CACCIATI DALLA REGIONE PER “SPESE PAZZE” ORA SONO IN PARLAMENTO: LA STORIA DI SEI PARLAMENTARI PD
ERANO STATO COLPITI DAL REPULISTI DI ZINGARETTI, SI SONO RICICLATI TRA CAMERA E SENATO
Quarantadue indagati divisi in quattro “fasce di spesa”. Emergono nuovi numeri nell’inchiesta della Procura di Rieti che vede coinvolti cinque senatori e un deputato del Pd per le “spese pazze” nel triennio 2010-2012, quando tutti erano alla Regione Lazio.
Tra feste, multe, tornei di calcio, viaggi, cene con ostriche e champagne, murales al Quadraro, sarebbero stati spesi 2,6 milioni di euro.
In particolare, Mario Mei, l’attuale sindaco di Fiumicino Esterino Montino, Carlo Ponzo, e i senatori Francesco Scalia e Daniela Valentini avrebbero speso da 50mila a 100mila euro.
Più di loro – tra 100 e 150 mila euro – avrebbero speso Carlo Lucherini e Enzo Foschi. L’attuale deputato Marco Di Stefano, Claudio Mancini, Giuseppe Parroncini, Enzo Foschi, Mario Perilli, e gli attuali senatori Claudio Moscardelli e Bruno Astorre viaggiano su cifre da 150 mila a 260mila euro.
A Montino inqualità di presidente del gruppo e a Perilli, come tesoriere del gruppo, sono contestate spese per 270 mila euro.
«Non ho ricevuto nessuna comunicazione dalla procura di Rieti, non sono mai stato neppure interrogato, ma sono sereno» dice Astorre.
Nel 2013, quando Nicola Zingaretti fu candidato alla presidenza della Regione, pretese che il gruppo dei consiglieri uscenti fosse azzerato, considerandoli forse un possibile imbarazzo dopo la legislatura della Pisana che era finita sull’onda dello scandalo-Fiorito.
Ma cinque degli ex consiglieri regionali – Astorre, Valentini, Moscardelli, Lucherini e Scalia – sono poi arrivati in Senato, oltre a Di Stefano entrato alla Camera grazie alle dimissioni di Marta Leonori “arruolata” nella giunta Marino in Campidoglio.
«à‰ vero che Zingaretti – ricorda Astorre – chiese un radicale rinnovo di tutti i consiglieri del centrosinistra. Ma è anche vero che noi non perdemmo i diritti politici e ci fu permesso di essere candidati alle primarie per i parlamentari del 30 dicembre 2012, per essere sottoposti al giudizio dei cittadini. Fu deciso che potessero parteciparvi solo coloro che avevano votato alla consultazione precedente vinta da Bersani su Renzi per evitare l’inquinamento di altre forze politiche. Non fu facile riportare la gente a votare. Qualcuno rimase anche fuori e qualcuno è rientrato ».
Il riferimento è a Di Stefano. In quelle primarie Astorre conquistò il diritto a candidarsi. «Arrivai quarto o quinto, con circa 8 mila voti. Primo arrivò Fassina, poi Parenti e Tidei. Io avevo ricevuto un avviso di garanzia due mesi prima come vicepresidente del consiglio regionale per abuso di ufficio per la proroga del segretario generale. Poi sono stato assolto, anche se al rinvio a giudizio fu dedicato molto spazio sui giornali e all’assoluzione un trafiletto».
E comunque resta l’impressione di un paradosso.
Gli indagati di oggi erano stati “estromessi” dalla Regione e poi sono rientrati in una posizione ancora più “nobile”.
Astorre prova a rispondere: «La Regione è centomila volte meglio del Parlamento per me che ho sempre fatto politica nelle istituzioni locali. Anche per questo ho votato a favore dell’abolizione del Senato: la riforma ci porta finalmente a livello europeo. Qualcuno mi mise nella lista degli impresentabili alle elezioni: con il mio cognome dopo di me c’era sempre Berlusconi. Ci confrontammo anche nei circoli prima delle primarie, ma nessuno di noi aveva procedimenti giudiziari aperti e, soprattutto, non siamo stati catapultati ma sottoposti al giudizio del popolo. Io ho la coscienza a posto. La stragrande maggioranza di noi, se non tutti, saremo in grado di dimostrare la nostra innocenza».
Gabriele Isman
(da “La Repubblica”)
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