FIAT: IN 50 ANNI HA RICEVUTO DALLO STATO 52 MILIARDI DI EURO DI AIUTI A FONDO PERSO
PER SOCCORRERE L’AZIENDA TORINESE DAL 1960 AD OGGI, IL CONTRIBUENTE ITALIANO HA PAGATO 110 MILA MILIARDI DELLE VECCHIE LIRE.….CONTINUA LA POLITICA DELLA FIAT CHE FINANZIA LE RISTRUTTURAZIONI COI SOLDI PUBBLICI MA NON CONDIVIDE MAI I VANTAGGI CHE NE DERIVANO… IN VISTA CI SONO ALTRI TAGLI
E’ aperta la corsa per conquistare Opel: in attesa che le tre offerte vengano esaminate dal governo tedesco, sono in molti al Governo a tifare Fiat, ma giustamente i più avveduti (e tra questi il ministro Scajola) si preparano a chiedere garanzie sulle ricadute occupazionali in Italia.
Perchè sarebbe tafazziano, dopo aver dato aiuti all’azienda torinese con la rottamazione, che a fare le spese di un successo di Marchionne in terra tedesca sia paradossalmente qualcuno dei 5 stabilimenti italiani del Lingotto, con Termini Imerese e Pomigliano in pole position.
Il risiko della vicenda auto è infatti un’operazione ad alto rischio per l’occupazione, inutile nasconderlo.
Il rimescolamento non sarà indolore e in ballo ci sono 18mila posti di lavoro, visto che si parla di tagliare il costo del lavoro di 1,2 miliardi di dollari.
E sulla capacità della dirigenza torinese di monetizzare anche le disgrazie per ricavare soldi pubblici mai restituiti si è soffermata una ricerca dell’analista finanziario, nonchè ex ministro del Bilancio, Giancarlo Pagliarini che, riclassificando i conti pubblici degli ultimi decenni, ha fatto una “scoperta” interessante: dal 1960 ad oggi, ovvero in 50 anni, ammonta a 52 miliardi di euro, ovvero a 110mila miliardi delle vecchie lire, il costo sostenuto dallo Stato italiano, ovvero dal contribuente, per soccorrere la Fiat nelle sue frequenti crisi economiche.
Sono state botte anche recenti da 3.000 miliardi come per la rottamazione del 1993, altrettanti per quella dei tre anni successivi, migliaia di miliardi per stabilimento di Melfi e così via… un pozzo inesauribile di aiuti statali a fondo perso.
Non a caso lo stesso Marchionne compra senza quattrini aziendali, visto il deficit Fiat, ma ottimizza i vantaggi che riesce a ottenere dalle banche e dai governi: c’è riuscito in Italia, in America e ora ci prova in Germania.
Tanto di cappello, ovviamente, alla capacità del manager torinese: va tutto per il meglio per chi lavora in Fiat, al massimo si trova prepensionato. Non altrettanto per le casse dello Stato che finanzia ristrutturazioni coi soldi dei contribuenti, salvo poi non avere mai un ritorno dei vantaggi economici che scaturiscono dalle medesime: i quattrini se li tengono in Fiat.
Nella storia dell’azienda, infatti, si alternano periodi di crisi, risolte grazie a contributi statali, cui hanno fatto seguito fasi di profitto, distribuiti ai soci come dividendi e solo marginalmente reinvestiti.
Emblematica l’acquisizione di Chrysler: il governo americano ha stanziato 10 miliardi di euro per evitare il fallimento dell’azienda e il licenziamento di 50mila lavoratori.
Fiat ha rilevato un ramo aziendale liberato dai debiti e da parte del personale, piloterà il rilancio e si dividerà gli utili futuri .
Tra due-tre anni ci saranno altri tagli ai posti di lavoro e saranno scaricati sull’erario americano o italiani i relativi costi.
Invece che parlare di ristrutturazioni, sarebbe più onesto che si parlasse di eliminazione di posti di lavoro, così non si creerebbero tante illusioni. Basti dare un’occhiata a come l’organico Fiat si è ridotto negli ultimi 20 anni.
Purtroppo in Italia si vive di demagogia, la stessa che a Bagnoli aveva smantellato l’impianto Italsider per sostituirlo a parole con una cittadella turistica mai vista.
O quella del caso Alitalia: 4 miliardi di euro che lo Stato si è accollato per dare a Colaninno una società senza debiti e con metà del personale, chiedendo in cambio di valorizzare Malpensa.
Cosa che Cai si è ben guardata dal fare, ovviamente.
Qualcuno ci spieghi perchè dovremmo fare il tifo per Marchionne o Colaninno…
Dovremmo forse festeggiare i loro guadagni a spese nostre?
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