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IN REGIONE LOMBARDIA I CONSIGLIERI SI REGALANO L’IPAD: SU 80 SOLO UNO LO RIFIUTA

Gennaio 27th, 2012 Riccardo Fucile

SOLO GABRIELE SOLA DELL’IDV L’HA RESTITUITO AL PRESIDENTE… PER IL LEGHSTA BONI E’ UN OGGETTO NECESSARIO, MA MEGLIO SE LO PAGA LA REGIONE E NON LUI… POVERETTI, GUADAGNANO SOLO 9.000 EURO NETTI AL MESE

Guadagnano 9mila euro netti al mese. Ma non bastano per comprarsi l’iPad.
A soccorrere i consiglieri in Regione Lombardia, che non possono proprio farne a meno, ha provveduto chi sta a capo del consiglio, il leghista Davide Boni.
Sì, proprio quello di “Roma ladrona” e delle crociate — annunciate — contro gli sprechi della Casta.
Grazie a lui sul consiglio regionale sono piovute tavolette come foglie: 80 tablet nuovi di zecca, a carico dei contribuenti, che altrettanti consiglieri hanno gradito, preso e messo da parte.
Tutti tranne uno.
Gabriele Sola dell’Idv è stato infatti l’unico ad aver restituito subito il suo con una lettera che ha sollevato il caso.
Anche perchè quell’omaggio dal sapore natalizio (la delibera è dello scorso novembre) costa ai contribuenti la bellezza di 50mila euro.
E non è il solo cadeau di questo tipo, visto che all’inizio della legislatura lo stesso Boni aveva omaggiato i consiglieri di un pc portatile.
Comunque sia, Sola non ha gradito e ha rispedito al mittente l’omaggio.
E non tanto perchè il tablet ce l’ha già , come lui stesso ammette, ma perchè l’intera operazione “omaggio” viene giustificata come un necessario ausilio all’attività  consiliare.
I tablet, secondo Boni, sarebbero indispensabili per i colleghi. Peccato che nel frattempo la Regione non abbia sviluppato alcuna “App” utile a questo scopo.
I documenti prodotti dagli uffici, delibere, determine e quant’altro viaggiano via mail e attraverso la rete interna.
Nessun software è stato sviluppato per la cosiddetta “dematerializzazione degli atti”. Sono prodotti in carta e così girano, altrimenti tutto in formato pdf.
“E per questo — fa notare il consigliere rinunciatario — bastava il pc omaggiato in precedenza”. Così in poche righe i ringraziamenti cordiali e il rifiuto: “Poichè non ho rilevato alcuna miglioria in tal senso, e alla luce dell’esigenza di limitare il più possibile i costi a capo alla pubblica amministrazione, ritengo di dover restituire il dispositivo assegnato. Un piccolo gesto che mi auguro venga colto con il giusto spirito”.
Giusto spirito? Niente affatto.
Boni difende a spada tratta la conversione tecnologica del consiglio all’iPad per motivi istituzionali. Anzi, ai microfoni della trasmissione radiofonica “La Zanzara” non solo giustifica la decisione ma addirittura la rivendica contrattacando: “Ecco, Sola ha rinunciato all’iPad perchè voleva anche le applicazioni gratis”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL SINDACO DI ADRO INSULTA NAPOLITANO: “CI VERGOGNIAMO DI AVERLA COME PRESIDENTE”

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

IL PROBLEMA E’ CHE MOLTI CITTADINI DI ADRO NON SI VERGOGNANO DI AVERE UN RAZZISTA COME PRIMO CITTADINO…LANCINI ACCUSA NAPOLITANO PER AVER NOMINATO CAVALIERE L’IMPRENDITORE CHE PAGO’ LA MENSA A QUEI BAMBINI ESCLUSI PERCHE’ I GENITORI ERANO MOROSI

“Ci vergogniamo di averla come Presidente. Venga a chiedere scusa alla mia gente, è un suo dovere morale”.
Il sindaco di Adro, Oscar Lancini, torna a far parlare di sè.
Se la prende con il Capo dello Stato, ritenuto colpevole di aver “insultato” i cittadini del piccolo comune bresciano noto per essere stato tappezzato dal Sole delle Alpi e per aver vietato la mensa scolastica a bambini di genitori morosi per 10mila euro complessivi.
Una situazione che spinse un imprenditore locale a saldare il debito e scrivere una lettera al Corriere nella quale accostava l’azione “razzista” del sindaco a quella dei nazisti.
Gesto che è valso all’imprenditore la nomina a Cavaliere della Repubblica da parte di Napolitano.
Nomina che ha scatenato il sindaco: “Le onorificenze quando consegnate a cani e porci fanno divenire ingiustamente porci o cani anche quelli che le hanno meritate”.
E questo è solo l’incipit della lettera, che il fattoquotidiano.it pubblica in esclusiva, inviata il 23 gennaio e che oggi alle 11 sarà  presentata in una conferenza stampa appositamente convocata in Comune ad Adro.
Per esprimere il suo “punto di vista” Lancini riempie quattro pagine. Invoca le scuse di Napolitano, prende le distanze dall’imprenditore benefattore che ha “purtroppo” il suo stesso cognome (ma “non siamo parenti”), lo accusa di aver “sfruttato” i bambini per “fare pubblicità  alla propria azienda” e rivendica il diritto di usare il Sole delle Alpi che, sottolinea, non è “un simbolo di partito” ma significa “appartenenza radicata della gente a un territorio dalla storia millenaria”.
Quale? “La Padania”. Quella che per Giorgio Napolitano non esiste.
Lo ha detto e ribadito chiaramente, il Capo dello Stato: “Il popolo padano non esiste”. E invece Oscar Lancini glielo ripete, costringendolo a doversi interessare nuovamente di qualcosa che non c’è. Il sindaco rivendica con orgoglio che il suo sia un popolo leghista.
“Ho l’onore di guidare come Sindaco dal 2004 il comune di Adro. Nel primo mandato fui eletto con la lista monocolore Lega Nord con il 44,65% dei voti, nel secondo mandato, quello tuttora in corso, sempre con lista monocolore Lega Nord, sono stato riconfermato con il 61,08% dei voti”, scrive Lancini. Insomma: avrò diritto a parlare a nome dei cittadini? L’onoreficenza, quindi, “la reputo ingiusta e offensiva per la mia gente”.
Perchè, spiega, “la realtà  sulla vicenda della mensa di Adro non corrisponde certo a quanto riportato dalla stampa e dalle televisioni, sempre affamate di notizie da trasformare in patetici e fantasiosi scoop. Un esempio su tutti sia la puntata di Annozero di Santoro, faziosa e filo comunista”.
Ce n’è per tutti. Compreso il cosiddetto “benefattore di Adro”, l’imprenditore Silvano Lancini. Scrive il sindaco: “Premiare il ricco Lancini per il gesto ‘nobile’ — nobile se fosse rimasto anonimo, poichè la generosità  è una medaglia che si appunta all’anima e non al petto — di contribuire alle casse della mensa trovatasi in difficoltà  a causa dei mal pagatori, sarebbe stato già  eccessivo. Questo ‘signore’ ha agito così perchè poteva permetterselo, ha agito come in passato molti altri cittadini hanno agito, e senza ricevere onorificenze”.
Inoltre “appare chiaro che il ricco Silvano ha compiuto il suo gesto al fine di ottenere due risultati”, il secondo “deprecabilmente andato a buon fine, era fare pubblicità  alla propria azienda”.
Come? Lancini ha le idee chiare e spiega: “La donazione era esplicitamente subordinata alla consegna di una lettera alla stampa. Lettera che ha pesantemente offeso l’intera comunità , le nostre famiglie, l’autorità  civile, e l’istituzione religiosa”.
La lettera pubblicata dal Corriere della Sera era di fatto piuttosto forte nei toni. Lancini ne riporta un breve estratto, specificando che tra i due “non intercorrono rapporti di parentela”.
Scrisse l’imprenditore: “So bene che i campi di concentramento nazisti non sono nati dal nulla, prima ci sono stati anni di piccoli passi verso il baratro. In fondo in fondo chiedere di mettere una stella gialla sul braccio agli ebrei non era poi una cosa che faceva male. Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo. Ma dove sono i miei sacerdoti? Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo”.
Ora, nell’onorificenza che Napolitano ha riconosciuto all’imprenditore, il sindaco di Adro vede una offesa per la comunità  perchè premia, scrive ancora nella missiva inviata al Capo dello Stato, “una persona che ha sfruttato la situazione per fini personali, una persona ricca che ha regalato dei soldi a chi non voleva pagare”.
Quindi “egregio Presidente, ma come si permette? L’onorificenza ha avvalorato le offese scritte dal signor Lancini Silvano! Conferire il titolo di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana a tal ‘signore’ che con la complicità  dei media ha dipinto la mia comunità  come una comunità  egoista e razzista, mi permetta, è stato un gesto sconsiderato”.
La mia gente, prosegue Lancini, “non può certo essere paragonata ai fascisti e ai nazisti della secondo guerra mondiale. I miei preti non possono essere considerati degli ingordi di denaro come i mercanti nel Tempio”. I cittadini del luogo “devono vergognarsi sì, ma di ben altro: si devono vergognare di avere un concittadino (Silvano Lancini) che di loro pensa questo e — aggiungo io ora — di avere un presidente della Repubblica che lo ha addirittura onorificiato. Venga ad Adro e chieda alla mia gente come stanno veramente le cose, venda ad Adro e chieda scusa alla mia gente. E’ un suo dovere morale”. Infine il monito: “Non si stupisca se il popolo del Grande Nord si sente sempre più distante da Roma e dalle sue istituzioni. Sono anche questi gesti sconsiderati che creano le distanze”. Chissà  se il Quirinale prenderà  per buona la lettera o la considererà  uno scherzo di qualche burlone che crede nell’esistenza della Padania.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Il commento del nostro direttore

Qualcuno potrebbe liquidare il caso del sindaco di Adro come un caso psichiatrico, altri come una manifestazione schizoide di un esibizionista da giardinetti, altri   potrebbero vedere in lui il wate connesso al tricolore usato come carta igienica.
In realtà  si tratta di un semplice personaggio “razzista” che la maggioranza di un paesotto ha fatto sindaco.
E quindi non preoccupa tanto lui, quanto i concittadini che lo hanno votato.
L’uno e gli altri però altro non sono che il prodotto e le vittime di una cultura razzista che è stata tollerata e giustificata per troppo tempo nel nostro Paese per evidenti interessi di bassa cucina politica.
La paura del “diverso” per dare risposta alle proprie insicurezze, la discriminazione dello straniero per tutelare i propri egoismi, l’additare l’extracomunitario come colui “che toglie” lavoro ai propri figli, per non dover ammettere che “i propri figli” non hanno voglia di fare certi lavori e in troppi preferiscono non fare un cazzo, salvo farsi mantenere dai genitori.
Fino a giungere a discriminare persino i piccoli, i più indifesi, fino a umiliarli davanti ai coteanei, negando loro persino un pasto caldo, fino ad accusare di “volersi fare pubblicità ” un imprenditore che in realtà  voleva restare anonimo se non fosse stato scovato dai giornalisti dopo giorni di ricerche.
Napolitano ha nominato Cavaliere della Repubblica il benefattore?
Siamo d’accordo, non sarebbe stato necessario se le istituzioni avessero subito fatto quello che sarebbe accaduto in qualsiasi altro Paese civile: l’immediata destituzione del sindaco di Adro e la sua denuncia per istigazione all’odio razziale, come previsto dalla legge.
Con un ministro degli Interni come si deve e non un “barbaro sognante”, il commissariamento sarebbe avvenuto in 24 ore.
Con una destra sociale e militante qualcuno non sarebbe neanche più uscito di casa per portare il cane a fare i bisogni.
In attesa di uno Stato che si rispetti e di una destra vera, accontentiamoci del nobile gesto del Presidente della Repubblica che ci ha riportato alla considerazione dei valori etici che dovvrebbero presiedere una Comunità  nazionale.

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LA LEGA VUOLE FAR CADERE MONTI, MA DAL SITO DI RADIO PADANIA IL 75% L’ELETTORATO LEGHISTA FA IL TIFO PER LUI

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

L’EMITTENTE PROPONE UN SONDAGGIO SUL GOVERNO: A SORPRESA TRE ELETTORI SU QUATTRO SI SCHIERANO CON “L’ESECUTIVO DEI BANCHIERI E DEI POTERI FORTI”… PER BORGHEZIO E’ LA DIMOSTRAZIONE DELL’IMBECILLITA’ PADANA

L’emittente di via Bellerio, infatti, ha proposto un sondaggio online in cui chiede: “Cosa ne pensi dei primi mesi di attività  del governo Monti?”.
L’esito è sorprendente: oltre il 75% si è schierato dalla parte del governo
Oggi la Lega Nord è l’unico partito all’opposizione.
Perchè il governo Monti, secondo gli esponenti del Carroccio, è “l’esecutivo dei banchieri e dei poteri forti”.
Eppure sul sito di Radio Padania emerge che la base del movimento non sia altrettanto compatta contro i ministri tecnici.
L’emittente di via Bellerio, infatti, ha proposto un sondaggio online in cui chiede: “Cosa ne pensi dei primi mesi di attività  del governo Monti?”.
L’esito è sorprendente: oltre il 75% si è schierato dalla parte del governo.
Il 57% degli utenti (1768 voti) si è detto “molto soddisfatto”, seguito dal 18,5% (566) che si dichiara “soddisfatto”.
Al contrario solo il 18,8% (576) si definisce “arrabbiato”, il 2,2% (68) “deluso” e il 2,8 (87) “molto deluso”.
Risultati che tracciano un’opinione nettamente a favore di Monti e della sua squadra, mentre poco meno del 25% sposa la linea dei colonnelli di rimanere all’opposizione.
Numeri che alimentano il sospetto di un Carroccio che a Roma segue una linea diversa rispetto a quella indicata dalla base.
Tuttavia i dirigenti del partito non sono d’accordo, anche se faticano a trovare spiegazioni dinanzi all’esito del sondaggio.
“Probabilmente hanno votato tutti i parenti di Mario Monti — scherza il deputato Gianluca Buonanno — . Non credo siano i nostri ascoltatori che hanno votato, questo risultato non è veritiero”.
Eppure è pubblicato sul sito di Radio Padania. “Certo, ma posso assicurare che i militanti che incontro io tutti i giorni non sono dalla parte di questo governo, che non è certo visto bene dalla base”.
Della stessa opinione Matteo Salvini, eurodeputato e capogruppo della Lega a Milano che taglia corto: “Questo risultato non corrisponde affatto a quanto emerge dalle telefonate che arrivano in radio” e ritiene che i tremila voti online non esprimano gli umori profondi dei simpatizzanti.
A differenza dei colleghi, però, Mario Borghezio trova conferme nei voti espressi dagli utenti.
Che non lo sorprendono affatto. “Quel che penso è molto semplice — spiega al Fatto quotidiano l’eurodeputato — e da convinto indipendentista non sono affatto stupito”.
In che senso? “Una parte dei padani continua a pagare le tasse a Roma e il Canone Rai. Quindi già  sapevo che una parte di loro è politicamente imbecille”.
Quindi chi vota Lega non dovrebbe nemmeno pagare le tasse?
“Questo mi sembra il minimo — conclude Borghezio — . I numeri che emergono a favore del governo Monti sono una manifestazione tangibile dell’imbecillità  padana. E sono convinto che il Sud non avrebbe risposto allo stesso modo”.
E cosa avrebbe detto?
“La stessa domanda di Radio Padania fatta a Palermo avrebbe dato risultati opposti. Perchè loro manderebbero via Monti coi forconi. In Padania dovremmo solo prendere esempio da quello che sta facendo la Sicilia oggi”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LEGA, TOSI IN RIVOLTA ANCHE CONTRO BOSSI: “LEADER NON PIU’ ELETTO PER ACCLAMAZIONE”

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

NELLA LEGA CONTINUA LA GUERRA INTERNA…IL SINDACO DI VERONA CONTRO IL DIKTAT CHE BLOCCHEREBBE LA SUA LISTA: “MARONI E’ CON ME”

«Un giochino inaccettabile, che rischia di farci perdere le elezioni».
Flavio Tosi, sindaco leghista della città  scaligera così commenta l`ennesimo diktat comminato dal “federale” del, Carroccio: vietate le liste personali.
La sua lista Tosi nel 2007 prese il 16%, contro il 12% della Lega.
Ma adesso, stando agli ordini, il bis non ci sarà .
Lei ha già  detto che se non le permetteranno di presentare la sua lista, la Lega dovrà  cercarsi un altro candidato sindaco. Conferma?
«Assolutamente sì. So come abbiamo amministrato la città  in questi cinque anni e come dovremo comportarci nei prossimi cinque: servono condizioni di governabilità , la Lega a Verona non può vincere da sola, senza la lista Tosi».
C`è sempre il Pdl…
Il divieto del consiglio federale di presentare liste personali è un tentativo di impedirmi di scalare la leadership regionale L` aut aut sulla Lombardia? Le vicende giudiziarie dei consiglieri provocano nella nostra base malumori come per Cosentino e Papa. Un altro possibile risultato di questo giochino, che hanno fatto per questioni legate ai congressi nel Veneto…
Un momento: sta dicendo che si tratta di un provvedimento ad personam per impedirle di scalare la segreteria regionale?
«Difficile negarlo. C`è anche il tentativo di evitare il confronto tra i miei consensi personali e quelli di altri».
Tornando al Pdl?
«Una sua parte ci ha remato contro. Il caso più eclatante riguarda gli 86 milioni di finanziamento per i filobus: abbiamo rischiato di perderli perchè erano fermi al Cipe. L`ex ministro Altero Matteoli e l` ex sottosegretario all`Economia, il veronese Alberto Giorgetti, potevano sbloccarli, ma non l`hanno fatto. Ci ha dovuto pensare il governo Monti, appena si è insediato».
Dica la verità : questo can can sulla lista è legato alla guerra interna scoppiata nella Lega. Non a caso domenica Maroni verrà  a Verona a darle manforte.
«Bobo sa qual è la strategia vincente. E soprattutto la condivide».
Non basta, bisogna convincere Bossi, che però al “federale” di domenica ha ritirato fuori la storia del commissariamento della Lega veronese.
«Il ragionamento da fare è uno solo: è più conveniente che qui la Lega vinca insieme a una lista che in qualche modo le è complementare o che rischi di perdere, magari con il Pdl?»
Il governatore Zaia prevede che la sua lista ci sarà .
«Ha perfettamente presente qual è la strategia giusta per vincere».
E in Lombardia come andrà ? L`aut aut lanciato domenica da Bossi è stato ripreso da suo figlio Renzo, consigliere regionale.
«Le vicende giudiziarie che coinvolgono esponenti dell`amministrazione Formigoni provocano trai nostri gli stessi malumori che avevano i parlamentari della Lega di fronte ai casi Papa, Milanese, Cosentino ».
Renzo Bossi dice anche che domenica a Milano i fischi non erano per il Cerchio magico, ma per Monti.
«Sicuramente ce ne sono stati anche per il premier, ma non solo».
L`ex capogruppo Marco Reguzzoni sostiene di aver stretto la mano a Maroni: lei l`ha visto?
«Ero distratto».
«Bossi è sempre stato eletto per acclamazione, non so se in futuro andrà  ancora così»: l`ha detto lei, significa che la gara per la leadership è aperta?
«L`ho detto e lo confermo. Ora è aperta la gara ai congressi provinciali e regionali, già  fissati. Sarà  il “federale” a stabilire se ci saranno passi successivi».

Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)

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IL LEGHISTA FAVA CHE VOLEVA IL BAVAGLIO AL WEB RESTA SOLO COI PADAGNI

Gennaio 25th, 2012 Riccardo Fucile

L’EMENDAMENTO DI FAVA CONSENTE A QUALSIASI SOGGETTO INTERESSATO E NON SOLO ALL’AUTORITA’ PUBBLICA DI RICHIEDERE A UN FORNITORE DI SERVIZI INTERNET LA RIMOZIONE DEI CONTENUTI PUBBLICATI SULLA RETE

È una levata di scudi quello contro il “Fava”, l’articolo della legge comunitaria da ieri in discussione a Montecitorio.
Il provvedimento fatto approvare dal leghista Giovanni Fava sulla falsa riga del “Sopa” e del “Pipa” — le due leggi appena bloccate negli Usa da una imponente mobilitazione on line — prevede che un “contenuto illecito” che viola il diritto d’autore, possa essere eliminato dal web su richiesta dei “soggetti interessati” senza passare dalla decisione di un giudice.
L’allarme è stato lanciato la scorsa settimana dal giurista Guido Scorza e, dopo l’associazione Libertiamo, numerose associazioni e forze politiche hanno annunciato battaglia in Parlamento in una conferenza stampa che si è svolta questa mattina a Montecitorio.
Articolo 21, Libertiamo, Il Futurista e Agorà  Digitale, hanno presentato oggi le iniziative per bloccare il provvedimento. Emendamenti abrogativi del testo ora confluito nell’art. 18 della legge comunitaria, sono stati presentati Idv, Pd, Udc, Radicali e Pdl: tutti i partiti esclusa la Lega.
In Parlamento si lavora affinchè tutti gli emendamenti confluiscano in un unico provvedimento abrogativo che potrebbe essere votato nelle prossime settimane.
Dopo un iniziale stupore che ha colpito utenti e forze politiche, si delineano i retroscena del “Bavaglio al web” approvato in commissione Affari Costituzionali: appare per molti versi un’iniziativa personale del deputato leghista, un’iniziativa senza maggioranza tanto che anche il governo non ha preso posizione a riguardo e si è rimesso alla decisione dell’Aula.
Nella conferenza stampa di questa mattina tutte le forze politiche — con i relativi distinguo in base al diverso approccio in materia di difesa del copyright — si sono dette convinte che “la libertà  della
Rete va tutelata” e che questioni sensibili come quelle affrontate dal “Fava” vadano approfondite e discusse pubblicamente, e non possano essere oggetti di provvedimenti estemporanei.

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NELLA LEGA TRA BOSSIANI E MARONIANI ORA SE LE DANNO A COLPI DI MAIL: COME DUE DEBOLEZZE NON FANNO UNA FORZA MA SOLO UNA FARSA

Gennaio 23rd, 2012 Riccardo Fucile

IL “CERCHIO MAGICO” INONDA LE CASELLE DEGLI ISCRITTI PADANI CON IL FAC SIMILE DI UNA LETTERA DOVE SI ESPRIME SOSTEGNO A BOSSI E CHE VA RESTITUITA FIRMATA… I MARONIANI INSORGONO MA POCHI GIORNI PRIMA AVEVANO FATTO LA STESSA COSA

Le ferite interne alla Lega, apparse pubblicamente nella manifestazioni di Milano, continuano a dilaniare il partito del Carroccio anche sottotraccia.
L’ultimo scontro si sta consumando infatti via posta elettronica attraverso una “conta” digitale degli schieramenti.
In questi giorni nelle caselle degli iscritti al Carroccio circola infatti una mail datata 18 gennaio – di cui l’agenzia di stampa Dire ha una copia – con allegato il fac simile di una lettera da inviare al segretario Umberto Bossi per fargli sentire la propria “vicinanza”, in “questo momento di duri attacchi”.
Ma sempre la Dire ha scoperto che i maroniani, nei giorni precedenti, avevano bombardato di mail il Senatur.
Mentre, nel clima agitato in casa Lega, si inserisce anche un incontro tra Bossi e Berlusconi.
Partiamo dall’iniziativa dei bossiani del cosiddetto “cerchio magico”.
La mail, da inviare all’indirizzo “sempreconbossi@gmail.com”, prevede uno spazio da compilare con la sezione di appartenenza, e comincia così:
“Caro Umberto, come tanti fratelli padani ho deciso di scriverti dopo mesi che su tutti i giornali assisto ad un incredibile teatrino di interventi fratricidi che nulla hanno a che vedere con la nostra battaglia per la libertà “.
Una “serie di articoli sui giornali dei poteri forti – prosegue la lettera – che denigrano il nostro impegno e che infangano, abbassandola ad una questione di poltrone e potere, la nostra lotta per l’indipendenza della Padania”.
E ancora: “Noi vogliamo essere padani a casa nostra, non nei consigli di amministrazione e sulle poltrone di potere. Hai detto che la Lega deve produrre libertà  e non posti, noi vogliamo cambiare e non gestire”.
Perchè, si legge ancora, “il potere corrode e confonde, il potere romano da duemila anni divide e opprime la padania”.
Da qui l’appello al Senatur: “Solo tu hai avuto il coraggio di ribellarti quando tutti tacevano, solo tu con il tuo esempio di coraggio e rinunce hai saputo risvegliare il nostro popolo. In questo momento, quando il nemico è nell’angolo costretto dalla tua tattica a mostrarsi per la prima volta con il suo vero volto tutto unito nel governo Monti, non permettere che divisioni e gelosie facciano fallire ancora una volta il nostro sogno di libertà  regalando a Roma la vittoria”.
nsomma: “i militanti, i dirigenti, i colonnelli, nessuno è in grado di unire i padani. Solo tu. Decidi tu, dicci tu cosa dobbiamo fare, guidaci come hai sempre fatto. Solo tu hai l’autorità  per farlo. Noi ti seguiremo”.
Fin qui niente di strano: la mail sembra rientrare nella normale attività  di propaganda interna di un partito.
Ma i leghisti più scafati sentono puzza di bruciato.
In coda alla mail si chiede infatti di rimandare “il prima possibile” il messaggio agli indirizzi “segretarioumbertobossi@gmail.com” e “dcantamessa@leganord.org”.
Chi è pratico di Carroccio sa che gli indirizzi “leganord.org” sono riservati esclusivamente ai membri della segreteria di via Bellerio.
E in particolare, quello a cui si chiede di rispedire la lettera, appartiene a Daniela Cantamessa, funzionaria della segreteria particolare di Umberto Bossi, su cui regna incontrastata la fedelissima Rosi Mauro
In pratica, quindi, è il ragionamento che si fa tra i “maroniani”, la mail non avrebbe altro scopo che indicare al Cerchio Magico, attraverso il feedback, su quante forze può contare.
Sempre la Dire, però, ha scoperto che nei giorni precedenti anche i maroniani avevano lanciato una massiccia campagna a colpi di mail.
“Come tanti fratelli padani ho deciso di scriverti- si legge nella lettera – dopo mesi che su tutti i giornali assisto ad un incredibile teatrino di interventi mirati a fare piazza pulita di chi tra i primi ti ha seguito nel ‘folle’ progetto di conseguire la libertà  del nostro popolo. Liberati di coloro che sfruttano il tuo nome per creare divisioni tra i militanti, e infangano per biechi motivi di interessi personali, il nome di chi con te ha lanciato, scrivendoli sui muri, i primi ruggiti del popolo oppresso”.
Da segnalare infine l’incontro per cena, tra Bossi e Berlusconi, nella residenza milanese del Cavaliere.
Domenica il numero uno del Carroccio, dal palco della manifestazione di piazza Duomo, aveva lanciato l’ultimatum all’ex premier: o fa cadere il governo Monti o la giunta Formigoni sarà  a rischio.
Ventiquattro ore dopo, il faccia a faccia per rassicurare il leader del Pdl che stava scherzando: chi lo dice poi ai leghisti lumbard che devono lasciare la poltrona?

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IL DECLINO DI UMBERTO, DRAMMA SHAKESPEARIANO TRA RIVOLTE E TRADIMENTI

Gennaio 23rd, 2012 Riccardo Fucile

IL LEADER FATICA A TENERE IL PARTITO E C’E’ CHI AMMETTE: “NON E’ PIU’ QUELLO DI UN TEMPO”…IL SUO POPOLO NON RISPONDE PIU’ AI SUOI APPELLI E ANCHE LA NOMENKLATURA LITIGA AL SUO COSPETTO

Di fischio in fischio, dissacrazione dopo dissacrazione, fra cataratte, incidenti domestici, congiure, cambiamenti d’umore e malinconie, Bossi è sempre meno Bossi: l’idolo s’incrina, l’icona scolora la sua tinta dorata e come in un dramma elisabettiano l’osservazione spassionata del potere trova in tutto questo la conferma di una verità  inesorabile.
Che il carisma non è mai dato per sempre e quando comincia a fuggire, chi lo perde “sente il suo titolo cascargli addosso, come il vestito di un gigante sul nano che l’ha rubato”.
E dunque: «Non ho più la Lega, non ho più la Lega, mi viene voglia di mollare tutto» l’avevano sentito ripetere qualche giorno fa a via Bellerio dietro le porte di una riunione convocata dopo che il diktat anti-Maroni, poi repentinamente contraddetto, aveva messo in moto la più prevedibile levata di scudi contro il Senatùr.
Ora le immagini del palco di Milano, con quell’affollamento di malcelata discordia, dicono che la Lega ce l’ha ancora, ma certo Bossi non riesce a tenerla assieme.
O almeno: il suo popolo non risponde più ai suoi appelli.
Non solo la nomenklatura si guarda bene dal manifestare segni di ravvedimento, rifiuta di mettere in scena plateali rappacificazioni, abbracci, strette di mano, ma dalla piazza lo interrompono nel mezzo del rito: chi invoca il nome di Maroni, chi lo osteggia, chi comunque fischia all’indirizzo del vecchio capo che nei momenti d’imbarazzo, da consumato comiziante quale è rimasto nonostante tutto, chiama il “Padania libera!”, o minaccia Formigoni, o si abbandona alle consuete volgarità : ma per quanto potrà  andare avanti in questo modo?
Oltretutto, dopo il tempestoso congresso a porte chiuse di Varese, è la seconda volta in tre mesi che Bossi deve subire dei fischi.
In quell’occasione, dopo la baraonda nella sala Arc de triomphe dell’Ata hotel, c’è chi lo vide con gli occhi lucidi.
Nell’estate era dovuto andare via nottetempo dall’albergo Ferrovia, in Cadore, sempre per il rischio di contestazioni.
E allora viene da chiedersi se questi momenti di pur umanissima emotività  non abbiano il potere di oscurare il ricordo di quello che il leader è stato per tanti anni e ha rappresentato per una moltitudine di fedeli; se la fatica, gli sbadigli compulsivi, l’andatura incerta, la maschera di sofferenza, la voce spesso incomprensibile non siano da mettersi in relazione con il turpiloquio, le pernacchie, i gestacci
Ma il sospetto più grave e sempre più plausibile è che proprio le condizioni di Bossi abbiano accelerato e fatto esplodere la sorda guerra di successione che da tempo covava dentro la Lega e che nessuna autorità  personale e residuale ormai potrà  spegnere.
L’altro giorno si è permesso di dirlo con inusitata chiarezza perfino l’eurodeputato Speroni: “Bossi non ha più l’autorità  di un tempo”.
Da questo punto di vista l’emergere di un’entità  insieme sanitaria e cortigiana come il Cerchio magico, così come l’ansia della moglie del Capo, il destino del Trota, la defenestrazione di Reguzzoni, la probabile chiusura della Padania, i fondi d’investimento in Tanzania, il vomito polemico di Maroni, cui è prolungato il divieto di parola, e l’ambiguo barcamenarsi di quelli che l’ortodosso e purista Gilberto Oneto ha ribattezzato “i Robertidi” (Calderoli, Castelli e Cota), ecco, tutto questo, insieme agli imminenti congressi e alle frequenti telefonate da Arcore contribuisce a rendere lo scontro sempre meno ideale e al tempo stesso sempre più cupamente incentrato sul potere.
E tuttavia, riguardando l’ennesimo e crudele video di questo leone malandato che un tempo sferzava le platee e oggi parla al vento e raccoglie fischi, si coglie per un volta qualcosa di autenticamente drammatico nella sua incredulità , qualcosa che riscatta l’andazzo folkloristico e l’intonazione eroicomica che da sempre aleggiavano sopra le manifestazioni della Lega.
Perchè “il sole del potere è splendido, ma spesso tramonta a mezzogiorno nel pubblico disprezzo”, come dire a suon di rumorose contestazioni.
Così, nel logoramento dell’autonomia fisica e nel crepuscolo del comando politico va in scena un dramma tutto personale e perfino shakespeariano — si perdoni qui l’azzardo interpretativo — per cui c’è un po’ di Macbeth, con mogli che si danno un gran da fare, un po’ di Re Lear, con sovrani stanchi e figli inadatti, e poi c’è un po’ del Giulio Cesare, con la faccenda ineluttabile del parricidio da parte chi, all’apice del successo e dell’energia, capisce che è arrivato il suo momento, e gli eventi lo portano a fare fuori colui che gli ha dato fiducia, ma ha anche abusato della sua grandezza
Poi sì, certo che è sconveniente misurare le miserie di questo tempo con le poetiche riflessioni del Bardo.
Ma la tragedia del potere, in fondo, sta esposta lì magnificamente, così come a volte pare addirittura di scovarla, anche con qualche soddisfazione, negli impicci tardo-padani.
E quindi tutto torna, tutto presenta il conto, tutto si paga nel gran teatro della politica, dove il biglietto per assistere è gratis, e la lezione che vi si apprende in genere non conosce pietà .

Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica”)

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BOSSI CONTESTATO DAI “BARBARI SOGNANTI” FEDELI A MARONI, L’UOMO CHE IN VENTI ANNI NON SI E’ MAI ACCORTO DI NULLA DI SOSPETTO E CHE ANCHE IERI E’ STATO ZITTO

Gennaio 23rd, 2012 Riccardo Fucile

SE C’ERA DORMIVA O GLI ANDAVA BENE COSI’, ORA FA IL “COMPROMESSO SPOSO” CHE SI SCANDALIZZA PER I FONDI IN TANZANIA…LA LOTTA DI POTERE ALL’INTERNO DELLA LEGA PER ASSICURARSI LA RIELEZIONE E’ APPENA COMINCIATA

 “La pace di Milano”, come la chiama lui, non esiste.
Non esiste per la base. Non esiste per Roberto Maroni e Marco Reguzzoni. Non esiste per nessun esponente dei vertici del Carroccio.
Che siano sindaci (come Flavio Tosi e Attilio Fontana) o presidenti di Regione (a partire da Roberto Cota e Luca Zaia), nessuno va dietro all’auspicio espresso da Umberto Bossi.
La pace non solo non esiste, dunque, ma non va assolutamente trovata: i militanti vogliono che lo scontro tra maroniani e cerchisti si concluda sul campo e con un solo vincitore.
Così molti, lasciando la manifestazione milanese, si dicono delusi e annunciano la volontà  di lasciare il partito.
Perchè all’ombra della Madonnina i più erano arrivati per assistere all’incoronazione definitiva del “barbaro sognante” Bobo.
Invece, nonostante la piazza abbia invocato con forza e ripetutamente “un saluto da Maroni”, Bossi ha deciso di non farlo parlare.
Invece di sentirsi dire che il tesoriere Francesco Belsito, il responsabile dei fondi investiti in Tanzania, e “la terrona” Rosi Mauro, dovranno trovarsi un impiego, il Capo ha insistito nel tentare di convincere Maroni a stringere la mano ai cerchisti.
Generando un siparietto molto imbarazzante per tutti.
Quando Bossi si augura che “scenderemo dal palco tutti insieme stringendoci la mano”, la piazza reagisce invitando l’ex capogruppo ad andare “fuori dai coglioni”.
E a Rosi Mauro rivolge l’invito generalizzando: “I terroni fuori dai Maroni”. Il clima è questo.
E per la prima volta   durante un comizio Bossi è interrotto da cori, grida, slogan.
Lui alza la voce, sposta l’attenzione sul governo Monti e su Roberto Formigoni.
Che minaccia: “Li stanno arrestando ogni giorno, se continua così andiamo a elezioni e corriamo da soli; Formigoni ricordati che i soldi sono i nostri”, grida.
Ma agli oltre ventimila riuniti in piazza del Duomo   nteressa di più sentire Maroni, assistere al passaggio di consegne.
Invocano i congressi, gridano a gran voce Bobo, instancabili mostrano manifesti contro il cerchio magico (“ormai è stato inquadrato, basta giochi”) e i suoi componenti (“Bossi e Maroni in Padania gli altri 4 coglioni in Tanzania”), se la prendono con la consigliera regionale Monica Rizzi, cerchista e tutrice del trota Renzo (“Sei falsa come la tua laurea”).
Insomma sono arrivati fin qui nella speranza di assistere al passaggio di consegne.
Maroni è visibilmente soddisfatto.
Sul palco un passo davanti a tutti gli altri raccolti intorno a Bossi, saluta e applaude quando lo invocano, per poi suggerire con il labiale di scandire il nome “Bossi, Bossi”.
E quando Matteo Salvini e altri sventolano dal palco la sciarpa “Barbari sognanti” finge di non vedere, ma il sorriso è soddisfatto, il momento è arrivato.
E la differenza con Pontida e Venezia, dove per la prima volta era stato acclamato come “premier” e “successore di Bossi”, è che l’ex titolare del Viminale ci crede.
Ha capito di avere la forza politica e la spinta per lo scontro.
Scendere dal palco senza parlare brucia un po’. Ma le rimostranze sono state presentate al Capo in via Bellerio.
E così al termine della segreteria federale, è lui che comunica le scelte adottate nel fortino leghiste.
Come già  annunciato: “I congressi provinciali si svolgeranno entro tre mesi ed entro giugno ci saranno i nazionali”, comunica.
E sulla manifestazione, Bobo punzecchia: ”Fischi? Io ho sentito applausi e incitamenti per Bossi e per la Lega. E qualcuno anche per me e questo mi fa piacere”, sottolinea.
Ma dal suo profilo facebook, poco dopo scrive: “Una folla immensa ha invaso la nostra Milano! Un popolo di barbari sognatori ! Vorrei ringraziarvi uno per uno : tutti ! Ognuno di voi ! Il mio pensiero va alle/ai militanti che si sono alzati a notte fonda per essere in piazza uniti più che mai ! Mi è dispiaciuto molto non poter parlare per salutarvi e condividere con voi queste sensazioni ! Sono molto felice di comunicarvi che poco fa si è concluso il “Federale” che ha deliberato la convocazione dei congressi provinciali e nazionali così come richiesto dai nostri militanti ! Il vostro Barbaro Sognante!”
Forse più che sognante sarebbe meglio dire “dormiente”, visto che per venti anni non ha mai preso posizione contro gli investimenti in Croazia, sulla fallimentare iniziativa della banca padana, sugli investimenti nei Bingo, sul governo Berlusconi (forse la poltrona di ministro gli aveva fatto dimenticare la sua passione di barbaro sognante…).
Per non parlare dell’imbarazzante inchiesta giudiziaria sulle sue consulenze orali e lo stipendio di 2,000 euro al mese elargite da un inquisito alla sua portavoce per organizzare feste in discoteca.
Dal capocomico al caratterista, ma la rappresentazione è sempre da avanspettacolo.

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IL SECOLO XIX SVELA: “NELLA LEGA INCHIESTA INTERNA SU BELSITO”: I FONDI IN TANZANIA POTREBBERO AVER VIOLATO LA LEGGE SUL FINANZIAMENTO AI PARTITI

Gennaio 22nd, 2012 Riccardo Fucile

IN CORSO IL CONSIGLIO FEDERALE DELLA LEGA: I MARONIANI ATTACCANO LA GESTIONE FINANZIARIA DEL PARTITO, IN MANO AL CERCHIO MAGICO… PER VENTI ANNI BOBO NON AVEVA VISTO NULLA, ORA SI E’ ACCORTO CHE QUALCOSA NON VA

«Maroni in Padania, Cosentino & C in Tanzania».
Lo striscione dell’altra sera a Varese descriveva lo stato d’animo della stragrande maggioranza dei delegati e dei militanti leghisti.
È la rappresentazione plastica di un feroce malumore che sta montando su tutti i siti internet d’area, che fa capolino nei salotti tv, che striscia senza censure tra la folla “padana”. I
l “Cerchio magico”, ossia il gruppetto minoritario che, a detta dei maroniani, sta (stava) separando il leader stanco e malato Bossi dal resto della Lega, avrebbe i giorni contati.
E se non fosse perchè la moglie del Senatur ne è un pilastro, probabilmente sarebbe già  saltato in aria.
Travolgendo Rosi Mauro, apostrofata addirittura come «terrona» dai maldipancia sul Web, e il segretario amministrativo Francesco Belsito, al centro della bufera per i trasferimenti milionari all’estero dei soldi del partito.
Quasi sette milioni di euro, come ha scoperto nei giorni scorsi il Secolo XIX , partiti tra Natale e Capodanno alla volta di Cipro (1,2 milioni) e della Tanzania (4,5 milioni), oltre che cambiati in corone norvegesi (1 milione).
Belsito, sulla Padania, ha ribadito: tutto regolare. Ha parlato di altri investimenti al di fuori dell’area euro e ha negato l’esistenza di investimenti in fondi in Tanzania o a Cipro.
In effetti, i trasferimenti di denaro verso l’isola mediterranea e verso il Paese africano, erano usciti dalla gestione di Banca Aletti (dove la Lega aveva collocato quasi dieci milioni di euro per poi svuotare il conto l’ultimo giorno del 2011) attraverso un banale bonifico i cui beneficiari erano privati.
La Kripsa Enterprise a Cipro, società  di consulenza gestita dall’avvocato Paolo Scala (sede a Larnaca in una casella postale, ufficio da legale a Nicosia, ma al numero telefonico pubblicato sul sito risponde un’altra società  di consulenza, la Exitor).
E l’ex socio del “ministro meteora” Aldo Brancher (indagato per le scalate bancarie) Stefano Bonet per quanto riguarda la Tanzania.
Due privati, quindi, chiamati a gestire parte dei soldi che la Lega ha ricevuto nel 2011 come quota annuale dei rimborsi elettorali delle Politiche 2008 e delle Europee 2009 (9 milioni in tutto nel 2011 di finanziamento pubblico dei partiti).
A questi punti la “non smentita” di Belsito alla Padania non basta ai leghisti. Lo ha detto l’altra sera in tv a L’ultima parola il parlamentare romagnolo Gianluca Pini: «Voglio vederci chiaro, chiarissimo».
Inutile chiedergli come intenda farlo, ma trapela dal Carroccio che oggi al Consiglio federale del partito (il massimo organismo interno), i maroniani non faranno sconti.
Arriverà  al tavolo della presidenza un documento per l’apertura di un’inchiesta interna sui fondi migrati all’estero.
Chiederanno la pubblicazione (all’interno del partito) di tutti i conti, voce per voce.
Chiederanno l’istituzione di un comitato di controllo che parta dal Comitato degli amministratori (con i parlamentari Castelli e Stiffoni, oltre che lo stesso Belsito) e sia estesa alla partecipazione di un delegato per ogni federazione regionale.
Addirittura cresce tra i maroniani la paura di conseguenze penali o amministrative sulle operazioni gestite da Belsito (e note solo alla famiglia Bossi, almeno da quanto ricostruito da tutti i giornali italiani in occasione dell’ultima segreteria politica, dieci giorni fa): se davvero i fondi pubblici italiani sono partiti verso l’estero per speculazioni finanziarie off-shore, c’è il rischio che la segnalazione automatica inoltrata alla Banca d’Italia (che certamente Banca Aletti ha fatto) sia oggetto di rilievi.
Secondo alcuni leghisti esperti della materia, per la legge 2/1997 sul finanziamento dei partiti e secondo le norme dell’antiriciclaggio, la stessa legittimità  dell’operazione potrebbe essere messa in dubbio.
Con il rischio di accusa (e sanzione) per violazione della legge sui finanziamenti pubblici.
Ma la cosa che pesa, dentro il Carroccio, è tutta politica.
Maroni lo ha detto in prima persona: «Qui ci sono sezioni che non hanno di che pagare la corrente e noi investiamo in strane operazioni?».
L’ex ministro non ha detto altro.
Ma dai siti e dalle radio, dai blog e dalle stesse sezioni (persino da quelle liguri che Belsito frequenta in quanto vicesegretario regionale) sale una volontà  che non ha bisogno di aspettare la Banca d’Italia.
Quei giri di fondi della Lega sono stati sbagliati e fuori luogo: chi ha sbagliato abbandoni la nave.

Giovanni Mari
(da “Il Secolo XIX”)

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