto, nessuna tensione esibita. Piuttosto battute sui “governi di coalizione”, offerte del resto dal menu del giorno: la politica estera con i suoi esempi di esecutivi di unità nazionale in Grecia e possibilmente anche in Israele, dopo le elezioni di ieri.
Battute tra il premier e il ministro dell’Interno. E davanti a Mattarella, l’esibizione dell’operato di un governo che va avanti nonostante tutto, che farà minor uso della decretazione d’urgenza, come avrebbe spiegato al pranzo il ministro Boschi, presenza inconsueta ai pranzi pre-consiglio Ue insieme a Delrio, che pure oggi c’era.
Perchè l’appuntamento di oggi al Quirinale (c’erano anche i ministri Padoan, Guidi, Gentiloni, il sottosegretario Gozi) è servito quasi da ‘pit stop’ del governo con il nuovo capo dello Stato Mattarella, che si è insediato nemmeno due mesi fa.
Di Lupi, al pranzo, nemmeno una parola.
Del resto, è difficile che questioni così delicate rientrino in consessi estesi a più di due-tre persone.
E non c’è stato nemmeno il tempo per un breve colloquio a due tra Renzi e Mattarella, in quanto l’agenda fitta del presidente del Consiglio gli ha permesso di arrivare al Colle solo all’ultimo momento.
In mattinata, infatti, ha riferito al Senato sul Consiglio Ue, poi l’incontro con il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, poi il pranzo quirinalizio, poi a Montecitorio per riferire sul Consiglio Ue, dopo il question time di Lupi.
E’ qui che si sente più gelo, qui si sente più freddo nei rapporti tra Pd ed Ncd.
Tanto per iniziare, appena arriva Renzi, al banco del governo si siedono quasi tutti i ministri, ma Lupi si alza e se ne va. Inopportuno restare. Alfano resta. Renzi prende la parola: “L’incantesimo si è rotto: non c’è più l’idea di una politica che non decide”.
Ma su Lupi si aspetta, pur di fronte alle nuove intercettazioni che parlano di regalie anche per la moglie, oltre che il Rolex e il posto di lavoro al figlio.
Tutto omaggio del ‘Sistema’ descritto nell’inchiesta dei pm di Firenze. “Naturalmente non potremo che respingere la mozione di sfiducia dell’opposizione contro Lupi”, si sbilancia il vice capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato in Transatlantico.
“Da che mondo è mondo, un governo non può non difendere un proprio ministro al momento del voto su una sfiducia chiesta dall’opposizione — aggiunge – Il punto però è quello che succede prima”.
Se succede, se maturano novità che costringano Lupi a lasciare. Ma anche qualora gli arrivasse un avviso di garanzia, ragionano nel Pd, sarebbe difficile per il premier giustificare una richiesta di dimissioni, in quanto al governo ci sono già dei sottosegretari indagati cui nessuno gli ha mai chiesto di lasciare il posto: Barracciu, Del Basso De Caro (il cui nome emerge anche dalle intercettazioni sull’Expo), De Filippo e Bubbico.
E’ materia che dà a Lupi la forza di resistere. Lupi che pure è già indagato in Sardegna per un’inchiesta che lambisce, almeno nel merito e nei nomi emersi, quella della procura di Firenze sulle tangenti per Tav ed Expo.
Renzi in giornata tenta il tutto per tutto, nelle trattative con Ncd. Usa anche la minaccia di non votare la fiducia a Lupi, se il ministro non si dimette prima.
Ma per ora non la spunta. Ncd fa quadrato intorno al ministro: se ieri ricordavano i casi giudiziari del padre di Renzi o l’affaire Banca Etruria per ‘papà Boschi’, oggi sono passati a rinfacciare le “sconvenienti” foto del ministro Poletti con i personaggi arrestati nell’inchiesta su ‘mafia capitale’.
Tutti casi in cui al governo non si è mossa una foglia.
Nemmeno la primavera in arrivo sembra muoverla su Lupi, per ora. Ma nel Pd sperano che la tempesta sfrondi l’albero prima che sia troppo tardi, prima del voto sulla mozione di sfiducia in aula.
Perchè a quel punto chi salverebbe Lupi?
(da “Huffingtonpost”)
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