MAFIA CAPITALE, I CONSIGLIERI ARRESTATI SONO I CAMPIONI DELLE PREFERENZE
PD O FORZA ITALIA NON CONTA: L’ELETTORATO SOLIDO SI’
Oltre i capi d’accusa, e soprattutto oltre la discussa mafiosità della vicenda, ci sono i numeri.
I tre politici del Partito democratico arrestati giovedì mattina sono fra i sei più votati alle elezioni comunali del 2013, quelle che hanno condotto Ignazio Marino in Campidoglio: Mirko Coratti (ex presidente dell’Assemblea capitolina) arrivò secondo con 7 mila e 860 voti, Pierpaolo Pedetti (ex presidente della Commissione politiche abitative) fu quinto con 5 mila e 238 voti, Daniele Ozzimo (ex assessore alla Casa) fu sesto con 5 mila e 174 voti.
Nessuno sano di mente sospetta che il sindaco Marino abbia avuto ruoli della formazione del Pd romano, nè che conoscesse più che superficialmente i rapporti di forza da cui è dominato, ma è anche vero che tutte quelle preferenze hanno contribuito alla sua elezione, così come le preferenze dei forzisti Giordano Tredicine (7 mila 860) e Luca Gramazio (prima che passasse al consiglio regionale, dov’è entrato con quasi 19 mila crocette sul suo nome) contribuirono all’elezione di Gianni Alemanno.
In tempi nei quali si mitizzano le preferenze come strumento di liberazione dell’elettore privato del diritto di scelta, mettere giù due cifre e due considerazioni non fa male.
Tredicine è stato il secondo degli eletti nella lista del Pdl, Gramazio jr (è figlio di Domenico, per quattro legislature parlamentare di An dov’era conosciuto col soprannome di er Pinguino) è stato il primo degli eletti nella lista Pdl delle Regionali, e Massimo Caprari, anch’egli arrestato, fu l’unico eletto del Centro democratico, il partito di Bruno Tabacci.
I nomi dunque dicono poco a chi non avesse la costanza di seguire la politica romana, i dati invece dicono qualcosa di interessante e cioè che i coinvolti nell’inchiesta (e gli si augura di uscirne bene, ci mancherebbe) godono di un solido elettorato, anche se non per forza malavitoso.
Tredicine è il campione dei caldarrostai e più in generale degli ambulanti che vendono souvenir e grattachecche, ruolo per cui è vittima di scontate ironie (in consiglio comunale gli indirizzano il coro «dacce du’ castagne / Tredicine dacce du’ castagne…»); è l’ultimo erede di una piccola dinastia nostrana fondata dal nonno Donato che arrivò a Roma dall’Abruzzo per vendere caldarroste.
Coratti è invece il punto di riferimento dei tabaccai di cui si occupa con incrollabile costanza, della loro sicurezza, dei loro orari, delle loro licenze; non molti ricordano che Coratti, prima di passare alla sinistra via Udeur, era un berlusconiano combattivo e coraggioso, visto che una decina d’anni fa si incatenò al cancello di palazzo Grazioli per chiedere l’allontanamento del coordinatore Antonio Tajani: Silvio Berlusconi, non ancora abituato agli ammutinamenti, lo ricevette e lo rincuorò: «Mirko, il futuro sono i giovani».
Insomma, queste sono le biografie, questo soni i destinatari delle preferenze che, come tutti sistemi, sono buone o cattive soltanto in base all’uso che ne si fa.
L’ultima annotazione riguarda la carta di identità dei sei indagati.
Coratti ha quarantadue anni, Pedetti idem, Ozzimo ne ha quarantatrè, Tredicine trentatrè, Luca Gramazio trentaquattro, e il vecchietto del gruppo è Caprari con quarantasei anni.
Un piccolo contributo alla riflessione di chi ritiene che il rinnovamento generazionale salverà il mondo.
Mattia Feltri
(da “La Stampa“)
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