SCISSIONISTI A QUOTA 50, DOMANI L’ANNUNCIO DEI GRUPPI
IN ARRIVO I SONDAGGI SUL NOME… CECILIA GUERRA CAPOGRUPPO AL SENATO
La frenesia del numero. Al momento pallottoliere in mano a Roberto Speranza segna “quota 50”, tra deputati e senatori.
Così suddivisi: trentasette a Montecitorio, tredici a Palazzo Madama.
In Transatlantico non si vedono scissionisti. Riunioni a oltranza, perchè il D-day dell’annuncio è domani, quando con le firme nero su bianco, Roberto Speranza si presenterà in conferenza stampa. E annuncerà il nome dei nuovi gruppi.
Entro stasera dovrebbero arrivare i risultati dei sondaggi fatti su una serie di ipotesi. “Democratici e progressisti”, al netto delle rivelazioni degli sherpa, ha avuto scarso successo nei brain storming, perchè sa di vecchio e poi la sigla sarebbe Dp, che evoca democrazia proletaria: “Ragazzi — ha detto Scotto in una riunione — anche per motivi scaramantici, eviterei”. “Democratici e socialisti”, (sigla Ds) “Socialisti e democratici”, alcune ipotesi dei bersaniani che si muovono su uno schema tradizionale.
Massimo D’Alema ha suggerito “Uguaglianza e libertà ”, per poi chiamare il nascituro soggetto “Movimento per l’uguaglianza e la libertà ”, per non dare l’idea di un ennesimo partitino in tempo di antipolitica.
Arturo Scotto, ex Sinistra Italiana, ha buttato lì una carta ad effetto: “E se chiamassimo questa cosa con un nome secco tipo ‘Dignità ‘ o tipo ‘Rispetto’, che dite? Senza mettere nè la parola democratico, nè socialista”. Una bestemmia.
Appena arriveranno i sondaggi l’ultima scelta. Nel frattempo è arrivata una rilevazione di Piepoli.
Dà il 7 per cento, con un diciotto potenziale. L’esperto di numeri Nico Stumpo ha avuto la stessa reazione di ieri sera al secondo goal della Juve col Porto: “Significa che il 10 è possibile. Per essere all’inizio è buono”.
Frenesia, perchè occorre mettere un punto fisso. Al Senato la partita è chiusa.
In tredici aderiranno, tutti bersaniani di stretta osservanza. Pare anche trovata la quadra sul capogruppo, anzi sulla capogruppo che sarà Cecilia Guerra, economista, grande cultura di governo, già sottosegretario e viceministro nei governi Monti e Letta.
Alla Camera il processo è più complicato. 17 sono i parlamentari che seguiranno Arturo Scotto e Alfredo D’Attorre.
I bersaniani, al momento, sono venti. Dopo Errani anche un altro uomo di governo, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, ha annunciato che lascerà il Pd.
Tra i parlamentari semplici, non c’è Andrea Giorgis, che ha spiegato in più di un colloquio, riferiscono i big della Ditta, la sua intenzione di tornare all’Università : “Ci sto pensando se lasciare o no il Pd” dice all’HuffPost. Tormentato anche il giovane Lattuca.
Parlamentare più, parlamentare meno, è il nucleo dei bersaniani rimasti. Che non si allarga e paga qualche travaglio singolo: “Chiudiamo a 20 -21, è quello che ci aspettavamo” sussurrano dalla sala riunioni.
In parecchi hanno chiesto a Roberto Speranza di fare il capogruppo, perchè la questione è delicata. Si tratta di amalgamare gli ex Pd che si immolerebbero sulla stabilità di governo e gli ex Sinistra Italiana, che finora non hanno votato la fiducia: “È un processo graduale — ha spiegato Arturo Scotto — in cui è prevedibile che in una prima fase non tutto il gruppo si comporti sulla fiducia allo stesso modo”.
Altri però hanno chiesto a Roberto di non ingabbiarsi in Parlamento: “C’è da costruire il partito in giro per l’Italia, non puoi stare alla Camera”.
Il lìder maximo, Massimo D’Alema, ha suggerito di dare il senso della novità a partire dalla scelta dei capigruppo e di non dare rappresentanza solo alla Ditta.
Il suggerimento porta a Francesco Laforgia, parlamentare milanese che si è sganciato dall’area Cuperlo .
(da “Huffingtonpost”)
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