Dicembre 24th, 2011 Riccardo Fucile
UN MATRIMONIO DI INTERESSE: TREMONTI CERCAVA CASA, IL SENATUR UNA SPONDA CONTRO I MARONIANI
Tremonti? «Entrerà nella Lega». Lo ha detto Umberto Bossi a Bolzano.
Al ristorante Luna, a due passi da piazza Walther, il capo leghista è in compagnia di Luis Durnwalder, il leader della Sà¼dtiroler Volkspartei, gli autonomisti sudtirolesi che, come il Carroccio, hanno votato no alla manovra Monti.
Durante il pranzo, Bossi ha una breve chiacchierata telefonica con l’ex ministro dell’Economia.
E, appunto, conferma ai presenti quello che si dice già da tempo.
L’economista valtellinese spiega al leader leghista che oggi gli verrà rimossa una parte del gesso a cui è stato costretto dopo una caduta casalinga, e i due si mettono d’accordo per vedersi in giornata.
Poi, Bossi torna a tessere le lodi dell’ «amico Giulio» con cui i rapporti, a dispetto dei momenti di tensione che pure non sono mancati, sono assolutamente saldi.
Anzi, il leader padano osserva con i presenti che l’ex ministro continua ad «essere una persona che all’estero gode di grande credito e grande fiducia».
Con una postilla al veleno: «A differenza di Berlusconi» ( e sua, n.d.r.)
Ma anche pubblicamente, i toni del leader leghista tendono all’irridente: «Mi sembra che Berlusconi abbia troppa paura. Sta lì buono come una pecorella».
Il riferimento è al sostegno al governo Monti che ha fatto una manovra «non tanto brutta, quanto soprattutto cattiva nei confronti delle persone».
Per questo Bossi torna a una convinzione già espressa a più riprese: «Non sono un mago, ma non penso che il governo possa arrivare al 2013. Come può arrivarci? Non ce la può fare neppure con il presidente della Repubblica come alleato. Non dopo manovre come questa».
Poi, il capo padano torna ai registri jettatori adottati da qualche tempo: il decreto «salva Italia» non riuscirà nel suo intento.
Il Paese «affonderà . Troppe tasse. Soprattutto, non sanno come creare posti di lavoro. Questo è il problema».
Quanto alla Lega, nessun problema per l’essere uscita dall’area di governo, anzi: «All’opposizione ci stiamo divertendo».
Ma di ieri è anche l’intervento di Roberto Maroni a «Otto e mezzo» su La7.
Con Lilli Gruber, l’ex ministro dell’Interno si esprime a tutto campo, con una buona dose di autonomia anche rispetto allo stesso Bossi.
Berlusconi è una pecorella? «Non credo lo sia, è un gran combattente e, per come lo conosco, fino alla fine ha cercato di tenere in piedi il governo».
Il governo Monti non dura? «Le elezioni secondo me ci saranno nel 2013, è illusorio pensare che il dissenso di oggi duri per tutto l’anno prossimo».
Le gazzarre leghiste in Parlamento? «Dobbiamo prepararci a valutare le azioni del governo senza pensare che basti alzare qualche cartello in aula, che peraltro non è un modo sguaiato per protestare».
Per tacer di Tremonti, che è «geniale, ma mi risulta ancora iscritto al Pdl». Quanto all’opposizione, se «Monti farà le cose giuste, noi lo sosterremo. Ma per ora ha fatto solo cose sbagliate».
Bossi è arrivato in Sudtirolo per partecipare a un’iniziativa a cui sta lavorando da tempo l’assessore lombardo alla Sanità , Luciano Bresciani.
Il fidatissimo medico del fondatore del Carroccio sta sottoscrivendo una serie di protocolli di collaborazione sui temi dell’invecchiamento della popolazione con diverse regioni non solo italiane.
A Bossi l’idea piace anche come primo gradino per la costruzione della «macroregione padano-alpina».
Durnwalder è stato attentissimo a non attribuire significato politico a un accordo amministrativo («L’idea di Padania di Bossi non coincide con la nostra idea di autonomia»), nè attribuisce rilevo al fatto che la Svp, come la Lega oggi, sia all’opposizione («L’incontro era concordato da tempo e solo casualmente coincide con le votazioni al Senato sulla manovra»).
Marco Cremonesi
(da “Il Corriere della Sera“)
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Dicembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
SLITTA LA DECISIONE SULL’ARRESTO…”COSI’ IL CARROCCIO DIFENDE IL REFERENTE DEI CASALESI”
Ci lavoravano da 48 ore e ce l’hanno fatta. 
Quelli del Pdl hanno fatto saltare il tavolo su Nicola Cosentino nella giunta per le autorizzazioni.
Con l’escamotage di presentare nuove carte, prodotte dal capogruppo Pdl Maurizio Paniz, «che in realtà sono vecchissime» ribattono le Pd Ferranti e Samperi.
Si doveva votare ieri sull’arresto, visto che il 5 gennaio scadono i 30 giorni per rispondere alla richiesta dei magistrati di Napoli, ma sul filo, 11 voti contro 10, ha prevalso il rinvio.
Se ne riparla martedì 10.
Chiosa, a sera, l’autore di Gomorra Roberto Saviano: «Fa paura decidere sul suo arresto: se Cosentino decidesse di collaborare, molti pilastri del potere economico/politico rovinerebbero ».
Il lavorio del Pdl per lasciarlo libero è insistente. Anche lui si muove.
Si è fatto interrogare dal gip di Napoli e ora attende il risultato del tribunale del Riesame sull’ordine di custodia atteso per il 27 dicembre.
Decisione che tutto il Pdl aspetta, nella speranza di giocarselo in giunta, col risultato di svuotare la funzione del vaglio parlamentare.
Il rinvio scatena polemiche.
È «scandaloso » per l’Idv Federico Palomba. «Decisione a dir poco vergognosa, oltre che contraddittoria » per il finiano Nino Lo Presti.
La Pd Anna Finocchiaro definisce «irresponsabile» una Lega che «gioca su troppi tavoli». Ma i numeri comandano.
Quelli della destra prevalgono: 7 Pdl, due leghisti, Vincenzo D’Anna di Popolo e territorio e Mario Pepe, berlusconiano oggi nel gruppo misto.
Che lascia la giunta gongolando.
Perdono i 5 del Pd, i due di Fli, i due dell’Udc e Palomba dell’Idv.
Cade nel vuoto l’appello di Antonio Di Pietro a chiudere il caso Cosentino «entro l’anno» con un voto favorevole all’arresto «per fatti gravissimi».
Ma la Lega, spaccata, consente il rinvio. Che il Pdl non si assume nemmeno la responsabilità di chiedere, mandando avanti D’Anna.
Il caso Cosentino lacera il Carroccio.
Da una parte l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni, che chiama Luca Rodolfo Paolini per farlo votare per l’arresto.
Gli spiega che il partito non può perdere la faccia, dopo che lui stesso ha esultato per la cattura di Zagaria.
Ma Paolini fa insistente professione di innocenza sul tuttora coordinatore del Pdl in Campania che, per i pm di Napoli, è «il referente del potente clan camorrista».
Ripete che nelle carte non c’è «granchè » per ottenere le manette.
Lo maltratta la Ferranti: «Se sei convinto che sia un perseguitato perchè non voti contro l’arresto? ».
Si sparge la notizia che Paolini voglia dimettersi dalla giunta e di forti frizioni con la Lega. Lui smentisce. Mentre è in seduta lo chiama pure Bossi.
I tormenti leghisti si snodano mentre, in aula, si vota per autorizzare il via libera alle intercettazioni che il gip di Palermo Piergiorgio Morosini ritiene fondamentali per motivare l’accusa di corruzione aggravata dalla mafiosità per l’ex ministro dell’Agricoltura Saverio Romano.
Ci sono 60 assenti, ben 33 del Pdl.
Finisce male per Romano che minimizza («Mi aiuterà a dimostrare la mia estraneità ai fatti che mi si contestano»).
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
MARZO 2011: “NORMA SALVA DIRIGENTI RAI E FINMECCANICA: UN EMENDAMENTO LEGHISTA VIETA ALLA CORTE DEI CORTI DI AVERE RISARCIMENTI DAGLI AMMINISTRATORI DELLE SOCIETA’ PARTECIPATE DALLO STATO PER OLTRE IL 50%
Dopo le intemperanze di ieri, al Senato, la bagarre è scoppiata anche oggi a Montecitorio. Protagonisti sempre loro, i parlamentari della Lega, che hanno gridato “vergogna” all’indirizzo di Giarda e mostrato dei cartelli con la scritta “No Ici”.
Gianfranco Fini ha richiamato tutti all’ordine e, per cercare di placare gli animi, ha espulso dall’emiciclo i deputati più “focosi”, Gianluca Buonanno e Fabio Rainieri.
Ma la bagarre non è finita. Alle proteste e ai fischi dei leghisti Fini ha risposto: “Sono i pecorai che fischiano, non i deputati”.
A quel punto Gianluca Pini, del Carroccio, concludendo il suo intervento in aula ha dato del “cialtrone” a Fini. Immediata la replica del presidente della Camera: “Non le consento di insultare la presidenza. È proprio vero – ha chiosato Fini – che ogni botte dà il vino che ha”.
Ma è interessante conoscere chi è Gianluca Pini e che genere di proposte ha fatto nel corso del suo mandato.
E’ quanto proponiamo all’attenzione dei nostri lettori:
Colpo di spugna. A sorpresa, in commissione Unione europea della Camera, il relatore leghista, Gianluca Pini, crea il caos.
Passa un suo emendamento alla legge comunitaria 2010 che salva gli amministratori delle società partecipate dallo Stato per oltre il 50 per cento da responsabilità civile legate a danno erariale comminato attraverso ammende o sanzioni dalla Corte dei conti.
Un emendamento che sembra scritto apposta per gli ex amministratori di centrodestra del Cda Rai (Marco Staderini, Gennaro Malgeri, Giuliano Urbani, Angelo Maria Petroni e Giovanna Bianchi Clerici) chiamati a risarcire il Tesoro per circa 11,5 milioni di euro per la nomina incompatibile di Alfredo Meocci alla direzione generale della tv pubblica.
Ma non solo.
Il medesimo emendamento calza anche a pennello per gli attuali vertici di Finmeccanica, a partire da Pierfrancesco Guarguaglini, attualmente indagato, con la moglie Marina Grossi, per corruzione.
L’emendamento leghista sarebbe stato scritto anche con l’intenzione di rendere gli attuali vertici delle società pubbliche così impermeabili al lavoro ispettivo e sanzionatorio della Corte dei conti da menomare la magistratura contabile della sua principale prerogativa costituzionale.
L’emendamento, infatti, prevede due fattispecie di violazioni in cui può incorrere l’amministratore pubblico.
La prima riguarda un danno erariale conseguente a un’azione che un certo consiglio d’amministrazione ha fatto in violazione di norme vigenti.
à‰ il caso che calza a pennello al cda Rai.
Nel 2005, in virtù delle pressioni di Silvio Berlusconi, Meocci fu nominato direttore generale della Rai.
Ma non poteva ricoprire quell’incarico perchè proveniva da un incarico di “controllore” (all’Agcom) della Rai. La stessa Agcom inflisse una multa alla Rai da 11,5 milioni e subito dopo la Corte dei Conti chiese a ciascuno dei consiglieri che votarono a favore della nomina 1,8 milioni di euro a testa.
Una cifra che questo emendamento cancella con un colpo di spugna; non solo è retroattivo, ma dispone la necessità della dimostrare il danno reale subito dall’azienda per via della nomina sbagliata.
Diversa la conseguenza che l’emendamento Pini avrà sulla questione Finmeccanica.
Ai vertici dell’azienda controllata dal Tesoro la magistratura ha contestato la creazione di fondi neri attraverso delle “sopraffatturazioni” compiute nell’ambito di una serie di appalti affidati all’Enav. “In questo caso — spiega il vice presidente del gruppo Idv in commissione, Antonio Borghesi — la norma stabilisce che se si è pagata una tangente pari a cento euro, ma grazie a questa si è ottenuta una commessa pari a cinquecento euro, non si può parlare di danno erariale perchè la commessa supera di gran lunga l’esborso della tangente. Dunque agli amministratori non può essere contestato in alcun modo il danno erariale: è una norma vergognosa che danneggia lo Stato e i cittadini”.
E a peggiorare le cose anche in questo caso l’effetto sarà retroattivo, anche per le sentenze già emesse e si applicherà anche alle società di servizio pubblico locale (che sono circa 7 mila). L’unica cosa che viene fatta salva è la responsabilità personale “per colpa grave o dolo”, ma cambiare anche il codice penale sarebbe stato forse un po’ troppo.
Che possibilità ci sono che la norma venga approvata definitivamente sia dalla Camera [dove arriva lunedì] che dal Senato? Molte. “La maggioranza su questo fronte è granitica — spiega Borghesi — quindi passerà senz’altro”.
Poi, però, il capo dello Stato Giorgio Napolitano potrà sempre alzare la penna e respingere la legge per vizi di costituzionalità . Forse lo farà . Forse.
(da il Fatto Quotidiano del 25 Marzo 2011)
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Dicembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
I PADAGNI ATTACCANO IL GOVERNO CHE CERCA DI METTERE LE TOPPE AL LORO MALGOVERNO, MA IL PROBLEMA E’ TRA BOSSI E MARONI
La Lega di lotta, senza governo, sostituisce il cappio di Tangentopoli con un “muro” di cartelli
contro “la rapina” della manovra di Mario Monti.
Da “Basta tasse” a “Giù le mani dalle pensioni”.
La gazzarra neopopulista del Carroccio va in scena al Senato e non risparmia neppure l’ex alleato Renato Schifani, presidente dell’assemblea di Palazzo Madama: “Sei un pagliaccio”. Il Professore Tecnocrate di Palazzo Chigi è invece un “maggiordomo”.
Insulti e rissa, questa la ricetta della Lega, che ha scelto l’opposizione per riguadagnare consensi (i sondaggi la danno in caduta libera), salvare le amate province (che significano poltrone e gestione del territorio) e rifarsi una verginità dopo un decennio trascorso a ingerire e digerire ogni porcata ad personam del Cavaliere.
Anche alla Camera, i deputati leghisti si mostrano combattivi.
Protestano contro Fini per il taglio della discussione generale sul decreto SalvaItalia e poi chiedono e ottengono il dibattito a oltranza, mentre Umberto Bossi, sempre più anziano e malconcio, ripete che “Berlusconi se la fa con i comunisti” .
Per tutta risposta l’ex premier annuncia che oggi vedrà il Senatùr.
In realtà l’ammuina padana serve a coprire e a nascondere la profonda spaccatura che da mesi paralizza il partito un tempo governato in modo “leninista” dal Capo.
La “dittatura” bossiana è sempre più contrastata dall’ala “autonomista” di Roberto Maroni.
Le due fazioni non comunicano nemmeno più e si fanno la guerra persino nei corridoi della Padania, il semi-clandestino house organ della Lega, il cui bilancio è segnato da un profondo rosso.
Secondo alcuni calcoli fatti e aggiornati di continuo dal “cerchio magico” che circonda Bossi (con in testa il capogruppo alla Camera Reguzzoni e il vicepresidente del Senato Rosi Mauro), Maroni e i “maroniti ” controllano la maggioranza del partito e un eventuale congresso federale, cioè nazionale, che non si tiene da un decennio, sancirebbe una clamorosa sconfitta del Senatùr che potrebbe generare un’altrettanto clamorosa scissione.
Anche per questo, Bossi avrebbe incontrato riservatamente Maroni per avere assicurazioni sulla “salvaguardia” della propria leadership e l’ex ministro dell’Interno avrebbe ceduto, almeno a parole.
Per il resto, i due clan si promettono epurazioni a vicenda in occasione delle liste per le politiche, anticipate o no che siano.
Al momento il pallino è ancora nelle mani di Reguzzoni e del “cerchio magico” ed è in quest’ottica che va decifrato lo scontro di ieri nell’assemblea dei deputati leghisti. Maroni stesso ha rilanciato la questione del capogruppo dopo le promesse di Bossi di sostituirlo a dicembre e Reguzzoni ha reagito con un puro tatticismo per conservare la poltrona: porre il problema della presidenza del Copasir, oggi occupata da Massimo D’Alema (che teme “conseguenze” dall’inchiesta su Finmeccanica).
Per la Lega, il posto va all’opposizione e un’eventuale investitura di Maroni salverebbe Reguzzoni.
Ma l’ex ministro dell’Interno ha fatto capire dove punta: la poltrona del Copasir non gli interessa.
Piuttosto mira a fare il capogruppo e a gestire da una posizione di rilievo questa fase di transizione.
Il suo obiettivo, sempre se avrà il coraggio di andare sino in fondo contro il Capo, ha due tappe: il controllo del partito e poi sedersi al tavolo della riforma elettorale per invocare un sistema tedesco che consentirebbe alla Lega di andare da sola e staccarsi definitivamente dal Cavaliere.
Il retropensiero dei “maroniti”, infatti, è che l’allontanamento tra “Silvio” e “Umberto” sia solo di “facciata”. E i messaggi che i due si lanciano (ancora Bossi, ieri: “Berlusconi senza le spalle forti della Lega si sentirà perso”) confermano questa sensazione.
Lo scenario del Senatùr è ancora da Seconda Repubblica, quello di Maroni, invece, è da Terza, per “isolare” la Lega in un quadro di grande centro e garantirle la sopravvivenza.
Senza dimenticare, però, il noto feeling maroniano sia con Angelino Alfano, sia con il versante bersaniano del Pd.
L’esito di questa feroce guerra nella Lega è imprevedibile e l’incognita maggiore, secondo alcuni leghisti di rango, è il coraggio dell’ex ministro dell’Interno, sempre uomo dei penultimatum, incapace di assestare il colpo mortale a Bossi.
Il quale a sua volta potrebbe essere tentato di usare come un’arma letale contro l’ex amico “Bobo”: l’ingresso di Giulio Tremonti nella Lega.
La suggestione è circolata nei giorni scorsi e chissà se è destinata a rimanere tale.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
(vignetta diksa53a)
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Dicembre 14th, 2011 Riccardo Fucile
MONTI GELA LA LEGA: “SCUSATEMI SE VALORIZZO IL PARLAMENTO”… DOPO AVER AUMENTATO LE TASSE AGLI ITALIANI I LEGHISTI ESPONGONO CARTELLI “BASTA TASSE”… MA CHI PENSANO ANCORA DI PRENDERE PER IL CULO?
Poco dopo l’inizio della seduta al Senato – in cui il presidente del Consiglio doveva riferire del
vertice Ue dell’8 e 9 dicembre scorsi – il presidente Schifani ha dovuto sospendere i lavori a causa delle ripetute interruzioni partite dai banchi leghisti che hanno esposto cartelli contro la manovra (‘Basta tasse’, ‘Giù le mani dalle pensioni’ e ‘La manovra è una rapina’)
“E’ una sceneggiata mortificante per il Parlamento”, ha detto Schifani prima di interrompere la seduta mentre Monti guardava i banchi dell’opposizione in silenzio marmoreo.
“E’ un pessimo segnale che diamo al Paese”, ha aggiunto Schifani senza tuttavia ottenere l’ordine.
Durante il discorso di Monti, la senatrice leghista Angela Maraventano, esperta in foto, ha cominciato a gridare: “Parlaci piuttosto delle pensioni!”.
Il presidente del Senato, Renato Schifani si è rivolto direttamente al capogruppo leghista, Federico Bricolo: “Proprio lei – ha sbottato Schifani – che è capogruppo. Mi stupisco che lei faccia così. Senatore Bricolo non si faccia richiamare”.
Ma non c’è stato niente da fare. La Lega ha continuato a disturbare e a nulla sono valse le parole di Schifani.
“Se vi interessa continuo – ha detto Monti – scusatemi se valorizzo il Parlamento”.
Un lungo applauso gli ha permesso di continuare solo per qualche altro minuto.
“Il Parlamento ha un ruolo centrale per l’azione dell’esecutivo e il futuro del nostro Paese”, aveva detto Monti aprendo il suo intervento sul Consiglio Europeo.
“E’ punto di raccordo e di sintesi tra istanze nazionali e prospettive europee, con un ruolo diventa ancor più cruciale”.
Poi un richiamo alla manovra: “Oggi prendo la parola a poco più di una settimana dai provvedimenti urgenti di politica economica adottati dal governo il 4 dicembre. Questa scansione temporale mostra quanto sia stretta in questa fase la dimensione nazionale e europea”.
Il risultato del Consiglio europeo dell’8 e 9 dicembre insomma “non è stato per ora all’altezza delle nostre aspettative ma è stato abbastanza significativo”, in particolare sul tema degli Eurobond che verrà inserito nel rapporto che Van Rompuy, Barroso e Juncker presenteranno entro il 31 marzo, e sul rafforzamento dell’operatività del fondo salva-Stati. Il premier ha riassunto così in senato l’esito dell’ultimo consiglio Ue.
In particolare, sugli Eurobond ha spiegato che “nelle conclusioni del Consiglio europeo non troverete la parola Eurobond, neppure nella versione ‘stability bond’ proposta da commissione Ue, ma tuttavia segnalo due finestre aperte verso questo tema che sarà nostra cura coltivare già nel breve periodo. Una è la previsione di un meccanismo, la reciproca informazione ex ante sui programmi delle emissioni dei vari Paesi, che è presupposto di una emissione in comune dei titoli del debito pubblico. L’altra è che le conclusioni del Consiglio Ue prevedono la presentazione entro marzo da parte di Van Rompuy, Barroso e Juncker di un rapporto sui modi in cui approfondire l’unione fiscale. Si è deciso di non far figurare il riferimento agli Eurobond ma nel rapporto di marzo sarà discusso e presentato il tema”.
Quanto al fondo salva-Stati, si va “verso il rafforzamento” della sua operatività , “sia con il potenziamento delle sue risorse sia affidando alla Bce il compito di operare come agente del fondo nella collocazione dei suoi titoli”.
Inoltre “viene accelerata l’entrata in funzione del meccanismo europeo di stabilità ” che sarà in vigore “con l’adesione di paesi che rappresentano almeno il 90% degli impieghi finanziari”.
Un dettaglio che “può sembrare solo tecnico”, ma che significa che non ci sarà possibilità di veto da parte di piccoli paesi e “si potrà procedere più speditamente”.
Tornata la calma in aula al Senato e ripreso il suo discorso, Monti ha annunciato di voler cogliere il monito dei cartelli esposti dalla Lega (basta tasse) per annunciare l’apertura dell’Italia, in sede europea, alla tassa sulle transazioni finanziarie, dicendo che “non sarà la strada per arrivare al ‘basta tasse’ del monito rivoltomi, ma a nessuno, o almeno a nessuno tra quanti ascoltano, che questo è uno dei modi per poter realizzare il ‘meno tasse’ su famiglie e imprese”.
“In sede europea – ha infatti spiegato il premier – uno dei modi per arrivare, se non a ‘basta tasse’, perchè sarà impossibile, a ‘meno tasse’ su chi produce e sulle famiglie è anche quello di avere una fiscalità estesa anche al mondo della finanza e della grande finanza.
Mi richiamo al monito ‘meno tasse’ – ha quindi aggiunto Monti – dicendo che in sede europea si è sottolineato che un modo per avere meno tasse su imprese e famiglie è anche quello di non considerare al di là di ogni ipotesi la tassazione sulle grandi operazioni finanziarie. Volevo segnalare – ha detto Monti – che ho notificato in sede europea che l’Italia è disposta a cambiare la propria posizione: l’Italia, e in particolare il passato governo, ha tenuto una posizione contraria all’ipotesi della tassazione sulle transazioni finanziarie, la Tobin tax.
L’Italia – ha quindi annunciato Monti – è pronta a riconsiderare questa posizione e a unirsi a quelli che vorrebbero, sul piano almeno europeo, un’adeguata tassazione sulle transazioni finanziarie”.
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Dicembre 14th, 2011 Riccardo Fucile
CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA: DOPO ANNI DI APOLOGIA DELLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE, CON UNA FORZA XENOFOBA AL GOVERNO DEL PAESE, QUESTI SONO I FRUTTI… CASA POUND NON C’ENTRA NULLA, IL PROBLEMA E’ AVER SDOGANATO IL RAZZISMO E AVERGLI DATO DIGNITA’ CULTURALE
Mentre Casa Pound prende le distanze da Gianluca Casseri («lo conoscevamo appena», “era
considerato lo scemo del villaggio”), definendo l’assassinio dei due senegalesi «un gesto ripugnante», «un gesto vile e miope messo in atto da chi non ha a cuore il vero interesse della Nazione e finisce a fare il gioco del potere che a parole sostiene di voler combattere», ci sono forum di sedicente estrema destra in cui gli iscritti celebrano la memoria del loro «camerata».
Su stormfront.org, forum italiano di «White Pride, World White», si leggono commenti che inneggiano a Casseri quale «eroe bianco», che merita «rispetto e onore» perchè ha avuto il coraggio di «fare pulizia di questa immondizia negra».
«E’ uno dei nostri» scrive un utente; «Rispetto e onore» gli fa eco Biomirko.
Chissà in quale mondo vivono questi due soggetti e a quali riferimenti valoriali facciano capo, ammesso che sappiano leggere.
C’è anche chi azzarda concetti più articolati, come NonConforme, «E’ il prezzo che ha pagato un eroe — dice — una situazione ormai figlia dell’esasperazione di chi ha creato questa società multietnica che è una bomba a orologeria pronta a esplodere, perchè la storia insegna che tante etnie non possono coesistere insieme».
Ancora più deliranti le affermazioni di un certo Costantino che scrive: «Gli sbirri di m… che non ci sono mai quando un allogeno [uno straniero, ndr] delinque oggi sono stati efficientissimi. E’ terribile, Casseri è morto».
E siccome non c’è limite al delirio, Longobard, un nickname che è tutto un programma, prova a dire la sua: «Firenze è ormai contesa tra bande di sporchi negri criminali. E’ ora che qualcuno faccia pulizia di questa immondizia negra! Via negri e stranieri dall’Italia. Abbattere chi devasta le proprietà degli italiani».
Intanto su Facebook è subito nata l’immancabile pagina celebrativa dell’omicida, «Onore al Camerata Gianluca Casseri, Italiano Vero».
Pochi gli utenti che inneggiano alla sua terribile azione, una quindicina, ma molto significativi i post: immagini di manifestazioni con tanto di saluto romano, slogan pesantemente razzisti come «Morte ai negri» e frasi antisemite talmente sgrammaticate da risultare quasi incomprensibili («Havete le ore contate bancari giudii»); tanto che Sergio ribatte: «Io che sono albanese scrivo meglio».
A ruota, è nata una seconda pagina fan, sempre su Facebook («Gianluca Casseri e il conte Dracula Vlad Tepes eroi!!!») in cui Costel affianca la figura di Casseri a quella dello storico impalatore (di cui l’omicida era un appassionato), esaltando entrambi come eroi «anti islamici».
Il basso livello degli interventi dimostra che portare studi sulla struttura delle società aristocratiche (intesa come espressione della mente e non del censo), sulla fenomenologia dei flussi migratori, sulle diseguaglianze dei processi storici e sull’analisi geopolitica può provocare problemi psichici a persone già scosse mentalmente.
Persino nelle tradizioni di riferimento di costoro, gli eroi sono ben altri, non certo chi uccide a sangue freddo per odio razziale. Per questo suggeriremmo a certi sfigati una lettura alla presenza di un traduttore che sappia far comprendere i testi a fronte.
Forse costoro dimenticano i milioni di emigranti italiani a cavallo del secolo scorso che, spinti dalla necessità , approdarono nelle Americhe e nei paesi del nord Europa. Salvo che anche costoro, seguendo i loro criteri razziali, non avrebbero dovuto essere abbattuti dai locali a colpi di pistola.
In fondo è un peccato che non esistano più i campi di rieducazione dove, rompendosi la schiena a spaccare pietre per 10 ore al giorno, certi soggetti comprenderebbero i reali problemi della società in cui vivono.
E che il posto di lavoro non glielo ruba nessuno, se avessero voglia di lavorare.
Anche se in fondo essi sono solo il prodotto dello sdoganamento di una cultura razzista, fatta di egoismi e meschinità , che ha trovato persino rappresentanza al governo del nosstro Paese e dignità istituzionale (si fa per dire).
Ai figli di Borghezio e Calderoli, acculturati su malfatti Bignami senza libri di testo a fronte, non resta che la trincea razzista per giustificare il proprio fallimento. perchè la sfida del futuro è sulle intelligenze, non sul colore dela pelle.
Ieri non sono morti assassinati “due senegalesi”, ma due esseri umani di nome Mor Diop e Modou Samb che si guadagnavano onestamente da vivere in Italia.
Come un secolo fa nelle baracche svizzere vivevano ai margini della società tanti Salvatore e Carmela.
E per la povertà si deve avere rispetto, non odio.
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Dicembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
“NON BUTTATE NEI RIFIUTI I LEGHISTI, POSSONO ANCORA VALERE QUALCOSA”: DA SOTHEBY BATTUTO UN ROBERTO MARONI…LA BASE LEGHISTA COMMENTA: “L’AVETE BATTUTO TROPPO POCO”… ROSI MAURO ESPOSTA AL MOMA DI NEW YORK: DUE VISITATORI COLTI DA INFARTO… CALANO LE QUOTAZIONI DI BOSSI: IL RESTAURO COSTA TROPPO
Va a ruba nei mercatini dell’antiquariato.
Per trovarla si setacciano le soffitte e le cantine dei nonni e con lei i rigattieri fanno affari d’oro. E’ la Lega Nord, l’ultima frontiera degli oggetti in disuso che fanno arredamento e ricordano i tempi andati, l’ultima trovata del brocantage.
“Io ho messo Calderoli sul caminetto — dice un arredatore di Milano — e, a parte il fatto che ogni tanto dice una puttanata, sta tanto bene con la tappezzeria. Oltretutto la testa è in legno massello, se cade non si rompe”.
Data la moda, ovviamente i prezzi sono schizzati alle stelle.
Borghezio che teorizza l’unione della Padania con la Baviera e la Svizzera vale ormai tra i 35 e i 40 euro e viene consegnato in tranci surgelati.
La Lega è passata in due settimane da forza politica che esprimeva ben tre ministri a fenomeno etnico folcloristico, l’ideale per chi si è stufato dei pittoreschi comodini cinesi in bambù.
Il Natale imminente, poi, ha fatto il resto e si è verificato un boom di richieste: per avere Renzo Bossi nel presepe vivente si è scatenata una gara tra vari comuni del Nord.
Nei comuni del Sud, invece, i leghisti continuano ad apprezzarli di più appesi all’albero.
Ormai è una febbre.
Da Sotheby’s è stato battuto un Roberto Maroni per la bellezza di 3.500 euro, 500 per il bell’esemplare ben conservato e 3.000 per gli occhialini da pirla.
Se l’è aggiudicato un collezionista di Como, che lo metterà in giardino per spaventare i passeri. Molto richiesto anche Roberto Castelli.
Una volta ceramicato con le braccia tese è stato trasformato in un pittoresco appendiabiti, vanto di un noto ristorante pugliese di Verona.
Della Lega Nord si occupano ormai solo archeologi della politica e collezionisti d’arte contemporanea: Rosi Mauro sembra un’opera di Cattelan, e tra l’altro nemmeno delle più brutte.
Il pezzo forte rimane.
Alessandro Robecchi
(da “Misfatto“)
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Dicembre 7th, 2011 Riccardo Fucile
OCCORRE UN RICHIAMO FORTE AL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE VIGENTE: NON E’ TOLLERABILE UN GRUPPO PARLAMENTARE CHE SI RICHIAMA AD UNA PROPRIA ASSEMBLEA ELETTIVA… UN MINISTRO DELLA REPUBBLICA CHE NON SI RICONOSCE NEI VALORI DELL’UNITA’ NAZIONALE ANDREBBE SEMPLICEMENTE REVOCATO
Credo davvero che sia arrivato il momento di dare risposte formali e circostanziate al progetto leghista di procedere a una “secessione concordata” tra il nord (si dice la Padania) e il resto dell’Italia.
Non mi pare che sia il caso di continuare a minimizzare l’iniziativa promossa dalla Lega mentre viene varata una manovra economica pesantissima e dolorosa dal governo in carica, indirizzata a tutti gli italiani, in una situazione di conclamata emergenza nazionale. Quale che possa essere il giudizio nei confronti di un partito e dei suoi leader che hanno sino a ieri e per lungo tempo condiviso la responsabilità del governo nazionale, la serietà del momento, imporrebbe due risposte immediate fondate sul rispetto del dettato costituzionale vigente.
La prima chiama in causa la responsabilità delle Camere e dei loro presidenti.
Non credo sia più tollerabile che i gruppi parlamentari della Lega Nord facciano alcun riferimento nella loro denominazione alla Padania nel momento stesso in cui si continua ad affermare da parte dei loro aderenti che a tale entità territoriale, sconosciuta all’ordinamento nazionale, si collega, viceversa, l’esistenza di altra, concorrente assemblea rappresentativa dotata, viene affermato, di tanta sostanziale forza e consenso politico da essere addirittura promossa “sul campo” come interlocutrice dello Stato nazionale per giungere a una “separazione consensuale”.
Senza evocare quel che ha già detto la Corte costituzionale a proposito dell’esclusiva denominazione Parlamento, da riservare alle assemblee elettive nazionali, sembra davvero il caso di ricordare ai parlamentari leghisti, ma soprattutto al Paese, che non si possono rappresentare contemporaneamente due “Nazioni”.
L’eventuale indipendenza della Padania si conquisterà pure per via politica e diplomatica, ma solo rompendo la legalità costituzionale esistente e “contro” la presupposta e affermata unità nazionale incarnata al momento dall’unico Parlamento italiano legalmente operante.
La seconda risposta investe in pieno la responsabilità del nuovo governo, al quale non dovrebbe essere particolarmente difficile “smantellare”, con lo stesso simbolismo evocativo tipico del leghismo, quelle succursali ministeriali aperte, credo a Monza, con le inconfondibili modalità propagandistiche da alcuni membri del precedente esecutivo.
Qui non si tratta di inseguire all’incontrario l’innocuo simbolismo leghista quanto piuttosto di presentare, all’inizio del difficoltoso percorso per “salvare l’Italia” che giustifica la nascita di questo esecutivo , alle stesse forze politiche di maggioranza, divise tra loro al punto da non riuscire a sottoscrivere un’unica mozione di fiducia, almeno un orizzonte ideale cui guardare insieme: l’unità a tutto tondo dello Stato a partire dalla struttura governativa e del suo indirizzo politico.
All’interno del ministero, oltretutto, di chi è chiamato a guidare il governo ha una sua preminenza giuridica che nel recente passato non è stata esercitata, a voler ben vedere, solo a causa della presenza leghista in maggioranza.
Altro che assecondare persino le insane esigenze secessionistiche dei ministri che aprono a “casa loro” uffici ministeriali, il presidente del Consiglio, se si resta a quel che dice l’art. 95 Cost., da sempre così interpretato da autorevole dottrina, potrebbe spingersi sino a proporre la revoca dei ministri in carica ove attentino all’unità d’indirizzo politico-amministrativo del governo del quale fanno parte, senza aspettare alcuna diretta revisione delle disposizioni vigenti.
Il presidente Monti può ricordare a tutti questo semplice assunto e nel contempo porre fine immediatamente , da solo, alla “finzione” sopra evocata.
Quanto all’argomento che può avere effettiva presa sul terreno delle innovazioni costituzionali consentite dalle norme vigenti, e cioè il percorso per giungere all’identificazione di una vera e propria macroregione del Nord che si possa denominare Padania, occorrerebbe richiamare, da parte dello stesso governo, l’art. 132, primo comma, Cost.
Si cominci almeno da lì, dall’approvazione di una legge costituzionale che fondendo le esistenti regioni del Nord (quelle che ci stanno) e partendo dal basso, come ogni processo realmente democratico, e cioè dall’iniziativa delle popolazioni interessate, segnali in modo conclamato la forza concreta dell’idea “padana”.
La Padania provi a essere Regione italiana prima che altra Nazione!
La stagione che si è aperta non credo possa tollerare altra inaccettabile confusione di parole, gesti e, ancora di più, alcuna mistificazione dei ruoli istituzionali e delle procedure costituzionali.
Antonio D’Andrea
(Ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Brescia)
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 6th, 2011 Riccardo Fucile
IL SEDICENTE PARLAMENTO PADAGNO ORA AUSPICA LA SECESSIONE IN STILE CECOSLOVACCO, MA IL CARROCCIO ORMAI E’ ORGANICO AL SISTEMA…INFATTI ORA PARLA DI VIA CONSENSUALE, NON RIVOLUZIONARIA
Il sedicente – e intermittente – “parlamento padano”, riunito a Vicenza, non ha detto cose nuove rispetto al passato.
Bossi e Calderoli, in particolare, hanno ribadito i principali punti del tradizionale programma della Lega.
A) La secessione, in primo luogo. Proposta in chiave Ceco-Slovacca. Cioè: in modo consensuale. La Padania (non meglio definita: dove comincia e dove finisce?) e l’Italia, cioè Roma e il Sud (anche in questo caso: dove comincia e dove finisce?), dovrebbero negoziare la reciproca indipendenza.
Poi, la lotta (e siamo al punto B) a ogni ipotesi di riforma del sistema pensionistico.
Un provvedimento contro il quale la Lega ha annunciato una iniziativa referendaria.
C) Sullo sfondo, la polemica contro l’Europa dell’euro. E quindi contro la natura di questo governo.
Non votato dal popolo, ma voluto dalle banche e dai banchieri.
Temi e messaggi che hanno marcato, da sempre, l’identità – e il ruolo – di opposizione della Lega.
Anche quando – quasi ininterrottamente, negli ultimi dieci anni – la Lega ha governato. Da ciò la prima novità e diversità , rispetto al passato.
Oggi la Lega è davvero all’opposizione.
Unica forza politica presente in Parlamento apertamente contraria al governo Monti. Senza se e senza ma. Il che le permette di rimediare, almeno in parte, alle ambiguità degli ultimi anni. Durante i quali aveva associato un linguaggio di lotta a una posizione – sempre più centrale – nel governo.
Ora, semmai, la Lega ha il problema di far dimenticare che fino a ieri è stata il perno della maggioranza.
E, insieme al governo Berlusconi, ha condiviso, seppur con molte reticenze, il pacchetto di misure – imposte dalla Ue e dalla Bce – che ieri Monti e i suoi ministri cosiddetti “tecnici” hanno (ri)presentato.
Tuttavia, anche se sta all’opposizione, la Lega non può fare il “partito di lotta”.
Non se lo può permettere.
1. Anzitutto, perchè sono passati gli anni Novanta, quando la parola d’ordine era che l’indipendenza era necessaria, perchè in Europa ci poteva entrare la Padania, ma non l’Italia gravata dai debiti. Oggi, invece, in Europa ci siamo. Ed è proprio il “direttorio europeo” a chiedere all’Italia, Padania compresa, di sanare il debito pubblico e di mettere a posto i conti.
2. Poi, ci sono valutazioni di tipo elettorale. La Lega ha ottenuto i suoi maggiori successi a partire dal 2008. Da quando, cioè, è tornata al governo (romano), comportandosi da “sindacalista del Nord”. Per trasferire risorse e benefici a favore delle aree e dei gruppi sociali presenti nel Nord. Per primi, gli imprenditori e gli operai delle aree di piccola impresa.
A queste componenti, però, non interessa un soggetto politico “antagonista”, che spinga fuori dall’Europa. Semmai il contrario.
Tant’è vero che le associazioni di rappresentanza degli imprenditori e dei lavoratori autonomi hanno espresso apertamente il loro malumore verso la (op) posizione leghista.
Era già avvenuto in passato, proprio dopo la marcia secessionista del 1996.
Quando la Lega era crollata, dal punto di vista elettorale, sotto il 4%, alle Europee del 1999. Difficile che intenda rischiare ancora.
3. Anche perchè, inutile nasconderlo, la “Lega di lotta” non c’è più. Oggi è al governo. Alla guida di 2 Regioni, 16 Province, circa 400 Comuni. I suoi uomini stanno dentro ai consigli di amministrazione e negli organismi direttivi di istituti pubblici, finanziari, bancari. E, ancora, negli organigrammi dei mezzi d’informazione. A livello locale, regionale e nazionale. Da “soli contro tutti”, chiusi dentro i confini padani, difficilmente potrebbero mantenere tanto potere.
E poi, non è possibile fare i sindacalisti del Nord e la Lega di governo, almeno a livello territoriale, rifiutando il gioco politico “nazionale”. Non a caso Cota e Zaia, dopo aver rifiutato di partecipare all’incontro del governo con le Regioni, per la concomitanza con il parlamento del loro partito, hanno chiesto e ottenuto un confronto. (Anche se si sono dovuti “accontentare” del ministro Giarda, al posto di Monti.) Ma Cota e Zaia governano due Regioni italiane, non padane.
4. La Lega di Opposizione, oggi, non è più Lega di lotta. Perchè ambisce di tornare al governo. Non della Padania. Ma dell’Italia. Così lancia proposte e iniziative molto meno laceranti del passato. L’indipendenza padana per via negoziale e consensuale. Non per via rivoluzionaria. Ma neppure referendaria. (Si rischierebbe di scoprire che si tratta di un sentimento marginale…).
Il referendum, semmai, lo annuncia contro una legge dello Stato. Seguendo l’esempio di altri partiti su altri temi (la legge elettorale, il nucleare…). L’opposizione della Lega contro il governo, per molti versi, appare meno accesa di quella di altri soggetti economici e sociali. Per prima: la Cgil.
Quando Bossi annuncia (con parole diverse dalle mie) che Maroni incalzerà Monti, attribuisce al più “istituzionale” dei leader leghisti il ruolo di capo dei gruppi parlamentari. Sposta, dunque, in Parlamento il luogo della “lotta”.
D’altronde, in questo momento, alla Lega fa comodo stare all’opposizione. Per sanare le sue divisioni interne.
Per ritrovare la “spinta propulsiva”.
Ma, al contempo, si guarda bene dal riproporre la Lega antagonista.
Usa la Padania come un mito, una bandiera.
La “secessione” come una prospettiva in-attuale, da perseguire per via contrattuale. Perchè teme di venire spinta fuori dal sistema. Ha preso le distanze da Berlusconi e dal Pdl.
Per purificarsi. Ma lavora in vista delle prossime elezioni.
Anticipate.Al più presto possibile. Da affrontare insieme al Pdl. Perchè la solitudine politica, a volte, serve.
Ma alla lunga logora.
Anche i padani più duri.
Ilvo Diamanti
(da “La Repubblica“)
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