“REGIA POLITICA DIETRO IL G8 DI GENOVA: QUALCUNO CERCAVA IL POLIZIOTTO MORTO PER DEMONIZZARE I NO GLOBAL”
LA TESI DI ALFONSO SABELLA, RESPONSABILE DELLA CASERMA DI BOLZANETO
Era il responsabile della caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova, oggi è magistrato e assessore alla legalità nella giunta di Ignazio Marino.
Sull’onda della sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia per tortura, Alfonso Sabella parla di quei giorni genovesi e rivela a “Repubblica” che c’era “una regia politica”: “È possibile che qualcuno a Genova volesse il morto, ma doveva essere un poliziotto, non un manifestante, per criminalizzare la piazza e metterla a tacere una volta per sempre”.
Sabella spiega di aver sempre voluto un processo per dimostrare la propria innocenza dalle accuse di tortura a Bolzaneto, dove furono portati molti manifestanti.
“Chiesi ai magistrati di Genova di controllare i miei spostamenti, perchè ogni sospetto fosse dissipato. Ma quando dopo 9 mesi furono finalmente acquisiti, il traffico relativo alla ‘cella’ territoriale che io occupavo durante le violenze era sparito (cancellato su quattro cellulari!) e dunque era impossibile affermare dove mi trovassi. Penso siano stati i servizi”.
L’assessore è convinto di aver subito una ritorsione da parte di alcuni organi dello Stato perchè rivelo il “folle piano” degli arresti preventivi per il G8:”In quell’estate del 2001, io ero capo dell’Ufficio Ispettorato del Dap. Una ventina di giorni prima dell’inizio del G8 mi chiamano e mi illustrano il piano degli arresti preventivi. Gli obbiettivi – mi spiegarono – erano due: respingere alla frontiera quanti più malintenzionati possibile, sulla scorta delle segnalazioni dell’intelligence; cominciare ad arrestare, già da lunedì 15 luglio, tutti i manifestanti che avessero con sè cappucci neri, mazze da baseball e ogni tipo di arma, propria e impropria. E trattenerli in stato di fermo, prima, e in attesa della convalida del gip, dopo, sino alla fine del summit. Vietando per di più i colloqui con i difensori, che dovevano essere differiti”.
Il piano però non venne messo in pratica, e secondo Sabella l’obiettivo era quello di soffiare sul fuoco: “Il piano fu modificato in corso d’opera forse proprio per soffiare sul fuoco e far esplodere gli scontri. Fino a venerdì pomeriggio, alla morte di Carlo Giuliani, non era stato fatto nemmeno un arresto: il primo, il fotografo Alfonso De Munno, arrivò a Bolzaneto pochi minuti prima dell’omicidio. Mi sono fatto l’idea che dietro ci fosse una regia politica”.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply