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LA CASTA RICORRE CONTRO I TAGLI AI VITALIZI: SONO 26 I RICORSI E TRA QUESTI SPICCANO BEN 15 LEGHISTI DELLA “PADAGNA DEL MAGNA MAGNA”

Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile

ALTRO CHE ROMA LADRONA, SONO I LEGHISTI A GUIDARE LA RIVOLTA CONTRO I TAGLI AI PRIVILEGI: 15 DEPUTATI DEL CARROCCIO, 7 DEL PDL, 3 DELL’ULIVO, 1 DI RIFONDAZIONE

Sono in tutto 26 i ricorsi presentati alla Camera contro i tagli ai vitalizi dei parlamentari.
Di questi, tre sono stati presentati da deputati in carica, un quarto si è dimesso a gennaio.
Spiccano per numero i leghisti: 15 ricorrenti vengono dal partito di Bossi, 7 dal Pdl (inclusi ex Fi e ex An), tre dall’Ulivo, uno dal Prc.
L’annuncio arriva da Giuseppe Consolo presidente del consiglio di giurisdizione della Camera, ossia l’organismo interno che risolve i contenziosi.
La prima seduta del consiglio per entrare nel vivo dei ricorsi è convocata per mercoledì 18 aprile alle 12.30.
Oggi c’è stata solo una riunione preliminare tra i tre componenti dell’organismo.
Per presentare ricorso contro i tagli ai vitalizi, i deputati (o ex) hanno comunque ancora tempo fino a sabato 4.
Gli onorevoli che si ‘ribellano’ contro il passaggio al contributivo e l’innalzamento dell’età  potrebbero quindi ancora aumentare.
‘Colpi di coda autolesionisti’. Si intitola così un corsivo del quotidiano dei vescovi ‘Avvenire’ dedicato ai costi della politica.
“Massima comprensione umana per il disagio personale che può aver spinto una pattuglia di deputati, in carica o ex, a tentare l’estrema resistenza contro la decisione di portare l’età  minima dei vitalizi degli onorevoli”.
Al di là  della pietà  cristiana che andrebbe magari indirizzata a chi vive con la pensione sociale di 400 euro, resta il fatto che le truppe padagne, quelle che si abbeverano di ideali alle falde di Monviso e si dissetano alle sacre acque inquinate del Po, quando si tratta di arraffare poltrone, dobloni e privilegi sono sempre in prima fila.

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SALTA IL BAVAGLIO AL WEB: IL LEGHISTA FAVA LO PRENDE IN SACCOCCIA

Febbraio 2nd, 2012 Riccardo Fucile

LA NORMA INTRODOTTA DALLA LEGA IN COMMISSIONE E’ STATA CASSATA DALL’AULA CON SEI EMENDAMENTI SOPPRESSIVI CHE HANNO CANCELLATO L’ART 18 DEL TESTO…ESULTANO PD, FLI E RADICALI

Salta dalla legge comunitaria la norma, battezzata ‘bavaglio al web’, secondo la quale un qualunque soggetto interessato avrebbe potuto chiedere al provider la rimozione su internet di informazioni da lui considerate illecite o la disabilitazione dell’accesso alla medesima.
La norma, che era stata introdotta in commissione alla Camera su iniziativa del leghista Gianni Fava, è stata cassata dall’Aula con l’approvazione di sei identici emendamenti soppressivi presentati da Pdl, Idv, Fli, Api, Pd e Udc.
Gli emendamenti hanno cancellato l’intero articolo 18 del testo e sono passati con 365 voti a favore, 57 contrari e 14 astensioni.
“Oggi è una grande vittoria per tutti noi. Siamo riusciti a bloccare l’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla Rete, uno degli ultimi spazi di libera informazione. E’ stata una battaglia per la democrazia che abbiamo portato avanti e continueremo a sostenere fermamente. Alla Lega e a Fava, che aveva presentato un emendamento alla legge comunitaria, volto a censurarci e a tutti coloro che, anche in passato, hanno provato a fare lo stesso ripetiamo: giù le mani dal web, la libera informazione non si tocca”.
Così scrive il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sulla sua pagina Facebook.”
“La grande mobilitazione sul web e la nostra battaglia in Aula hanno sconfitto il maldestro tentativo di stampo leghista di mettere un ‘bavaglio alla rete”, afferma Alberto Losacco, deputato del Pd. “Siamo perciò molto soddisfatti per il voto di oggi: la tutela del diritto d’autore e la lotta alla contraffazione meritano una norma specifica compatibile con la libertà  d’informazione e lontana da ogni possibilità  di censurare la rete”.
“L’abrogazione della norma Fava ripristina una situazione di normalità  sul diritto d’autore in rete e riallinea l’Italia a ciò che avviene in Europa e in occidente”.
Lo affermano in una nota congiunta Flavia Perina e Benedetto Della Vedova, deputati di Futuro e Libertà , cofirmatari di un emendamento per la soppressione di quello che è stato definito il ‘Sopa’ italiano.
“Ciò non toglie comunque”, sottolineano, “che alcune delle preoccupazioni sottese a quella norma, soprattutto in tema di contraffazione e di rispetto dei diritti di proprietà  intellettuale, vadano ulteriormente approfondite in una successiva sede di esame e contemperati con i diritti di libertà  di Internet. Bisogna però usare raziocinio e prudenza, perchè una scelta che nasce da buone intenzioni può avere pessimi esiti. Come è avvenuto in questo caso”, concludono Perina e Della Vedova.
“Il voto contrario a larga maggioranza sull’emendamento presentato dall’on. Fava è l’ennesima sconfitta della strategia della repressione rispetto ai nuovi modelli di fruizione e creazione dei contenuti abilitati dalla rete. La terza sconfitta in pochi mesi”. Lo dichiara in una nota Luca Nicotra, segretario dell’associazione radicale Agorà  digitale.
Prosegue la nota: “Essa arriva dopo lo stop al regolamento censura sul diritto d’autore di agcom e l’abrogazione del comma   ammazza-blog e ammazza-wikipedia contenuto nella legge sulle intercettazioni. Il voto di oggi conferma innazitutto le nuove importanti ed efficaci possibilità  di mobilitazione che la rete affida ai cittadini. Ma è anche il segno che esiste una piccola pattuglia trasversale di parlamentari determinati a difendere i valori di una rete libera e aperta. I dati sullo sviluppo del mercato legale rilasciati oggi dimostrano chela strategia repressiva che ha fermato lo sviluppo della rete in Italia non ha più senso”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BOSSI CAMBIA LA BADANTE: NIENTE PIU’ ROSI MAURO COMMISSARIA IN LIGURIA E IN EMILIA

Febbraio 1st, 2012 Riccardo Fucile

CALDEROLI CHIEDE LA SUA TESTA: “PER COLPA DEI VOSTRI CASINI, MARONI HA ACQUISTATO SPAZIO”… I BARBARI SOGNANTI ORA CHIEDONO I CONGRESSI REGIONALI A MARZO

Via Rosi Mauro dalla Liguria e dall’Emilia, dove era legato federale del Carroccio (in altre parole un commissario).
Stasera la vicepresidente del Senato – colonna del cerchio magico bossiano – dovrebbe dire ufficialmente addio a Reggio Emilia, dove è stato convocato il direttivo nazionale.
La stessa cosa succederà  a Genova domani.
La scelta, raccontano i rumor, è scattata dopo una riunione tesissima nel quartier generale di via Bellerio.
Presenti, tra gli altri, l’interessata e l’altro cerchista Federico Bricolo.
Davanti a loro, un Roberto Calderoli inferocito: «Per colpa dei vostri casini» avrebbe detto l’ex ministro della Semplificazione «Maroni sta acquistando spazio e visibilità ». Risultato: cartellino rosso per la Mauro.
Da quando è stata spedita in Liguria ed Emilia (era il 2010) il Carroccio ha deciso rispettivamente un paio sospensioni e quasi cinquanta espulsioni.
In Liguria, con la vicepresidente del Senato al comando sono stati celebrati quasi tutti i congressi provinciali. Segretari eletti in quota cerchio magico: zero.
La rissa è quindi scoppiata quando si dovevano rinnovare le cariche nel Tigullio, dove è commissario il tesoriere della Lega Francesco Belsito, l’ex portaborse di Alfredo Biondi famoso per i titoli di studio misteriosi, i soldi investiti in Tanzania e la Porsche Cayenne mollata nei parcheggi della polizia.
Lì, il congresso è stato rinviato per ben due volte.
Secondo le linguacce per evitare l’ennesima sconfitta del cerchio magico, rappresentato nel Tigullio dalla fedelissima di Belsito, Sabrina Dujany, che però sarebbe stata “trombata”, non avendo i voti sufficienti in sezione.
Fatto sta che proprio la Mauro aveva deciso di sospendere il candidato non sostenuto dal tesoriere, Giorgio Roncisvalle, scatenando più di un malumore.
In Liguria il leader è Francesco Bruzzone (vicino a Roberto Maroni), ma nella zona c’è anche una colonna cerchista come Giacomo Chiappori.
Il capogruppo in Regione è invece Edoardo Rixi, che negli ultimi tempi pare stia smarcandosi dalla Mauro e dal clan di Gemonio.
Ancora più intricata la faccenda in Emilia, che nella geografia leghista è indipendente dalla Romagna.
La vicepresidente del Senato era stata inviata per placare una vera e propria rissa tra i padani di Reggio e quelli di Bologna.
Un clima teso nonostante gli scintillanti risultati elettorali degli ultimi anni. Il leader regionale, Angelo Alessandri, è stato addirittura accusato di usare i soldi della Lega per pagarsi le multe.
Le prime teste a rotolare sono state quelle di Marco Lusetti, ex braccio operativo di Alessandri, e del suo sodale Alberto Magaroli.
Poi toccò a tre consiglieri comunali (su sei) a Modena, e a Marco Veronesi a Bologna. In Emilia, da più di dieci anni il cassiere è Franco Barigazzi.
In due province (Parma e Piacenza) sono stati spediti due legati, guarda caso in zone dove la Lega è rappresentata da maroniani come Fabio Rainieri da una parte e Maurizio Parma con Massimo Polledri dall’altra.
Nella città  ducale, proprio Daniel Barigazzi è diventato responsabile organizzativo aggiunto e segue passo passo i direttivi.
A Piacenza il legato è il senatore Giovanni Torri. Già  autista di Maroni ai tempi del Parlamento della Padania (fine anni ’90), ora è un cerchista di ferro.
Si racconta che l’ex ministro dell’Interno (era il 2008) subì un’aggressione in via Bellerio: Torri voleva essere messo in lista a tutti i costi e cercò di convincere Bobo. Un pomeriggio un tizio arrivò a strattonare Maroni, bloccandolo nel suo ufficio e facendogli cadere gli occhiali.
Bobo denunciò la cosa sia a Bossi che a Calderoli, ma non aveva l’ultima parola sulle candidature. Risultato: oggi Torri è a Palazzo Madama.
Pochi giorni fa, quando Libero aveva svelato il veto per i comizi dell’ex ministro in Emilia, il senatore aveva negato tutto chiedendo al Maroni di smentire la notizia.
Non è successo.
Torri se l’è poi presa con Rainieri, accusandolo di essere «un soldato arrabbiato e irresponsabile» perchè chiedeva il congresso.
Replica: taci, «chiami coglionazzi i militanti».
Questo è il clima. E in questo quadro Maroni vuole accelerare sui rinnovi dei dirigenti.
L’ultimo consiglio federale aveva stabilito che i congressi in Piemonte, Lombardia e Veneto devono avvenire entro giugno.
A Torino, Roberto Cota ufficializzerà  domani che si farà  il 10 e 11 marzo.
Venerdì, invece, è in programma il consiglio nazionale lombardo.
Giancarlo Giorgetti, secondo le aspettative dei maroniani, dovrà  indicare anch’egli una data precisa.
A marzo. Non più tardi.
Giorgetti è deciso a lasciare l’incarico (e sta pensando di fare il presidente della Lega Lombarda, che attualmente è Roberto Castelli).
Per il ruolo di segretario nazionale (ovvero regionale) girano i soliti nomi: Matteo Salvini, Giacomo Stucchi e Andrea Gibelli da una parte e Marco Reguzzoni dall’altra. Attenzione alla partita in Veneto, dove lo scontro tra i maroniani come Flavio Tosi e i cerchisti come l’attuale leader regionale Giampaolo Gobbo è sempre più teso.
Con l’addio di Rosi Mauro da Liguria ed Emilia le truppe maroniane cantano vittoria.

Matteo Pandini
(da “Libero”)

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L’EREDITA’ DEL “BARBARO SOGNANTE”: 2011 ANNO RECORD PER FURTI, RAPINE E BORSEGGI

Febbraio 1st, 2012 Riccardo Fucile

IL RISULTATO DELLA GESTIONE MARONI: + 28% DI ASSALTI ALLE ABITAZIONI, + 15% DI REATI CONTRO IL PATRIMONIO…E GLI STRANIERI DENUNCIATI PER REATI DI DROGA SALITI DEL 34,5%

Un dilagare di rapine a mano armata negli appartamenti.
E un esercito di scippatori e borseggiatori in strada a minacciare la sicurezza pubblica. La criminalità  in Italia sta vivendo una svolta.
Nel 2011, dopo anni di calo costante, c’è stata un’impennata a sorpresa dei reati contro il patrimonio, aumentati del 15 per cento rispetto al 2010.
Per le rapine nelle abitazioni è un vero quanto allarmante boom: sono cresciute del 28 per cento in pochi mesi.
Un’inversione di tendenza che spiazza i sociologi e preoccupa tutte le forze di polizia. A documentarlo sono i dati riservati che le prefetture di tutta Italia stanno inviando al Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale.
I furti in appartamento sono cresciuti nell’ultimo anno del 15 per cento, così come le rapine e i borseggi.
Gli omicidi sono   “stabili”: 610 casi nel 2011.
Aumenta invece il peso degli stranieri nella contabilità  criminale.
La percentuale degli immigrati senza permesso di soggiorno nel totale delle denunce per reati legati alla droga è arrivata a 34.5 per cento.
Un record, non è mai stata così alta.
Sono numeri ricavati dalle denunce presentate a Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza.
Sono provvisori, perchè ancora non tutti gli uffici hanno provveduto a inviare le statistiche.
Ma chi li sta raccogliendo prevede che quelli definitivi sulle rapine e i furti saranno corretti al rialzo, intorno al 18-19 per cento.
Questo il lascito finale del barbaro sognante Maroni, l’ultima patacca che non potrà  certo vendersi sui media.

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TRA PDL E LEGA ALLE AMMINISTRATIVE L’ALLEANZA E’ OBBLIGATORIA: ALTRIMENTI LA LEGA RESTEREBBE A SECCO

Gennaio 30th, 2012 Riccardo Fucile

SENZA L’ACCORDO CON LA “MEZZA CALZETTA” BERLUSCONI, IL CARROCCIO PERDEREBBE LE POLTRONE IN CITTA’ CHIAVE COME MONZA, COMO E SESTO CALENDE      

Lega e Popolo delle libertà  divisi alle elezioni amministrative?
I numeri dicono che la corsa solitaria non conviene a nessuno dei due. Così sono sempre di più gli osservatori che puntano sull’accordo in extremis.
In queste settimane Umberto Bossi sta facendo la voce grossa contro l’ex alleato Silvio “mezza calzetta” Berlusconi, minacciando addirittura il Pdl di far cadere la giunta lombarda qualora l’uomo di Arcore non si decida a staccare la spina al governo Monti.
Parole urlate dal palco della grande manifestazione leghista del 22 gennaio e ribadite in ogni occasione utile dai colonnelli in missione sul territorio.
Il tutto mentre Roberto Maroni non perde occasione per esprimere l’auspicio di una corsa separata dagli ex alleati in tutte le città  che andranno al voto a maggio, anche a costo di perdere: “Perchè quello che conta è riaffermare l’identità  leghista e diventare il partito egemone del nord, senza più compromessi”.
Mentre la Lega sbraita, raccogliendo la crescita nei sondaggi e l’entusiasmo della base (che non ha mai visto con favore l’alleanza con i berluscones), l’ex premier si frega le mani ostentando sicurezza.
I bene informati riferiscono infatti che Berlusconi è sicuro che alla fine il rapporto con l’amico Bossi verrà  recuperato e l’accordo per le amministrative sarà  raggiunto, se non dappertutto, quasi ovunque.
L’unica vera incognita resta Verona, dove il sindaco Flavio Tosi, forte di un consenso altissimo, sta puntando i piedi spingendo per presentarsi alle urne sotto il simbolo della Lega e quello dalla sua lista civica.
Una situazione che sta innervosendo, oltre al Popolo delle Libertà , anche il segretario nazionale veneto del Carroccio, Giampaolo Gobbo (ma, come recitava uno striscione alla manifestazione milanese: “Il Veneto no xe Gobbo, il veneto xe Tosi”).
Eccezione scaligera a parte, l’asse del nord sembra destinato (per forza o per amore) a essere rinsaldato, pena la consegna delle amministrazioni “padane” nelle mani del centro sinistra.
Un fatto con cui Lega e Pdl dovranno fare i conti in tutto il nord Italia.
In Veneto si vota anche a Belluno, dove Pdl e Lega non hanno altra scelta se non quella di chiudere un accordo se vogliono restare alla guida dell’amministrazione cittadina e di quella provinciale.
Si vota anche a Monza, dove si sente forte l’influenza di Silvio Berlusconi, che sta monitorando le vicende politiche locali tramite il suo uomo di fiducia Francesco Mangano (appositamente nominato coordinatore).
Il tutto mentre la Lega sembra intenzionata a puntare sulla candidatura del sindaco uscente Marco Mariani, nonostante gli scetticismi interni e l’eredità  pesante del fallimento dei ministeri del nord di Villa Reale.
A Sesto San Giovanni, roccaforte rossa, la corsa in tandem sembra obbligatoria per abbattere la Stalingrado d’Italia.
Dubbi e tentennamenti tra correnti, stanno ritardando l’accordo, così anche a Como. Tra le realtà  minori merita attenzione Cassano Magnago (Varese), città  natale del Senatùr, amministrazione da 20 mila abitanti, dove il Pdl è già  pronto e la Lega non ha un candidato presentabile.
Anche qui l’alleanza sembra inevitabile.
A Genova i problemi sono tutti interni al Pdl, qui l’ex liberale Enrico Musso ha annunciato la corsa in solitaria e il resto del partito sta cercando di orientarsi.
Il Carroccio intanto reclama la candidatura di un proprio uomo (a questo proposto circolano i nomi di Edoardo Rixi, Francesca Bruzzone e Alessio Piana).
Se a Genova Pdl e Lega dovessero rompere ne risentirebbero inevitabilmente le giunte delle altre città  liguri guidate dall’asse (Imperia, Savona, Albenga e Diano Marina). Sulla Liguria incombe inoltre anche la presenza di Claudio Scajola, uomo forte del Pdl, che potrebbe rientrare in gioco facendo l’asso piglia tutto (magari stringendo accordi con Casini e Fini).
In Piemonte si vota ad Alessandria e Cuneo, anche qui non c’è ancora nulla di definito

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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E’ GIALLO NELLA VERDE PADAGNA: MONTI RACCOGLIE L’80% CONSENSI SU RADIO PADANIA E IL SONDAGGIO SPARISCE DAL SITO WEB

Gennaio 30th, 2012 Riccardo Fucile

IL GRADIMENTO PER IL CAPO DEL GOVERNO AVEVA RAGGIUNTO UN LIVELLO IMBARAZZANTE TRA LA BASE LEGHISTA E I TAROCCATORI PADAGNI CENSURANO IL SONDAGGIO DA LORO STESSI PROMOSSO… ROBA CHE NON ACCADREBBE NEANCHE IN TANZANIA

La spaccatura fra la base leghista e i vertici del partito esiste oppure o è un’invenzione mediatica?
I fischi che piazza Duomo aveva riservato a Bossi erano proprio per il Senatur, oppure (come dice Renzo) c’è stato un problema di sincronizzazione fra audio e video ed erano rivolti a Monti?
E’ tempo di dilemmi, in casa Lega.
Nelle ultime ore a chiarire qualche dubbio ci aveva pensato Radio Padania Libera.
O meglio, gli ascoltatori delle frequenze leghiste.
Subito dopo la manifestazione di sabato, infatti, la radio aveva deciso di lanciare un sondaggio on line sul proprio sito.
Domanda secca: «Cosa ne pensi dei primi mesi di attività  del governo Monti?».
Un quesito che, seguendo quello che è il pensiero del partito, non avrebbe dovuto lasciare scampo all’attuale premier.
Del resto la Lega è, ad oggi, il più grande partito d’opposizione.
E Bossi non nasconde, un giorno sì e l’altro pure, il malcontento verso questo esecutivo, definito “infame”.
Invece il risultato era stato sorprendente.
Oltre l’80% dei votanti (su 5493 voti) s’era detto favorevole a Mario Monti.
Il 71,1, addirittura, si diceva «molto soddisfatto».
I delusi erano circa il 3%.
Gli «arrabbiati», invece, il 12,9.
Un giudizio che lasciava poco spazio ai commenti.
E che forse evidenziava in modo netto, se i numeri hanno ancora un senso, la divisione fra la base del partito e chi sta al timone.
Ma il sondaggio non si trova più.
E in Rete la notizia già  spopola sui social media.
Sulla home page del sito non ve n’è traccia. Sparito.
L’area sondaggi, nella side bar sinistra, è completamente vuota.
Solo chi ha conservato il vecchio link può ancora accedere e visualizzare i risultati.

Biagio Simonetta
(da “Il Corriere della Sera”)

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POLITICI IN FUGA: “NON ROMPERE I COGLIONI…”, MA ADESSO SCAPPANO

Gennaio 30th, 2012 Riccardo Fucile

L’EX MINISTRO CASTELLI CHE LASCIA SERVIZIO PUBBLICO QUANDO UN OPERAIO SARDO GLI URLA “NON ROMPERMI I COGLIONI” E’ IL SINTOMO DEL TRACOLLO DEI PARTITI, PRECIPITATI AL 9% DI CREDIBILITA’….I POLITICI-DINOSAURI HANNO L’ACQUA ALLA GOLA

“Castelli, non rompere i coglioni a me, eh”.
Con queste parole, scandite giovedì a Servizio Pubblico, l’operaio disoccupato Antonello non ha soltanto costretto alla goffa fuga l’ex ministro leghista.
Ha mostrato, inequivocabilmente, lo scollamento che esiste tra piazza e casta.
E l’imbarazzo che i gerarchi tradiscono quando il salotto televisivo non è quello dei talk precotti, ma osa porgere il microfono alla gente comune.
Senza (più) timori reverenziali verso i politici.
La puntata di giovedì è stata a suo modo storica.
Ecco perchè merita, forse, una telecronaca doviziosa.
Minuto 20 “I nodi vengono al pettine”:
Enrico Letta comincia col cipiglio che gli è consono (quello del carlino appisolato). Passare dalla rivolta dei forconi alla flemma piddina si rivela straniante, come abbandonarsi lascivamente a una mazurka di Casadei dopo un rave party.
Minuto 30 Finalmente (come no) parla Castelli, con quel bel visino da Fonzie canuto al Bar della Polenta Taragna, e quella vocina da cyborg senza pile.
Castelli parte con un freestyle in cui parla senza dire nulla. Come ai bei tempi.
Che però non son più belli (per lui).
Minuto 35 “C’è una grande insipienza politica”.
È la volta di Maurizio Zamparini, il mangiallenatori biscardiano.
Zamparini ricorda a Castelli che lui, fino all’altro giorno, era al governo. E quindi lo sfacelo è anche colpa della Lega.
Raccoglie applausi scroscianti. In effetti, come arringatore, Zamparini — non esattamente Engels o Popper — mostra doti inattese.
“Loro (rivolto a Castelli) sono la causa, insipienti!”.
Notare il curioso uso reiterato della parola “insipienti”, imparata evidentemente un minuto prima sul Devoto-Oli.
Minuto 40 Santoro ricorda che i forconi sono nati con Berlusconi.
Lo fa anche per togliere un alibi alle tesi complottistiche di Monti. Di fatto è un assist per Castelli.
Il quale, sveglio come una lince in letargo, blatera: “Eh ma voi siete proprio ossessionati da Berlusconi”.
È la stessa frase ripetuta nelle settimane precedenti da Santanchè e Mussolini: nella banalità , il centro-destra è ancora ampiamente coeso.
Santoro scrolla la testa, come Savicevic quando elargiva assist a Pancev. E Pancev, detto “Ramarro”, li sbagliava. Sempre.
Minuto 50 Castelli desidera “rispondere a quello lì che non conosco” (il fingere di non sapere i nomi degli avversari è altra prassi antica Pdl).
Ecco la sua “risposta: “Lei è un ignorante” (ulteriore topos dei berluscones; tu argomenti, io sfanculo).
In un rutto di genialità , Castelli lamenta poi la chiara presenza di una claque pro-Zamparini. Come dargli torto.
Ogni giovedì, i suoi fans assaltano gli studi per entrare: Zamparini, si sa, è un po’ lo spin doctor di Santoro.
Minuto 58 È il momento di Enrico Letta. Quindi possiamo andare avanti.
Minuto 76 Castelli si vanta d’esser stato ministro dei Trasporti. Un po’ come se Schettino si vantasse di quanto bene dribbli gli scogli.
Minuto 83 Castelli boccheggia livido: “La Sicilia è quella che spreca di più. Voi avete 23 mila dipendenti pubblici, mentre in Lombardia ce ne sono solo tremila”.
I protestanti attaccano anche Letta: “Siete tutti uguali, dov’è finita la vertenza per ridurre i costi della politica?”.
Letta non risponde, e questo è normale (non rispondere è la linea politica del Pd), mentre è inedita la definitiva percezione di come quei manifestanti — in collegamento da Siliqua, Sardegna — stiano usando il linguaggio che apparteneva alla prima Lega.
Castelli, di colpo, appare un relitto.
È superato nel suo stesso (presunto) terreno.
Non solo non ha argomenti, cosa arcinota; non ha nemmeno più appigli.
Non può parlare nè alla testa (mai fatto) nè alla pancia (sempre fatto), perchè ciò che dice non interessa più.
Da giovedì, Castelli è ufficialmente un dinosauro. Di cui mai nessun archeologo si interesserà  mai.
Minuto 90 Castelli esala un “perchè bocciare la mia proposta tout court?”, ignaro del significato dell’espressione “tout court” (che infatti pronuncia “tukurt”).
È qui che appare Antonello, operaio disoccupato dell’Eurallumina di Portovesme.
In pochi secondi, riassume 18 anni di malapolitica: “Castelli, non rompere i coglioni a me, eh”, “A me non me li rompi i coglioni tu”.
Una sintesi meravigliosa, liberatoria e iconoclasta, già  divenuta tormentone in Rete.
Castelli, puerilmente, abbandona lo studio. Attenzione: è una fuga inedita. Non è esibizione di arroganza, come Berlusconi da Lucia Annunziata.
E non avviene per un attacco di un “pari grado” (Mastella, Santanchè).
Castelli, letteralmente, scappa.
È l’emblema del politico sconfitto, senza più armi di fronte al semplice cittadino.
Non è un caso — sarebbe oltremodo erroneo pensarlo — che lo sfogo si sia verificato nel momento esatto in cui tutti i politici, con l’eccezione miracolistica di Monti, stiano patendo un livello di consenso minimo.
Tutti, da Berlusconi a Bersani, Lega (ampiamente) inclusa.
A fuggire è stato Castelli, ma la faccia di Letta, ancor più quando Marco Travaglio ha scudisciato lo zio, non era certo più serena: egli era ben conscio di apparire, agli occhi della piazza, egualmente colpevole e “correo”.
Guai a ridimensionare lo sfogo di Antonello a mero atto folclorico.
La sua arringa è stata forse un po’ sgrammaticata, ma lucidissima: “Tu, e la classe dirigente degli ultimi 30 anni, ha commesso il reato più grave che si poteva fare. Ha rotto il patto tra generazioni”.
Parole che qualsiasi opposizione, se solo esistesse, dovrebbe far proprie.

Andrea Scanzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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VIA ALLE EPURAZIONI: LA LEGA METTE LA SORDINA ALLA BASE IN RIVOLTA.

Gennaio 30th, 2012 Riccardo Fucile

LO SCONTRO BOSSI-MARONI DILANIA IL CARROCCIO. IN VENETO L’EX SENATORE FILIPPI ATTACCA IL BOSSIANO GOBBO, TOSI PENSA A UNA LISTA CIVICA E VENGONO ESPULSI DECINE DI MILITANTI

“Caro Gobbo, perchè non porti il tuo culone sotto un gazebo e non provi ad ascoltare i militanti che ti hanno contestato durante il comizio? Magari scopri che le critiche possono essere utili”.
Affogano nel mare in burrasca del Carroccio le parole del senatore Filippi, ex leghista buttato fuori a calci dai vertici (“sono l’unico senatore che sia mai stato espulso”).
Una cacciata di peso, ma è solo l’ultima di tante espulsioni senza motivo, giura l’imprenditore vicentino di famiglia danarosa e qualche grana con la giustizia.
Pugno di ferro o l’ennesimo segno di debolezza di un movimento che ha perso la bussola, mentre Maroni va Verona a sostenere Tosi e sabato prossimo calerà  Calderoli per tentare di mettere un punto alla lite Tosi-Gobbo?
Nel magma leghista Filippi lancia frecce avvelenate a uno dei totem della Liga veneta: Gian Paolo Gobbo, segretario del partito e bossiano di ferro.
Il fattaccio risale a poco tempo prima, e parla ancora una volta di espulsioni. “Due militanti hanno contestato le parole di Gobbo durante un comizio a Schio. Dopo qualche giorno senza ascoltare ragioni sono stati espulsi con una lettera dalla Lega”.
Arrivederci e grazie.
Anche lui, l’onorevole che amministra una ditta di prodotti chimici ad Arzignano, è stato defenestrato senza troppi convenevoli. “Come me sono tantissimi quelli che ricevono in questo periodo la lettera di espulsione dalla Lega”.
L’amarezza scende assieme al veleno della vendetta, ma le dichiarazioni di Filippi sono lo specchio della frana che si sta aprendo nel Carroccio veneto: “20 espulsi su 30 militanti ad Arzignano (la sua culla elettorale, ndr), moltissime sezioni commissariate nel Vicentino oltre alla sede cittadina di Padova, commissariata da oltre un anno”.
La verità ? Il nodo della partecipazione leghista è passare da sostenitore a militante, quindi con diritto di voto.
“E sa cosa hanno fatto? Ci sono tanti militanti anziani che si sono iscritti 20 anni fa — siamo il partito più longevo d’Italia — e nessuno è andato a far loro rinnovare le tessere. Non li hanno contattati, e così sono arretrati a semplici sostenitori, cioè senza diritto di voto”.
Un modo per concentrare il potere e governare i voti.
A Longare nel Vicentino una decina di sostenitori non sono diventati militanti: “Con la scusa che erano parenti tra loro. Ovviamente è una motivazione risibile”.
A Vicenza si è inventata la regola che “i militanti devono essere un terzo dei sostenitori”.
Così sono state bloccate tutte le richieste per diventare militante: “I militanti a Vicenza sono 53 in tutto, una manciata per chi deve pilotarli e un numero ridicolo per una città  che ha cullato il leghismo (con Stefano Stefani e Manuela Dal Lago in sella da 20 anni) fin dalla prima ora.
Ma Vicenza e Padova commissariata (“Ma lei sa che il commissario padovano è Bricolo? C’è tanto scontento anche li tra i militanti”) sono solo le retrovie della battaglia, l’epicentro dello sfaldamento è altrove: cerchio magico contro barbari sognanti (povero Slataper), bossiani contro maroniani.
Ora persino “la velina verde”, il sito che era scomparso e si dice sia legato ai cerchisti e a Reguzzoni, torna sul web e attacca Maroni con toni durissimi: «Sei il Fini della Padania, vergognati».
Piccoli focolai che in Veneto si traducono in Gobbo contro Tosi.
Potevano mancare in questo clima le baruffe chioggiotte?
“A Chioggia il caso Malaspina segretario di sezione espulso dalla Zaccariotto presidente della Provincia di Venezia insieme ad altri 18 militanti cacciati: come lo giustificano?”, dice Filippi.
Per essere sicuri i vertici del partito hanno cambiato la serratura della sede chioggiotta e da quest’estate segretario ed espulsi fanno le riunioni al bar.
Un’epurazione in salsa veneta che forse non risparmierà  nemmeno Tosi, raggiunto da sanzioni disciplinari plurime e intenzionato a correre con una lista nominale e senza Pdl alle prossime amministrative .
“Se la Lega non è d’accordo lascio la politica”, ha detto lapidario dopo che il nemico Gobbo, primo cittadino di Treviso, gli ha fatto sapere il suo dissenso. Lo appoggia invece Gentilini, 83enne vicesindaco di Treviso, che promette di candidarsi pure lui alle amministrative con una civica personale.
Una scelta che assieme alle parole di Bossi anti-Formigoni rischia di mettere a repentaglio le 150 amministrazioni locali che governano in Veneto con l’asse Pdl-Lega.
Ma ormai è guerra senza quartiere.
“Ma la base, i militanti sono sani: la Lega è un movimento puro”, chiosa Filippi.
Però? “Però i vertici non stanno facendo bene il loro dovere. Stanno riducendo il partito a un regime nord-coreano, devono smettere di buttare fuori militanti con motivi imbarazzanti e Bossi e Maroni si devono chiarire”. Come finirà ?
“Non leggo gli oroscopi, non so prevedere il futuro”.

Erminia della Frattina
(da “Il Fatto Quotidiano”)
.

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LEGA NEL RIDICOLO: ORA RAPISCONO DALLA BIBLIOTECA COMUNALE IL LIBRO CRITICO VERSO IL PARTITO

Gennaio 29th, 2012 Riccardo Fucile

I PADAGNI HANNO TOCCATO IL FONDO (DELLA BOTTIGLIA): L’IDEA E’ DEL SINDACO MARONIANO DI SESTO CALENDE… FA PRENDERE IN PRESTITO IL LIBRO A TURNO DAI MILITANTI PER TOGLIERLO DALLA CIRCOLAZIONE

Il rogo dei libri non si può fare.
Ma il sindaco leghista di Sesto Calende, paesino del Varesotto, ha comunque fatto ritirare dagli scaffali comunali un volume scomodo.
La bibliotecaria aveva acquistato «L’idiota in politica. Antropologia della Lega Nord», saggio scritto da una studiosa, Lynda Dematteo, che traccia un profilo critico del Carroccio. Banalizzando un po’, il libro descrive il partito di Umberto Bossi come un movimento che ha avuto successo nella politica italiana sparandole sempre più grosse, a partire dagli anni Ottanta.
Il borgomastro Marco Colombo, 37 anni, quando ha saputo che la biblioteca lo aveva acquistato si è arrabbiato, e ha sgridato la funzionaria: «È vero, le ho urlato dietro – conferma il primo cittadino – esiste una commissione che sceglie i libri e non mi risulta che la scelta sia stata condivisa. E poi, diciamolo, la bibliotecaria è di sinistra».
Insomma, la sua sarebbe stata una scelta politica.
Il sindaco è scatenato: «I soldi dei cittadini del mio Comune si devono spendere meglio — sentenzia. E se qualcuno proprio vuole leggere quel libro, lo può cercare nel sistema interbibliotecario provinciale, dove ce ne sono già  due copie».
Inizialmente il borgomastro lumbard ha cercato un modo «alternativo» per farlo sparire dalla circolazione. Legalmente.
Si è inventato una sorta di ritiro permanente. Che ora rivendica.
Dice che funzionava così: ha ordinato all’assessore alla Cultura di prendere in prestito il volume.
Detto fatto, la signora Silvia Fantino, leghista moderata, lo detiene a casa propria da tre mesi. E l’ha persino letto: «Io non avevo tempo ma lei è una professoressa e l’ha analizzato per bene – osserva il primo cittadino – mi ha detto che però non l’ha molto apprezzato, innanzitutto perchè l’ha trovato fazioso».
Ma non finisce qua: Colombo ha dato sfogo alla fantasia, e già  immagina una sorta di «passalibro» di protesta: «L’assessore lo dovrà  restituire, ma io non mi arrendo – continua – lo faremo prendere in prestito da un militante leghista ogni mese, a turno, così manifesteremo il nostro dissenso verso quell’acquisto».
Più ne parla, Colombo, e più si vede che ha voglia di spararla grossa: «Alla fine lo farò ritirare – sbotta -.
Naturalmente mi rendo conto che non posso vietare un libro, però posso chiedere alla biblioteca di prestare il consenso alla vendita definitiva, per toglierlo dagli scaffali».
E chi lo acquisterà ? S
emplice: «La sezione della Lega di Sesto Calende».
Insomma, il sindaco sembra pronto a tutto.
Anche se in fondo, lui e il suo assessore sono contenti che questa storia venga divulgata.
E il motivo è presto detto. Colombo si aspetta di diventare un eroe per la truppa leghista, in questi giorni un po’ ammaccata per le guerre interne tra maroniani e cerchio magico, che in provincia di Varese sono state particolarmente accese.
Anche Roberto Maroni qualche giorno fa aveva criticato il libro in questione.
Dalla sua pagina di Facebook aveva definito Lynda Dematteo una sconosciuta che vuole solo attaccare la Lega.
E Colombo è un maroniano di ferro, uno di quelli che dirigeva i cori contro il cerchio magico durante il «Maroni Day» della settimana scorsa al teatro di Varese.
Curiosamente, la Dematteo è stata invitata a Varese, a un convegno sul Nord e la Lega organizzato dal Pd locale, dove parlerà  proprio delle sue teorie sul ruolo da Gianburrasca che Bossi si è autoattribuito da un ventennio a questa parte.
Giusto in tempo per commentare la singolare fatwa lanciata dai leghisti contro il suo libro.

Roberto Rotondo

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