DOSSIER DEI SERVIZI: “CONTAGI SOTTOSTIMATI DEL 50%, SI DOVREBBERO CONSIDERARE SOLO I TEST DI PRIMA DIAGNOSI”
L’ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITA’ AMMETTE: “E’ POSSIBILE”… COME SOSTENIAMO DA TEMPO, I TEST DI CONFERMA ALTERANO I DATI, SOLO UNO SU TRE SONO DI PRIMA DIAGNOSI, QUELLI CHE FANNO TESTO
I nuovi positivi giornalieri in Italia sarebbero in realtà il 40-50 per cento in più di quelli rilevati ufficialmente.
“Il totale dei contagiati è sottostimato a causa del calo del numero dei tamponi avvenuto a metà novembre 2020”, si legge in un dossier dei Servizi di intelligence finito sulla scrivania di Palazzo Chigi, di cui dà notizia oggi Repubblica.
Gli analisti lanciano due allarmi: la curva epidemiologica non sta piegando verso il basso tanto quanto attestano i bollettini diramati dal ministero della Salute; i dati al momento sono inattendibili e quindi difficili da analizzare e da usare per prendere misure adeguate di contenimento del virus.
“Questo è possibile. Nei sistemi di sorveglianza spesso c’è una quota che può essere sottostimata dei casi che vengono normalmente diagnosticati e notificati” commenta a Radio Anch’io su Rai radio 1 è Paola Stefanelli, direttrice del Reparto Malattie Prevenibili da vaccino – ISS – Istituto Superiore di Sanità .
Nel dossier si legge che “osservando le terapie intensive nella parte finale dell’anno, si può dedurre che vi è stata una fase di ripresa dell’epidemia verso la metà dicembre. Una ripresa che non è stata rilevata nè tracciata dai numeri nazionali a causa dei pochi test effettuati in quel periodo”. Secondo l’intelligence, quindi, poco prima di Natale la curva è tornata a salire e la riprova sta nel fatto che i pazienti a rischio vita negli ospedali non sono diminuiti come ci si aspettava: la cifra è rimasta stabile, oscillando intorno alle 2.580 unità .
Il pasticcio statistico ruoterebbe attorno ai tamponi, secondo quanto scrive Repubblica: nella settimana tra l′11 e il 17 novembre ne sono stati processati un milione e mezzo, il numero più elevato registrato fino ad allora.
Da quel momento, però, i test hanno preso a diminuire arrivando agli 868 mila della settimana tra il 23 e il 29 dicembre, salvo poi schizzare a 1,4 milioni dal 13 gennaio in poi per effetto dell’inclusione, nel conteggio, dei tamponi antigenici rapidi.
Prima ai fini del computo valevano solo quelli molecolari, poi il ministero della Salute ha ammesso anche gli altri.
Proprio questo passaggio, secondo il dossier dell’intelligence, ha favorito il caos. “L’introduzione dei test rapidi ha reso impossibile un confronto con le serie storiche passate. Alcune Regioni, inoltre, non fanno distinzione tra il molecolare e il rapido, è ciò ha evidenti ripercussioni sul calcolo di tutti i valori, tra cui il rapporto positivi/tamponi”.
Il rapporto, sostengono, va rivisto, scorporando i rapidi e, soprattutto, togliendo quelli fatti per confermare l’avvenuta guarigione. “Sono solo i tamponi di prima diagnosi a fotografare la reale situazione epidemiologica, e a partire da metà novembre abbiamo visto un brusco calo di questa tipologia”. Ad oggi i test di conferma sarebbero il 65 per cento del totale: troppi per non alterare sensibilmente la rappresentazione della curva del contagio.
(da agenzie)
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