RENZI PUNTA SU CASINI
IL SEGNALE NELLE URNE: 52 VOTI PER L’EX DC… OBIETTIVO SISTEMA PROPORZIONALE ED ELEZIONE DIRETTA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Il punto di partenza sono i 52 voti per Pier Ferdinando Casini alla terza votazione. È in quel numero che si misura il peso specifico di Matteo Renzi nell’elezione del Presidente della Repubblica, in cui finora si è mosso tra le righe, consapevole di non avere la stessa forza di sette anni fa.
Qualcuno, all’interno della cerchia renziana, garantisce di aver votato scheda bianca, seguendo l’indicazione ufficiale. Salvo aggiungere: «Poi nel segreto dell’urna c’è libera scelta…».
Alla fine spunta un dato numerico, un preciso indizio che conduce a Italia viva, con l’aggiunta di Base riformista, in attesa di capire cosa vogliono fare i grandi elettori di Coraggio Italia.
L’ipotesi di convergenza non è peregrina. «È possibile», confermano dal partito di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti. Mentre non viene smentito il confronto in corso con gli ex renziani rimasti nel Pd, la corrente che fa riferimento all’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Il contatto è costante.
Con questo disegno il gruzzolo di consensi: mettendo insieme Iv, Ci e pezzi dem si arriva almeno a quota-100.
A quel punto può decollare in maniera definitiva candidatura di Casini, che resta quella preferita dal fondatore di Iv.
Mario Draghi è il “piano B”, l’uscita di emergenza, qualora non si riuscisse a raggiungere l’intesa sull’altro nome. «Mica è un mistero che Renzi voglia Casini. È stato il primo a candidarlo, mesi fa. In molti credevano che lo volesse bruciare, ma i fatti stanno dimostrando il contrario», ragiona con Huffpost un deputato molto vicino al leader
Nell’incontro di oggi con il segretario del Pd, Enrico Letta, non si è parlato solo dello stop alla candidatura di Elisabetta Casellati. È stato fatto un passo in più. L’ipotesi di convergenza sulla presidente del Senato è tramontata appena Letta l’ha bocciata. Su questo punto Renzi ha assunto una posizione furbesca, mettendosi a ruota: nessun veto su Casellati, anche in segno di rispetto per il ruolo istituzionale, ma nemmeno alcun sostegno al buio. Quindi il supporto sarebbe stato possibile con un’intesa larga, che però non c’era, come era ben noto. Un modo per chiudere la porta senza sbatterla in faccia al centrodestra, Salvini in primis.
E si torna al punto di partenza della battaglia renziana, quello per portare Casini al Quirinale. In questo senso si spiega pure il ritrovato dialogo con Letta. Il leader dem ha sempre lasciato intendere la propria disponibilità a sostenere l’ex presidente della Camera, a patto che – come per qualsiasi altro aspirante Capo dello Stato – ci sia un accordo ampio con le altre forze politiche, incluso il centrodestra.
Ma perché tanta testardaggine a portare avanti Casini? «Renzi sa che è l’unico profilo in grado di garantire per il suo progetto politico, il grande disegno centrista che sta perseguendo fin dalla fondazione di Italia viva», spiega ad Huffpost un parlamentare di peso molto vicino all’operazione. Non è un mistero che il grande centro sia un vecchio sogno di Casini, che dal Colle potrebbe farsi garante di una riforma elettorale in senso proporzionale, altro storico pallino dell’ex leader dell’Udc.
Ma i messaggi renziani sono stati recapitati, anche in un’altra maniera, al centrodestra oltre che al futuro Capo dello Stato. «Oggi è tempo di scrivere una pagina nuova, che questo sia l’ultimo presidente della Repubblica eletto con questo sistema, un sistema corretto ma terribilmente antico e arcaico», ha scandito.
Mettendo nero su bianco il rilancio della riforma presidenzialista: «Il tema è far eleggere ai cittadini il presidente della Repubblica». Musica alle orecchie di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che non vedono l’ora di mettere mano alla Costituzione per rendere l’Italia una Repubblica presidenzialista.
Il futuro Presidente deve farsi dunque garante, ovviamente nel rispetto delle prerogative previste dal ruolo, di una riscrittura complessiva della Carta costituzionale, ambizione indimenticata dell’ex Rottamatore.
E Casini, avendo governato per anni con Silvio Berlusconi, non ha mai scartato l’ipotesi: un amo lanciato al centrodestra. La presa di posizione presidenzialista ha un’ulteriore funzione, più implicita: senza dirlo chiaramente, che il Mattarella bis non è in cima alle sue preferenze renziane. Non è un caso che i suoi fedelissimi in Transatlantico sminuiscano la portata della terza votazione con Mattarella scelto da 125 grandi elettori. «Scelte personali», è la formula liquidatoria.
Il tempo ormai stringe. Così domani, di buon mattino, Renzi vuole serrare i ranghi: vedrà, molto probabilmente alla Camera, i suoi parlamentari per cominciare la strategia in vista della fase clou, che lui ha sempre individuato tra giovedì e venerdì. Non oltre. Per cercare l’avanzata finale sull’ascesa di Casini al Colle.
(da Huffingtonpost)
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