PARTECIPATE, LA FANTASIA AL SERVIZIO DEGLI SPRECHI
DALLA MUNICIPALIZZATA MOLISANA PER “L’UOVO E IL POLLO” ALLE AREE MATILDICHE, FINO AL CIMITERO DI CESANO BOSCONE: LA VORAGINE CHE INGOIA I NOSTRI SOLDI
“Cerca gli amministratori? Ma quali amministratori, qui non c’è nessuno: nessun dipendente, nessun responsabile, nulla di nulla, manco più i polli”.
Benvenuti nel parossistico mondo delle partecipate.
Per arrivare a questa lapidaria risposta i vertici della Gestione agroalimentare molisana di Bojano (Campobasso) — interamente controllata dalla Regione, per sostenere l’avicoltura “dall’uovo al pollo” — ci hanno messo qualche anno: tre. Tutti scanditi da una corsa a tappe forzate verso il dissesto. Anno 2010: 200mila euro. Anno 2011: -8 milioni di euro. Anno 2012: -14 milioni. Il tutto, in cambio di un compenso intorno ai 140 mila euro l’anno, tra amministratori e sindaci revisori.
A novembre 2013, la nuova giunta vara il ricambio dei vertici: “Siamo certi — spiegò il presidente del Molise Paolo Di Laura Frattura — che coroneremo per il meglio il processo di exit strategy della Regione per il rilancio dell’azienda”.
Come? Concordato preventivo, lavoratori (274) in cassa integrazione a zero ore, fine delle attività .
La Regione, però, ha un piano per il rilancio, che co-finanzierebbe con 16 milioni di euro. Soldi pubblici. Di più non si può, perchè scatterebbe il divieto di aiuti di Stato dalla Ue.
“Cerchiamo di limitare i danni della dissennata gestione precedente – spiega al Fatto Frattura — aiutiamo la nuova società a nascere, ma non ne faremo parte. Il nuovo amministratore prenderà solo 50 mila euro lordi l’anno”.
Perchè creare un’azienda regionale di avicoltura? “È assurdo, ne convengo, ma è colpa della passata giunta”.
Un esempio su tutti di come in Italia vengono gestite le partecipate: 8.000 società (10 mila per il Tesoro), buona parte in perdita, che spaziano dalle autostrade, agli aeroporti, dal trasporto pubblico agli impianti sciistici.
E poi ci sono hotel partecipati da Atenei, consorzi per la “valorizzazione delle aree matildiche” (da Matilde di Canossa, ndr), casinò, cimiteri.
Quello di Cesano Boscone, il paese che ospita la Sacra famiglia dove Silvio Berlusconi svolge i servizi sociali, è partecipato dal Comune, ed è in perdita.
Eppure è stato costruito con il project financing (I privati costruiscono ma lo Stato, alla fine, paga) .
Carlo Cottarelli ha diffuso la radiografia delle partecipate: delle 5.264 di cui è stato possibile ottenere un bilancio, 1.242 sono in perdita. Ecco un piccolo bestiario
SCI D’ALTA QUOTA
Seggiovie che portano gli enti giù nel burrone
Sciare costa caro alle regioni. A giudicare dai bilanci societari, quasi nessuna è riuscita a rendere profittevole la gestione degli impianti di risalita.
Chi fa peggio è il virtuoso Trentino-Alto Adige: si è svenato per tenere in piedi funivie e comprensori sparsi nelle sue vallate, partecipati anche dai Comuni e tutte in perdita.
Quello della Val di Non (spa) in perdita per 3,6 milioni (1,2 nel 2013). I debiti ammontano a 634 mila euro, e gli azionisti sono stati costretti ad attingere al capitale, che è stato di fatto azzerato a 50 mila euro (erano 375 mila).
Cosa ci hanno guadagnato i soci? 1.500 euro di utili nel 2013.
Ma la lista è lunga, si va dalla Nuova Panarotta della Valsugana (-537 mila euro nel 2012) alle seggiovie e sciovie di Val D’Ultimo (-840 mila), alle Funivie Trento, partecipate dal Comune per consentire agli sciatori di scendere dal Monte Bondone (-840 mila).
Quello nella riserva bianca di Limone Piemonte ha generato nel 2012 poco meno di un milione di euro di perdite. La Lombardia ha gli impianti Valdidentro in alta Valtellina, il Molise quelli di Campobasso (-392 mila euro)
BUS E METRO
I dirigenti record: pagati più di Barack Obama
È il vero pozzo senza fondo. Degli 1,2 miliardi di perdite complessive, stimate da Cottarelli, circa 300 milioni vengono da qui.
Decine di acronimi dietro i quali si nasconde un buchi di bilancio spaventosi.
Questa giungla viene alimentata dai contratti di servizio e dai trasferimenti di denaro per 16,5 miliardi di euro l’anno nel 2012, aumentati a 23,4 miliardi di euro nel 2013.
La romana Atac — dove diversi dirigenti guadagnano più di Barack Obama (nel 2013 il totale è 37 milioni di euro) e il sindaco revisore Renato Castaldo, noto per le denunce sulle ruberie nell’azienda, ha preteso e ottenuto di essere pagato il triplo dell’amministratore delegato — in poco più di una decade ha totalizzato circa un miliardo di euro di perdite e un deficit di 219 mila euro.
Anche l’altra romana, Cotral, non se la passa bene. Nel 2012 siamo a 14 milioni di perdite. Colpa di Atac — si giustifica l’azienda — che deve le deve circa 100 milioni di euro. Male anche la napoletana Ctp (210 milioni in sei anni). Ma da Verona, a Terni a Nuoro non si salva nessuno. In difficoltà anche le ferrovie della Calabria (-2,7 milioni)
SENZA LIMITI
Dagli hotel alle Terme Perfino un autodromo
Il variegato mondo delle partecipate riserva sorprese incredibili.
Si scopre, ad esempio, che l’università di Tor Vergata di Roma possiede il 5 per cento di un hotel nella zona della stazione centrale di Termini che nel 2012 ha perso 285 mila euro.
O che il quotidiano campano Il Denaro ha perso quasi mezzo milione di euro.
Perchè è nei numeri di Cottarelli? È partecipata dall’unione delle Camere di commercio della Campania, che sono enti pubblici a tutti gli effetti.
A Prato, la holding Società terme e benessere, che gestisce diversi impianti di acque termali è partecipata dai Comuni limitrofi, e nel 2012 ha totalizzato 8,9 milioni di rosso, il 244 per cento del suo patrimonio.
La mano pubblica, però, arriva nei posti più impensabili — come l’autodromo del Veneto (-249 mila euro), la società Matilde di Canossa in Toscana (-421 mila) o la Compagnia prodotti agricoli di Orbetello (-6 milioni su 7 di patrimonio) — e non ne esce più: il comitato Italia 150 a tre anni dalla fine dei festeggiamenti del 2011 conserva un patrimonio negativo per 3,6 milioni di euro.
Cosa fa? Non è dato saperlo.
TESTE TRA LE NUVOLE
Aeroporti, ogni decollo è un buco nel bilancio
La gestione degli scali si è rivelata complicata per gli Enti locali.
Non solo gli aeroporti spesso sono in perdita, ma lo sono anche le società controllate che gestiscono i servizi di terra (handling), come il movimento bagagli.
L’Ue, però, considera questi ultimi “servizi soggetti a concorrenza” per cui le perdite non possono essere ripianate dalle controllanti, pena la procedura per “aiuti di Stato”.
Il caso eclatante è quello di Sea, la società che gestisce gli scali milanesi, multata per 360 milioni di euro da Bruxelles.
L’aeroporto Gabriele D’annunzio di Montichiari (Lombardia) nel 2012 ha totalizzato 3,8 milioni di euro di perdite, a fronte di un patrimonio di circa la metà . Quello di Cuneo, si è fermato a un rosso di “soli” 1,3 milioni, quello di Alghero a 2,3.
Lo scalo “Valerio Catullo” di Verona Villafranca batte tutti con un passivo che nel 2012 si è attestato a 11 milioni di euro. Male anche Parma (-5 milioni), Palermo (-7), Lamezia Terme (-1,7) etc. Sull’handling va anche peggio, quello dell’aeroporto di Caselle Torinese (Sagat) vanta un passivo di 400 mila euro, che non potrà essere coperto da nessuno
ROULETTE ROSSA
Quando il Comune vuole fare il croupier
Per quanto possa sembrare inopportuno, da un lato, i comuni gestiscono campagne di sensibilizzazione contro le ludopatie, dall’altro però, conservano partecipazioni, gestiscono casinò. Per giunta, in perdita.
Il podio se lo aggiudica la Cmv di Venezia, che ha un buco di 20,3 milioni di euro (il più elevato tra quelli censiti da Cottarelli) e gestisce il casinò di Venezia, che dal 2010 ha perso 53 milioni (il 12 per cento del totale dei ricavi).
Quello di Campioni d’Italia, invece, è partecipato a maggioranza dall’omonimo Comune, dalle province e dalle Camere di Commercio di Como e Lecco: in quattro anni ha perso 23 milioni (7,38 per cento) e la città si è vista scendere i proventi a 34 milioni (dai 51 del 2011).
Nel bilancio 2013, la società spiega che, per quanto in perdita, la gestione pubblica ha permesso alla società di macinare meno perdite dei concorrenti privati.
Per acquisire questa magra consolazione, il direttore generale percepisce 311.658,53 euro l’anno, che dovranno scendere a 240 mila per effetto del tetto imposto dal governo. Perfino la virtuosa regione autonoma della Val d’Aosta ne controlla (al 100 per cento) uno, ma fa meglio: solo 18 mila euro di perdite
TRA GLI STAND
Non solo Roma, le fiere della cattiva gestione
In Italia se ne contano a decine, molte delle quali hanno toccato il fondo nel 2012, a causa della crisi nera in cui è sprofondato l’intero comparto.
Il guaio è che quasi tutte sono partecipate dalle Regioni o dai Comuni, e sono in rosso. Il caso più eclatante è la fiera di Roma (realizzata durante l’era Veltroni): il buco è di 15,7 milioni e a oggi, nel vuoto pneumatico in cui versano spesso i padiglioni si cercano inutilmente acquirenti. Si dalla Firenze fiera spa (-1,7 milioni) a quella di Forlì (-206 mila), da quella di Bergamo (-230 mila) a Padova (-653 mila) e Rimini (-569 mila).
Ma la lista è sterminata. Praticamente tutti i vertici sono di nomina politica e a ogni cambio di giunta vengono decapitati, con l’effetto di assolvere quasi tutti per le inefficienze collezionate nella vecchia gestione.
Tutto per compensi elevati. In passato ha fatto scandalo quella di Parma (nel 2010 l’ad si portò a casa 200 mila euro, 120 mila di premio).
A Roma, i salari dei 75 dipendenti rimasti sono scesi a 700 euro mensili.
Nessun sacrificio, invece, per i vertici.
Dulcis in fundo, la fondazione per il libro di Torino, che ospita il blasonato salone internazionale del libro: 1,5 milioni di perdite.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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