Destra di Popolo.net

TAGLI ALLA SANITA’: NELLE REGIONI E’ CAOS SUI TICKET

Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile

LA MANOVRA DEL GOVERNO COSTRINGE GLI ENTI A RECUPERARE 400 MILIONI DI EURO ENTRO LA FINE DELL’ANNO… I GOVERNATORI PROTESTANO E I CITTADINI PAGANO

Ticket sanitari. Un pasticcio “epocale”.
Una truffa del governo a danno delle Regioni, che sono costrette a recuperare 400 milioni di euro entro la fine dell’anno.
Ma andiamo con ordine.
Nel 2009, governo e Regioni firmano il Patto per la salute e, per evitare nuovi ticket sulle visite specialistiche, il ministero dell’Economia stanzia 860 milioni l’anno da versare nelle casse regionali.
A giugno del 2011 arriva la ferale notizia da via XX Settembre: non ci sono i soldi, arrangiatevi.
Anzi, le Regioni sono obbligate ad applicare tre nuovi ticket: 10 euro per le visite specialistiche, altrettanti per gli esami diagnostici e 25 per chi è andato al pronto soccorso ed è stato classificato “codice bianco”.
I primi due si sommano ai costi già  previsti dal tariffario regionale.
A parte le categorie esenti, fra cui i malati cronici, tutti gli altri pazienti devono pagare e non c’è reddito che tenga.
Alla notizia tutti i presidenti delle Regioni, come un sol uomo, salgono sulle barricate.
“In Veneto Roma non comanda, a casa nostra facciamo noi, quindi nessun ticket”, afferma il presidente leghista Luca Zaia.
Anche Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, dichiara la sua opposizione, ma poi ricorda che una legge dello Stato va applicata, altrimenti si può essere accusati di “danno erariale”.
Ma il giudizio complessivo dei presidenti è concorde.
Si va dalla manovra “iniqua” al provvedimento “inapplicabile”.
Il 29 luglio alla festa della Lega a Concorezzo, in quel di Monza, Umberto Bossi lancia l’idea dell’aumento delle accise su sigari e sigarette.
L’idea piace a molti: dai presidenti delle Regioni a molti parlamentari di maggioranza e opposizione.
E il governo? Nicchia, prende tempo, rinvia. E dopo tre incontri finiti nel nulla, ai primi d’agosto, partono comunque i ticket. Il governo rimanda il confronto a settembre.
Dopo la truffa anche la beffa.
E i governatori che avevano minacciato di alzare le barricate?
In molti si adeguano e mandano giù il rospo.
“In Veneto comando io”, aveva tuonato Luca Zaia, ma ora si accontenta di firmare il ricorso al Tar.
In Campania, che ha un deficit sanitario abissale, si stanno studiando nuove formule, mentre viene confermato il ticket di 50 euro per i codici bianchi al pronto soccorso.
La Sardegna, dove per le prestazioni specialistiche si arriva a pagare un massimo di 46.15 euro, confermato il ticket di 25 euro per i codici bianchi e di 15 per quelli verdi.
Toscana, Emilia Romagna e Umbria hanno imboccato un’altra strada: rivedere il livello minimo di reddito oltre il quale si paga e far gravare gli aumenti sui quelli “alti”.
Ma chi non pagherà  in maniera assoluta l’aggravio dei ticket?
Di sicuro le persone affette da patologie invalidanti: cardiopatici, asmatici, diabetici, malati cronici, pazienti affetti da tumore e invalidi al 100 per cento.
E poi i bimbi sotto i 6 anni e gli over 65, ma solo se il reddito familiare non supera i 36 mila euro.
ovranno invece mettere mano al portafoglio, se ce l’hanno, i componenti delle famiglie monoreddito, i precari e i disoccupati.
Per capire meglio come stanno le cose è però opportuno farsi un giro negli ospedali della Capitale.
Sandro Pertini, zona est di Roma. Viali alberati, aiuole curate, padiglioni ordinati e puliti.
E poi l’aria condizionata, mentre fuori il termometro sfiora i quaranta gradi.
Nella sala d’aspetto del Pronto Soccorso una ventina di persone attendono di sapere le condizioni delle persone che hanno accompagnato.
“Mia madre, 85 anni, si è sentita male stanotte, non respirava più, forse sarà  colpa del caldo”, dice una signora sulla cinquantina.
Lei sa che per i casi non gravi, i codici bianchi, c’è da pagare un ticket di 25 euro?
“Sì, l’ho sentito dire, ma mia madre è una malata cronica, quindi non credo che dovrà  spendere soldi”.
Il reparto cassa ticket dista 300 metri dal Pronto soccorso.
L’impiegata allo sportello spiega a una paziente: “La visita specialistica costa 24 euro e 66 più 10 per l’aumento recente, la Tac 51.15 sempre più 10”.
La signora gira sui tacchi e se ne va.
Sono in molti quelli che vengono a pagare i 25 euro per i codici bianchi?
La signorina abbassa la voce: “Quasi nessuno, perchè al paziente, al termine della visita, gli viene consegnato un conto corrente e, secondo lei, la maggioranza che fa? Non mi faccia dire altro”.
Stessa musica all’ospedale San Giovanni.
L’impiegata allo sportello attende che il paziente si sia allontanato poi sussurra: “Io non posso parlare ma qui di gente che paga in codice bianco se ne vede proprio poca”.
Lo spartito non cambia all’ospedale Umberto I, dove però hanno installato un congegno futuribile: una macchina luminosa dove s’infila la tessera sanitaria.
Poi si accendono una serie di tasti sui quali il paziente deve appoggiare il dito.
Solo che otto volte su dieci è un’impiegata che deve uscire dal box per insegnare all’ignara anziana disperata come funziona quel maledetto aggeggio.
“Ecco, sullo scontrino lei ha il suo nuovo codice d’accesso, ora lo schermo luminoso le indicherà  a quale sportello rivolgersi”.
E dallo schermo esce una voce che proviene dallo spazio sillabando il codice.
L’anziana signora non capisce, s’alza e se ne va.
Nel frattempo un giovane si avvicina al “mostro”, infila la tessera, digita e riceve lo scontrino. “Devo fare una gastroscopia. Quanto devo pagare?”. “Trentadue euro più dieci”, risponde l’impiegata. “E che sono questi dieci?”. La risposta è secca. “Non lo sa che da luglio c’è stato l’aumento?”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL TRAMONTO DI UN LEADER: “SE BOSSI CADE, IL CARROCCIO VA IN MILLE PEZZI”

Agosto 27th, 2011 Riccardo Fucile

L’ OPINIONE DI GAD LERNER

Il giornalista Gad Lerner è solidale con Umberto Bossi che sta male e non solo per essersi fratturato il gomito.
“Ora che non conviene più a Berlusconi lo trattano come lo scemo del villaggio, l’idiota della politica. Vigliaccamente si dissociano dalle sue affermazioni (quelle di sempre sulla secessione). Libero e Il Giornale scrivono delle preoccupazioni tra i padani per le sorti del partito. Detto questo la Lega ha fallito e rischia una fine ingloriosa”.
Il Senatùr non può o non vuole lasciare la guida del partito?
Non può. Venendo meno la mitologia di Bossi si materializzerebbe una devastante frantumazione. Il trionfo dei localismi e dei potentati municipali. Umberto Bossi sente di dover combattere l’ultima battaglia per la sopravvivenza della Lega, a cui mancano i fondamentali della democrazia e dunque nessuno può succedere al capo.
È in crisi il progetto Lega?
Il movimento non può essere governato se non con la parodia, l’aggressività  e la volgarità  di Bossi e di quelli che lo scimmiottano. Ma il punto centrale è che se quando si parla di Veneto “bianco” (riferito al sistema cattolico ndr.) o di Emilia “rossa” (quella delle Coop ) le persone sanno a cosa ci si riferisce. Non mi risulta che a Varese o a Treviso esista un sistema o un imprinting tale da identificare il “sistema Lega”. A eccezione della presunta invasione islamica. I leghisti hanno cavalcato l’11 settembre 2001 con quali risultati?
Finirà , come ha scritto lo studioso Gilberto Oneto, che “il capo cadrà  con il suo drappello di figuranti e tutto si risolverà  come una grande flatulenza”?
A Oneto riconosco la grande coerenza e libertà  intellettuale di uomo della Lega che non ha accettato poltrone. Diciamo che Umberto Bossi è un uomo abbandonato a se stesso.

…E QUELLA DI BOBO CRAXI : “QUELLI DEL PD CHE LISCIANO IL PELO ALLA LEGA”

Roberto Maroni che ai giornalisti si affretta a dire come Umberto Bossi si sia fratturato il gomito cascando dal letto nel tentativo di prendere la scatola dei sigari. Il figlio Renzo (detto Trota) afferma di aver obbligato al riposo il padre intenzionato, al contrario, a non perdersi i comizi previsti a Genova.
Ieri la Lega altro non ha fatto che dare un’immagine salda del Senatùr mentre la Padania accusava Bobo Craxi di aver intinto la penna nel veleno scrivendo che “c’è qualcosa di crudele e cinico nel voler perseverare a mantenere in una funzione pubblica una persona in evidente difficoltà ”.
Si riferisce alla guida del partito oppure all’incarico ministeriale di Umberto Bossi?
All’incarico ministeriale nelle mani di un uomo che manifesta un’irresponsabilità  patologica. Un Paese che resta attaccato ai suoi starnuti e grugniti. C’è compiacenza nel clan del potere nell’occultare e sottovalutare il veleno che uno come Bossi ha iniettato nella democrazia italiana.
Clan di potere, chi?
Non solo Pdl. Penso anche a quelli del Partito democratico che hanno e continuano a lisciare il pelo alla Lega tenendo in vita una forza politica tanto irresponsabile che tiene in ostaggio l’Italia.
Ha anche scritto che “con la salute non si scherza e che il declino personale coincide con il destino della sua forza politica decadente”. La storia insegna…
Non è una visione nostalgica del figlio di un politico. Io non ricordo sia mai accaduta una cosa simile. La vicenda di Bossi per me è satrapia medioevale paragonabile solo a certi clan dei rais mediorientali che vengono mantenuti in vita a dispetto di tutto.
Nel suo post ha anche definito Bossi “ostaggio di un clan familiare”.
Nessun partito è mai stato familistico come la Lega e Berlusconi.
Nessuno?
No, neppure il nostro. Oggi il socialismo è un grande gregge politico in cerca di un pastore.

Elisabetta Reguitti
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA LEGA VUOLE TAGLIARE LE PENSIONI DELLE VEDOVE, COME SE I MARITI NON AVESSERO MAI LAVORATO

Agosto 26th, 2011 Riccardo Fucile

VOGLIONO COLPIRE ANCHE L’ASSISTENZA: FORSE BOSSI NON AVRA’ BISOGNO DELL’ASSEGNO DI ACCOMPAGNAMENTO, CI PENSA GIA’ LA ROSY MAURO A NON FARLO CADERE DAL LETTO, MA LE FAMIGLIE NORMALI SI’.. L’IMPORTANTE E’ NON TASSARE I RICCHI E NON TAGLIARE LE PROVINCE

Un intervento sulle pensioni di reversibilità  delle vedove e l’assegno di accompagnamento.
Roberto Calderoli si è presentato al meeting di Rimini con nuove palle mediatiche e vecchie chiusure.
Il ministro della Semplificazione, infatti, ribadisce che sulle pensioni non ci sono margini di manovra. «Direi proprio di no. Il punto di compromesso sull’età  pensionabile, frutto di una mediazione lunga e laboriosa tra Lega e Pdl, è contenuto nella manovra bis».
Ma i soldi bisogna trovarli da qualche parte.
Non si esclude neanche il ritorno del condono. Sia pure legato alla delega in materia fiscale e all’avvio del nuovo regime.
E il ministro leghista porta ulteriore scompiglio nel già  confuso dibattito sulla manovra con un’altra proposta choc: «Bisogna andare a interessarsi delle pensioni di chi non ha mai lavorato che forse è il caso di andare a rivedere».
Spiega meglio Calderoli che bisogna occuparsi di chi «ha pensioni di reversibilità  eccessivamente alte o prende accompagnamenti che oggi vengono dati indistintamente a tutti».
Proposta che fa insorgere le opposizioni. «Calderoli chieda scusa ai disabili e alle vedove», intima subito il portavoce dell’Idv Leoluca Orlando.
«Si vuol colpire in questo modo una platea di persone a basso reddito e socialmente più deboli», commenta Cesare Damiano, ex ministro del Pd.
Calderoli però annuncia un’altra “novità “: «Ci siamo inventati una sorta di tassa patrimoniale sui patrimoni evasi».
Ci sta lavorando un gruppo di esperti della Lega ( e allora siamo a posto n.d.r.)   per mettere a punto un meccanismo che, spiega il ministro « si applicherà  soltanto a chi su quel patrimonio non ha pagato le tasse o le ha pagate in misura minore al dovuto».
Nel gruppo di esperti che lavora alla proposta ci sono lo stesso Calderoli, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, convinti che la loro proposta darà  un incasso «significativo e superiore al gettito del contributo di solidarietà ».
Tanto da renderlo inutile.
In pratica il terzetto sta studiando come e quanto tassare il patrimonio.
Una volta stabilità  l’entità  del prelievo chi ha dichiarato tutto il patrimonio può detrarre l’importo delle tassa dalla dichiarazione dei redditi.
Chi non ha rivelato al fisco il reale patrimonio dovrà  versare la tassa.
Calderoli dice no anche alla totale abolizione delle province.
E ieri la commissione Bicamerale per gli affari regionali, su proposta del relatore di centrodestra e con il voto favorevole del Pdl, ha votato per lo stralcio dalla manovra di anche quella “scrematura” parziale prevista al momento.
Insomma restano tutte come prima.
Fioccano intanto le altre proposte.
Dai “frondisti” del Pdl, guidati dal sottosegretario Guido Crosetto, per esempio, arriva un emendamento che propone di tagliare dalle piante organiche, entro alcuni anni, un dipendente pubblico su quattro.
Anche Popolo e territorio ha le sue idee e Silvano Moffa chiede un vertice di maggioranza.
Si parla anche di un tetto agli stipendi dei manager pubblici che non potrebbero guadagnare più del presidente della Corte di Cassazione.
Tutti nodi che dovrebbero essere sciolti lunedì in vertice fra Bossi e Berlusconi.

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LEGA IN CONFUSIONE MENTALE: PRIMA LA BATTAGLIA CONTRO EQUITALIA E LE GANASCE FISCALI, ORA VUOLE PREMIARE I DELATORI

Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile

DALLA LOTTA CONTRO IL 117 DI VISCO, LA LEGA ORA E’ PASSATA A DIFENDERE GLI SPIONI E PARLA DI VALORE CIVICO DELLA DELAZIONE

A Pontida, dal palco e dal pratone, si erano sentite espressioni poco tenere nei confronti degli esattori di Equitalia.
Il no della Lega alle ganasce fiscali era risuonato forte e chiaro, anche a costo di creare uno screzio con l’amico ministro Giulio Tremonti.
Ora con un’inversione a U, di quelle che rischiano di mandare le vetture fuori strada, la Padania di ieri è arrivata a sostenere il valore civico della «delazione fiscale». Ovvero i cittadini mobilitati al fianco dell’agenzia delle entrate nella veste di ausiliari del Fisco.
Secondo il quotidiano del Carroccio l’evasione fiscale è uno dei malanni dell’economia del Paese e, siccome la Guardia di Finanza indirizza giocoforza le sue attenzioni ai grandi truffatori, i piccoli evasori se la spassano.
Da qui la proposta della Padania : «Retribuire i cittadini che segnaleranno casi di evasione con una percentuale sulle sanzioni incassate».
La ricompensa agli ausiliari del Fisco dovrebbe essere però pagata «garantendo l’anonimato».
Secondo i leghisti «far temere all’evasore che ogni suo cliente può far emergere l’irregolarità  fiscale» è un deterrente psicologico che può funzionare.
Chissà  se l’ex ministro Vincenzo Visco ha avuto l’occasione ieri di leggere la Padania , nel caso gli saranno tornate alla memoria le virulente polemiche sull’istituzione del 117, il numero telefonico della Guardia di Finanza nato nel ’96 per denunciare i furbetti del Fisco.
L’attivazione del numero verde fu duramente contestata dal centrodestra con un’interrogazione parlamentare di 40 deputati.
Margherita Boniver parlò di «una decisione moralmente rivoltante, che adotta metodi alla Di Pietro» e il leghista Cesare Rizzi tuonò contro «il famigerato 117».
Persino la Chiesa si mobilitò contro Visco e la delazione.
Risultato: dopo un iniziale boom i cittadini persero la voglia di usare il numero verde che oggi si presenta come un quindicenne precocemente invecchiato e con poche ambizioni.
Il tema dell’intensificazione dei controlli antievasione, viste le dimensioni della manovra, è tornato all’ordine del giorno e ancora ieri il segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Letizia, si è spinto a proporre l’istituzione della «figura dell’agente fiscale sotto copertura» che manca nel nostro ordinamento.
Ora, che i poliziotti chiedano di creare gli 007 dell’erario ci sta, la sorpresa è quando la richiesta di spionaggio fiscale matura in casa della Lega.
E le domande fioccano.
L’ homo bossianus è veramente disposto a collaborare attivamente con lo Stato centralista e a denunciare quanti all’interno della sua comunità  locale si arricchiscono con l’evasione?
Basta l’incentivo finanziario della ricompensa più la rigorosa garanzia dell’anonimato a spingere l’artigiano, il piccolo commerciante, la partita Iva a operare una delazione nei confronti di un suo simile?
La Lega di farsa e di governo ogni giorno se ne inventa una, possibilmente l’opposto di quanto da essa stessa sostenuto fino e ieri.

Dario Di Vico
(da “La Repubblica”)

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CARCERI AL COLLASSO, RITORNA L’IPOTESI AMNISTIA: SETTE REGIONI OLTRE LA SOGLIA MASSIMA DI DETENUTI

Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile

A CINQUE ANNI DALL’INDULTO, LA SITUAZIONE CARCERARIA E’ PEGGIORATA ANCORA ED E’ ORMAI PROSSIMA AL COLLASSO… E MENO MALE CHE LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA HA BOCCIATO IL REATO DI CLANDESTINITA’ ED E’ STATA APPROVATA LA LEGGE SULLA DETENZIONE DOMICILIARE

Ci risiamo, a distanza di quasi cinque anni dall’indulto, la situazione nelle carceri è di nuovo a un punto critico e peggiora di giorno in giorno, trascinando il sistema penitenziario al collasso.
I sindacati di categoria hanno alzato la voce e indirizzato al governo l’ennesimo allarme sulle condizioni in cui versano gli istituti di pena.
Una situazione, in realtà , ben nota negli ambienti istituzionali e testimoniata a fine luglio dal convegno sulla giustizia organizzato dai radicali e che ha visto anche la partecipazione del Presidente della repubblica.
“Ogni giorno – denuncia l’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria – 40 nuovi detenuti fanno il loro ingresso in carcere e i penitenziari scoppiano”.
In sette regioni la “soglia di tollerabilità ” è stata ampiamente superata, con il record registrato dalla Puglia dove i detenuti sono l’80% in più rispetto al limite previsto, seguita da Lombardia (+187), Veneto (+187), Marche (+135), Liguria (+79) e Friuli (+62). L’Emilia Romagna, con “soli” 20 detenuti in più, segna il livello migliore ma la situazione in realtà  è più complessa.
Di per se infatti la “tollerabilità ”, prevista dal Dipartimento di polizia penitenziaria, è già  uno sforamento del limite previsto. In sostanza, le strutture prevedono un numero di posti disponibili che viene puntualmente superato, ma lo sforamento è messo in conto dal Ministero che addirittura fissa una capienza massima “accettabile” (stimata in 69.126 detenuti). Il limite però è stato superato: attualmente infatti i detenuti sono 66.754 e rappresentano il 46% in più rispetto ai posti disponibili (45.647).
La situazione, dopo un periodo di flessione è tornata a peggiorare.
A fine aprile infatti la Corte di Giustizia europea ha involontariamente tamponato il problema, bocciando il reato di clandestinità  introdotto in Italia nel 2009 e un effetto deflattivo è arrivato anche dalla legge sulla detenzione domiciliare, prevista per chi ha 12 mesi di pena residua.
Soluzioni estemporanee però che hanno solo rimandato il problema.
Dalla metà  di agosto infatti, il trend è di nuovo in crescita e le previsioni sono negative.
Il sovraffollamento però non è l’unico aspetto della “questione penitenziaria”: carenza di mezzi e di personale – denunciano i sindacati – stanno mettendo a dura prova il sistema penitenziario.
“È necessario che trovino spazio e attenzione anche le difficoltà  che investono il personale – spiega in una nota Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa – considerato che la polizia penitenziaria presenta un gap di circa 7mila unità ”.
Una miscela esplosiva che ha indotto il sindacato di categoria della Uil ha proclamare una manifestazione nazionale per il prossimo 29 settembre.
Intanto, sul fronte istituzionale, qualcosa inizia a muoversi: i radicali infatti hanno avviato una raccolta di firme dei parlamentari per consentire una seduta straordinaria delle Camere che studi provvedimenti urgenti di depenalizzazione e decarcerizzazione, per alleggerire la situazione degli istituti di pena.
Si torna a parlare addirittura di amnistia, una strada quasi impossibile nelle condizioni attuali.
“Chiediamo al parlamento di ripristinare la legalità  costituzionale – spiega la senatrice Donatella Poretti, una delle promotrici dell’iniziativa – perchè la situazione delle carceri in Italia, oggi, è contraria ai più basilari diritti dell’uomo”.
Un appello a cui si associano tutte le sigle sindacali e la petizione – fanno sapere i firmatari – ha raccolto molte adesioni.
La parola adesso passa al parlamento ma, vista l’attenzione catalizzata dalla manovra correttiva, i margini d’azione sembrano decisamente pochi.

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LA RIVOLTA DEI COMUNI CANCELLATI DALLA MANOVRA: COSTANO, TUTTI INSIEME, COME UNDICI DEPUTATI

Agosto 24th, 2011 Riccardo Fucile

UN QUARTO DEGLI OTTOMILA CENTRI ITALIANI, QUELLI CON MENO DI MILLE ABITANTI, RISCHIA DI ESSERE SOPPRESSO, INSIEME AL PATRIMONIO DI STORIA LOCALE… I SINDACI MARCIANO SU ROMA CON UNA CAROVANA DI 600 BUS

Forse il borgo farà  la fine di un grappolo d’uva, lo vendemmieranno e addio, un colpo di forbice e zac.
Il numero magico, che invece magari è malefico, è 728: rappresenta gli abitanti di Barolo, il paese col nome del vino, anche se poi è il vino ad avere preso il nome dal paese per poi portarlo a spasso nel mondo.
Chiedete a un ghiottone giapponese, domandate a un mangione svizzero, interrogate un santo bevitore tedesco.
Barolo? Tutti avranno le pupille accese, come quando si guarda il bicchiere nel controluce di una candela, dentro il bel fresco di una cantinotta.
La scure dell’articolo 16 della manovra sta per abbattersi su un comune piemontese su due: tu sì, tu no, è una tremenda roulette.
In Piemonte, i piccoli borghi sono 597 su 1.206, così i sindaci hanno deciso di portare simbolicamente le chiavi del municipio in prefettura.
Tenetele voi, qui non servono più.
Oppure, hanno pensato di noleggiare un torpedone, uno per cittadina, e così raggiungere Roma per dare voce ai villaggi di Asterix, in una colonna di quasi seicento bus.
Li ascolteranno? Chissà .
Ma la lezione “no Tav” della Val Susa dovrebbe insegnare che non si scherza con la gente di collina e montagna, con gli abitanti dei paesaggi d’uva e di pietra.
“Il nostro paese è un nome che significa storia, geografia, turismo, cultura, ottimo cibo e grandi vini, mica si può cancellare per decreto”.
Walter Mazzocchi, come si dice ancora da queste parti, è il primo cittadino di Barolo. Con la sua larga e rassicurante cadenza piemontese, racconta perchè a Roma stanno prendendo “ciò per bròca”, cioè lucciole per lanterne.
“Il numero degli abitanti non può essere l’unico criterio per accorpare o meno i comuni. A Barolo arrivano persone da ogni angolo del pianeta, abbiamo il Museo del vino nel castello acquistato nel 1970 con una sottoscrizione popolare. Il municipio rappresenta un punto di riferimento, riflette una partecipazione che è civica, non politica, non partitica”. E che alla collettività  non costa nulla: “Perchè tutti abbiamo rinunciato a indennità  e gettoni di presenza: sindaco, assessori e consiglieri. Siamo un comune a costo zero, e come noi quasi tutti i borghi della provincia di Cuneo. Istituire una specie di sindaco podestà  sarebbe un grave colpo per l’intero sistema democratico”.
La via d’uscita non è l’accorpamento, ma l’unità  d’intenti.
“Da dieci anni ci siamo consorziati in 14 paesi, creando l’Unione dei comuni della collina di Langa. Questa forma associata ci permette di gestire servizi come il trasporto degli scolari, le mense, la polizia locale, i tributi e la difesa del suolo, senza che nessuno abbia perso la propria identità , nè le prerogative amministrative”.
Ci sono comuni che rischiano di essere tagliati per poche decine di abitanti, altri che si sentono più tranquilli ma fino a un certo punto, perchè in collina si fa in fretta a perdere gente e certezze.
A Roddi, 1.500 abitanti, c’è la sede dell’Università  dei cani da tartufo: un centro di addestramento che è una miniera d’oro per la gastronomia nazionale.
E il Comune ha stabilito, con delibera ufficiale, che Roddi ora diventa “il paese della poesia”.
Versi in bacheca di grandi autori, da Leopardi ad Alcmane, accompagnano il turista lungo le mura che salgono al castello.
L’iniziativa verrà  inaugurata domenica prossima, all’interno di un giorno dedicato interamente alla poesia. “Idee simili sono possibili nei borghi più piccoli”, spiega il sindaco Roberto Giacosa.
“Perchè il turismo è fatto di tante cose, non è solo stare a tavola. La cultura è un tassello fondamentale della nostra proposta. Chi vuole tagliare i piccoli comuni, non si rende conto che così elimina un tessuto sociale fatto di operosità , volontariato e passione”.
Ed è bello salire nel borgo, leggendo sui mattoni l’attacco dell’Infinito, con gli occhi che si perdono oltre il parapetto, e il venticello che fa vibrare ogni lettera stampata sui fogli trasparenti. “Pensiamo che dare valore alla poesia, in questi tempi di prevalenza economica, sia un segno importante”, dice il professor Giovanni Tesio, presidente del Premio Roddi.
La strada che taglia le colline di Pavese e Fenoglio, in un saliscendi da vertigine, lambisce vigne dove tra poco si comincerà  a vendemmiare.
Prima i moscati, poi gli altri bianchi. È stata una primavera caldissima, quindi le piogge inattese e di nuovo l’aria che bolle e il sole che cuoce: sarà  una grande annata anche per i rossi, per i Nebbioli che rappresentano il petrolio di Langa.
La realtà  della provincia di Cuneo, chiamata Granda (è la terza più estesa d’Italia dopo Bolzano e Foggia, ha quasi 600 mila abitanti, però frazionati in decine e decine di sparuti borghi), racconta un paesaggio di enorme bellezza, ma anche di solitudine.
Da qualche anno, grazie al vino è arrivata la ricchezza, ma sempre al prezzo di un lavoro durissimo, “perchè la terra è bassa e la schiena si deve piegare”, come dicono i contadini di qui.
Non è più la Langa dei disperati, niente più malora ma Slow Food, eppure il segno della precarietà  non è poi molto diverso dai tempi di Beppe Fenoglio e dei suoi giorni di fuoco.
“Perchè camminiamo sulle uova, e il governo non ci aiuta”.
Gianni Galli, giornalista, è il sindaco di Murazzano, Alta Langa, 873 abitanti, dove alle viti si sostituiscono i noccioleti e il frutto più prelibato si chiama, appunto, “nocciola tonda e gentile”: finisce anche dentro la Nutella, ed è detto tutto.
Murazzano è inoltre il paese della robiola, da cui il famoso Murazzano Dop, uno dei nove a denominazione di origine protetta del Piemonte.
Sono tesori grandi e fragili, succulenti e delicatissimi: basterà  un decreto per farli soffrire?
“Ha ragione chi dice che Tremonti dovrebbe fare l’assessore in un piccolo comune per qualche settimana, così capirebbe.
Qui non facciamo politica, ma cerchiamo di risolvere i problemi. Qui il sindaco si occupa anche di rifiuti e dei buchi nelle strade, fa promozione turistica e organizza gli scuolabus, senza trascurare i lampioni rotti. La gente mi ferma per la via e mi parla di cose pratiche, di questioni che possono sembrare minime e invece sono lo scheletro, l’ossatura di ogni comunità . Perdere il municipio, per un comune come Murazzano, significherebbe sentirsi isolati, senza punti di riferimento. Anche l’accorpamento è un’operazione azzardata, perchè ci sono frazioni con poco o niente da spartire, esclusi, magari, i confini. Noi non siamo le zavorre d’Italia, e nessun amministratore pubblico percepisce un soldo. Io, come sindaco ho rinunciato a circa 1.300 euro lordi al mese, e nessun consigliere incassa il gettone di presenza”.
A parte che non si tratterebbe di un gettone d’oro da antico telequiz, semmai di un minuscolo rimborso pari all’inaudita cifra di 17 euro a seduta.
Sono questi i numeri che rischiano di affossare l’Italia?
“Abbiamo calcolato che il costo delle amministrazioni dei piccoli comuni valga meno di 5 milioni di euro all’anno, cioè quanto undici deputati”.
Franca Biglio, sindaco di Marsaglia e presidente dell’Associazione piccoli comuni d’Italia, è colei che vuole organizzare il viaggio dei 597 pullman a Roma.
E, si badi, non c’è neppure una spinta localista, questo non è il becero leghismo dei “padroni a casa nostra”.
Qui, semmai, si chiede che la casa non venga chiusa, e che il paese non faccia la fine di un grappolo a fine estate, dopo i giorni di fuoco che certamente verranno.

Maurizio Crosetto
(da “La Repubblica“)

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VENETO: DUECENTO MILIONI ALLE CLINICHE PRIVATE PER LAVORARE MENO

Agosto 24th, 2011 Riccardo Fucile

NEL 2006 SI DECISE DI RIDURRE LE OSPEDALIZZAZIONI A 160 OGNI 1000 ABITANTI…MA PER COMPENSARE I MANCATI INTROITI DELLE CLINICHE PRIVATE LA REGIONE HA FISSATO DEI BONUS CHE DI FATTO GARANTISCONO   GLI STESSI INTROITI LAVORANDO MENO

Duecento milioni in 4 anni: tanto ha pagato il Veneto alle cliniche private convenzionate per fare meno ricoveri.
Nel 2006 si stabilisce che le ospedalizzazioni devono scendere a 160 ogni mille abitanti.
E così con una delibera – assessore alla Sanità  l’attuale sindaco di Verona Tosi – si prevedono bonus per chi rispetta l’impegno.
Duecento milioni di euro: a tanto ammonta la cifra pagata dalla regione Veneto in 4 anni alle cliniche private convenzionate per essere riuscite a fare meno ricoveri ospedalieri.
Non si tratta di un errore, ma del risultato di tre delibere regionali votate tra il 2006 e 2010.
Nel 2006 infatti il Patto per la Salute tra Stato e Regioni stabilisce che il numero di ricoveri ospedalieri deve scendere a 160 ogni mille abitanti, in modo da far diminuire il debito sanitario. Cosa che ovviamente sarebbe venuta ad incidere sugli introiti delle cliniche private convenzionate, pagate fino a quel momento dalla Regione sulla base del numero dei ricoveri fatti.
Ma con la prima delibera 4449 approvata il 28 dicembre 2006 dalla giunta di centrodestra, con Flavio Tosi (attuale sindaco di Verona) assessore regionale alla sanità  e presieduta in quell’occasione dall’allora vicepresidente del Veneto Luca Zaia, la regione ridefinisce i tetti di spesa per il triennio 2007-2009 anche per le strutture private accreditate.
Così, per ciascun erogatore privato pre-accreditato che rispetta il tetto dei ricoveri, viene previsto un incremento finanziario, una sorta di ‘bonus’, calcolato sul valore del budget annuale regionale, che è dell’8% per il 2007.
A questa cifra si aggiunge per il 2008 un altro incremento finanziario del 3,17%, arrivando così all’11,17%; del 3,23% per il 2009 (dunque il 14,4% in totale), e un altro 1,5% nel 2010, arrivando al 15,9%.
E, come si può apprendere dal Libro bianco della sanità  veneta, nonostante il minor numero di ricoveri ospedalieri, le cifre stanziate dalla regione per l’assistenza ospedaliera fornita dai privati convenzionati non hanno mai smesso di crescere, passando da 526 milioni nel 2006, a 547 milioni nel 2007, 557 nel 2008 e 578 nel 2009.
“Calcolando l’incremento finanziario sulla base dei budget annuali — spiega Guglielmo Brusco, vicepresidente della provincia di Rovigo, che da anni è impegnato a denunciare questi sprechi nella sanità  veneta — non è azzardato pensare che le strutture private convenzionate abbiano ricevuto 35 milioni circa di euro nel 2007, 45 nel 2008, 50 nel 2009 e 66 nel 2010, per un totale complessivo di circa 200 milioni di euro. Tutto alla sola condizione di fare meno ricoveri, e cioè lavorare di lavorare meno”.
Insomma, un trattamento di tutto favore, secondo Brusco, che non ha certo giovato alle casse del Veneto, che negli anni non solo ha assegnato sempre più risorse alle aziende del Servizio Sanitario Regionale (4,3 miliardi di euro nel 2000 contro i 7,7 miliardi del 2009), ma anche visto crescere il costo dell’assistenza ospedaliera, passata da 3,6 miliardi di euro nel 2006 a 3,8 miliardi di euro nel 2009 (+5,9%), nonostante i minori ricoveri.
Forse anche perchè, come rileva il Libro bianco, a contenere il tasso di ricoveri e tagliare i posti letto sono state soprattutto le strutture ospedaliere pubbliche, mentre nelle strutture private accreditate i dati sono rimasti sostanzialmente stabili.
Senza contare che chi non raggiunge il budget di ospedalizzazione riceve un altro ‘aiutino’: l’eventuale quota di introiti «mancante» sarà  garantita l’anno successivo sul versante visite ambulatoriali.
Interpellato sull’argomento, l’assessore veneto alla Sanità , Luca Coletto, ci ha tenuto subito a chiarire che con la delibera n.312 votata a marzo 2011, “è stato eliminato il meccanismo dell’incremento finanziario. Da quest’anno si è deciso un taglio secco di 30 milioni di euro, e di assegnare un incremento finanziario provvisorio del 5% sul fatturato, che verrà  poi riassorbito al momento della ridefinizione delle nuove tariffe dei Drg (i Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi, il sistema di classificazione usato come base per il finanziamento delle aziende ospedaliere), cosa che probabilmente avverrà  da settembre. In tempi come questi è doveroso risparmiare e investire di più sul pubblico”.
Belle parole, ma prive di fondamento, secondo Brusco.
“Con questa delibera — conclude — diminuiscono i ‘regali’ ai privati, che però mantengono sempre un incremento finanziario elevato, giustificato in parte per pagare l’inflazione del 2009 e 2010, coperta già  dalle precedenti delibere e quindi pagata due volte. Da anni continuo a denunciare senza successo questi sprechi, ma io non mollo e spero che a settembre la Corte dei Conti regionale avvi delle indagini e che ci si renda conto di quante risorse pubbliche sono state regalate ai privati quando potevano essere impiegate per migliorare l’assistenza sanitaria pubblica”.

Adele Lapertosa
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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DENUNCIA DELLA CGIA DI MESTRE: IN 15 ANNI LE TASSE LOCALI SONO AUMENTATE DEL 138%

Agosto 22nd, 2011 Riccardo Fucile

LE IMPOSTE LOCALI SONO PASSATE DA 40,58 MILIARDI A 96,55 MILIARDI DI EURO, MENTRE QUELLE CENTRALI SOLO DEL 6,8%…   E ORA I COMUNI SARANNO COSTRETTI O AD AUMENTARE LE TASSE O A TAGLIARE I SERVIZI E A PAGARE SARA’ SEMPRE IL CITTADINO

Una crescita addirittura a tre cifre: tra il 1995 e il 2010 la tassazione a livello locale è aumentata del 137,9%.
In termini assoluti, le entrate fiscali delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro.
Sono questi i principali risultati emersi da una elaborazione realizzata dalla Cgia di Mestre, dati a prezzi costanti 2010, ovvero al netto dell’inflazione.
Secondo La Cgia, inoltre, l’amministrazione centrale ha invece ha incrementato le entrate “solo” del 6,8%.
Se nel 1995 il gettito era di 326,69 miliardi, nel 2010 ha raggiunto i 348,92 miliardi di euro, mentre il Pil, sempre in questi ultimi 15 anni, è cresciuto nel nostro Paese del 19,1%.
“L’aumento della tassazione locale – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ’90. L’introduzione dell’Ici, dell’Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali”.
Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi 20 anni Regioni e Comuni – prosegue Bortolussi – sono diventate responsabili della gestione di settori importanti come la sanità , il sociale e il trasporto pubblico locale, senza aver ricevuto un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi. La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà  amministrative locali che si sono ‘difese’ aumentando le tasse locali. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione e di demolire lo strumento del federalismo fiscale.
Pertanto, nei prossimi anni, alle Autonomie locali non resteranno che due strade da percorrere: o tagliare i servizi erogati o aumentare le entrate locali. In entrambi i casi a rimetterci saranno comunque i cittadini e le imprese”.

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RICOVERATELO! LA LEGA PERDE VOTI, BOSSI PERDE LA TESTA: MINACCE A GIORNALISTI, INSULTI A CASINI E MONTEZEMOLO

Agosto 21st, 2011 Riccardo Fucile

UN GOVERNO RICATTATO DA TRE ANNI DA UN CASO CLINICO, UNA VERGOGNA PER OGNI PAESE CIVILE… ALTRO CHE “CERCARE I FASCISTI CASA PER CASA”, CON LORO BISOGNEREBBE CERCARLI PER CASE DI CURA… PER SALVARSI DAI PROCESSI, BERLUSCONI HA CONSEGNATO IL PAESE A QUESTI PATETICI RICATTATORI DELLA BECERODESTRA

Non solo un nuovo stop sulle pensioni (“ho detto al premier di non toccarle”), ma più di metà  del comizio serale ad Alzano Lombardo Bossi l’ha dedicata ad attacchi e insulti.
Contro Casini (“uno stronzo”), colpevole di essersi dichiarato favorevole a una revisione del sistema pensionistico.
E contro i giornalisti, “delinquenti da legnare”.
Quello a Berlusconi suona come un ultimatum: “L’ho detto al premier: non toccare le pensioni, troveremo un’altra via”.
Ma più della politica, della crisi economica e delle questioni di partito, nelle parole del ministro delle Riforme ha preso forma un problema di rapporti con i cronisti.
E questo, come lui stesso ha spiegato dal palco, è dovuto principalmente al modo in cui sono state raccontate le sue vacanze in Cadore.
Ma forse hanno pesato le ricostruzioni dei media su divisioni interne alla Lega moltiplicatesi nelle ultime settimane.
Il leader leghista ha ripetutamente attaccato lanciando anche insulti ai cronisti, in particolare della carta stampata.
“Ai giornalisti — ha affermato Bossi — bisognerebbe dare quattro legnate, hanno inventato una grande manifestazione dei centri sociali a Calalzo, ma in verità  non c’è stato niente”.
A quel punto ha confessato di aver lasciato il Cadore dopo la cena di compleanno di Giulio Tremonti per evitare di stare in mezzo ai giornalisti “che rompono le palle in continuazione”, che sono dei “delinquenti”, e che questa sera ad Alzano Lombardo, a suo giudizio, sono “venuti sperando che qualcuno ci contesti”.
Bossi non si è fermato qui anche perchè questi passaggi hanno suscitato calorosi applausi della folla di militanti e simpatizzanti.
“Bisogna che impariamo come un tempo a dare dei grandi passamano a quei delinquenti — ha infatti aggiunto -. I giornalisti vanno riportati sulla giusta strada, altrimenti vadano a fare i muratori”.
Per poi definire “brutti stronzi” quei cronisti dei principali quotidiani nazionali e che hanno scritto delle vacanze in Cadore.
Quelli contro i giornalisti e contro Casini non sono stati per la verità  i soli insulti della serata.
Dallo stesso palco infatti il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli se l’è presa con quelli come “i Montezemolo che sono scoregge di umanità  e che non hanno mai lavorato in vita loro”.
Detto da illustri professionisti della politica, la frase fa davvero sghignazzare.
Più la Lega perde consensi (ormai è data sotto il 9%), più aumenta il delirio del senatur e dei suoi compagni di merende.

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