DE LUCA SULLA SCUOLA NON E’ SOLO
MUSUMECI E MOLTI SINDACI LO SEGUONO
Quando manca poco più di un giorno a quella che resta la data di riapertura delle scuole dopo la pausa natalizia, continua la distanza tra governo, sindacati ed enti locali.
Allo strappo, più evidente, di Vincenzo De Luca – che ieri con un’ordinanza ha disposto la didattica a distanza fino al 29 gennaio per gli alunni della scuola dell’infanzia, della primaria e delle ex scuole medie – se ne aggiungono altri.
Il presidente della regione siciliana, Nello Musumeci, ha alla fine ceduto al pressing dei sindaci che minacciavano di adottare, all’unisono, ordinanze per evitare la scuola in presenza, dato l’incremento dei contagi e la difficoltà delle Asl di fare tracciamento. Quello di Musumeci è un gesto diverso rispetto a quello di De Luca, che il governo è pronto a impugnare.
Perché in Sicilia non viene disposta la didattica a distanza ma vengono solo prorogate le vacanze di tre giorni, per “consentire una verifica di tutti gli aspetti organizzativi”. Ma questo ulteriore atto è sintomatico di quanto sui territori sia alta la preoccupazione in vista della riapertura delle scuole. Sulla quale, come ha ribadito ieri sera, il governo non arretra di un passo.
Nella schiera di governatori critici si colloca Zaia, che in Veneto non ha rinviato l’apertura delle scuole, ma è tornato a chiedere al Cts di esprimersi. In questo caso, infatti, i tecnici non hanno proferito verbo nel merito di una decisione che è stata tutta politica. “Abbiamo davanti uno scenario che sarà un ‘calvario’ per la scuola, tra insegnanti colpiti dal Covid, altri assenti per malattia, altri ancora no vax e nuove regole della Dad. Insomma quella della scuola rischia d’essere una falsa apertura”, ha dichiarato all’Ansa. Hanno questi timori ma anche altre preoccupazioni i sindacati della scuola, che in mattinata hanno fatto una riunione da remoto con il ministero. Un confronto che per alcuni addetti ai lavori è stato tardivo e non particolarmente produttivo. La bozza della nota che sarà affidata ai presidi, fa notare la Flc Cgil in una nota, “non scioglie le criticità e i numerosi dubbi segnalati dalle scuole e che nella sua insufficienza e farraginosità”. Da più voci, raccontano fonti ad Huffpost, è stata ribadita la richiesta di rinviare il rientro in classe. Ma il governo tiene la sua linea.
A preoccupare le sigle di categoria non è solo il rischio che le aule si trasformino in focolai.
C’è il problema delle mascherine ffp2 – obbligatorie solo per i docenti della scuola dell’infanzia e per chi ha allievi che non possono indossarle, ma necessari anche nel caso in cui ci sia un positivo in classe alle superiori – promesse dal ministero ma ancora non arrivate.
C’è la consapevolezza che i positivi sono già tantissimi. ”È chiaro a tutti – ha affermato Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil – che le scuole rischiano di non aprire o di chiudere dopo poco, perché in molti casi, già oggi, il personale è in quarantena o in malattia, figuriamoci cosa potrà accadere da lunedì”. Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi, fa notare come “già in queste ore, il numero di studenti positivi, in alcune scuole, ha raggiunto l’ordine delle decine e addirittura centinaia e questo rende quasi impossibile attuare le procedure previste”.
Un altro problema riguarda la privacy. I dirigenti, infatti, si chiedono come gestire il fatto che alle scuole superiori, con due positivi in classe, dovranno andare in dad solo i non vaccinati. Per alcuni la misura è discriminatoria, ma c’è anche un altro problema. Le informazioni su chi è immunizzato o guarito, è il loro ragionamento, sono dati sensibili.
Come trattarli senza violazioni? Per il ministero la questione non si pone, perché il decreto prevede che saranno i ragazzi stessi a dover dimostrare di aver “concluso il ciclo vaccinale primario (di avere due dosi, ndr)” o di essere guariti da meno di quattro mesi. La norma, però, per i dirigenti scolastici, resta poco chiara.
(da agenzie)
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