LA LEGA CE L’HA MOLLE
MOLTA VASELINA E’ PASSATA SOTTO I PONTI PADANI, ORA I LEGHISTI TITOLANO PONTI A MARIANO RUMOR… DICEVA LONGANESI: “IN ITALIA LE RIVOLUZIONI COMINCIANO IN PIAZZA E FINISCONO A TAVOLA”…I FEDERALISTI SERI VEDONO NEL PATERACCHIO DI CALDEROLI LA MESTA AGONIA DI UN FEDERALISMO CHE FINIRA’ SOLO PER AUMENTARE LA PRESSIONE FISCALE…E LA LEGA PERDE VOTI
Un tempo era il Re Mida e trasformava in oro qualunque cosa toccasse.
Ora invece porta sfiga anche a se stesso.
È talmente disperato che chiede aiuto perfino a Bersani per un “piano bipartisan per la crescita” (soprattutto la sua), subito respinto al mittente.
E viene scaricato financo da D’Alema.
Il che è davvero tutto dire.
Il suo mortifero contagio miete vittime a ritmi ormai quotidiani.
Prendete Mubarak: regnava tranquillo sull’Egitto da trent’anni, poi lui l’ha evocato come zio di Ruby e l’ha stecchito sul colpo.
E la Lega? A furia di abbracciare il suo cadavere politico, s’è trasformata geneticamente: perso quel che restava della sua carica vitale e celodurista, è diventata un budino verde gelatinoso, molliccio, tremolante.
Bobo Maroni scrive letterine tremebonde al Pompiere della Sera, roba che nemmeno Bondi dei tempi d’oro, denunciando “l’antiberlusconismo manicheo, elitario e inconcludente” (tipo quello della Lega delle origini, quando Berlusconi era “il mafioso di Arcore”) e invocando “una tregua” con linguaggio doroteo.
Fa una certa tristezza ricordare che proprio 20 anni fa la Lega teneva il suo congresso fondativo: “La rivoluzione della Lega — tuonò Bossi — è l’unica rivoluzione possibile!”.
Da allora molta vaselina è passata sotto i ponti padani, visto com’è finito il noto movimento rivoluzionario che oggi si aggira in pantofole nelle mense e negli angiporti del magnamagna romano.
Come diceva Longanesi, “in Italia le rivoluzioni cominciano in piazza e finiscono a tavola”.
Figurarsi l’entusiasmo dei lumbard duri e puri nell’apprendere che l’altro giorno Flavio Tosi, il terribile sindaco di Verona con 85 denti, tutti canini, s’è ridotto a intitolare “con orgoglio e soddisfazione” un ponte sull’Adige a Mariano Rumor, elogiandolo come “grande statista veneto e italiano, che non solo fu una delle figure che segnarono politicamente il nostro Paese, ma che ancor oggi è per tutti noi un modello e un esempio di come è possibile fare politica in modo onesto, con grande impegno e dedizione a servizio della gente”.
Rumor, il “pio Mariano” fondatore dei dorotei, il premier dei governicchi balneari, il maestro del dolce far nulla e del tirare a campare, il triumviro del Pi-ru-bi (Piccoli-Rumor-Bisaglia), l’omino curiale, lattiginoso ed effeminato dalla manina flaccida e sudaticcia?
Rumor nuovo “modello ed esempio” dei leghisti?
Pare proprio di sì, a giudicare come si muove un altro ex celodurista come Calderoli, il coniglietto mannaro che ogni giorno smussa un pezzo di federalismo per farlo digerire a questo e quello.
Col risultato che ormai — scrive Luca Ricolfi sulla Stampa — persino i federalisti più convinti “vedono con raccapriccio che quello che si sta consumando a Roma, fra infinite riunioni, tavoli tecnici, negoziati non è l’ultimo passaggio di un lungo cammino, ma una mesta, lenta e non detta agonia del federalismo”.
E arrivano ad “augurarsi che tutto si blocchi, tali e tante sono le concessioni che gli artefici della riforma sono stati costretti a fare alla rivolta degli interessi costituiti e alla miopia del ceto politico locale”.
Basti pensare che, dopo gli ultimi assalti dei comuni del Centro-Sud, si dà per scontato che il federalismo non ridurrà , ma aumenterà la pressione fiscale.
Un affarone.
Senza contare — ricorda Ricolfi — “l’obbrobrio anti-federalista per cui i comuni si finanzieranno con tasse pagate dai non residenti (imposta di soggiorno e Imu sulle seconde case), con tanti saluti al principio del controllo dei cittadini sui loro amministratori”.
Infatti, fra l’aborto del federalismo e i racconti edificanti delle bunga-bunga girls, la Lega che fino a qualche mese fa volava nei sondaggi oggi perde punti a rotta di collo.
Ci vorrebbe il Carroccio di 20 anni fa, o almeno di 15, per scaricare il “mafioso di Arcore” prima di finire nella tomba con lui.
Ma non si esclude che un paio di capoccia lumbard, pur decrepiti e malmessi, conservi ancora un pizzico di memoria.
Alzheimer permettendo.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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