CORTE DEI CONTI E BANKITALIA DEMOLISCONO IL CONDONO DI DRAGHI: “INCENTIVA GLI EVASORI FISCALI”
“DISPARITA’ DI TRATTAMENTO NEI CONFRONTI DEI CONTRIBUENTI ONESTI”
Non sono solo i sindacati a bocciare il condono fiscale voluto dal governo Draghi. Contro la cancellazione dei debiti col fisco si scagliano anche la Banca d’Italia, la Corte dei Conti e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). Neanche i paletti fissati dall’ex banchiere per evitare che la sanatoria fiscale fosse dalle maglie troppo larghe convincono via Nazionale. Sempre un condono rimane.
L’eliminazione delle sanzioni per le irregolarità nelle dichiarazioni 2017 e 2018 delle partite Iva e la cancellazione delle vecchie cartelle fino a 5mila euro, osserva la Banca d’Italia nella memoria inviata alle commissioni Bilancio e Finanze del Senato sul decreto Sostegni, “si prospettano come condoni. Con le connesse conseguenze in termini di incentivi negativi per l’affidabilità fiscale degli operatori economici e disparità di trattamento nei confronti dei contribuenti onesti”. Giudizio negativo anche nella memoria inviata dalla Corte dei Conti, secondo cui la misura può rappresentare una spinta all’evasione.
Il decreto interviene a favore degli operatori economici con ulteriori slittamenti nei tempi di pagamento di debiti fiscali e l’annullamento di quelli di importo limitato, risalenti al decennio 2000-2010. Questa scelta, per la Corte, seppur giustificabile, “non appare condivisibile”.
Sia perché incide in modo significativo sulla futura azione di riscossione dei crediti pubblici ritardando attività operative fortemente condizionate dal requisito della tempestività. Sia perché si risolve “in un beneficio erogato a un vastissimo numero di soggetti, molti dei quali presumibilmente non colpiti sul piano economico dalla crisi”.
Generando “disorientamento e amarezza per coloro che tempestivamente adempiono e può rappresentare una spinta ulteriore a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri”. Ma ancora più rilevanti perplessità – rilevano ancora i magistrati – derivano dal fatto che “questo è il terzo annullamento unilaterale di cartelle adottato nell’ultimo ventennio. A conferma di una sostanziale impotenza dello Stato a riscuotere i propri crediti, specie se di entità contenuta”.
Il condono dei condoni di Draghi
Secondo l’Upb, invece, vi è il rischio che “l’introduzione di forme di definizione agevolata, che costituiscono vere e proprie forme di condono, possa comportare in prospettiva anche una riduzione della riscossione ordinaria”. La previsione di un tetto sia ai carichi condonabili (cartelle fino a 5000 euro) sia al reddito imponibile (30mila euro) dei soggetti richiedenti limita la platea dei beneficiari.
Vanno tuttavia, rileva l’Upb, considerati due aspetti. Ovvero “In primo luogo, considerata la soglia di debito massimo annullabile, la quota capitale di ruoli relativi a imposte non pagate. Soprattutto per cartelle relativamente vecchie, potrebbe essere molto bassa. In secondo luogo, il riferimento ai singoli carichi comporta che potenzialmente per un contribuente con più debiti sotto soglia vi sia la cancellazione di somme rilevanti. Anche in riferimento al reddito dichiarato”.
Dunque se un singolo contribuente è stato oggetto di notifica di più cartelle al di sotto del limite previsto dal condono può comunque ottenere l’annullamento di tutte le singole cartelle. “Qualsiasi intervento che introduca forme di definizione agevolata o di annullamento dei debiti pregressi non può prescindere – conclude l’Upb – da considerazioni in merito agli effetti che misure deflattive e condoni hanno, da un lato, sull’efficacia dell’azione dell’amministrazione finanziaria in termini di accertamento e controllo e di riscossione”.
Alla lista dei critici si aggiunge l’Inps. “Una misura del genere è giustificabile nella pandemia ma non condivisibile per i conti e la tenuta dello Stato”. Lo dice il presidente Pasquale Tridico che quantifica in due miliardi i costi della sanatoria fiscale per contributi non versati.
(da La Notizia)
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