LO SFOGO DI LADY DENTIERA: “IO, CAPRO ESPIATORIO DI UN SISTEMA MALATO”
PARLA L’IMPRENDITRICE CANEGRATI: “HO SBAGLIATO TANTO”… SI ATTENDONO NUOVE RIVELAZIONI: “NON NASCONDERO’ NULLA”
Lady sorriso piange. Singhiozza, si asciuga le lacrime, cerca di respirare. Fatica a parlare, al punto da dover congedare il fratello, che adora, prima della fine del tempo consentito per il colloquio. «Ho sbagliato tanto. Ho accettato compromessi che non avrei dovuto accettare», dice Maria Paola Canegrati a un parlamentare che le ha fatto visita in carcere.
Maglione a rombi e blue jeans, si stringe nelle spalle come una ragazzina, rivolge gli occhi a terra.
La donna seduta sotto le luci al neon di una stanza al piano terra di San Vittore è il negativo fotografico di quella che era fino al 16 febbraio scorso, giorno dell’arresto eseguito su ordine della procura di Monza.
L’accusa per lei è di essere la grande corruttrice della sanità lombarda.
La “zarina” delle dentiere, da cui “Lady sorriso”. Un’imprenditrice in grado di aggiudicarsi appalti nel settore odontoiatrico per centinaia di milioni di euro, grazie alle tangenti pagate al leghista Fabio Rizzi, braccio destro del governatore lombardo Roberto Maroni.
Tutto spazzato via in dieci giorni. In cella resta la donna. Prima ancora, la mamma: «Più di ogni altra cosa, vorrei vedere mio figlio di 13 anni, ma so che non è giusto – dice Canegrati – Gli ho scritto. Vorrei chiamarlo. Ma mio marito è stato chiaro e ha ragione: lui in carcere non deve venire ».
Da quando è a San Vittore, Maria Paola scrive. Coccolata dalle due compagne di cella, lavora per mettere insieme la sua memoria difensiva.
L’unica distrazione è il corso di cucito, cui si è iscritta appena ha potuto. Forse nei prossimi giorni la autorizzeranno anche a frequentare la palestra. Ma la testa è occupata da un solo pensiero: «Voglio arrivare preparata al prossimo interrogatorio. Forse nominerò un altro avvocato, oltre a quelli che già mi assistono. Voglio spiegare tutto. Non nasconderò nulla».
Il pm Manuela Massenz la ha già interrogata per sette ore, ma non basta. Di cose da dire ce ne sono ancora tante. «Il sistema ti uccide. L’imprenditore è tirato per la giacchetta. Ma alla fine, quando viene fuori tutto il casino, nella rete restano i pesci piccoli».
Fra i pesci piccoli, Canegrati mette anche se stessa, una donna a capo di una rete di imprese con 1.200 dipendenti, in maggioranza donne.
«Chi decide davvero, chi sta al vertice del sistema, non viene toccato. È il solito meccanismo del capro espiatorio».
L’ultimo a essere finito in manette è Stefano Lorusso, arrestato ieri a Miami dalla polizia statunitense. Entro 45 giorni dovrebbe essere estradato in Italia.
Secondo la procura di Monza, sarebbe stato socio di Rizzi in almeno una società offshore. E avrebbe fatto da tramite per una tangente da 50mila euro pagata da Canegrati a Mario Longo, braccio destro di Rizzi, che è il padre della riforma sanitaria regionale.
Il «sistema» cui Canegrati fa continui riferimenti è proprio la sanità lombarda.
«Un sistema che ha i suoi difetti, in cui sono in molti ad avere colpe – dice – ma ci sono anche tante persone perbene. E ogni volta che per lavoro vado a Roma, mi chiedo come sia possibile che lì le cose funzionino come funzionano. A Milano ci sono gare pubbliche, bandi, controlli. A Roma ci sono servizi assegnati per tre anni senza bando ».
Maria Paola Canegrati ha sbagliato tanto e lo sa. Ma della sua vita di prima, «una stagione conclusa », non rinnega tutto.
«In fondo ho sempre cercato di fare le cose al meglio. Ho portato servizi dove non c’erano. Ero convinta di fare il mio bene facendo quello degli altri».
L’unico momento in cui la voce da debole si fa sicura, come nei giorni buoni, è quando parla delle sue dipendenti. «Per le mie ragazze – così le chiama – ho fatto tanto. E loro a me hanno dato tutto». Assistenti di sedia, tecniche di laboratorio, igieniste dentali, giovani esperte in dentiere e protesi fisse. «Ho pagato i migliori corsi di formazione, le ho fatte studiare. Nella loro forza di volontà ritrovo me stessa».
Franco Vanni
(da “La Repubblica”)
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