MERCATO DEL LAVORO, FISCO E RIFORMA DELLA SCUOLA, COSI’ “LA REPUBLIQUE EN MARCHE” RISCHIA DI STRAVINCERE
OGGI LE ELEZIONI PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE… ANCHE ALAIN JUPPE’ LASCIA PREVEDERE CHE ENTRERA’ NEL PARTITO DI MACRON
Anche la Francia torna oggi alle urne, ma questa volta per eleggere la sua Assemblea nazionale. Un mese dopo aver portato il presidente Emmanuel Macron all’Eliseo dopo il drammatico ballottaggio contro Marine Le Pen, gli elettori decideranno quale tipo di sostegno dare al 39enne capo dello Stato.
E la cosa straordinaria è che un movimento politico che fino ad un anno fa non esisteva rischia (oggi e nei ballottaggi di domenica prossima) di conquistare una maggioranza di 400 seggi all’Assemblea nazionale.
Il movimento per le presidenziali si chiamava “En Marche”; adesso è diventato “La Republique en marche”. La marcia rischia di travolgere del tutto innanzitutto il partito in cui Macron ha mosso i primi passi, quello Socialista del presidente uscente Francois Hollande.
Gli ultimi sondaggi danno “La Republique En Marche” al 31% dei voti davanti ai “Rèpublicains” (22%) e al Fronte Nazionale di Marine Le Pen con il 18%. Segue “La France insoumise” del tribuno della sinistra radicale Jean-Luc Mèlenchon (12,5%) e buoni ultimi i socialisti con addirittura il 9%.
Il sistema elettorale francese prevede che passino al secondo turno i candidati che nei collegi uninominali abbiamo avuto almeno il 12,5% degli elettori iscritti (con una astensione del 40% sarebbe necessario circa il 20% dei votanti).
Quindi al ballottaggio potrebbero esserci anche sfide fra 3 o anche 4 candidati.
Ed è questo sistema che permetterà al partito di Macron di avere secondo i sondaggi addirittura 400 deputati su 577, mentre i Rèpublicains ne avrebbero un centinaio e tutti gli altri dai 10 ai 20/30.
La campagna elettorale che si è svolta è stata del tutto nuova rispetto alle precedenti elezioni. I comizi, gli incontri pubblici, le manifestazioni tradizionali sono stati davvero pochi.
Perfino gli incontri privati, quelli con poche decine di persone in un contesto riservato, si sono ridotti molto. La campagna come tutto in questi anni, è passata soprattutto sui media elettronici, sui social, si è alimentata della capacità di far passare attraverso Internet i messaggi che i candidati e soprattutto Macron hanno voluto lanciare.
I temi più importanti sono stati la riforma del mercato del lavoro, il fisco, la riforma della scuola che Macron ha fatto annunciare in questi giorni. Non è stato centrale il terrorismo, che pure in Francia ha colpito ripetutamente e soprattutto a Parigi.
Nel 2012 la partecipazione fu al 58%; è probabile che quest’anno la novità Macron possa creare una partecipazione più alta. Ma la grande sfida delle presidenziali, quella degli elettori che volevano fermare la Le Pen questa volta è assente: saranno elezioni parlamentari tradizionali, cioè abbastanza apatiche.
Se En Marche stravince, gli altri partiti sopravvivono o quasi scompaiono.
L’unica opposizione in grado dire qualcosa contro Macron sarà quella dei Rèpublicains, la destra conservatrice che negli anni ha espresso presidenti come Chirac e Sarkozy. Senza un leader dopo la rinuncia di Francois Fillon, il partito si sta già frantumando.
Uno dei possibili candidati presidenziali repubblicani, Alain Juppè, che è stato premier e ministro degli Esteri con Chirac, ha appoggiato nel suo collegio la candidata di En Marche, lasciando prevedere che anche lui entrerà nel movimento.
Ugualmente in crisi il movimento di Marine Le Pen: dopo l’exploit che l’ha portata al ballottaggio contro Macron, la Le Pen si trova davanti un partito che sta iniziando a scoppiare.
Rivalità interne, scambi di accuse ma soprattutto la conferma che la linea politica post-fascista del movimento non lo porterà mai oltre un certo limite hanno messo in moto una dinamica distruttiva. La legge elettorale per le parlamentari fa sì che la Le Pen rischi di non riuscire a portare all’Assemblea nazionale neppure i 15 deputati necessari a fare un gruppo parlamentare.
Il dato politico più drammatico fra i “piccoli partiti” sarà quello che vedrà entrare in questa categoria anche i socialisti che furono di Mitterrand e che fino a ieri hanno espresso il presidente con Hollande.
Oggi il Ps ha 284 deputati: potrebbe mantenerne fra i 20 e i 40, il risultato peggiore dal 1993, quando il Ps elesse solo 57 deputati.
Schiacciati al centro da Macron e a sinistra dal movimento radicale di Jean-Luc Melenchon, i socialisti potrebbero davvero sparire o essere ridotti a pura testimonianza e senza alcuna rilevanza politica e istituzionale.
Il vero segno della rivoluzione che ha sconvolto la politica di Francia.
(da “la Repubblica”)
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