“QUALE È LA VERA FACCIA DI GIORGIA MELONI?” LE CANCELLERIE EUROPEE MINACCIANO RITORSIONI PER LE SUE POSIZIONI “ORBANIANE”
BASTERÀ CHE LA BCE ALZI UN SOPRACCIGLIO SUL NOSTRO DEBITO PUBBLICO E SUI TITOLI DI STATO PER FAR SCHIZZARE LO SPREAD E RENDERE INSOSTENIBILI I NOSTRI CONTI
«Quale è la vera faccia di Giorgia Meloni?». Nei Palazzi europei, nella Commissione e nel Parlamento, ma anche in alcune delle più importanti cancellerie, inizia a serpeggiare con sospetto questo interrogativo. Dopo il comizio di domenica scorsa a Milano, infatti, i dubbi sull’europeismo di Fratelli d’Italia torna ad accompagnare le analisi sul prossimo voto italiano. Quel «è finita la pacchia», infatti, desta perplessità.
Il discorso cambierebbe rapidamente. E le parole di domenica scorsa hanno fatto accendere una prima lampadina.
Un allarme che sta rimettendo in discussione quella specie di “tregua implicita” siglata dopo la caduta del governo Draghi. Anche perché, come ha dimostrato il vicepresidente della Commissione, l’olandese Frans Timmermans, con l’intervista rilasciata a Repubblica giovedì scorso, la valutazione istintiva dei vertici Ue non è certa positiva.
E non può essere una caso che ieri, a 24 ore dal comizio “stile Vox” di Meloni, il commissario italiano agli Affari economici, Paolo Gentiloni, abbia sottolineato con energia: «L’efficace attuazione del Recovery fund e del Pnrr è fondamentale per rafforzare la nostra resilienza ed evitare divergenze all’interno dell’Ue». «Il Recovery fund – ha aggiunto in audizione a Strasburgo – rimane un esercizio di apprendimento per le amministrazioni nazionali ed europee».
Le perplessità, dunque, restano una costante. E ogni frase fuori posto rispolvera la paura che le idee di FdI siano state solo edulcorate per vincere la prossima tornata elettorale.
Ma si fa largo una ulteriore riflessione. I Popolari hanno sostanzialmente stretto un’alleanza con i Conservatori, di cui la Meloni è presidente, a Bruxelles. Il Ppe utilizza il gruppo di destra per limitare i socialisti e mantenere le posizioni di potere nelle strutture dell’Unione. Ma la linea “meloniana” instilla un dubbio: che i Conservatori a guida FdI (il gruppo all’Europarlamento è sostanzialmente egemonizzato dalla delegazione italiana) subiscano un’attrazione fatale dai Tories inglesi. Atlantisti ma antieuropeisti, dentro la Nato ma fuori dall’Ue.
Ma l’eventuale nuovo governo di centrodestra dovrà ricordarsi che se davvero assumerà una postura incompatibile con le regole europee spacciandola con «la fine della pacchia», allora la linea di credito appena aperta sarà immediatamente chiusa. E basterà lanciare un occhio verso Francoforte per capirne le conseguenze.
Basterà che la Bce alzi un sopracciglio sul nostro debito pubblico e sui nostri titoli di Stato per far schizzare lo spread e rendere insostenibili i nostri conti. E la crisi energetica, insieme al picco inflazionistico, sta rendendo più complicato tenere sotto controllo l’economia del nostro Paese. Forse, allora, hanno ragione alcuni dei consiglieri di Meloni: da qui al 25 settembre, è meglio restare in silenzio. Ogni parola può diventare una trappola.
(da La Repubblica)
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