E SE ALLA FINE OGNI ITALIANO SI VEDESSE OBBLIGATO A VERSARE IL 20% DEL PROPRIO PATRIMONIO IN UN FONDO A GARANZIA DEL PAGAMENTO DEL DEBITO PUBBLICO?
L’IPOTESI TEDESCA RICORDA I RICHIAMI DI SALVINI : “POTREMO CHIEDERE AIUTO AGLI ITALIANI”
L’Italia è nel bel mezzo del caos provocato da una manovra finanziaria confusa e che continua a cambiare nei suoi contenuti.
L’ultimo atto (in ordine di tempo) è arrivato lunedì 29 ottobre quando il premier Conte e il ministro dell’Economia Tria hanno messo a punto una nuova bozza con alcune novità non indifferenti. Le modalità sono quelle dell’assalto alla diligenza, che si ripetono anche per il governo del ‘cambiamento’.
Da una parte c’è lo scorporo dei provvedimenti sul reddito di cittadinanza e sulla revisione della legge Fornero i cui fondi sono stanziati attraverso un ‘collegato’ alla legge di Bilancio che dovrà essere votato separatamente. Vale a dire che occorrerà più tempo prima che i due provvedimenti vedano la luce e dunque, al fine della stabilità dei conti pubblici, ciò equivale a una boccata d’ossigeno in più.
Dall’altra parte si è venuti a conoscenza di una nuova flat tax al 15% per le lezioni private e ripetizioni degli insegnanti, del fatto che la sterilizzazione piena dell’Iva varrà solo per il 2019 e dunque si richiederanno nuovi interventi per il 2020 e 2021, dello stanziamento di 4,3 miliardi per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici, dell’estensione della cedolare secca al 21% applicabile agli immobili commerciali non superiori a 600 mq, fino alla voce delle politiche per la famiglia per cui si incrementa di 100 milioni il fondo relativo; arriva poi una misura che assegna la metà dei terreni incolti della Banca dati Ismea a famiglie con un terzo figlio in arrivo nel prossimo triennio o giovani imprenditori agricoli che garantiscano una quota del 30% della loro società a quei nuclei. Ed altre misure ancora che continueranno ad aggiungersi fino a che la legge di Bilancio 2019 non verrà definitivamente approvata dal parlamento.
In questo contesto non stupisce che i tedeschi, cioè coloro che sono maggiormente preoccupati per la sostenibilità del debito pubblico italiano, arrivato alla soglia dei 2250 miliardi, cerchino di suggerire delle misure che impediscano in un futuro una distribuzione dell’onere di questo debito tra i vari paesi aderenti all’euro.
La proposta arrivata da Karsten Wendorff, un anziano capo finanziario della Bundesbank, prevede che tutti gli italiani titolari di un po’ di risparmio vengano obbligati a versare il 20% del proprio patrimonio in un fondo di solidarietà a garanzia del ripagamento del debito pubblico.
Una sorta di prelievo forzoso ma di entità enorme e tale da rendere inutile qualsiasi intervento da parte del fondo Esm, cioè quello che dovrebbe intervenire qualora un paese europeo abbia un problema di sostenibilità del proprio debito.
La proposta tedesca deriva dalla consapevolezza, come abbiamo già evidenziato più volte, che a fronte del debito pubblico l’Italia ha un forte risparmio privato, attivi nell’ordine dei 4000 miliardi, a cui si aggiungono le proprietà immobiliari per altri 3000 miliardi circa.
Dunque dal punto di vista patrimoniale l’Italia è solvibile ma si tratta di capire come trasferire, senza danni o penalizzazioni per chi è detentore di tale ricchezza, una parte di questo risparmio in investimenti a sostegno del debito pubblico e in rimborso dello stesso.
Le soluzioni possono essere molte ma un prelievo forzoso in un fondo di solidarietà assomiglia a una punizione nei confronti dei cittadini più virtuosi, cioè quelli che nella loro vita hanno risparmiato di più, che si troverebbero a dover pagare per le inefficienze pubbliche degli ultimi trent’anni e per le politiche sbagliate e poco lungimiranti dei governi e dei politici che si sono susseguiti dagli anni ’80 a oggi. Insomma una provocazione che rischierebbe di sfociare in rivolte di piazza.
Salvini, Di Maio, Conte, Tria, sono comunque avvertiti: i tedeschi sono fermamente contrari, e non da ora, alla socializzazione del debito pubblico italiano sebbene in un’area di moneta comune si potrebbe pensare anche a questo.
E potrebbero essere contrari anche a ulteriori manovre messe in atto dalla Bce, come l’Operation twist, cioè l’allungamento delle scadenze dei titoli di Stato italiani acquistati negli ultimi tre anni dalla banca centrale, in modo da rendere più morbido l’atterraggio del post Quantitative easing. Una modalità che il banchiere centrale Mario Draghi sta studiando, come abbiamo scritto pochi giorni fa.
Da ultimo, il fatto più pericoloso che si potrebbe palesare da qui a qualche settimana: una frenata della crescita del Pil italiano che potrebbe risultare pari a zero nel terzo trimestre 2018 fino a diventare negativa nel quarto trimestre.
Diversi centri studi economici lo stanno già mettendo in evidenza, attribuendo la responsabilità del rallentamento a una sorta di credit crunch che ha preso piede da maggio 2018 in poi, cioè da quando è cominciato a salire lo spread a causa dell’incertezza politica e dell’eventualità di una uscita dall’euro da parte dell’Italia.
Se questa interpretazione fosse confermata dai dati consuntivi dell’Istat in uscita a novembre sarebbe una vera e propria doccia fredda per tutti e confermerebbe che le previsioni di crescita per il 2019 previste dal governo, pari all’1,5%, sono molto ma molto difficili da raggiungere.
Qui non si tratta di gridare al lupo ed evocare la tempesta perfetta ma cercare di evitare di entrare in una spirale negativa formata da spread al rialzo, stretta al credito da parte delle banche, contrazione dell’economia reale.
E’ proprio ciò che non serve all’Italia in questo momento ma il governo gialloverde non sembra rendersi conto dei potenziali danni di una spirale di questo tipo.
(da “Business Insider”)
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