DISCORSO A SALVINI PERCHE’ DI MAIO INTENDA: “NESSUN MINISTRO IN CDM SI OPPOSE ALLA RIFORMA DEL MES”
CODA DI PAGLIA DI MAIO: NESSUN SALUTO E NESSUN APPLAUSO… USA UN PRETESTO INESISTENTE (COME I SOVRANISTI) PER FAR CADERE IL GOVERNO CONTE
Sulla destra riceve una stretta di mano. Forte, calorosa, allegra. Sulla sinistra c’è il gelo e la rabbia. Giuseppe Conte siede tra i ministri Roberto Gualtieri e Luigi Di Maio. L’immagine della spaccatura all’interno del governo è questa.
Il premier termina il suo intervento in Aula alla Camera sulla riforma del Mes, del Meccanismo Europeo di stabilità , e riceve le congratulazioni del titolare dell’Economia verso il quale si volta per certificare una comunione d’intenti.
Dall’altra parte, dove siede il capo politico M5s, il presidente del Consiglio neanche si gira.
In fondo, durante gli oltre cinquanta minuti di discorso, il premier non ha fatto altro che attaccare i leghisti, che nel giugno scorso erano favorevoli al Mes mentre oggi sono contrari. Esattamente come Luigi Di Maio. Insomma, il discorso rivolto a Salvini sembra essere pronunciato affinchè il capo M5s intenda.
Ecco qui il passaggio chiave, che vale la pena leggere per intero: “Nel Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2019 è stata presentata e illustrata nel dettaglio la ‘Relazione consuntiva sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea’, e nel corso di questa seduta il Cdm ha preso atto, all’unanimità , di questo passaggio e nessuno dei ministri presenti, compresi quelli della Lega, ha mosso obiezioni sul punto e, in particolare, sulla relazione da presentare alle Camere”. Conte nomina la Lega ma quando dice “nessuno ministro”, tra le righe è possibile leggere il nome di Luigi Di Maio, che sta lì seduto accanto a lui sempre più immobile e scuro in volto.
Da parte dell’ex vicepremier pentastellato nessun accenno di applauso, neanche quando il Pd accoglie con entusiasmo le parole di Conte trascinando timidamente i deputati grillini titubanti, indecisi se applaudire o meno.
La maggioranza in quest’emiciclo non c’è. Per non parlare di Matteo Renzi che domenica ha disertato il vertice notturno. Vertice che ha portato a un nulla di fatto. Le posizioni sulla linea da tenere in Europa sulla riforma del Mes sono rimaste distanti con Conte e Di Maio che si sono fronteggiati per quattro ore.
Quindi l’informativa di premier mira a smontare le accuse “le accuse infamanti che arrivano contro di me dalle opposizioni”. È l’incipit che chiama subito i borbottii della Lega e di Fratelli d’Italia che si trasformeranno presto in urla. “Mi sono sorpreso — dice il premier – non della condotta del senatore Salvini, la cui ‘disinvoltura’ a restituire la verità e la cui ‘resistenza’ a studiare i dossier mi sono ben note, quanto del comportamento della deputata Meloni nel diffondere notizie allarmistiche, palesemente false” sul Mes. Ed è qui che scoppia il putiferio. Il leghista Borghi inizia a gridare “Vergognati, vergognati”. Il presidente della Camera richiama all’ordine, ma niente da fare. Anzi, lo stesso Conte rincara la dose: “Vedo Borghi molto attivo”. E Roberto Fico si trova a richiamare anche il premier: “Presidente del Consiglio, non nomini i singoli deputati”.
Il clima è surreale dal momento che a un certo punto diventa palese che Conte, più che sui contenuti del Mes, si focalizza sull’intento di far capire a Di Maio che prima era favorevole e adesso invece sta alzando le barricate.
“Rilevo che, dopo attenta verifica dell’agenda della segreteria della Presidenza del Consiglio, è stato possibile accertare che numerose sono state le riunioni alle quali hanno preso parte, come risulta dalle convocazioni formali, ministri, viceministri, sottosegretari e comunque vari esponenti politici delegati dalle forze di maggioranza a confrontarsi su questa materia”.
L’azzurro Renato Brunetta, nel caos dell’Aula, prova a fare un intervento costruttivo: “Trasformiamo questo dibattito per tanti versi ingiusto, lo riconosco, in qualcosa di positivo”. A
lla fine tutto l’imbarazzo dei 5Stelle emerge nell’intervento di Silvestri: “Giusto che non ci sia stata la luce verde, il Parlamento dovrà avere l’ultima parola”. Sono le stesse parole pronunciate ieri da Di Maio, che non chiariscono tuttavia i punti sollevati da Conte.
Ovvero la giravolta grillina, che ha spaccato la maggioranza.
(da “Huffingtonpost”)
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