Settembre 30th, 2011 Riccardo Fucile
L’EUROPARLAMENTARE DELLA LEGA HA PASSATO L’ESAME DI ABILITAZIONE FORENSE A BRUXELLES: “IN BELGIO E’ MOLTO PIU’ FACILE CHE IN ITALIA”
Francesco Speroni principe del foro di Bruxelles.
È l’ultima roboante voce del curriculum dell’eurodeputato leghista, nonchè suocero del capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni.
Speroni ha avuto un problema nel processo di Verona sulle camicie verdi, ma poi si è salvato grazie all’immunità parlamentare.
Anche lui era con Borghezio a sventolare bandiere verdi e a insultare l’Italia durante il discorso di Ciampi qualche anno fa, quando gli italiani hanno bocciato, col referendum confermativo, la controriforma costituzionale della devolution.
E così commentò: “Gli italiani fanno schifo, l’Italia fa schifo perchè non vuole essere moderna!”.
Ecco, l’onorevole padano a maggio ha ottenuto l’abilitazione alla professione forense in Belgio (non come il ministro Gelmini che ha scelto Reggio Calabria) dopo ben 12 anni dalla laurea conseguita a Milano.
Speroni dunque potrà difendere “occasionalmente in tutta Europa” spiega lo stesso neoavvocato raggiunto telefonicamente.
Perchè Bruxelles?
Perchè in Italia è molto più difficile mentre in Belgio l’esame, non dico sia all’acqua di rose, ma insomma è certamente più facile. Non conosco le statistiche, ma qui le bocciature sono molte meno rispetto a quelle dell’esame di abilitazione in Italia”.
Esistono due Consigli degli Ordini, uno francese e l’altro fiammingo.
Io sono iscritto a quello francese.
A Bruxelles l’avvocato esercita in ogni area legale ma quelli abilitati a difendere avanti la Corte di Cassazione vengono nominati dal Re. Onorevole è arrivato anche al Re?
Assolutamente no e considerato che ho 56 anni penso mi fermerò qua. Faccio consulenze per gli italiani in Belgio. E poi difendo gli amici che prendono contravvenzioni.
Lei che ha raggiunto i 316 chilometri all’ora in Germania
Appunto. Io non sono mai stato fuorilegge. In Germania si può.
Ma che macchina aveva?
Una Nissan Gtr da 80 mila euro.
È vero che da consigliere regionale lombardo (1987) aveva spostato la sua residenza da Busto Arsizio a Roma-ladrona per avere il rimborso?
Ora le spiego come sono andate le cose. Non l’ho fatto per arricchirmi anche se al tempo si parlava di un milione di lire. L’ho fatto per far cambiare la norma in vigore di cui beneficiava anche il collega Marco Taradash.
Da ex dipendente (steward) Alitalia viaggiava gratis, ma incassava i rimborsi. Lei è un baby pensionato oltre che europarlamentare.
Mai stato steward, ma tecnico di volo. Una figura che non c’è più. Me ne sono andato prima che mi licenziassero. Sono andato in pensione a 50 anni. Percepisco una pensione Inps come molti altri miei colleghi. Sono un privilegiato, ma non mi vergogno. Come europarlamentare guadagno tra i 7 e gli 8 mila euro netti al mese. I soldi dei rimborsi allora li versavo al partito.
La si vede poco in tv. Nel suo partito dicono che sia stato censurato perchè avrebbe confermato che Berlusconi e Bossi hanno sottoscritto un patto dal notaio.
Non mi sono mai sentito censurato. Il patto è evidente che l’abbiano sottoscritto. Che sia davanti a un notaio oppure no poco cambia. Noi sosteniamo il governo. Il voto a Saverio Romano lo dimostra.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 30th, 2011 Riccardo Fucile
SCRIVE AL “CORRIERE DELLA SERA”: “E’ DIFFICILE MANDARE GIU’ BOCCONI AMARI, GLI ULTIMI SU MILANESE E ROMANO”…”LA LEGA MI CACCIA? MI RIMETTO AI NOSTRI LEADER”
Caro Direttore,
sono un sindaco leghista che si è stancato di mandar giù bocconi amari e si è accorto di come sia terrificante oggi il potere della Lega.
Vengo da una militanza ventennale e da due anni e mezzo faccio il sindaco a Macherio.
Stipendio mensile 920 euro netti al mese, di cui 100 vanno nelle casse del partito. Sono avvilito, incazzato, mi sento tremendamente preso in giro: sono impegnato tutto il giorno (e la sera) a cercare di tenere sotto controllo tutti i problemi di un paese di 7.200 abitanti, dal patto di stabilità agli edifici comunali disastrati, alla crisi che attanaglia famiglie normali e mettiamoci pure le varie lamentele che raccolgo dai cittadini ogni momento che cammino per strada o vado al bar.
Ho anch’io i miei sospetti sui mille interessi della Lega, ma ormai la tenaglia probabilmente ricattatrice del premier ci sta portando alla deriva, sia come Italia che come Lega.
Mi prende una profonda tristezza nel vedere traditi i miei ideali di onestà , rettitudine e coerenza di idee, tristezza che sconfina in grande delusione.
Ho preso la mia prima tessera da simpatizzante nel 1989, per poi diventare militante e segretario di sezione di Triuggio e Besana nel 1991.
Giustizia fiscale, equità fra Nord e Sud, la famosa gallina dalle uova d’oro etc etc… Non ho mai cavalcato slogan razzisti o partecipato a quel seminare paura del «diverso» nei miei anni da militante.
A Macherio abbiamo una moschea, che per ora riesco a tenere chiusa per motivi di sicurezza legati ai Vigili del fuoco: queste scelte rientrano nelle linee della Lega ed anche nelle mie, ma non eccedo nei termini o nello spaventare i cittadini su chissà quali paure.
La Lega mi ha anche dato soddisfazioni, ma ad oggi mi diventa molto difficile continuare a «mandare giù» tutti i bocconi amari: gli ultimi, quelli su Milanese e sul confermare la fiducia ad un ministro indagato per concorso in associazione mafiosa. Oltretutto un ministro che ha tradito il proprio partito che lo ha eletto a Roma per far da salvagente al governo.
Traditore è chi guadagna poltrone, non chi le perde.
Dall’interno poi vedo troppi «furbi» che si azzuffano per le poltrone, ovviamente imbottite di stipendi, magari due, magari tre, e così via.
Forse ad oggi il Potere che ha la Lega è cosi forte da imporre certe scelte, ma quando questa logica sconfina nel salvare chi fa il furbo e si arricchisce alle spalle degli altri, allora mi sento ferito nella mia dignità di uomo e di padre.
Ad esempio, non posso accettare che dal palco di Venezia il ministro Calderoli abbia detto ai sindaci che «senza la Lega non siete niente e ritornerete polvere».
Non può denigrare in questo modo chi lavora per il bene del popolo e soprattutto per dare della Lega una bella immagine, quella che si meriterebbe.
Forse anche lui prima di fare il ministro avrebbe fatto meglio a ricoprire l’incarico di sindaco, in modo da capire che non siamo qui a «pettinare le bambole».
Giancarlo Porta
Sindaco di Macherio (Lega Nord)
(da “Il Corriere della Sera“)
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Settembre 30th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO IL VOTO CONTRO LA MOZIONE PER SFIDUCIARE SAVERIO ROMANO, LA RABBIA DEI MILITANTI DELLA LEGA NON SALVA PIU’ NESSUNO DEI VERTICI DI VIA BELLERIO: “NON CI RAPPRESENTATE PIU’, PENSATE SOLO AI VOSTRI INTERESSI E A SALVARVI IL CULO”
“La famosa base ha detto basta. Non ci rappresentate più, e prima o poi dovrete scendere dal cadreghino e girare per le città . Le monetine sono pronte anche per voi”.
Sono durissimi i commenti dei leghisti all’indomani del voto contro la mozione per sfiduciare Saverio Romano, il ministro dell’Agricoltura accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Che la Lega ha deciso di salvare, dimenticando la sua base e il cappio che sventolava in aula nel 1993.
E insieme agli elettori è insorto anche il sindaco leghista di Macherio, Giancarlo Porta che ha fatto coming out contro il partito in una lettera pubblicata oggi sul Corriere della Sera.
“Ho anch’io i miei sospetti sui mille interessi della Lega — scrive — ma ormai la tenaglia probabilmente ricattatrice del premier ci sta portando alla deriva, sia come Italia che come Lega”.
E sentire traditi gli “ideali di onestà , rettitudine e coerenza di idee” provoca un sentimento di “tristezza che sconfina in grande delusione”.
I dissensi dalla base elettorale sono emersi con forza dalle scorse amministrative milanesi dove, in seguito agli insulti indirizzati alla coalizione di governo e al premier, è stata decisa anche la chiusura del forum di Radio Padania.
Poi sono arrivati il salvagente per Marco Milanese e ieri per Saverio Romano, considerati dal sindaco “bocconi amari” difficili da mandar giù.
Nella lettera poi denuncia un partito dove “troppi ‘furbi’ si azzuffano per le poltrone, ovviamente imbottite di stipendi, magari due, magari tre, e così via”. E il divario tra amministratori locali e dirigenza risulta insanabile al punto che Calderoli dal palco di Venezia, ha “detto ai sindaci che ‘senza la Lega non siete niente e ritornerete polvere’”.
Gli stessi umori che trapelano anche sul web.
Su Padania.org prevale l’indignazione per “avere salvato il Romano”.
“Dopo il grande camorrista e quello della P4 ora abbiamo salvato anche lui. Con buona pace di Maroni, ora ce lo rinfaccerano a vita”, scrive Fausto Padano.
E Maria Sandra aggiunge: “Vergogna a tutti leghisti che hanno permesso alle camere di diventare rifugio per i delinquenti (basta anche il sospetto)”.
Raffica di commenti al vetriolo anche contro Berlusconi (“Se si comportasse da persona corretta i magistrati non lo cercherebbero. Anche Totò Riina allora si dovrebbe lamentare dei magistrati che lo perseguitano”, aggiunge Marcodei) intervallati da altri utenti che copiano e incollano la lettera di Giancarlo Porta al Corriere.
Ma oltre alla delusione emerge la consapevolezza del disinteresse dei papaveri: “Credo sia inutile chiedere agli elettori del Cavalier Patonza cosa fare e cosa ne pensano del loro partito e del loro leader — nota Caio49-. Come sta facendo la Lega che nonostante i consigli, le proteste, le prese di posizione, continua imperterrita a fare ciò che vuole. L’importante e salvarsi il c.. tra di loro, tutto il resto non conta”.
Sul Forum dei giovani padani invece, in tanti si chiedono quali siano le ragioni profonde che hanno indotto il Carroccio ad abdicare alla legalità .
La risposta per alcuni sta nelle quote latte. Anche se Fireflash ammette: “In più di un decennio di militanza, ancora devo capire perchè Bossi si ostina a difendere alcune centinaia di allevatori che han fatto i furbi con le quote latte”.
La disillusione di oggi, però, affonda le radici nel passato, quando al posto del federalismo Umberto Bossi incitava ancora alla secessione.
“Concordo parola per parola con la lettera di Giancarlo Porta e con le critiche degli elettori — osserva Corinto Marchini, ex senatore già a capo delle Camicie Verdi, il corpo paramilitare nato per la difesa del Senatùr — lo avevo già detto nel 1996: il vertice della Lega allora come oggi cercava di nascondere le contraddizioni fra partito di lotta e di governo, come facevano i comunisti”.
Marchini parla di una dirigenza offuscata, lontana dagli elettori e “talebana”.
E il nodo centrale rimane l’alleanza col Cavaliere.
“Se avesse raccolto più consensi alle regionali — conclude Marchini — forse si sarebbe riuscita a smarcare da Berlusconi. Ma a Milano ha perso e il giocattolo si è rotto. Gli amministratori e gli elettori vivono la realtà . Da cui ormai i vertici a Roma si sono distaccati”.
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Settembre 30th, 2011 Riccardo Fucile
SUL SUO BLOG IL CAPO DELLA COSCA CHE SAREBBE LEGATO AL MINISTRO ROMANO, LIBERO PER SCADENZA DEI TERMINI, PARLA DELL’AUTORIZZAZIONI ALL’ARRESTO IN PARLAMENTO
È il capo della cosca che “avrebbe in mano” il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano,
per usare le parole di Stefano Lo Verso, l’ultimo collaboratore di giustizia che sta aprendo ai magistrati della Dda nuovi scenari sui rapporti tra mafia e politica. Nino Mandalà , “l’avvocato” come è soprannominato per la sua laurea in legge, si è visto confermare ieri dalla Corte d’appello di Palermo la condanna a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa.
Mandalà è libero per scadenza dei termini di custodia cautelare e potrebbe restarvi fino al pronunciamento della Cassazione a meno che la Procura generale non ravvisi la necessità , dopo la condanna, di un nuovo ordine di custodia.
Padre di Nicola Mandalà , il boss già condannato all’ergastolo che accompagnò Provenzano a Marsiglia per l’operazione alla prostata, Nino Mandalà ha affidato al suo blog alcune riflessioni sulle ultime vicende politiche nazionali che hanno incuriosito non poco gli inquirenti che non escludano che, tra un apprezzamento e l’altro sull’operato di uomini del governo, possano celarsi messaggi.
Mandalà ha sempre avuto il pallino della politica.
Socio di uno dei primissimi club di Forza Italia a Palermo, è stato sempre lui a tenere i rapporti con gli uomini politici, come raccontano diversi pentiti.
Nel suo blog, Mandalà non cita mai la vicenda del ministro Romano ma si concentra sulla scelta della Lega di votare contro l’arresto di Milanese.
E scrive: “Ci riesce difficile pensare che essi facciano così poco onore al loro titolo di Onorevoli da lasciarsi guidare, in una decisione che riguarda la sorte di un uomo, da motivi di bottega invece che da motivi dettati dalla loro coscienza. Ma, ahimè, pare che dobbiamo arrenderci all’evidenza: la Lega ha mercanteggiato la propria coscienza al banco pegni della Camera e ha riscattato l’on. Milanese reputando che le sue quotazioni valessero più di quelle dell’on. Papa ai fini dei risultati da portare a casa”.
E ancora: “E’ credibile una Lega in preda a convulsioni moralistiche a singhiozzo che obbediscono a calcoli di ragioneria spicciola piuttosto che a obiettive considerazioni di carattere morale, in una vicenda in cui la morale dovrebbe essere l’unica categoria alla quale ispirarsi?”.
Ne ha per tutti Mandalà : per Berlusconi “che ha determinato il declino dell’Italia”, per il Pd “che non è capace di proporre una strategia in alternativa a quella del governo”, per Di Pietro “che ipotizza strumentalmente la prospettiva di un selciato sporco di sangue”.
E conclude: “Qualcuno ha detto che uno Stato senza regole è uno Stato di briganti”.
Alessandra Ziniti
(da “La Repubblica“)
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Settembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
STORIE DI ORDINARIA CAFONERIA IN UNA SALA AEROPORTUALE VENETA
Sono un dirigente di una grande azienda di abbigliamento del Veneto.
Mi trovo nella lounge dell’aeroporto Marco Polo a Venezia, dove tutti sussurrano e qualcuno cerca di dormire o almeno riposare.
A un certo punto arriva una specie di bisonte veneto, si avvicina al bancone del bar della lounge e urlando chiede “el soito” come fosse in osteria.
La barista riconoscendolo (è un onorevole leghista, à§a va sans dire) lo omaggia e dice che ci sono delle brioche o dei biscottini.
Il bestione li afferra con le sue tenere manine e se ne esce: “Ne togo na sbrancà ”.
Il tutto davanti allo stupore degli altri passeggeri per la maggior parte internazionali. A un certo punto arriva il principe del foro, l’onore vole Paniz il quale, dopo aver lumacato con le hostess, riprende la povera barista richiamandola perchè i tavoli non sono abbastanza puliti.
“Deve pulire i tavoli — ha detto — perchè lei lo sa che io ci tengo a queste cose: è un’indecenza”.
Allora la poveretta gli ha detto che era da sola e lui ha risposto che si doveva far dare un supporto adeguato alle ore di punta.
A quel punto la sfortunata gli ha chiesto: “Il solito onorevole?”.
Ecco in arrivo il leghista Massimo Bitonci (quello che ha vietato di aprire negozi di kebab a Cittadella dove è sindaco).
Il bestione leghista lo applaude per le sue dichiarazioni sul figlio di Riina scarcerato a Padova dove intende rimane re .
Estraggo la mia copia del Fatto Quotidiano, Paniz la vede e si irrigidisce, un altro mi piazza la sua borsa sopra il mio tavolino.
È un attimo perchè subito dopo escono urlando e vociando per i corridoi, la gente della lounge sospira; loro si abbracciano e si baciano “ci vediamo in aula” gridano a distanza.
Questo è tutto dalla lounge dove l’aria solitamente internazionale e raffinata è stata disturbata dalla nostra classe politica.
L’impressione è che sentano che tutto gli è dovuto.
Siamo tutti molto irritati, lo sono anch’io.
V. T.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
“MARONI NON PUO’ PARLARE DI PETTEGOLEZZI DELLE PROCURE; SE VA A PROCESSO CHE DICIAMO POI ALLA NOSTRA BASE”…LA DENUNCIA DI DARIO FROSCIO, EX PRESIDENTE DI AGEA IN QUOTA LEGA
Dario Fruscio è l’anello mancante. 
Quando ci si chiede perchè mai la Lega tra pochi minuti voterà compatta contro la sfiducia al ministro Saverio Romano bisogna parlare con lui.
Marcato accento calabrese, uomo di comprovata fede leghista da alcuni lustri, Fruscio è nato a Longobardi, ironia della sorte, in provincia di Vibo Valentia, 74 anni fa.
Fino al giugno scorso era presidente di Agea, il cuore economico del ministero dell’Agricoltura. Nominato in quota Carroccio nel 2009, quando a dirigere il ministero c’era Luca Zaia, per assurdo, finisce rinnegato dai suoi sostenitori quando alle Politiche agricole arriva il siciliano Saverio Romano.
Lui non esita a definire il suo commissariamento “un abuso”. “Lo dice il Tar del Lazio, lo dice l’avvocatura dello Stato, lo dice la Corte dei conti…”.
Allora perchè l’hanno cacciata?
Cominciamo dall’inizio. Quando sono arrivato in Agea mi sono trovato praticamente fresca di stampa la legge Zaia che serviva alla “pacificazione” con quel drappello di produttori di latte che avevano sforato le quote e non volevano pagare le multe.
Umberto Bossi gli “splafonatori” li ha sempre protetti
Qui non c’era nessuna possibilità interpretativa, la norma era perentoria, chiara, precisa: attraverso Equitalia, Agea doveva perseguire l’interesse dell’erario pubblico e riscuotere quelle somme.
E lei così ha fatto?
Ho cercato di dare impulso a certe lentezze in atto, a certe distrazioni…
Il suo dovere…
Sì, ma questo ha creato parecchi problemi alla parte politica che mi aveva portato in Agea
La Lega, appunto
Mi hanno chiesto di moderarmi, di temporeggiare. E io l’ho fatto. L’ho fatto perchè nel frattempo il mio ceto politico di riferimento potesse aiutarmi sul piano legislativo.
Invece?
Mi dicevano “sì, si farà , ora vediamo”. Invece niente. E io non avevo margine dal marcamento della Corte dei Conti. Così ho smesso di temporeggiare.
Le multe agli splafonatori stanno per arrivare, invece arriva prima il nuovo ministro, Saverio Romano che toglie a Equitalia il mandato di riscossione. Dava fastidio anche a lui?
Al ministro interessava mettere le mani su Agea e sulle sue controllate. Io invece ho sempre rivendicato l’autonomia dell’agenzia.
In che modo?
Per prima cosa facendo consigli di amministrazione in autonomia: ho ceduto alla richiesta di inviare in via preventiva al ministro le convocazioni e gli ordini del giorno, ma non ho mai consentito direttive e documenti diretti al cda, nè l’accesso ai consigli delle controllate.
Le è costato caro?
Sicuramente la cosa non è piaciuta . Così hanno capito l’antifona: “Il professor Fruscio ritiene di poter operare in virtù delle norme vigenti e non secondo il criterio di compartecipazione in forza al ministero: commissariamolo!”. E così è stato.
Cosa è cambiato dopo il suo addio?
In Agea ci sono stati subito una serie di movimenti da me mai prediletti, si è messa mano alle controllate, si è nominato personale di provenienza palermitana e siciliana.
Compaesani del ministro.
Di per sè non ci sarebbe nulla di male, ma fino ad allora non c’era mai stata una predominanza territoriale così forte…
In via Bellerio non saranno contenti…
Non lo so, la mia parte politica si è chiusa nel più assoluto silenzio: indice evidente di imbarazzo profondo.
È deluso?
Continuo a tenere nella tasca della mia giacca la tessera della Lega Nord. Spero ancora che il movimento possa tornare a essere quello di un tempo…
Oggi non è più così?
La Lega di oggi è in uno stato di frastornazione totale.
Anche sulla sfiducia al ministro Romano?
Questa è la prima volta dal 1946 che ci troviamo di fronte a una richiesta per sospetta associazione mafiosa. Come può la Lega, nel nome della tenuta del governo, accettare un governo che è tenuto in piedi da un indiziato per mafia? Come può un ministro dell’Interno dire “finiamola con questi pettegolezzi della Procura”? Pettegolezzi? E se il 25 ottobre il tribunale decidesse di accogliere questi pettegolezzi come la mettiamo?
Quel giorno il ministro potrebbe essere rinviato a giudizio.
Ecco, e cosa dirà la base della Lega a cui abbiamo fatto deglutire tutto e il contrario di tutto?
Lei è stato senatore: oggi in Parlamento voterebbe la sfiducia al ministro?
Voterei sì alla sfiducia: non solo per appartenenza politica al movimento per come l’ho vissuto io. Voterei sì per rispetto etico e morale verso la società tutta, dal primo all’ultimo dei cittadini.
Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
IL SIMBOLO TAROCCO PADANO PROPOSTO IN TUTTE LE SALSE: SULLE ROTONDE, NELLE PIAZZE, NEGLI EDIFICI COMUNALI E IN FORMATO DIGITALE SUI SITI INTERNET
In principio c’era Alberto da Giussano, con il suo spadone e la forma slanciata. 
Sul finire degli anni novanta è sorto il Sole delle Alpi.
Un simbolo riconoscibile, riproducibile e semplice: il marchio perfetto. Talmente perfetto che la Lega Nord lo ha registrato, iniziando fin dai primi tempi a propinarlo anche al di fuori delle schede elettorali, e cercando di farlo passare per un simbolo mutuato dalla tradizione e dalla storia locale.
La gente del nord, ben prima di Oscar Lancini e del caso limite della scuola di Adro, se lo è trovato riprodotto sulle rotonde, nelle piazze, negli edifici comunali e persino in formato digitale sui siti internet istituzionali.
Il Sole delle Alpi è stato realizzato sotto forma di mosaico o bassorilievo.
È stato disegnato, dipinto e ricamato.
Qualcuno lo ha imposto anche come ornamento floreale, senza dimenticare gli immancabili e onnipresenti adesivi.
Insomma, il sole padano è stato proposto in tutte le salse e, comune più comune meno, ovunque la Lega abbia messo piede è arrivato qualche riflesso di questo strano bagliore verde.
Tanti i casi passati agli onori delle cronache.
Negli anni scorsi a Cividate al Piano (Bergamo) sulla pavimentazione della piazza è stato realizzato un mosaico in ciottoli.
Nel 2009 seicento cittadini avevano chiesto al sindaco Luciano Vescovi di rimuovere la decorazione politica, presentando un esposto in Procura.
Oggi su questo caso pende un’indagine della magistratura tesa a stabilire se vi sia stato sperpero di danaro pubblico.
A Drezzo (Como) il Sole delle Alpi è comparso in due punti della piazza principale (intitolata a Gianfranco Miglio): sulla recinzione in ferro di un monumento ai caduti (con grande sdegno dell’associazione combattenti e reduci) e sulla recinzione dei giardinetti accanto al municipio.
La storia del sole di Carrù, in provincia di Cuneo, è più complessa.
Posizionato per la prima volta nel 2002 ai piedi del monumento al bue, era stato rimosso nel 2009, salvo poi essere riposizionato dopo varie polemiche alla fine del 2010.
Anche su questo simbolo era stata chiamata ad esprimersi la magistratura, che aveva stabilito che il sole poteva rimanere sul suolo pubblico in quanto “storicamente già utilizzato da egizi e celti”.
Ad Acqui Terme (Alessandria), tra le prime città piemontesi a poter vantare un sindaco leghista, il sole è stato impresso sulla pavimentazione della piazza-anfiteatro della città sul finire degli anni novanta.
Sulla targa del teatro intitolato a Giuseppe Verdi, oltre al nome del compositore, a quello della città e alla data dell’inaugurazione (12 agosto 1998), compare anche la scritta “Padania”.
A Vimodrone (Milano) un gigantesco sole era stato voluto nel 2000 dall’allora sindaco leghista Domenico Galluzzo per ornare la nuova biblioteca.
Dal 2002, quando l’amministrazione ha cambiato colore, è finito sotto ad un enorme zerbino.
A Calcinato, in provincia di Brescia c’è “via Sole delle Alpi”, che non è un’esortazione, ma un toponimo, voluto dal sindaco Marika Legati, che l’ha spiegato così: “La scelta è stata quella di dedicare questa via a un movimento politico significativo della storia istituzionale del nostro paese. Ci è sembrato importante fare memoria di un passaggio politico importante, oltre che di un simbolo iconografico che fa parte della tradizione”.
A Garlate, in provincia di Lecco, il sindaco leghista Maria Tammi nel 2008 aveva fatto inserire il Sole delle Alpi nel disegno della nuova pavimentazione in acciottolato del cortile del municipio.
A Mandello, sempre in provincia di Lecco, il sole di pietra accoglie tutti i cittadini che entrano in Comune, dove sono stati apposti dall’ex sindaco Giorgio Siani.
Gli esempi si sprecano anche in provincia di Varese, terra della Lega per eccezione.
Il caso più famoso è quello della rotonda di Buguggiate dove, oltre al simbolo leghista, campeggiano da qualche anno una serie sagome che raffigurano i leader del Carroccio intenti a pedalare.
Un omaggio (considerato da molti di pessimo gusto) alla Lega e ai mondiali di ciclismo che si sono svolti a Varese nel 2008.
Ma non mancano altri esempi lampanti: a Castronno il Sole delle Alpi è stato marchiato nel cemento del sottopasso ferroviario ristrutturato nel 2010 dalla giunta guidata dal leghista Luciano Grandi.
A Lonate Ceppino il simbolo verde campeggia su una vetrata, donata al comune nei primi anni del decennio scorso e installata proprio accanto alla sala consiliare.
Nella vicina Tradate i piccoli raggi fanno capolino dalle decorazioni di una rotatoria, all’ingresso della città .
Anche in questo caso le impronte leghiste vanno oltre il marchio lasciato sulla rotonda. Diverse le vie della città che portano nomi inequivocabilmente legati al partito, da via Padania a via Lega Lombarda, per arrivare, anche qui, a via Gianfranco Milglio. Imperdibile poi la poltrona verde con il simbolo ricamato sullo schienale che campeggia nell’ufficio del sindaco Stefano Candiani accanto alle riproduzioni in scala della statua di Alberto da Giussano.
A San Martino di Lupari (Padova) il sindaco Gerry Boratto quando è stato eletto nel 2009, non ci ha pensato due volte a mettere mano al sito internet istituzionale, inserendo l’effige leghista assieme al leone di San Marco come ornamento grafico di alcune pagine virtuali.
Una carrellata che potrebbe continuare ancora a lungo, prendendo in considerazione casi più o meno eclatanti.
Tra soli verdi e altre trovate leghiste.
Nel silenzio complice delle istituzioni italiane.
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Settembre 27th, 2011 Riccardo Fucile
DOSSIER DEL COISP: TRE MILIARDI DI TAGLI E ORA ALTRA DECURTAZIONE DI 600 MILIONI NELLA MANOVRA…”USIAMO POCHE VOLANTI, NON ABBIAMO NEANCHE PIU’ LE DIVISE”
Carta, inchiostro, benzina per le volanti e vestiti per gli agenti.
Alla Polizia italiana manca tutto. E sul comparto sicurezza il governo continua a tagliare.
Così il Coisp, il sindacato indipendente del corpo, ha deciso di raccogliere le denunce che riceve ormai quotidianamente da ogni parte d’Italia.
Un dossier che il sindacato consegnerà al premier Silvio Berlusconi nel giorno di San Michele Arcangelo, patrono della Polizia.
“Non sappiamo più a che santo votarci”, scherza amaramente il segretario nazionale del Coisp, Franco Maccari, che tra una settimana consegnerà il dossier nelle mani del premier e al Capo della Polizia Antonio Manganelli.
“Ai tre miliardi di tagli lineari previsti dal governo entro il 2013, la manovra anti crisi aggiunge altri 600 milioni”, spiega Maccari, che avverte: “Non possiamo più garantire la sicurezza dei cittadini, siamo al collasso”.
Un giudizio che trova conferma nelle denunce del sindacato, che oltre alla mancanza di risorse descrive un sistema fatto di sprechi e inefficienze.
“Taglio dopo taglio, per risparmiare alla fine si spende di più”, nota Maccari, che racconta: “A Roma il benzinaio convenzionato si trova sul raccordo anulare. Tra andata e ritorno se ne sono già andati 20 euro”.
Alle segnalazioni del segretario nazionale del Coisp si aggiungono quelle dei segretari regionali e provinciali.
Ed è allarme in tutta Italia.
A Genova le volanti operative sono appena quattro su ventuno. Le altre? Ferme per manutenzione.
“A volte sono i poliziotti a pagare le riparazioni”, spiega il sindacato, “ma di questo passo le ventiquattro ore del pronto intervento sono a rischio”.
Lo stesso accade a Padova, dove in caso di incidente si fatica ad eseguire i rilievi necessari perchè non ci sono vetture da inviare.
Mentre ad Asti la stradale ha già annunciato di non essere più in grado di garantire il servizio notturno.
E se dalla strada si passa agli uffici, la situazione non cambia.
A Oristano, dove la mancanza di benzina sta lasciando a secco le imbarcazioni della squadra nautica della Questura, Salvatore Meloni del Coisp segnala che per le spese di cancelleria e di altro materiale nelle casse ci sono appena mille euro per l’intero anno.
“Basti sapere”, scrive Meloni sulle pagine dell’Unione Sarda, “che per la derattizzazione abbiamo chiesto aiuto a Comune e Provincia”.
Così in tutto il Paese ci si affida all’autotassazione o al buon cuore della gente.
Come a Napoli, dove la segreteria provinciale del Coisp lancia l’allarme carta. “Gli utenti sono costretti a portarsela da casa”, scrive il sindacato in una nota del 14 settembre scorso, “sperando di trovare almeno l’inchiostro per le stampanti”.
Pure le divise sono un problema.
“Quando va bene si è fortunati a trovare misure più grandi”, afferma Paolo Valenti, segretario regionale del Coisp calabrese, “Poi ci si rivolge al sarto, a proprie spese”.
I magazzini Veca di Napoli e Aversa, uffici preposti dal dipartimento di pubblica sicurezza alla fornitura di uniformi e equipaggiamenti, sono in crisi.
E se non mancano le taglie, mancano i distintivi.
“In nessun punto Veca distribuiscono più i distintivi di qualifica”, denuncia il sindacato, “così, per non incorrere in sanzioni disciplinari, gli agenti devono provvedere altrove e di tasca propria”.
Secondo il Coisp, i tagli del governo mettono direttamente a repentaglio la stessa incolumità dei poliziotti.
Una delle tante conferme arriva da Sassari, dove il sindacato ha scoperto che nel primo semestre del 2011 il 68% degli agenti non ha effettuato nemmeno una esercitazione al poligono di tiro.
Le normative vigenti prevedono che un poliziotto si addestri almeno tre volte l’anno.
Ma le risorse non ci sono, e sono in molti a non aver sparato un solo colpo nemmeno nell’anno precedente.
E questo doveva essere un sedicente “governo di centrodestra?
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI PIACENZA SVELA IL GIALLO DEL FORFAIT ALL’ULTIMO MINUTO DEL PRIMO CITTADINO DI VERONA: “L’HO SENTITO AL TELEFONO, ERA MORTIFICATO, MA L’IMPUT GLI E’ VENUTO DA VIA BELLERIO E LUI SI E’ ADEGUATO”
Si è aperto un giallo Tosi al Festival del Diritto di Piacenza: “Non è venuto per il diktat dei vertici della Lega“.
Due giorni fa, ospite alla kermesse giuridica, sarebbe dovuto essere il sindaco di Verona, Flavio Tosi, appunto, che insieme ad alcuni suoi omologhi come Michele Emiliano (Bari) e Irene Priolo (Calderara di Reno) avrebbe dovuto partecipare al dibattito “Come i sindaci comunicano con i cittadini, moderato da Giuliano Giubilei.
Ma il leghista ha dato forfait.
“Mi ha telefonato questa mattina- spiega il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, che con Tosi sembra essere in ottimi rapporti nonostante le divergenze politiche — e mi ha detto che era mortificato perchè era impossibilitato a venire”.
Il motivo è presto detto: “I vertici nazionali e regionali della Lega gli hanno dato indicazioni dicendogli di non venire e così hanno perso una, anzi due, opportunità di confronto”.
Basiti alcuni esponenti regionali della Lega venuti ad omaggiare il sindaco del nord.
Non è un mistero che lo stesso centrodestra non abbia mai amato il Festival del Diritto, quest’anno alla sua IV edizione.
E’ infatti di pochi giorni fa la polemica tra il presidente della Provincia, Massimo Trespidi, ed il sindaco Reggi sull’opportunità di ospitare ancora una volta a Piacenza la consolidata esperienza di forum e workshop a tema giuridico.
“Non porta nessun valore aggiunto a Piacenza, è inutile e di parte”, sosteneva Trespidi a proposito del Festival, nonostante un mese fa fu uno dei primi ad indignarsi quando il primo cittadino si oppose al passaggio del Giro di Padania dentro le mura di Piacenza, “quello forse- chiosa Reggi- non avrebbe portato valore aggiunto”.
Sta di fatto che, nonostante i diktat, leghisti e pidiellini non si sono certo nascosti in ultima fila nel partecipare a molti dei dibattiti in programma da ieri a domenica.
“Spiace per Tosi- precisa il sindaco di Piacenza- anche perchè la Lega ha perso l’opportunità di far vedere che ha un sindaco bravo che, in confronto, alcuni locali si dovrebbero vergognare”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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