I SOLDI SONO DI LETTA E IL CUNEO DI RENZI : I 10 MILIARDI CHE RENZI SEMBRA ELARGIRE DI TASCA SUA IN PARTE SONO GIA’ STATI STANZIATI
2,5 MILIARDI ERANO GIA’ PREVISTI DALLA LEGGE DI STABILITA’, 3,5 MILIARDI SONO IL RISPARMIO SUGLI INTERESSI DEL DEBITO PUBBLICO A CAUSA DELLA RIDUZIONE DELLO SPREAD… I RESTANTI 4 MILIARDI DA TAGLI ALLA DIFESA E ALLE PRESTAZIONI SOCIALI… E SI SCOPRE CHE I 2 MILIARDI PER LE SCUOLE LI AVEVA GIA’ STANZIATI LETTA
Il dossier del taglio da 10 miliardi all’Irpef per i redditi mediobassi lo hanno in mano in tre: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, Matteo Renzi e il sottosegretario Graziano Delrio (più relativi staff, ovviamente).
La collegialità , nonostante sia previsto un incontro con la maggioranza prima del Consiglio dei ministri di domani, non è una cifra di questo governo.
Poco male, comunque, se non fosse che questo rende parecchio incerto il quadro degli eventi. Nel Transatlantico di Montecitorio — luogo di penombra e cinismo così poco consonante col decisionismo renziano — domina un nervoso scetticismo: “La copertura non c’è”, prevedono esperti del bilancio pubblico e vecchie volpi di commissione.
“Non ho i particolari, ma che la copertura ci sia lo dò per scontato visto che il taglio è già stato annunciato”, sostiene invece Enrico Zanetti, Scelta Civica e sottosegretario proprio al Tesoro.
Il dubbio dei malpensanti, va detto, non è fondato: nel senso che il premier e il ministro i soldi in Consiglio li porteranno; è la qualità di queste risorse, invece, ad essere tutta da verificare.
Un po’ di numeri: in realtà i dieci miliardi di Renzi sono 7,5 visto che — come ha spiegato il viceministro Enrico Morando — inglobano i due miliardi e mezzo già stanziati da Enrico Letta sul 2014 con la legge di Stabilità .
E qui la faccenda si fa più confusa. Al Tesoro viene dato per certo che alla riduzione del cuneo verrà devoluto anche il risparmio previsto dalla spesa per interessi sul debito pubblico (lo spread è in calo): già in una simulazione a inizio anno il solito governo Letta l’aveva quantificato in 3,5 miliardi.
L’ex premier, comunque, si rifiutò di mettere a bilancio qualunque cifra come misura prudenziale: ora quei soldi se li prende il buon Matteo.
Gli ultimi 4 miliardi che mancano a coprire il provvedimento con cui Renzi farà la campagna per le europee sono una materia più scivolosa: l’idea è che quasi tutti possano venire dalla spending review di Carlo Cottarelli.
Fabrizio Saccomanni per quest’anno ha messo a bilancio la miseria di 60 milioni di euro, ma quando era al Tesoro stimava in non meno di cinque miliardi il frutto possibile del lavoro del commissario già nel 2014.
Sempre la maledetta prudenza del governo della stabilità che oggi torna utile al giovane e veloce nuovo presidente del Consiglio: tutto a coprire la riduzione del cuneo fiscale.
Il problema è che non si può tagliare una tassa promettendo che si taglierà una spesa in futuro. Serve una copertura certa in attesa dei decreti ispirati da Cottarelli e allora al Tesoro si stanno baloccando con varie ipotesi, che — nascoste sotto il nome inglese — hanno una natura antica: sono i cari vecchi tagli lineari (più qualche operazione sulle tasse).
I bilanci da cui si può tagliare sono in sostanza due: quello del Welfare e quello della Difesa.
Su quest’ultimo, ad esempio, fonti governative ieri spiegavano che gli interventi ipotizzati sono sul programma F35 (oltre 500 milioni la spesa 2014) e il blocco totale o parziale del reclutamento di nuovi militari.
Così i soldi non bastano, però: e infatti “temo che per reperirli il governo sia costretto a incidere sulle prestazioni sociali”, dice l’ex viceministro Fassina.
Un’altra delle simulazioni fornite dalla Ragioneria generale, infine, farà sobbalzare sulla sedia qualcuno (Alfano su tutti): adeguamento degli studi di settore per gli autonomi, elettorato non proprio a trazione piddina.
Il core business dell’operazione Renzi, comunque, al momento si basa sui soldi generati da opere e omissioni di Enrico Letta: anche il pagamento dei debiti della P.A. — che ora passa sotto l’egida di Cassa depositi e prestiti — vive nel solco di quella da 47 miliardi (la metà già pagati) fatta dal precedente esecutivo.
Persino il grande spot sulle scuole da mettere a posto si basa su 2 miliardi che erano già stanziati a questo fine nel bilancio del ministero delle Infrastrutture.
Per questo Pier Carlo Padoan — che ieri ha spiegato questo e altro ai colleghi europei nel suo debutto a Bruxelles — l’ha buttata sulla velocità : “Molte delle direzioni del governo sono in linea con quelle del precedente, ma noi intendiamo accelerare”.
Il colloquio di Letta con Eugenio Scalfari su Repubblica di domenica e la faccia di Saccomanni, ieri sera a La7, testimoniano un fatto: non gli è piaciuto essere quelli che hanno pagato la benzina.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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