“LA FAMIGLIA LO AVEVA SEGNALATO ALLE AUTORITÀ INGLESI”
L’INTELLIGENCE USA RIVELA CHE I FAMILIARI DI ABEDI AVEVANO AVVISATO LE AUTORITA’ INGLESI CHE ERA PERICOLOSO”
Con il passare delle ore, quello che era un sospetto è diventato una certezza: Salman Adebi, il 22enne di origini libiche che si è fatto saltare in aria all’Arena di Manchester uccidendo 22 persone, non ha agito da solo, ma con il supporto di un network del terrore. E c’è di più: secondo un funzionario dell’intelligence Usa – riferisce la Nbc News – la famiglia del terrorista aveva avvertito le autorità della sua pericolosità .
La bomba usata – ha aggiunto la fonte consultata da Nbc – “era grande e complessa”, realizzata con materiali difficili da reperire nel Regno Unito.
La polizia britannica ha finora fermato quattro persone in relazione all’attacco.
Ora si sa che il primo a finire in manette, già ieri sera, è stato Ismail Abedi, fratello di Salman. Il suo interrogatorio pare abbia permesso una svolta nelle indagini, con l’arresto questa mattina di altre tre persone.
Salman – ha ammesso il ministero dell’Interno – era già noto ai servizi d’intelligence del Regno Unito, un aspetto che pone ancora una volta l’attenzione sulla difficoltà dei servizi europei di intercettare i piani dei terroristi.
Nel frattempo si viene a sapere che Salman Abedi, il killer, era tornato da pochi giorni da un viaggio in Libia.
A riferirlo il Times, al quale un conoscente del kamikaze ha raccontato: “Era partito per la Libia tre settimane fa ed era tornato di recente, pochi giorni fa”.
Se confermato, il soggiorno di alcune settimane in Libia potrebbe essere servito per l’addestramento da parte dell’Isis, che nel Paese nordafricano ha ancora una robusta presenza.
Secondo il quotidiano inglese, comunque, non si esclude neppure che il giovane possa aver viaggiato in Siria nelle settimane in cui era all’estero.
Una pista, quest’ultima, citata anche dal ministro degli Interni francese Gerard Collomb, secondo cui il kamikaze di Manchester sarebbe stato in Siria e avrebbe dato prova dei suoi legami con l’Isis.
La fitta rete di relazioni presente dietro la strage si arricchisce però anche di un altro personaggio: Raphael Hostey. Si faceva chiamare Abu Qaqa al-Britani da quando era andato in Siria a combattere.
E con questo nome reclutava a Manchester, città dove era cresciuto, centinaia di uomini da spedire nelle terre del sedicente Califfato o da usare negli attentati su suolo britannico. Conosceva, rivela oggi il Daily Mirror, Salman Abedi e con ogni probabilità è stato lui a portarlo sulla strada dell’integralismo e del terrorismo. Prima di finire fulminato da un drone americano tre anni fa.
In attesa di nuovi sviluppi, il governo di Londra ha aumentato il livello di allerta da “grave” a “critico”, il che significa rischio di attentati imminenti. Downing Street ha lanciato l’Operazione Temperer, con il dispiegamento di 3.800 militari in tutto il Paese.
In questo clima si inserisce la tensione tra Londra e Washington, con la ministra degli Interni Amber Rudd che ha criticato pubblicamente gli Stati Uniti per i “dettagli confidenziali” sull’attacco di Manchester fatti trapelare sui media Usa.
Rudd ha definito la condotta di Washington “irritante” e ha affermato chiaramente che ‘leaks’ del genere non “dovranno più ripetersi”. Parole molto forti che rivelano una tensione crescente tra i due stretti alleati all’indomani della strage di Manchester. La ministra non ha voluto dire esattamente quali dettagli siano stati rivelati ma dagli Usa erano arrivate le notizie che a colpire era stato un attentatore suicida e anche la sua identità .
I servizi britannici, intanto, continuano a scavare nella vita e nelle relazioni di Salman Abedi, l’uomo accusato di essersi fatto saltare in aria all’Arena di Manchester facendo una strage di giovani e giovanissime.
Ieri le forze di sicurezza hanno perquisito la sua abitazione a Fallowfield, nella zona meridionale di Manchester, e hanno arrestato il fratello Ismael, 23 anni, tuttora sotto custodia.
La potenza dell’esplosivo utilizzato e la dinamica dell’attentato suggeriscono un’attenta pianificazione, ma ciò non è abbastanza per attribuire la regia di quanto accaduto a un network più organizzato.
Quanto alla rivendicazione dell’Isis, potrebbe trattarsi di un’attribuzione postuma, un marchio che il Califfato tende a voler mettere su qualsiasi attacco di matrice jihadista utile alla sua propaganda.
Di sicuro, al momento, c’è solo la paura di nuovi attacchi “imminenti”. Per la terza volta nella sua storia, il Regno Unito ha alzato da “grave” a “critico” il livello di allerta terrorismo all’indomani dell’attacco che ha colpito Manchester, il peggiore dal 2005 su suolo britannico.
Stando a una scala dell’MI5 fatta di cinque gradini (gli altri sono basso, moderato, sostanziale), ciò significa che un altro attacco potrebbe essere “imminente” e non più solo “altamente probabile”. Solo in altre due occasioni – nel 2006 e nel 2007 – la nazione d’oltremanica era arrivata a essere così tanto in guardia; il livello di allerta “grave” era in atto dal 2014.
In un messaggio alla nazione la premier Theresa May ha spiegato che i militari si uniranno alla polizia per rafforzare le misure di sicurezza ad alcuni grandi eventi pubblici e in luoghi chiave. “Membri delle forze armate dispiegati in questo modo saranno sotto il comando degli agenti di polizia”, ha detto la premier preparando la popolazione all’entrata in vigore a partire da oggi di un piano di sicurezza denominato Operazione Temperer.
May ha d’altra parte detto che non è ancora stata accantonata l’ipotesi che “un gruppo più ampio di persone” possa essere stato coinvolto nell’attacco rivendicato dall’Isis. L’unico sospetto identificato finora è Salman Abedi, 22 anni: è lui ad aver fatto detonare un esplosivo mentre i fan – soprattutto adolescenti – della cantante americana Ariana Grande stavano lasciando la Manchester Arena, provocando 24 morti e decine di feriti (ieri le vittime accertate erano 22, oggi al bilancio sono stati aggiunti due cittadini polacchi che risultavano dispersi).
(da “Huffingtonpost”)
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