BERLUSCONI ASCOLTA I FALCHI E ANTICIPA IL CONSIGLIO NAZIONALE: SI VA VERSO LA CONTA
IN SERATA ALFANO DETTA I SUOI OTTI PUNTI VINCOLANTI, COMPRESO IL SOSTEGNO AL GOVERNO
Su Roma è appena calato il buio quando Silvio Berlusconi firma la convocazione del Consiglio nazionale del Pdl per il 16 novembre.
È la svolta tanto attesa dai falchi, è la resa dei conti per gli innovatori di Alfano.
Potrebbe essere scissione, e anche il governo risentirà dell’esito di quella che si preannuncia come una riunione drammatica.
Questo il senso di una accelerazione rispetto alla data originariamente prevista, l’8 dicembre, quando la Legge di Stabilità sarebbe già stata approvata dal Senato e quando sempre nell’aula di Palazzo Madama sarebbe già stata combattuta la battaglia sulla decadenza di Berlusconi.
Il Cn è formato da 800 componenti che dovranno confermare la decisione dell’Ufficio di presidenza del 25 ottobre sul passaggio dal Pdl a Forza Italia con tanto di azzeramento delle cariche nel partito, di fatto facendo fuori il segretario Alfano.
E infatti quella riunione era stata disertata dal vicepremier e dai suoi fedelissimi.
Berlusconi pranza a Palazzo Grazioli con i falchi, i lealisti di Raffaele Fitto.
È in quei minuti che matura la decisione finale, quella che i duri gli chiedono da giorni.
Dopo Matteoli affermerà : «Abbiamo deciso di tagliare la testa al toro». E Jole Santelli lascerà intendere cosa ribolle in pentola oltre alla sfida “dentro o fuori” ad Alfano: «Berlusconi potrà fare il capo della coalizione anche dai domiciliari».
Gli innovatori di Alfano reagiscono.
Formigoni annuncia che «a breve diffonderemo il documento con le nostre posizioni». Secondo l’ex governatore sarà firmato da una trentina di senatori.
Quagliariello aggiunge che «se non mettiamo ordine nel partito con la democrazia andiamo verso la rottura».
E in serata l’Ansa pubblica gli otto punti del documento: si parte con la conferma che il leader è Berlusconi e con il dovere di difenderlo «dall’uso politico della giustizia».
Segue il punto centrale, la richiesta di non far cadere il governo con un passaggio che fa capire che se Berlusconi si sgancerà loro continueranno a sostenerlo.
Le primarie per scegliere gli organigrammi del partito sotto al leader non vengono chieste esplicitamente, solo un accenno alla «meritocrazia».
Intanto al Senato va in scena l’ennesimo capitolo nella guerra per evitare la decadenza del Cavaliere.
Il Pdl aveva chiesto di convocare il Consiglio di presidenza per azzerare l’iter della decadenza, che sarà votata dall’aula il 27, asserendo che i tweet scritti dal grillino Crimi durante una riunione della giunta invalidano tutto.
Ma il presidente Grasso alla riunione chiarisce subito che il Consiglio non è competente a giudicare la faccenda. I berlusconiani escono allora dall’aula, facendo mancare il numero legale e impedendo di far concludere la seduta.
Alessandra Mussolini accusa: «Grasso non è imparziale». Gasparri ribadisce che «il voto in aula deve slittare».
Dagli uffici di Grasso filtra però che per il presidente «non esistono i presupposti per invalidare il voto della giunta, il caso — che era già stato affrontato dalla stessa giunta — è chiuso».
Ma Schifani prova a tenerlo vivo, chiedendo un nuovo Consiglio «per sapere qual è l’organo davanti al quale appellarsi».
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)
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