IL GIOCO DELLE TRE CARTE DI RENZI: GLI EURO (DA 26 A 77) UNA TANTUM LI PAGANO LA SANITA’ E GLI STATALI
OGGI CDM PER APPROVARE IL DECRETO: TAGLI LINEARI SU SALUTE (2,4 MILIARDI), DIPENDENTI PUBBLICI, SPA PUBBLICHE, ACQUISTI E ALTRO… IL RISCHIO È CHE LA UE BOCCI LE COPERTURE
Il giorno è arrivato. Oggi Matteo Renzi regala la quattordicesima agli italiani che guadagnano poco.
Il lavoro di scrittura del decreto è ancora in corso mentre andiamo in stampa — tanto che non è chiaro se il Consiglio dei ministri si terrà stamattina, come previsto inizialmente, o nel pomeriggio — ma la sostanza è chiara: i soldi che arriveranno con lo stipendio di maggio sono certi per tutto il 2014 e nella busta paga si leggerà chiaramente che sono un gentile regalo del nuovo governo.
Sperando che i beneficiati se ne ricordino nelle urne il 25 maggio.
Anche perchè la faccenda sta creando di nuovo tensioni col Tesoro: ieri i tecnici di via XX settembre hanno chiarito con un intervento una tantum di questo genere potrebbe innescare le rimostranze della Commissione Ue.
Cpme che sia, l’intervento — secondo le bozze circolate ieri — costa 6,7 miliardi e si rivolge a chiunque guadagni meno di 24-25mila euro, incapienti compresi (cioè chi mette assieme meno di ottomila euro l’anno e quindi non paga tasse sul reddito): per tenere dentro tutta la platea il testo non lavora sugli sgravi Irpef, ma su un bonus che dovrebbe riguardare i contributi previdenziali.
In sostanza sarà il datore di lavoro ad anticipare la somma scontandola poi dai soldi che deve versare ad esempio all’Inps, lo Stato poi verserà la differenza.
Il beneficio sarà di 620 euro massimi complessivi per gli ultimi otto mesi del 2014 e di 950 euro l’anno a regime (tra i 77 e i 79 euro al mese, l’anno prossimo).
In pratica a maggio il bonus sarà compreso tra 26 e 77 euro, a seconda della fascia di reddito.
Nel decreto dovrebbe trovare posto anche la riduzione dell’Irap per le imprese, finanziata dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento: l’aliquota principale dovrebbe passare quest’anno dal 3,9 al 3,75% per scendere al 3,5 dal 2015 (scendono, però, anche le altre aliquote Irap, come quella per banche e settore agricolo).
Sulle coperture del bonus, invece, c’è ancora grande incertezza.
Circa 2,2 miliardi dovrebbero venire dal maggior gettito Iva dovuto al pagamento dei debiti della P.A. e dalla elevata tassazione delle plusvalenze generate dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia (dal 12 al 26%).
Gli altri quattro miliardi e mezzo, invece, sono recuperati attraverso tagli di spesa. Dalle bozzesi capiscono due cose: saranno tagli lineari (e non, dunque, recupero degli sprechi attraverso buone pratiche) e costituiranno una sorta di manovra lacrime e sangue per parecchi comparti della spesa pubblica.
Il bersaglio principale, come previsto, è la sanità : circa 800-900 milioni quest’anno e un altro miliardo e mezzo dal 2015 per un taglio strutturale di 2,4 miliardi.
Nel mirino ci sono tutti i comparti: dai farmaci alle convenzioni alla spesa ospedaliera fino all’acquisto di beni e servizi.
Difficile che una tale sforbiciata non abbia effetti sui servizi resi ai cittadini (il ministero, comunque, fa resistenza e sta tentando di limitare i danni).
Sotto tiro — e anche questa non è una novità — gli stipendi degli statali, magistrati (che già protestano con l’Anm), organi costituzionali e Bankitalia compresi. In sostanza il tetto massimo dei guadagni di chi lavora per la P.A. viene fissato al livello dello stipendio del capo dello Stato, circa 240mila euro l’anno (ora è a 311mila, al livello dei guadagni del primo presidente della Cassazione): il compenso massimo, però, varrebbe solo per i vertici dell’amministrazione, per gli altri dirigenti — anche non di primo piano — sono previsti tetti a scalare fino a 90 mila euro. Il governo ritiene di ricavarne 400-500 milioni (ma il contenzioso sarà enorme).
Tra le ipotesi ci sono poi tagli e taglietti di varia natura: dai 200 milioni quest’anno più 900 il prossimo della Difesa (compresi, pare, gli acquisti di sistemi d’arma, quindi anche gli F35) ai 44 milioni che palazzo Chigi ha deciso di tagliarsi da solo; da qualche spicciolo (15 milioni) preso al Fondo per l’editoria ai 100 milioni di risparmi spegnendo i lampioni (il programma montiano “cieli bui”); dal taglio del 70% sulla spesa del 2011 per le auto blu alla sforbiciata lineare ai bilanci delle società partecipata (del 2% quest’anno, del 2,5 dal 2015); dai 167 milioni sottratti a Caf e patronati nel biennio alla riduzione del 5% degli acquisti della P.A., contratti in essere compresi (e anche qui il contenzioso sarà parecchio).
Tra le ipotesi c’è pure il ritorno (parziale) dell’Imu sui fabbricati rurali, misura che non piacerà ad Angelino Alfano.
Roba particolarmente dura, che potrebbe — invece di consacrarlo — incrinare il matrimonio tra Renzi e l’elettorato. Lui, però, punta sui soldi in busta paga e sui soliti fuochi d’artificio: il premier, oggi, potrebbe annunciare il taglio dello stipendio suo e di tutti i ministri.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply