PERCHE’ IL TESORO VUOLE CEDERE IL 4% DI ENI, CON INCASSO PREVISTO DI DUE MILIARDI? L’ITALIA E’ INDEBITATA FINO AL COLLO E DEVE CONVINCERE I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI A COMPRARE I NOSTRI BTP
PER RASSICURARE I MERCATI, IL GOVERNO VUOLE MOSTRARE BUONA VOLONTA’ SULLA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO
Quando l’agenzia di stampa americana Bloomberg ieri ha lanciato la notizia in rete, il Tesoro ha fatto trapelare un laconico «no comment». Tutti gli indizi però convergono: il governo Meloni è pronto a cedere il quattro per cento di Eni per ricavarne due miliardi di euro. […] Giancarlo Giorgetti al vertice del World Economic Forum di Davos […] aveva incontrato fra gli altri il numero uno di Bridgewater Ray Dalio, l’amministratore delegato di Bank of America Brian Moynihan, quello di Jp Morgan Jamie Dimon, il segretario alle Finanze di Hong Kong.
Mai come in questo momento il governo Meloni ha bisogno di dare l’immagine di un Paese pronto a ridurre la montagna di debito che pesa sulle spalle degli italiani. La nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza dice che di qui al 2026 non scenderà: in rapporto alla crescita del Pil era previsto al 140,2 per cento a fine 2023, al 140,1 per cento nel 2024, appena mezzo punto più sotto (al 139,6) nel lontano 2026, l’ultimo anno in cui potremo contare sulle ricche provviste (in parte anch’esse a debito) del Recovery Plan europeo.
Solo quest’anno il Tesoro deve collocare sui mercati 350 miliardi di euro di titoli, più o meno lo stesso ammontare del 2023. E benché ci sia la concreta speranza di un calo dei tassi di interesse nella seconda parte dell’anno, quest’anno sarà tutto molto più complicato.
La Banca centrale europea abbasserà fino ad azzerare il sostegno mantenuto per anni attorno al debito italiano. Sin dal 2014 – quando Mario Draghi rese concreto il noto whatever it takes – Francoforte ha acquistato quote crescenti di titoli pubblici: fino a un quinto del totale. la Bce si è in parte sostituita al mercato: quei titoli sono stati acquistati e reinvestiti, calmierando rischi e rendimenti.
Ebbene, finita l’era dei tassi zero ora la Bce sta vendendo titoli italiani, e non. Nel corso dell’anno avverrà al ritmo di 7,5 miliardi al mese, fino a quando non li avrà ceduti tutti. A quel punto l’unico acquirente di Btp saranno i privati, coloro che valutano il rischio Italia e a quel rischio danno un prezzo.
Le precondizioni perché non salga è anzitutto un debito in discesa, anche se lieve. È la ragione per cui Giorgetti ha promesso venti miliardi di privatizzazioni entro il 2026, e ieri è arrivata la notizia della cessione di una quota seppur minore di Eni.
Fin qui l’unico passo concreto del governo era stata la vendita del 25 per cento del Monte dei Paschi di Siena, valsa poco meno di un miliardo. Per fare sul serio occorre mettere sul mercato altro. Ai primi di gennaio Meloni ha citato espressamente Poste e Ferrovie, ma si tratta in entrambi i casi di decisioni che richiedono tempo. Nei palazzi romani si dà per probabile la cessione di un terzo di Poste a marzo, mentre per Ferrovie i tempi potrebbero essere più lunghi Italia ha bisogno del sostegno dei grandi fondi internazionali.
L’ipotesi di una cessione di una quota di Eni era trapelata a novembre. Gli esponenti di alcune banche d’investimento suggerirono a Giorgetti di approfittare di un’operazione che in gergo tecnico si definisce buyback, in sostanza l’acquisto di azioni proprie. Lo fanno tutte le grandi società, e le ragioni possono essere le più varie: quando si fanno acquisizioni pagate in azioni e non in contanti, o più banalmente per sostenere il titolo in Borsa: meno azioni circolano, più sale il valore.
Sia come sia, una volta completata quell’operazione, lo Stato non rischia di perdere il controllo sul gruppo: oggi è azionista attraverso il Tesoro con il 4,4 per cento, mentre il pacchetto di maggioranza (il 26,2) è in mano alla controllata Cassa depositi e prestiti. A finire sul mercato sarebbe solo la quota del ministero
(da la Stampa)
Leave a Reply