PUÃ’ IL PD RIMANERE ALLEATO CON IL KILLER DEL GOVERNO PRODI?
COMPRAVENDITA SENATORI, ORA BERLUSCONI VEDE NERO: “SULLA DECADENZA IL PD NON MI DARA’ SCAMPO”
“È un assedio. Non si fermeranno finchè non avranno il mio scalpo”. Adesso la morsa si stringe davvero.
Silvio Berlusconi è provato. Colpo dopo colpo anche la rabbia lascia il posto alla paura. Perchè l’impatto politico di Napoli è devastante.
Quello politico, prima ancora di quello giudiziario dal momento che la prescrizione dovrebbe scattare a settembre del 2015 ed è complicato che per quella data si arrivi al terzo grado di giudizio.
Anche se non è tutto lineare e immune da rischi.
Gli avvocati del Cavaliere temono che l’impianto accusatorio sia costruito con l’obiettivo di “incastrare” Berlusconi nel corso del dibattimento.
E che per questo non hanno calato da subito gli assi che hanno in mano: “Se Berlusconi fosse già decaduto — è la tesi della cerchia ristretta — lo avrebbero già arrestato”.
Ma è il corno politico della vicenda l’incubo vero.
Perchè Napoli è un processo che brucia ogni speranza sulla questione della decadenza. Anzi sposta le lancette dell’orologio già a dopo il voto: “Se mi salvo col voto segreto — è l’analisi dell’ex premier — Renzi farà saltare il banco il minuto dopo. Ma vedrete che il Pd sarà compatto. Non mi daranno scampo ”.
Già , compatto. Perchè di tutti i processi quello di Napoli sulla compravendita di senatori è quello a più alto impatto politico.
Per il Pd è complicato giustificare il fatto che le larghe intese si fondano sulla convivenza con colui che ha organizzato una gigantesca operazione di corruzione di senatori per far cadere Prodi.
È diverso rispetto alle altre accuse che pendono sulla testa di Berlusconi. Gravissime, come nel caso dei due filoni del processo Ruby.
O come nel caso della condanna su Mediaset.
Ma che comunque non riguardano i rapporti col Pd. Ora la sinistra è al governo con il proprio killer del 2007.
E’ questa consapevolezza che spinge Berlusconi al pessimismo più cupo sulla questione della decadenza: “Non ci concederanno niente pur di farmi fuori”, ripete. L’ex premier ha deciso che farà ricorso in Cassazione sull’interdizione.
Ma è la partita del Senato a rappresentare un piano inclinato.
Le notizie che arrivano da palazzo Madama sono ansiogene: oltre alla seduta del 29, al massimo il Pd ne concederà un’altra per discutere di voto segreto o palese, poi l’affaire piomba in Aula.
È praticamente impossibile andare oltre l’ultima settimana di novembre o al massimo la prima di dicembre.
È in questo vortice che non c’è un solo elemento che dia al Cavaliere un appiglio di speranza.
Il calendario dice pure che a metà novembre arrivano le motivazioni della condanna in primo grado sul processo Ruby, per concussione e prostituzione minorile.
Altra benzina su un assetto già in fiamme. E sulla voglia di rompere della maggioranza del Pd, come emerso dalla votazione su Rosi Bindi all’Antimafia.
È un appuntamento che assomiglia sempre di più a una ghigliottina, il voto sulla decadenza: “Se Berlusconi si salva ed è difficile — dicono nell’inner circle — a quel punto lo tira giù il Pd il minuto dopo. Se non si salva e lo tira giù lui c’è la questione dei traditori pronti a stare con Letta”.
Una questione non banale. Perchè la verità è che il Pdl non è più un partito. Sono due. Va malissimo il “faccia a faccia” chiesto da Berlusconi a Fitto e Alfano.
Con Angelino che rimane su posizione filo-governative e Fitto che non retrocede dalla sua richiesta di azzeramento dei vertici: “Non sono d’accordo — scandisce — sull”idea di un Pdl subalterno alla sinistra”.
In serata arrivano separatamente a palazzo Grazioli. Ma non c’è intesa.
Neanche nel momento più difficile.
(da “Huffingtonpost“)
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