E ORA CHE SUCCEDE NEGLI USA? LA COSTITUZIONE AMERICANA NON VIETA A UN CONDANNATO COME DONALD TRUMP DI CORRERE PER LA PRESIDENZA, ANCHE DAL CARCERE
È IMPROBABILE CHE IL TYCOON FINISCA AL GABBIO, PER RAGIONI PRATICHE E DI OPPORTUNITÀ (I SERVIZI SEGRETI DOVREBBERO COMUNQUE CONTINUARE A SORVEGLIARLO), PIÙ FACILE CHE VADA IN LIBERTÀ VIGILATA… E GLI ELETTORI? SECONDO I SONDAGGI, IL 6% SAREBBE MENO DISPOSTO A VOTARE PER TRUMP: UN NUMERO SIGNIFICATIVO IN UN TESTA A TESTA
Se Donald Trump fosse eletto presidente in novembre avrebbe ampi poter per perdonare persone condannate per crimini federali, ma nessun autorità sul caso che da oggi più lo coinvolge direttamente: il verdetto di colpevolezza a New York per aver comprato il silenzio della pornostar Stormy Daniels a scopi elettorali.
L’autorità federale della Casa Bianca non si trasferisce infatti ai capi di imputazione statali di cui Trump oggi è stato riconosciuto colpevole. Solo il governatore dello stato di New York, la democratica Kathy Hochul, avrebbe il potere di passare un colpo di spugna sul parere dei 12 giurati di Manhattan, e questo al momento sembra altamente improbabile..
La condanna di Trump è un fatto storico: è la prima volta che accade ad un ex presidente degli Stati Uniti e al candidato alla Casa Bianca di uno dei due maggiori partiti. La Costituzione non vieta ad un condannato (anche eventualmente in carcere) di correre per la Casa Bianca.
Le conseguenze del verdetto per le elezioni di novembre sono incerte. Un sondaggio della Quinnipiac University del mese scorso, per esempio, diceva che il 6% degli elettori di Trump sarebbero meno disposti a votare per lui se condannato: un numero piccolo, ma che in una elezione testa a testa come quella con Biden potrebbe essere significativo.
Altri credono che tra cinque mesi, questa condanna conterà poco in un’elezione in cui la priorità degli americani è l’economia. Inoltre Trump ha usato questo processo per presentarsi come una vittima del sistema e motivare il suo elettorato.
Decidere la pena toccherà al giudice Juan Merchan, più volte accusato da Trump di essere «corrotto». Lo farà in un’udienza fissata per l’11 luglio: quattro giorni prima della convention repubblicana di Milwaukee che incoronerà Trump come candidato alla Casa Bianca, come sottolinea quest’ultimo sul suo social Truth, dichiarando che si tratta di «Interferenza elettorale». La pena potrebbe andare da una multa di 5000 dollari alla libertà condizionata, fino agli arresti domiciliari o possibilmente (ma è improbabile) tra i 16 mesi e i quattro anni di carcere.
Il giudice dovrà tenere conto di diversi aspetti: l’età di Trump (77 anni), la mancanza di precedenti penali, il fatto che si tratta di un crimine non violento sono a suo vantaggio; a suo svantaggio c’è la violazione da parte dell’imputato dell’ordine di non attaccare i procuratori, i testimoni, il giudice e i loro familiari durante il processo. Per reati come questo e con un condannato senza precedenti, di solito la pena consiste in un mix tra una multa, la libertà vigilata e i servizi sociali, dicono gli esperti.
Mettere in carcere Trump comporterebbe problemi non solo perché è candidato alla Casa Bianca ma è anche una questione pratica: in quanto ex presidente, ha diritto alla protezione dei servizi segreti che dovrebbe continuare anche in prigione. I servizi segreti hanno cominciato ad analizzare questa eventualità, per essere pronti, prendendo in considerazione Rikers Island. Ma sarebbe estremamente complicato per il sistema carcerario, oltre che costoso.
Anche gli arresti domiciliari o la libertà vigilata implicherebbero complicazioni: il candidato alla Casa Bianca dovrebbe essere autorizzato a fare i comizi fuori dallo Stato e chiedere il via libera all’ufficiale assegnatogli anche per esempio per partecipare al dibattito presidenziale con Biden ad Atlanta il 27 giugno.
In ogni caso Trump farà ricorso in appello: ha trenta giorni per presentarne richiesta e sei mesi per consegnare l’intero appello — potrebbero volerci mesi o anni prima di una sentenza che nessuno si aspetta che possa arrivare prima delle elezioni di novembre — e se pure fosse condannato al carcere, rimarrebbe libero su cauzione mentre presenta il ricorso.
L’ex presidente si è spesso lamentato dell’Aula scomoda e fredda al 15esimo piano del tribunale in cui ha dovuto passare sei settimane. Ma adesso gli toccherà un incontro presso il dipartimento per la libertà vigilata di New York, al decimo piano dello stesso edificio. Qui gli verrà chiesto di rispondere a domande sulla sua vita personale, la sua salute mentale e le circostanze che hanno portato alla sua condanna, per un documento che verrà presentato al giudice prima della sentenza.
Se eletto presidente, Trump non può graziare se stesso in questo caso: può usare la grazia in casi federali, come due di quelli ancora in sospeso e che probabilmente non si chiuderanno prima delle elezioni, ma questo è un caso deciso dallo Stato di New York.
(da agenzie)
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