ARMATA ROTTA: NOVE DEI BLOGGER MILITARI RUSSI CHE ERANO STATI (DA POSIZIONE ULTRANAZIONALISTA) CRITICI CON LA GESTIONE DELLA GUERRA, SONO FINITI NEL MIRINO DEL GENERALE GERASIMOV
ALCUNI (COME GIRKIN) SONO SCOMPARSI DA LUNEDÌ … INTANTO UN UFFICIALE DEL FSB E UN MERCENARIO DI WAGNER HANNO CHIESTO ASILO IN FRANCIA
Nove dei blogger militari russi più noti durante tutta la guerra russa in Ucraina, che su Telegram erano stati (da posizione ultranazionalista) critici con la gestione della guerra di Putin sono finiti nel mirino del generale Gerasimov, e alcuni (come Girkin) sono scomparsi da lunedì. Riferisce Mash che sono indagati da Roskomnadzor – l’autorità russa che vigila sulla telecomunicazioni e l’informazione – con l’accusa possibile di aver screditato le forze armate russe. L’indagine sarebbe stata avviata con il consenso del capo del General Staff, il generale Valery Gerasimov. La notizia viene confermata anche da Gazeta.ru.
Secondo qualcuno (per esempio il blogger militare Boris Rozhin), «Girkin è andato al fronte come parte di una delle formazioni di volontari (cosa vietata dal 2014»). Di sicuro però è anche lui nel mirino dell’autorità giudiziaria di Mosca.
I “milblog”, il mondo dei blogger militari russi, è stato in queste settimane di controffensiva ucraina una manna per la circolazione di informazioni non filtrate dalla censura del Cremlino o edulcorate dalla propaganda di stato russa, e per questo questi uomini sono stati spesso utilizzati da reporter e analisti occidentali come fonti, anche da La Stampa, perché raccontavano la guerra da un punto di vista russo ma, paradossalmente, dicendo la verità su quello che accadeva sul campo di battaglia.
Tra i blogger sotto inchiesta c’è appunto Igor Girkin, forse il più famoso di loro, l’uomo dell’oligarca Konstantin Malofeev nel Donbass nel 2014, accusato di aver dato l’ordine di abbattere l’aereo malese MH17 in Donbass, oggi un commentatore ultranazionalista molto critico con le debolezze militari dell’azione dell’esercito russo. Tra le altre figure sotto indagine ci sono Semyon Pegov (WarGonzo) e Vladlen Tatarsky – di cui, entrambi, La Stampa aveva ampiamente raccontato.
Altri indagati sono Yuri Podolyaka, Sergey Mardan, Igor Dimitriev, gli autori di GreyZone (un canale legatissimo alla brigata Wagner), Rybar (le cui cartine sulla rotta russa a Kherson sono state fondamentali per molti osservatori) e, all’improvviso, anche Kristina Potupchik.
Il contenuto dei loro canali sarebbe in queste ore analizzato dal Roskomnadzor per verificare la presenza di falsi, diffamazioni e altri elementi vietati e punibili.
L’indagine come detto parte da Gerasimov stesso, è gestita dalla Procura Generale e è condotta dal capo del dipartimento per la supervisione dell’esecuzione della legge sulla sicurezza federale, il terrorismo, l’estremismo e le relazioni inter-etniche. I blogger rischiano fino a tre anni di carcere.
Si tratta, giova ripeterlo, non di dissidenti o reporter critici con Putin, o reporter critici con l’aggressione all’Ucraina, ma di reporter o militanti ultra filorussi che hanno criticato la gestione concreta della guerra in Ucraina, spesso finendo su posizioni oggettivamente vicine a quella del mondo Wagner, di Evgheny Prigozhin.
Il che però inserisce una frattura in più dentro le tante scissioni nel potere russo che abbiamo raccontato in questi mesi. Pegov, di Wargonzo, ha raccontato che alcuni strani intermediari gli hanno offerto denaro per scrivere cose positive su singoli leader militari russi (probabilmente per fargli dire che si sono comportati bene sotto il fuoco ucraino).
Le parole di Pegov sono molto importanti, perché rivelano una delle modalità con cui agiscono i russi nella infowar a qualunque latitudine (anche in Italia): avvicinano blogger, free lance, e giornalisti amici, attraverso intermediari e figure non ufficiali.
Dice Pegov: «Sì, ci sono stati approcci attraverso intermediari con offerte finanziarie – per effettuare depositi a pagamento per glorificare alcuni leader militari, ma siamo contrari a questo approccio per una questione di principio. Non lodiamo né rimproveriamo nessuno per denaro. La nostra posizione, così come il nostro silenzio, non può essere comprata».
Un passaggio del post di Pegov (Wargonzo) in cui denuncia di esser stato avvicinato da intermediari che gli hanno offerto soldi per fornire un racconto edulcorato della situazione sul campo di battaglia
Tra l’altro, Pegov nota come la lista degli indagati sia eterogenea, e comprenda persino chi, come Rybar, «ha raccolto 200 milioni di rubli per aiutare il fronte (cioè, qualcuno nel Ministero della Difesa ha rubato e non ha rifornito il fronte – e lui ha raccolto e rifornito e ora è nella lista di quelli non affidabili». Noi, dice, serviamo «la Madrepatria nel modo più onesto possibile, quelli che dal fronte interno di un ufficio di Mosca scrivono certificati traditori su di noi – che lavoriamo in prima linea – sono pronti per questo? – grande domanda».
A confermare le fratture sempre più gravi dentro il sistema che ruota attorno al Cremlino, arriva un’altra notizia: un ufficiale dell’FSB e un mercenario della brigata “Wagner” (di Evgheny Prigozhin) hanno chiesto asilo politico in Francia, ha comunicato a The Insider il fondatore di Gulagu.net, il dissidente russo a Biarritz Vladimir Osechkin, di recente vittima di un tentato omicidio da parte di sicari russi.
«Aiuteranno – ha spiegato Osechkin – le indagini sui crimini di guerra della Russia e riveleranno gli schemi di corruzione dell’FSB e della “Wagner”».
(da La Stampa)
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