L’ISOLA DELLA CENSURA
LA DENUNCIA DI MARCO TRAVAGLIO SUL DIVIETO PER LA FESTA DEL “FATTO”
Se non vi basta Mafia Capitale, e nemmeno i solenni funerali del boss Casamonica con beatificazione incorporata, sentite quest’altra.
Anche quest’anno abbiamo in programma per l’ultimo weekend di agosto la festa del Fatto all’Isola Tiberina di Roma, che d’estate diventa “Isola del Cinema” con un bel cartellone di film e dibattiti.
Ma da ieri la nostra festa è ad alto rischio per un caso che non sappiamo come altrimenti definire se non “censura”: quel mostriciattolo che, per Laurie Halse Anderson,“è il figlio della paura e la madre dell’ignoranza” e, per Eugene O’Neill, “è l’ultima risorsa dello stupido e del bigotto”.
In vista del maxi-processo a Mafia Capitale, che inizierà in tribunale il 5 novembre, abbiamo pensato di riepilogare i passi salienti del più grave scandalo romano degli ultimi anni con la pubblica lettura delle principali intercettazioni dell’inchiesta: quelle che hanno indotto i magistrati (non solo i pm, ma anche i giudici di Riesame e Cassazione) a ipotizzare un’associazione mafiosa di stampo romano, capeggiata da Massimo Carminati & Salvatore Buzzi, col contorno di politici, funzionari, faccendieri, imprenditori, picciotti e picchiatori.
Lettura affidata ad alcuni attori che hanno interpretato il film e la serie Romanzo Criminale.
Un’idea che unisce l’impegno civile del miglior cinema italiano con quello del giornalismo investigativo, senza peraltro rivelare nulla che non sia già noto alle cronache giudiziarie degli ultimi 8 mesi.
Forse siamo troppo ingenui; forse abbiamo sottovalutato la potenza intimidatoria di una gang che credevamo ormai neutralizzata dal suo ingresso in blocco nelle patrie galere; o forse, più semplicemente, non abbiamo sospettato abbastanza di una classe politica che tutti dipingono debole e subalterna, invece è incapace di tutto fuorchè di silenziare e minacciare.
Lasciamo perdere gli esercizi di dietrologia che pure sorgono spontanei, dinanzi a un veto così ottuso (come lo è sempre ogni censura), sui mandanti veri o presunti.
Sta di fatto che il direttore dell’Isola del Cinema Giorgio Ginori, con cui abbiamo siglato un regolare contratto di concessione degli spazi per il 29-30 agosto e a cui abbiamo versato l’affitto, ci ha ufficialmente intimato di rinunciare alle intercettazioni per sostituirle con un innocuo dibattito che gentilmente lui stesso si è preso la briga di organizzare al posto nostro, contattando altri ospiti a nostra insaputa per sondarne la disponibilità .
I motivi, anzi i pretesti accampati per giustificare il veto sono altamente comici (come lo è ogni censura) e rientrano a pieno titolo nella tradizione della supercazzola: meriterebbero anch’essi una pubblica lettura affidata ai protagonisti di Amici miei sotto la regia di Mario Monicelli, purtroppo impossibile perchè sono tutti morti.
Ma, per dire, nelle email di Ginori si legge che “l’elemento del programma proposto dal Fatto Quotidiano (la lettura e la ‘spettacolarizzazione’ con attori delle intercettazioni telefoniche di ‘Mafia Capitale’) non può essere assolutamente condiviso, per motivazioni legate alla delicatezza dell’argomento sia dal punto di vista del concetto di ‘privacy’ che dal punto di vista legale… Noi riteniamo questa insistenza a leggere e’spettacolarizzare’a tutti costi le intercettazioni di Mafia Capitale un rischio che nessuno può obbligare ‘L’Isola del Cinema’ ad affrontare dal punto di vista legale e del concetto di’privacy’”.
Ragion per cui siamo avvertiti: o rinunciamo alle intercettazioni, oppure sabato 29 verremo bloccati con tutti i nostri lettori al check point dell’isola dove, al posto della nostra festa, verrà trasmesso un film a pagamento.
Ora, noi non abbiamo alcuna intenzione di “spettacolarizzare” alcunchè: solo di leggere conversazioni intercettate così come uscite dalla bocca dei protagonisti.
E il “concetto di privacy” non c’entra nulla, altrimenti l’occhiutissimo Garante sarebbe intervenuto a bloccare tutti i giornali, i tg e i talk show d’Italia e del mondo, che invece negli ultimi otto mesi han potuto liberamente pubblicare, leggere, declamare, sceneggiare, addirittura trasmettere nell’audio originale le intercettazioni di Mafia Capitale.
Che, com’è noto, sono state depositate agli atti del pubblico dibattimento che inizierà fra due mesi, dunque non presentano alcun problema di segretezza o riservatezza, non investendo la vita privata di nessuno, ma — purtroppo — la malavita pubblica di troppi. Il che elimina qualunque “rischio dal punto di vista legale” che peraltro — come abbiamo scritto e ripetuto al signor Ginori, anche col nostro ufficio legale — ricadrebbe sul Fatto e non su chi ci ospita.
Dire che la direzione è responsabile di tutto ciò che accade negli spazi da essa gestiti non ha alcun senso: altrimenti, se un killer ammazza qualcuno per strada, ne dovrebbe rispondere il sindaco.
Motivi di astio contro il Fatto non ce ne risultano: l’anno scorso la nostra festa all’Isola con Proietti, Verdone, Bray, Montanari, Carlassare e i nostri giornalisti e collaboratori per parlare di beni/mali culturali, di riforme/schiforme e della nostra petizione contro la “Democrazia autoritaria”, davanti a migliaia di persone, filò liscia in un clima di reciproca collaborazione e soddisfazione.
Obiezioni sulla qualità e il pluralismo dei dibattiti, men che meno: il 29 e 30 saranno con noi gli attori Sabrina Ferilli, Monica Guerritore ed Elio Germano, il regista Ivano de Matteo, Stefano Rodotà e politici di ogni orientamento (Giachetti ed Esposito del Pd, la Lombardi e Di Maio di M5S, Civati e l’indipendente di centrodestra Marchini), anche per dibattere dei risvolti politici dello scandalo romano.
Dunque dev’essere accaduto qualcosa che ci sfugge,e probabilmente sfugge anche alla direzione.
Chissà chi l’ha terrorizzata al punto di indurla a una mossa così avventata che, essa sì, la espone non al rischio, ma alla certezza di un’azione legale (la nostra, per il danno che subiamo dalla revoca dello spazio a una settimana dall’evento e dalla necessità di trovarne un altro su due piedi).
Resta la tristezza per una democrazia che, anche al tramonto del berlusconismo, sembra non riuscire a fare a meno della censura.
E proprio in un luogo consacrato al cinema, che della censura dovrebbe essere l’antidoto e il nemico pubblico numero uno (a proposito: al posto della festa del Fatto, se davvero sabato verrà negato l’ingresso a noi e ai nostri lettori, suggeriamo di trasmettere Il moralista di Giorgio Bianchi, con Alberto Sordi nei panni del censore spiritato della pubblica moralità cinematografica).
E per giunta in una città che quasi 40 anni fa, nel 1977, inventò col sindaco Argan e l’assessore Nicolini l’Estate Romana all’insegna della più sfrenata libertà di espressione.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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