I CONTAINER DI RENZI E LA REALTÀ DEI CONTI (CHE NON TORNANO)
NUOVO DECRETO MA SENZA NUOVE RISORSE… IN EUROPA OTTENUTI 3,4 MILIARDI DI FLESSIBILITA’, MA PER IL TERREMOTO STANZIATI SOLO 600 MILIONI
A nuovo devastante terremoto segue nuovo decreto, ma — almeno per ora — le risorse restano pressochè immutate.
Nel corso della conferenza, al termine del consiglio dei ministri, dice il premier: “Le risorse necessarie sono già stanziate nella legge di Stabilità , perchè c’è un ampio margine. Se ci sarà bisogno di ulteriori risorse metteremo ulteriori risorse”.
La notizia della prima riunione del governo dopo il terremoto più forte dai tempi dell’Irpinia è —paradossalmente – in una parola che proprio in Irpinia diventò sinonimo di incubo: container, il provvisorio che diventa definitivo.
Perchè, di fronte all’ansia delle popolazioni, alla preoccupazione di vivere una condizione di sradicamento, da migranti nel proprio paese, Renzi ha deciso una “ricostruzione in quattro fasi”.
La prima, di qui a Natale: gli alberghi.
La seconda, entro Natale, sono i container: “è meno piacevole della casetta di legno — spiega il premier – spendiamo un po’ di più, ma ci consente di riportare lì la gente partendo dall’assunto che le tende a dicembre a Norcia e dintorni sono un problema”. Entro primavera estate, “si va avanti con la costruzione delle casette di legno”. Quarta: “la ricostruzione vera e propria per mettere le case a regola d’arte”.
Sarà scritto in un nuovo decreto, che sarà presentato di qui a venerdì.
Mossa che, al netto dei titoli che danno l’idea della risposta, “faremo un decreto”, si presta alla malizia delle opposizioni.
Perchè fare un decreto 2 sul terremoto, visto che il decreto 1 — arrivato da poco in Senato — non è stato convertito? Non bastava un emendamento?
Il punto fermo di tutta la storia, come spesso accade, sono i soldi.
Perchè un qualunque decreto — a legge di bilancio aperta — può utilizzare le risorse dell’anno in corso, dunque del 2016, altrimenti incide sui saldi della manovra.
Quindi sarà un decreto con assai poche risorse, come effettivamente ammette il premier.
L’impostazione della conferenza stampa, ma più in generale della gestione del terremoto, da parte di Renzi viaggia da giorni su due piani.
Quello verbale, fatto di toni determinati con l’Europa: “Se dopo quello che è accaduto qualcuno mi parla di regole europee significa che ha perso la testa”.
Quello sostanziale, fatto di cifre che, al momento non tornano.
L’HuffPost ha documentato come ci sia un forte gap tra la flessibilità ottenuta in Europa (3,4 miliardi) e i soldi stanziati sul terremoto nella manovra : 600 milioni ora certi.
Il resto è nel regno delle ipotesi più che delle certezze: 200 milioni dal 2018 al 2047, per la cosiddetta ricostruzione privata.
Il che significa che, già adesso, si prevede una ricostruzione di 30 anni.
Al Tesoro minimizzano: “È naturale — dicono fonti vicine a Padoan – che non ci siano 3,4 miliardi di nuove spese dentro l’articolato della manovra perchè una parte di queste spese figura in forma aggregata nei fondi dei singoli ministeri”.
Una spiegazione che però conferma che i conti non tornano.
Perchè, come spiega qualche vecchio funzionario del bilancio, il grosso delle cifre per la ricostruzione “lo devi mettere lì, poi ci può stare che la benzina dei mezzi militari usati la metti sui fondi per la difesa, ma è strano che in manovra ci sia una cifra così bassa”.
In un secondo tempo, sempre da via XX settembre, si puntualizza: “Un altro miliardo arriverà dal fondo per lo sviluppo degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale istituito dall’articolo 21 della Legge di bilancio.”
Fondo per cui il governo ha previsto 1,9 miliardi.
Anche così però le risorse dedicate al sisma raggiungerebbero soltanto quota 1,6 miliardi di euro, circa la metà di quanto chiesto a Bruxelles.
Ed è proprio sulle cifre che, gli “appelli” alla collaborazione sono già caduti.
Perchè il premier chiede di votare le sue misure. E le opposizioni invocano un confronto per ridiscuterle.
Il capogruppo di Sinistra Italiana, Arturo Scotto, proprio citando la ricostruzione dell’HuffPost annuncia una interrogazione parlamentare: “La presenteremo perchè è evidente è troppo poco per dire che c’è una svolta, con 600 milioni di euro su 3,4 miliardi di flessibilità . Avevamo proposto un punto di Pil per un grande piano per la sicurezza, la prevenzione e la cura del territorio. Su quello avremmo collaborato”. Anche per i 5Stelle “i conti non tornano”. La cifra era stata già stanziata prima della scossa di domenica. E resta invariata.
(da “Huffingtonpost”)
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