LA CRISI ITALIANA? QUESTIONE DI SEDIE, NON SOLO POLTRONE
UNA SERA IN SECHSELAUTENPLATZ A ZURIGO
La crisi italiana è questione di poltrone. Ma anche di sedie.
A volte una storia minima all’improvviso ti chiarisce pensieri che non riuscivi a dipanare. Così una sera ti ritrovi a Zurigo, in Sechselaà¼tenplatz, la piazza appena recuperata davanti all’Opera. E capisci.
La crisi italiana è una questione di poltrone. Ma anche di sedie.
A volte basta un’immagine. Una storia minima all’improvviso ti chiarisce pensieri che non riuscivi a dipanare.
Così una sera ti ritrovi sul lungolago di Zurigo, in Sechselaà¼tenplatz, la piazza appena recuperata davanti all’Opera.
È un vuoto — che cos’altro è in fondo una piazza? — liberato dalle auto. E la vita, come acqua, immediatamente ha preso ad affluire.
Sì, ecco cosa sono le piazze da troppo tempo dimenticate dai nostri architetti: un luogo dedicato alla vita, senza altro scopo — il lavoro, il commercio, il traffico — che il suo semplice trascorrervi, contemplarsi. L’esserci, in fondo.
E in quella mancanza di palazzi , di vetrine e di auto che si inseguono, cominci a guardare le persone. Allo stato brado, diresti, prive di affanni, libere di fare ciò che gli viene in mente.
Due ragazzi si sono tolti le scarpe e si sono sdraiati per terra, sulla pietra nuova, linda.
Lei gli poggia la testa sul torace, lui indica il lago. Parlano.
Ti pare un quadro familiare chissà come strappato all’intimità della casa. In fondo, sembrano dire i due ragazzi, anche questo spazio è nostro
È la stessa felicità — appesantita, ma forse anche arricchita dagli anni — di una coppia di anziani seduta accanto.
Anche loro si parlano, si osservano, stupiti non di trovarsi, ma di non essersi persi.
Intorno è un rincorrersi di uccelli, con i loro voli così diversi: quello folle delle rondini o quello faticoso (ricordate le splendide parole di Giorgio Bassani?) di un airone.
Poi falchi, pipistrelli che si abbassano a provocare cani liberi dal guinzaglio.
C’è perfino la musica, una decina di ragazzi seduti intorno a una chitarra.
Tu stai lì e osservi. Eppure c’è qualcos’altro che non riesci ad afferrare.
Finchè capisci: le sedie! Dove le hanno prese?
Ti guardi intorno cercando un bar, un ristorante. Niente.
Alla fine chiedi. “Le sedie? Sono della piazza”, ti rispondono con naturalezza.
Già , è andata così: il comune ha costruito la piazza e ci ha messo cento bellissime sedie. Un esperimento, per vedere come andava. Dopo sei mesi non ne mancava nemmeno una.
Ecco il punto: in Italia dopo due giorni ti saresti ritrovato con le chiappe per terra (come accadde con l’esperimento delle bici pubbliche a Milano, per dirne una).
No, questo non è un elogio della superiorità svizzera; altre volte siamo stati severi con un Paese che ha sottratto centinaia di miliardi al nostro fisco.
No, qui parliamo solo dell’Italia. Per capire cosa ci ha portato sull’orlo del baratro bisogna venire in Sechselaà¼tenplatz.
Dove le sedie di tutti sono anche tue. E passando sai che ne troverai una.
Invece di restare in piedi e poi tirare dritto per rinchiuderti in casa senza goderti una sera d’estate.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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