QUASI LA METÀ DEI LAVORATORI DIPENDENTI È IMPEGNATO IN ORARI “ANTISOCIALI” DI SABATO, DOMENICA, NEI GIORNI FESTIVI O DI NOTTE
IL 60% DEI LAVORATORI SUBORDINATI FA LAVORO EXTRA E UN QUARTO DI QUESTI NON VIENE PAGATO PER GLI STRAORDINARI… LA NOSTRA COSTITUZIONE SU “RETRIBUZIONE PROPORZIONATA ALLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEL LAVORO” QUALCOSINA LA PREVEDE
Quasi la metà dei lavoratori dipendenti è impegnato in orari “antisociali” di sabato, domenica, nei giorni festivi o di notte. Questo è quanto emerge da un’indagine dell’Inapp secondo la quale il 60% dei lavoratori subordinati fa lavoro straordinario e un quarto di questi senza una paga supplementare. In pratica, su un campione di 45mila individui riferita al 2021, il 15,9% del totale dei lavoratori dipendenti è costretto ad andare oltre l’orario stabilito dal contratto senza che lo sforzo sia retribuito.
Secondo lo studio il 18,6% dei dipendenti lavora sia di notte che nei festivi (circa 3,2 milioni di persone), il 9,1% anche il sabato e i festivi (ma non la notte), mentre il 19,3% anche la notte (ma non di sabato o festivi).
Il dato dell’indagine, spiegano i ricercatori, potrebbe essere legato anche all’ampio utilizzo dello smartworking nel 2021. Secondo i dati Eurostat riferiti sempre al 2021 sul totale degli occupati (non solo i dipendenti) il 34,2% lavora il sabato, il 14,3% lavora la domenica, il 12,3% la sera (molto meno del 16,3% del 2019 prima della pandemia) e il 5,9% la notte (contro l’8,3% del 2019) Gli uomini – sottolinea la ricerca – sperimentano di più sia il solo lavoro notturno, sia quello svolto sia di notte che nei festivi; le donne, invece sono impegnate più il sabato o nei festivi.
«Spesso la domanda di lavoro richiede disponibilità che confliggono con le esigenze di vita – afferma il presidente Inapp, Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – è vero che per alcuni settori economici, come il commercio o la sanità, e per alcune professioni, come quelle dei servizi, il lavoro notturno o nei festivi è connaturato alla natura della prestazione, ma è anche vero che questa modalità sembra diffondersi anche dove non è strettamente necessaria. È urgente avviare una seria riflessione».
(da la Stampa)
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